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lunedì 23 marzo 2009

Speciale: Prodotto difettoso, il Produttore e il Fornitore - ipotesi di responsabilità

Natura della Tutela e responsabilità del produttore

A differenza di quanto previsto dall'art. 3, D.P.R. 24.5.1988, n. 224, il Titolo II del Codice del consumo non contempla espressamente la nozione di produttore. Secondo parte della dottrina è necessario fare riferimento alle relative definizioni contenute in altre parti del Codice del consumo e, segnatamente, all'art. 103, lett. d), del Titolo I, Parte IV, rubricato «Sicurezza dei prodotti» e all'art. 128, Titolo III «Garanzia legale di conformità e garanzie commerciali per i beni di consumo», che al 2° co., lett. d), fornisce un'altra definizione di produttore. Secondo tale opinione, poiché entrambe le definizioni non contemplano nè produttore di un componente del prodotto finito e nemmeno il produttore della materia prima (come, invece, prevedeva l'art. 3, 2° co., D.P.R. n. 224/1988), il legislatore ha inteso individuare il produttore del prodotto finito come il principale soggetto di imputazione giuridica della responsabilità per danno da prodotti difettosi . Secondo altra parte della dottrina la definizione di produttore deve, invece, evincersi, per ragioni di uniformità, coordinamento e coerenza oltre che di efficienza del sistema, dal combinato disposto delle norme contenute dal Titolo II, nonché dalle definizioni contemplate in altre parti del Codice, con particolare riferimento agli artt. 103, 115, 118, 116 e 3, lett. d), che contemplano una definizione di produttore applicabile a tutto il Codice del consumo. Ciò premesso, possono considerarsi «produttori» tutti coloro che partecipino al processo produttivo, alla stessa stregua di quanto sancito dall'art. 3, D.P.R. 24.5.1988, n. 224e, dunque, il fabbricante del prodotto finito, il fornitore di una parte componente del prodotto finito medesimo, il fornitore della materia prima, i rappresentanti e gli intermediari di tali soggetti, l'agricoltore, l'allevatore, il pescatore ed il cacciatore, il ricondizionatore del prodotto usato, nonché ogni persona che, apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo, si presenti come produttore del bene

La natura oggettiva della responsabilità del produttore emerge, secondo parte della dottrina, dal combinato disposto dell'art. 114 con l'art. 118 c. cons. Invero, la prima norma dispone che la responsabilità del fabbricante è collegata semplicemente a un difetto del prodotto, senza richiedere requisiti ulteriori rispetto all'esistenza di un difetto, mentre l'art. 118 enumera tassativamente i casi di esclusione della responsabilità, tra i quali non figura la diligenza del fabbricante [Alpa, L'attuazione della direttiva comunitaria sulla responsabilità del produttore. Secondo altra parte della dottrina, invece, una lettura sistematica degli artt. 114 e 117 suggerisce che solo con riguardo ai difetti di fabbricazione sia possibile una qualificazione della responsabilità in termini oggettivi. Quando si tratta dei difetti di progettazione vengono in considerazione le circostanze introdotte dall'art. 117 preposte alla definizione della clausola generale relativa alle "legittime aspettative di sicurezza" e che implicano valutazioni attinenti al comportamento del produttore

Il Codice del consumo – che come detto recepisce il D.P.R. 24.5.1988, n. 224 – non qualifica la responsabilità del produttore in termini di responsabilità contrattuale od extracontrattuale. La maggior parte della dottrina attribuisce la qualifica di speciale alle norme sulla responsabilità del produttore, trattandosi di un tipo di responsabilità che opera in virtù di specifici presupposti stabiliti dalla normativa e che si aggiunge alle altre forme di responsabilità che già tutelano il danneggiato. Essa si affianca alla generale fattispecie di responsabilità civile di cui all'art. 2043 c.c. e si applica, pertanto, tanto nel caso in cui tra fabbricante (o soggetto assimilato) e danneggiato sussista un rapporto contrattuale (come ad. es. una compravendita), quanto nel caso in cui il danneggiato sia terzo rispetto al fabbricante . Resta salvo il regime generale della responsabilità per colpa, quello della responsabilità conseguente all'esercizio di determinate attività, quali, ad esempio, quelle pericolose (art. 2050 c.c.) e di circolazione di autoveicoli (art. 2054 c.c.), quello della responsabilità contrattuale (a cui si è aggiunta la disciplina in tema di vendita di beni di consumo di cui agli artt. 1519 bis – 1519 nonies e ora contemplata dagli artt. 128-135 c. cons. Secondo altra dottrina, invece, la responsabilità introdotta dalla disciplina in commento avrebbe natura extracontrattuale


Responsabilità del fornitore

Fornitore è colui che realizza il passaggio del bene, sebbene senza stipulare alcun contratto o altro atto negoziale con il consumatore, anche solo effettuando la consegna del prodotto, ed anche solamente a fini pubblicitari. Per fornitore si può intendere sia quello del prodotto finale, che quello di una parte del prodotto o di una materia prima . La responsabilità del fornitore è subordinata alla triplice condizione che: a) non sia nota l'identità del produttore: b) il fornitore abbia distribuito il prodotto nell'esercizio di un'attività commerciale; c) non sia stato in grado o abbia omesso di comunicare, nel termine di tre mesi dalla richiesta formulatagli dal danneggiato, o in quello ulteriore concessogli dal giudice, l'identità o il domicilio del produttore o della persona che gli ha a sua volta fornito il prodotto. Il presupposto della «distribuzione del prodotto nell'esercizio di un'attività commerciale», rievoca l'art. 2082 c.c. concernente la disciplina applicabile ai soggetti che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata al fine dello scambio di beni. Pertanto, fornitore è colui che si occupa della vendita, della locazione, del leasing o di altra forma di commercializzazione del prodotto, cioè colui che realizza il passaggio della merce dal produttore al consumatore . Infatti, gli effetti dell'applicazione della norma in commento, non rileva né il livello economico a cui opera il "fornitore", potendosi trattare di un dettagliante o di un venditore all'ingrosso e nemmeno il profilo strettamente giuridico che assume l'attività da questi svolta. Può, invero, trattarsi di attività di vendita del prodotto (come, ad esempio, nelle ipotesi di vendite per corrispondenza o al dettaglio), oppure, di locazione (come, ad esempio, la locazione di un apparecchio elettronico fabbricato in un Paese extracomunitario e del quale non sia identificato l'importatore) . Sono esclusi dall'ambito di applicazione della norma quei soggetti che abbiano distribuito il prodotto in via occasionale o in forme diverse da quelle proprie dell'impresa, nonché nell'ambito dei rapporti di amicizia e di cortesia. Rientrano, invece, nell'ambito applicativo della norma i casi in cui il prodotto sia stato ceduto a titolo gratuito (come, ad esempio, a titoli di omaggio o premio) nell'ambito di un'attività commerciale . La dottrina identifica la «distribuzione commerciale« di cui all'art. 116 con la «messa in circolazione» di cui all'art. 119 c. cons. Pertanto, il prodotto si considera distribuito allorché ricorra almeno una delle circostanze contemplate dall'art. 119. Secondo parte della dottrina l'art. 116 si applica, altresì, ai prodotti "sfusi", dove non soltanto l'identità del produttore non è di immediata evidenza, ma il prodotto non risulta marchiato in alcun modo . Alcuni ritengono che la nozione di fornitore debba considerarsi ridimensionata in ragione della più ampia nozione di "produttore" contemplata dall'art. 103, 1° co., lett. d), c. cons., che ricomprenderebbe tra i produttori gli operatori professionali della catena di commercializzazione nella misura in cui la loro attività incida sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti (con esclusione, pertanto, di quelli che l'art. 103, 1° co., lett. e) definisce come meri "distributori", che non incidono sulla sicurezza dei prodotti)

L'art. 116 riproduce testualmente l'art. 4, D.P.R. 24.5.1988, n. 224, ai sensi del quale il fornitore è ritenuto responsabile allo stesso titolo del produttore nell'ipotesi in cui, quando non sia nota l'identità del produttore e il fornitore abbia distribuito il prodotto nell'esercizio di un'attività commerciale, egli non riesca a comunicare al danneggiato, entro un dato termine (tre mesi dalla richiesta del danneggiato o quello ulteriore accordatogli dal giudice), gli elementi necessari ad identificare il produttore o colui che abbia a sua volta fornito il prodotto. Secondo l'orientamento prevalente della dottrina la disposizione in commento assume una posizione residuale nel quadro dei soggetti sottoposti alle norme sulla responsabilità da prodotto difettoso. Essa, infatti, non equipara il fornitore al produttore sotto il profilo della responsabilità, avendo come esclusiva finalità quella di indurre il fornitore a rivelare l'identità del produttore. Emergerebbe, pertanto, una netta differenziazione dei regimi di responsabilità in relazione alla qualità soggettiva rivestita da coloro che sono coinvolti nel processo di circolazione dei prodotti: la responsabilità del produttore sarebbe oggettiva e, quindi, soggetta alle disposizioni del Codice del consumo; quella del fornitore, invece, sarebbe una responsabilità sussidiaria, ancorata ai tradizionali criteri di imputazione secondo le norme del diritto comune, salva l'ipotesi in cui si ometta di comunicare l'identità del produttore. Secondo altra parte della dottrina, invece, tale differenziazione dei regimi di responsabilità sarebbe contraria al principio di tutela del consumatore, poiché l'obbligo di esercitare un controllo sul prodotto grava anche sul fornitore, a cui compete – analogamente al produttore – di presentare il prodotto e di esplicarne all'acquirente le istruzioni e le avvertenze per la sua utilizzazione, concorrendo, pertanto, a cagionare il danno per le medesime ragioni considerate rilevanti dal Codice con riguardo al produttore Si suggerisce, pertanto, un'equiparazione tra produttore e fornitore, individuando il soggetto responsabile non solo nel produttore in senso tecnico, ma altresì in tutti quegli operatori professionali che, benché non svolgano un'attività di fabbricazione dei beni in senso tecnico o economico, tuttavia possano incidere sulle caratteristiche di sicurezza del prodotto

Legittimato ad agire contro il fornitore è qualunque danneggiato da un prodotto difettoso che può essere un acquirente o un utente a qualsiasi titolo, c.d. bystander. La richiesta deve essere scritta e quindi può considerarsi ad substantiam. Secondo la dottrina la richiesta di risarcimento del danneggiato è atto recettizio, pertanto il termine di tre mesi decorre dal momento in cui essa perviene al domicilio del fornitore e non è presupposto processuale, potendo il danneggiato proporre direttamente l'azione nei confronti del fornitore, senza che la domanda possa ritenersi improcedibile. Ne consegue che il termine entro il quale il fornitore dovrà effettuare la comunicazione decorrerà dal momento della notificazione dell'atto introduttivo. In tal caso, nell'ipotesi in cui il produttore o il precedente fornitore compaia e non contesti l'indicazione è possibile che l'attore sia condannato al pagamento delle spese processuali subite dal fornitore-convenuto per effetto della chiamata in giudizio. L'incompletezza o la genericità delle indicazioni date dal danneggiato sulla identità del prodotto – che non consentono al fornitore di individuare il prodotto che ha arrecato il danno –, oppure la omessa conservazione dello stesso prodotto, sono circostanze che possono essere valutate dal giudice al fine di giustificare la mancata individuazione da parte del fornitore dell'identità del produttore o del precedente fornitore . Il fornitore è, infatti, ammesso a liberarsi da ogni obbligo risarcitorio comunicando al danneggiato l'identità e il domicilio del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto, nel termine di tre mesi dalla richiesta fattagli pervenire dal danneggiato. Secondo parte della dottrina il fornitore che non abbia adempiuto agli oneri di comunicazione di cui all'art. 116 può liberarsi da ogni responsabilità provando che l'identità del produttore non era ignota al danneggiato al momento della richiesta . Altri Autori, invece, ritengono che, poiché lo scopo della disposizione è quello di assicurare un legittimato passivo all'azione di danno del consumatore, la designazione del produttore entro il termine previsto dalla legge rappresenta l'unica possibilità per il fornitore di evitare di essere convenuto nel relativo giudizio. Pertanto, egli non sfugge alla legittimazione passiva se il consumatore perviene ad identificare il produttore, oppure questi si rivela da sé . Il fornitore non può liberarsi dalla responsabilità dimostrando che la mancata notificazione e comunicazione del nome del fabbricante (o del precedente fornitore o dell'importatore) non dipendono da una sua colpa

Nelle ipotesi in cui il giudizio sia iniziato in mancanza della richiesta stragiudiziale al fornitore, oppure in quelle nelle quali sia stato concesso il termine ulteriore di cui al 4° co. dell'articolo che si commenta, il terzo indicato quale produttore o precedente fornitore può essere chiamato in causa ai sensi dell'art. 106 c.p.c. e il fornitore convenuto è estromesso se la persona indicata compare e non contesta l'indicazione. Secondo autorevole dottrina l'estromissione del convenuto può avvenire solo se il danneggiato ha azionato unicamente la speciale responsabilità da prodotto introdotta dalla disciplina sulla responsabilità del produttore e non quando il danneggiato abbia fatto valere anche un rimedio accordatogli dalle norme comuni, come contemplato dall'art. 127 c. cons.

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