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domenica 28 luglio 2013

condomini morosi

Il creditore di un condominio, per ottenere il pagamento, può azionare il titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio anche contro i singoli proprietari, ma solo in proporzione delle rispettive quote. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza 4238 del 20 febbraio scorso, che ha applicato il principio fissato dalle Sezioni unite della Corte con la sentenza 9148 del 2008.
Il principio della «responsabilità parziale», tuttavia, sta per essere attenuato dalla legge di riforma del condominio (legge 220/2012). Le nuove disposizioni in vigore dal prossimo 18 giugno, infatti, stabiliscono che i creditori potranno agire anche nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti dopo aver tentato, senza successo, di riscuotere dai condòmini morosi.
Nel caso deciso dalla Cassazione con la sentenza 4238/2013, il titolo esecutivo era costituito da una sentenza di condanna del condominio a pagare la somma di denaro per danni provocati da infiltrazioni nel locale a uso magazzino in comproprietà tra due condomini. Sulla base di quel titolo, dato che il condominio non aveva pagato per intero, uno dei due danneggiati aveva notificato il precetto e il pignoramento per l'intero importo nei confronti dell'altro condomino, come coobbligato (all'epoca la Cassazione a Sezioni unite non aveva ancora pronunciato la sentenza 9148/2008); quest'ultimo, a sua volta, aveva già definito la controversia con il condominio in via transattiva.
Ma il proprietario chiamato a pagare aveva fatto opposizione, precisando che, al massimo, avrebbe potuto rispondere per la somma corrispondente alla propria quota e non per l'intero debito. Il tribunale aveva accolto l'opposizione all'esecuzione, dichiarando che il danneggiato aveva diritto a procedere a esecuzione nei confronti del soggetto ingiunto nei limiti della propria quota.
A questo punto il condomino ingiunto aveva impugnato la sentenza per Cassazione, sostenendo che non avrebbe potuto essere destinatario degli effetti poiché aveva definito il giudizio con transazione, determinando la cessazione della materia del contendere. La Corte ha però precisato che per individuare i soggetti legittimati ad agire e a subire l'esecuzione occorre rifarsi solo al titolo esecutivo; mentre non rileva – contrariamente a quanto sembrava sostenere il condomino ingiunto – che nel giudizio concluso con la sentenza che costituisce titolo esecutivo fossero parti altri soggetti. È quindi corretta, secondo la Cassazione, la decisione del tribunale, che aveva ritenuto validi il precetto e il pignoramento nei confronti del condomino.
La sentenza ha affrontato così il problema della responsabilità solidale o parziale dei condomini per i debiti del condominio. In particolare, la Cassazione ha condiviso la pronuncia del tribunale, che, applicando il principio stabilito dalla Cassazione a Sezioni unite 9148/2008, aveva stabilito che l'importo da ingiungere all'opponente dovesse essere stabilito nei limiti della sua quota. Prima della sentenza 9148/2008, vigeva il principio della responsabilità solidale dei condomini verso i terzi per le obbligazioni assunte dal condominio (e per i debiti del condomino verso il condominio) e la regola della parziarietà nei rapporti interni tra i condomini. In pratica ogni condomino, ligio e preciso nei pagamenti, poteva essere ingiunto a pagare l'intero debito altrui, fermo restando il diritto di agire per farsi rimborsare dai condomini morosi, ma verso ognuno per la sua quota.

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domenica 14 luglio 2013

Locazioni: MOROSITA' Come difendersi



Per evitare quanto più possibile l'instaurazione di procedimenti di sfratto per morosità, i proprietari hanno dovuto ricorrere sempre più spesso a forme di "garanzia".
Clausole da inserire
Per quanto riguarda il puntuale pagamento dei canoni, la prima regola per il locatore è quella di predisporre un "buon" contratto di affitto. In particolare, occorre inserire pattuizioni chiare e tassative circa il pagamento del canone e delle spese accessorie, il numero delle rate, con relativa scadenza, i mezzi di pagamento (assegno, bonifico bancario o contante), il luogo del pagamento, le conseguenze dell'inadempimento dell'inquilino. Il pagamento del corrispettivo e delle spese costituisce infatti una delle obbligazioni principali del conduttore, a norma dell'articolo 1587 del Codice civile.
Circa la scelta del numero delle rate di canoni e spese, occorre distinguere tra locazioni abitative e locazioni cosiddette "a uso diverso". Per le locazioni abitative, disciplinate dalla legge 431/1998, le parti possono liberamente determinare il numero delle rate anticipate (mensili, trimestrali, semestrali eccetera). Per le locazioni commerciali – tuttora vincolate dal più rigido regime imposto dall'articolo 79 della legge 392/1978 – si registrano invece contrasti giurisprudenziali. Secondo la sentenza della Cassazione 25 maggio 1992, n. 6247, «sono valide le clausole di pagamento anticipato del canone annuo di locazione degli immobili urbani per uso non abitativo, soggetti al regime della legge sull'equo canone, non essendo applicabile il divieto dell'articolo 11 di tale legge, che si riferisce esclusivamente al deposito cauzionale». Di segno opposto, Cassazione 10 luglio 1996, n. 6274, secondo cui «nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo è nulla la clausola che preveda il pagamento anticipato del canone in misura superiore a tre mensilità».
Quanto al mezzo di pagamento, si privilegiano in genere il bonifico bancario – anche online – o l'assegno. Perde "appeal" il contante, posto che per l'articolo 49, comma 1, del Dlgs 231 del 21 novembre 2007, in materia di antiriciclaggio, «è vietato il trasferimento di denaro contante... quando il valore di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro».
Nel contratto deve anche essere inserita una serie di clausole relative all'inadempimento del conduttore all'obbligazione di pagamento. È per esempio opportuna una clausola riproduttiva del contenuto dell'articolo 5 della legge 392/1978, secondo il quale «...il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del Codice civile».
Per i contratti a canone concordato di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 431/1998 e per quelli transitori e per studenti universitari, di cui all'articolo 5 della stessa legge 431/1998, valgono invece i contratti tipo allegati al Dm delle Infrastrutture e dei trasporti 30 dicembre 2002.
Mancato pagamento
Nelle locazioni abitative, il conduttore – secondo la prassi prevalente nelle aule di Tribunale – avrà diritto di chiedere al giudice il cosiddetto "termine di grazia", previsto dall'articolo 55 della legge 392/1978, per sanare la morosità. Secondo parte della giurisprudenza infatti, gli articoli 5 e 55 della legge 392/1978 rimangono tuttora norme in stretta correlazione tra loro, e inderogabili anche nel regime della legge 431/1998.
È comunque pacifico che i richiamati articoli 5 e 55 della legge 392/1978 non operano con riferimento alle locazioni commerciali (si veda Cassazione, 31 maggio 2010, n. 13248). Per queste ultime, è opportuno l'inserimento di una clausola risolutiva espressa, che preveda la risoluzione di diritto del contratto, secondo lo schema dell'articolo 1456 del Codice civile, in caso di morosità del conduttore.
A evitare sorprese, sarebbe anche opportuno uno "screening" sull'inquilino, sul suo lavoro e sul suo patrimonio, per verificarne la solvibilità.
Molti proprietari, invece, anche a causa degli obsoleti modelli contrattuali reperiti in rete, rimangono ancorati alla richiesta del deposito cauzionale, previsto dall'articolo 11 della legge 392/1978 – norma tuttora vigente, anche se derogabile quanto alle locazioni abitative "libere" – per il quale «il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone. Esso è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno». Il deposito cauzionale presenta limiti evidenti, il primo dei quali è la sua modesta entità – tre mensilità del canone – rispetto ai tempi lunghi di un'azione di sfratto (10/12 mesi circa, compresa la fase di esecuzione). Il secondo è il fatto di essere fruttifero di interessi legali, spesso superiori a quelli bancari percepiti dal locatore.
Infine, può anche essere chiesta al conduttore, in aggiunta al deposito cauzionale, una polizza fideiussoria, cioè una fideiussione bancaria o assicurativa
Bancaria o assicurativa:
Nelle locazioni la forma di garanzia più utilizzata è tuttora costituita dal deposito cauzionale, che consiste nella consegna (tramite assegno) di una somma di denaro, in genere pari a tre mensilità del canone di locazione. Al termine della locazione – previa verifica del buono stato dei locali e dell'adempimento delle obbligazioni contenute nel contratto – il locatore riconsegna la somma, con conguaglio degli interessi maturati.
Il limite di tale forma di garanzia  è costituito dall'entità delle somme garantite. Per le locazioni "commerciali", in particolare, l'articolo 11 della legge 392/1978 è norma inderogabile. Si ritiene, invece, che – relativamente ai contratti di locazione disciplinati dalla legge 431/1998 – il deposito cauzionale possa avere entità superiore alle tre mensilità e possa anche essere infruttifero di interessi o fruttifero di interessi bancari. In questo senso, il Tribunale di Modena, 23 luglio 2004.
Il contenuto
In alternativa, il locatore può chiedere al conduttore il rilascio di una polizza fideiussoria, bancaria o assicurativa, per l'eventuale inadempimento dell'inquilino a tutti gli obblighi derivanti dal contratto: mancato versamento dell'affitto o delle spese accessorie, danni all'immobile eccetera. È comunque opportuno convenire che la polizza fideiussoria garantisca un importo pari ad almeno un anno del canone di locazione e delle spese accessorie preventivate
In ogni caso, conviene pretendere che la fideiussione garantisca l'eventuale periodo di rinnovo. Secondo la Cassazione – sentenza 6 novembre 2008, n. 26611 – «la fideiussione instauratasi a garanzia di un rapporto di locazione si estende all'intero periodo di durata del rapporto locatizio, compreso, quindi, quello conseguente alla rinnovazione tacita del contratto di locazione. Nella specie non ricorre un'ipotesi di fideiussione omnibus: e ciò perché, da un lato, non si tratta di obbligazioni future o condizionali, ma di quelle nascenti dal contratto di locazione originariamente concluso, e, dall'altro, perché le obbligazioni sono determinate (o quantomeno determinabili) con riferimento alle parti e all'entità dei canoni locativi, il cui importo è determinato sulla base delle previsioni contrattuali».
Generalmente, il contratto di fideiussione viene consegnato dal conduttore al locatore prima o contestualmente alla stipula del contratto di locazione. Ove questo non sia possibile, può convenirsi che la fideiussione venga consegnata dall'inquilino entro un certo termine, decorso il quale il contratto si risolverà di diritto per inadempimento grave, a norma dell'articolo 1456 del Codice civile.
Quanto alle differenze tra "fideiussione" bancaria e "fideiussione" assicurativa, la prima garantisce l'adempimento del conduttore per tutta la durata del contratto di locazione previo versamento di somme, titoli o altro, che rimangono a tal fine vincolati. La seconda è invece legata al pagamento di un premio annuale o di un premio unico da parte del conduttore, sicché, in caso di inadempimento all'obbligo di versare il premio, la compagnia può recedere dal contratto, facendo venir meno la garanzia.
A prima richiesta
Ancorché l'articolo 1944, comma due, del Codice civile disponga che «...le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima della escussione del debitore principale...», nel contratto è opportuno inserire una clausola per la quale il pagamento da parte dell'istituto di credito o della compagnia di assicurazione deve avvenire a prima richiesta del locatore senza preventiva necessità di escussione dell'inquilino, rinunciata preventivamente qualunque eccezione da parte del fideiussore.
Molti proprietari, comunque, si assicurano anche con polizze di tutela legale, che garantiscono quantomeno il rimborso di somme prestabilite, per le spese legali (ripetibili o non) sostenute per il procedimento di sfratto e conseguente azione di rilascio, oltre al procedimento di recupero coattivo dei canoni di locazione e delle spese accessorie.

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lunedì 8 luglio 2013

Notifiche e tributi locali

Le notifiche per posta
Sono regolate dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, concepita principalmente per la notificazione degli atti «giudiziari», nell'ambito di un processo «civile, amministrativo o penale» (articolo 1). Alla notificazione partecipano due pubblici ufficiali: l'ufficiale giudiziario nella fase di spedizione, e l'agente postale nella fase di consegna. L'articolo 2 prescrive che la raccomandata venga fatta con l'uso di buste e di avvisi di ricevimento di colore verde. Molto accurata è la disciplina dell'attività che deve svolgere il postino quando il plico non è stato consegnato, o è stato consegnato a persona diversa dal destinatario. Costui ne viene sempre informato con un'altra raccomandata (detta perciò «informativa»), contenente l'invito a ritirare il plico presso l'ufficio postale (articolo 8) o presso il consegnatario (familiare; portiere).
Il procedimento ideato per gli atti giudiziari è stato esteso, con alcuni accorgimenti, agli atti amministrativi (per esempio, violazioni al codice della strada). Fermo l'obbligo di usare buste e avvisi di ricevimento verdi, e ferma l'attività del postino in caso di mancata consegna al destinatario, la differenza, rispetto agli atti giudiziari, è che la spedizione non è affidata all'ufficiale giudiziario, e può essere curata «dall'ufficio che adotta l'atto stesso» (articolo 12, comma 1, legge 890/1982).
Una vistosa deroga alle norme sulla notificazione degli atti amministrativi in generale (come disciplinata dall'articolo 12) riguarda «gli avvisi e gli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente». L'articolo 14, legge 890/1982 (come modificato dall'articolo 20, legge 8 maggio 1998, n. 146) prevede l'impiego di un «plico sigillato» (invece della busta e dell'avviso di ricevimento verdi), da «eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari» (senza l'intervento dell'ufficiale giudiziario). Poiché l'articolo 14, a differenza dell'articolo 12, non richiama «le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta», non richiama nemmeno l'articolo 8, quello che disciplina minuziosamente l'attività del postino in caso di consegna non fatta al destinatario.
I problemi sorgono, però, quando lo stesso articolo 14 fa salve altre disposizioni. Escludendo quelle concernenti la notifica di cartelle esattoriali e di altri atti dell'Agente della riscossione (ai sensi del Dpr 29 settembre 1973, n. 602: materia estranea al quesito), l'articolo 14 fa salvo, nell'ambito delle imposte sui redditi, l'«articolo 60 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600», relativo alla «notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente».
Avvisi d'accertamento
La panoramica delle disposizioni che regolano la materia consente di giungere ad una prima conclusione, ma con l'avvertenza che il quesito si riferisce ad un «accertamento» generico, e non precisa di quale tributo si tratti. È perciò necessario procedere per gradi.
L'articolo 60 del Dpr 600/1973 ha un ruolo centrale. Governa la notifica degli accertamenti delle imposte sui redditi (Irpef ed Ires). Ma fa capo ad esso anche la notifica degli accertamenti di altri tributi (per l'Iva, l'articolo 56 Dpr 633/1972; per l'imposta di registro, l'articolo 52 Dpr 131/1986; per l'imposta sulle successioni, l'articolo 49 Dlgs 346/1990; per l'Irap, l'articolo 25 Dlgs 446/1997).
Fermandoci all'essenziale, l'articolo 60 comanda che la notificazione «è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del Codice di procedura civile», e che i compiti dell'ufficiale giudiziario sono svolti «dai messi comunali o dai messi autorizzati dall'ufficio». Il rinvio agli articoli del codice di rito (137 e seguenti) include anche l'articolo 149 (notificazione a mezzo del servizio postale), e quindi le norme della legge 890/1982 relative alla notificazione degli atti giudiziari. Quanto alle notifiche per posta, l'articolo 60 si limita a precisare che «qualunque notificazione ... si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto» (ultimo comma, aggiunto dall'articolo 37, comma 27, lettera f), Dl 223/2006, quale evidente riflesso della sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2002, n. 477: questione però non pertinente al problema che affrontiamo).
Riducendo ulteriormente all'osso le conclusioni, la notifica per posta degli accertamenti tributari dev'essere curata, nella fase di spedizione, da messi comunali o speciali (e non direttamente «dall'ufficio che adotta l'atto», come prevede l'articolo 12 legge 890/1982); devono essere usate buste e cartoline di ritorno verdi; il postino, in caso di mancata consegna al destinatario, deve informarlo con raccomandata «informativa». Si può anche convenire che alla notifica provveda direttamente l'ufficio (senza l'intervento del messo che, a dire il vero, non aggiungerebbe nulla in vista del buon fine dell'iter notificatorio); ma è da escludere in modo perentorio che la notifica possa avvenire con raccomandata a/r, nella forma prevista dall'articolo 14. 

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