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lunedì 28 gennaio 2013

Condominio: Scala può costituire veduta



Anche la realizzazione di una scala in un condominio può essere assoggettata alle regole sulle distanze legali.
Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 18904/2012, che ha accolto il ricorso del proprietario di un appartamento la cui vicina aveva realizzato illecitamente una scala a chiocciola di collegamento con il lastrico solare sovrastante.
L’uomo si era ricolto ai giudici sostenendo che la scala violava le distanze legali, aggravando la preesistente veduta.
Il tribunale aveva respinto la domanda affe
rmando che la scala a chiocciola non consentiva una comoda veduta e un affaccio sulla proprietà del ricorrente e che, quindi, non si poteva parlare di violazione delle distanze legali.
La vertenza è arrivata quindi alla Suprema corte, la quale, al contrario, ha stabilito che le porte, i ballatoi e le scale d’ingresso alle abitazioni in genere non costituiscono vedute, in quanto destinate fondamentalmente all’accesso in determinati luoghi.
Tuttavia, la proseguito la Corte, le scale possono costituire vedute quando, per le particolari situazioni di fatto, risultino obbiettivamente destinate, in via normale, anche all’esercizio della veduta e dell’affaccio su e verso la proprietà del vicino. In sostanza, il fatto che dalla scala siano possibili entrambe le “operazioni” comporta la configurabilità di una veduta normale, a prescindere dalla destinazione primaria del manufatto.

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lunedì 21 gennaio 2013

Tares - prime impressioni

Il debutto della Tares richiede percorsi di avvicinamento che sono decisamente più complessi nei Comuni che nel 2012 adottavano la Tarsu, rispetto a quelli dei Comuni con Tia1 o Tia2. La differenza sostanziale risiede nelle regole di determinazione del nuovo prelievo sui rifiuti che, essendo interamente fondate sul Dpr 158/99, coincidono con i criteri della Tia1 e della Tia2.
In primo luogo, occorre ricondurre le categorie di utenze non domestiche Tarsu nelle 30 categorie di attività (21 nei Comuni con popolazione non superiore a 5mila abitanti), previste nel Dpr 158/99. Il lavoro non è agevole, poiché i gruppi Tarsu potrebbero essere molto diversi da quelli Tares. Non è detto inoltre che il Comune disponga di informazioni sufficienti nella propria banca dati per classificare correttamente gli operatori economici. Una possibilità è rappresentata dall'incrocio con i dati del Registro delle imprese che, attraverso i codici Atecofin, identificano con precisione l'attività esercitata. Si ritiene peraltro che la categorie del Dpr possano essere modificate dal Comune, sia accorpando più raggruppamenti sia istituendo di nuove categorie. Infatti, ai sensi dell'articolo 5 del Dpr 158, le tabelle allegate trovano applicazione fino a che i Comuni «non abbiano validamente sperimentato tecniche di calibratura individuale» dei rifiuti prodotti. Ne consegue che se il Comune, attraverso supporti tecnici, è in grado di dimostrare che una diversa distribuzione degli operatori economici è funzionale ad una migliore rispondenza del prelievo alla produzione di rifiuti degli stessi, lo scostamento dal decreto sarà legittimo.
Occorre inoltre distribuire le utenze domestiche secondo la numerosità di ciascun nucleo familiare e decidere un criterio di attribuzione delle utenze dei non residenti. A quest'ultimo proposito, molti Comuni in Tia hanno attribuito un numero presuntivo di componenti in funzione della estensione dell'immobile. Si tratta di un ragionevole criterio di semplificazione e non di una presunzione assoluta.
La parte più delicata è tuttavia rappresentata dalla costruzione della tariffa, che passa attraverso una pluralità di simulazioni di calcolo. Occorre innanzitutto procurarsi i dati contabili del gestore del servizio rifiuti, riclassificati secondo i criteri del Dpr 158. Si tratta peraltro di dati destinati a far parte del piano economico finanziario. Bisogna inoltre decidere le modalità per ripartire il costo del servizio tra le due macro categorie di utenze domestiche e non domestiche. Il criterio più semplice è mantenere la medesima ripartizione del gettito Tarsu. Quello più corretto dovrebbe essere il riferimento alle quantità di rifiuti complessive imputabili all'una e all'altra categoria.
Incrociando quindi i dati contabili con i dati rilevanti delle utenze (superficie e numero dei componenti) si ottengono le prime simulazioni. Per evitare eccessivi sbalzi, bisognerà agire sui coefficienti di produttività dei rifiuti. Anche in questo caso, si è dell'avviso che i coefficienti minimi e massimi previsti nelle tabelle allegate dal decreto possano essere derogati sulla base di indagini tecniche.
L'entità del prelievo sarà comunque maggiore della Tarsu sia per l'obbligo di copertura integrale dei costi del servizio che per l'inclusione tra i costi da coprire delle spese amministrative di gestione e del costo d'uso del capitale

lunedì 14 gennaio 2013

Società: autonomia del ramo d'azienda ceduto

La cessione di rami societari può risultare per alcune aziende una ricetta necessaria per far fronte alle difficoltà della crisi economica. Il tema diventa ancora più di attualità in questo momento, a cavallo tra la fine del l'esercizio 2012 e l'inizio del nuovo anno.
Dal punto di vista dei giudici – chiamati a esprimersi su queste operazioni in caso di contenzioso – l'esigenza di razionalizzare le strutture aziendali deve bilanciare la libertà di iniziativa economica e la salvaguardia dell'occupazione e dei diritti dei lavoratori. In questa direzione, la giurisprudenza è sempre più impegnata nella ricerca degli elementi di legittimità per determinare una genuina ed effettiva operazione di cessione imprenditoriale. In particolare, il filo che lega le pronunce è certamente la presenza di una struttura aziendale con autonomia funzionale e produttiva.
Così, il 4 dicembre scorso con sentenza n. 21711, la Cassazione ha precisato che il trasferimento a un altro datore di lavoro di una serie di contratti di lavoro eterogenei, dall'addetto alla guardiania, fino alla receptionist e all'impiegata del design industriale, rappresenta cessione di ramo d'azienda solo se prima del negozio tra cedente e cessionario questi contratti configuravano una vera e propria struttura aziendale con autonomia funzionale e produttiva: in mancanza di questi elementi, il trasferimento è una mera esternalizzazione.
La vicenda vede coinvolta una lavoratrice del settore disegno industriale, progettazione e realizzazione di prototipi di autovetture, trasferita ad altra società che da anni aveva l'appalto del servizio di pulizia dei locali della cedente. In realtà, si legge nel ricorso, il provvedimento di trasferimento non aveva riguardato un ramo di azienda, ma un insieme eterogeneo di lavoratori, per cui non risultava applicabile l'articolo 2112 del Codice civile, ma l'articolo 1406 sulla cessione del contratto, che necessita del consenso del contraente ceduto.
La Cassazione accoglie il ricorso della lavoratrice, sostenendo che sia la normativa comunitaria (direttiva Ce 98/50 e 2001/23), sia la legislazione nazionale perseguono il fine di evitare che il trasferimento si trasformi in un semplice strumento di sostituzione del datore di lavoro, in una pluralità di rapporti individuali, con un altro, sul quale i lavoratori possano riporre minore affidamento sul piano sia della solvibilità sia dell'attitudine a proseguire con continuità l'attività produttiva (si veda l'altro articolo in pagina). Secondo la Corte, la cessione di ramo d'azienda può anche comportare la "smaterializzazione" o "l'alleggerimento" delle strutture, per esempio per innovazioni tecnologiche, ma comunque deve sussistere una struttura aziendale apprezzabile, composta dai contratti, prima della cessione.

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lunedì 7 gennaio 2013

Condominio: ritenuta d'acconto



La legge Finanziaria 449/1997 ha previsto che, dal 1º gennaio 1998, il condominio assumesse la qualificazione di sostituto d'imposta. A seguito delle modifiche sul testo dell'articolo 23 del Dpr 600/1973, il condominio è obbligato, all'atto dei pagamento dei compensi ai lavoratori dipendenti, come il portiere, a effettuare una ritenuta d'acconto ai fini Irpef con diritto di rivalsa. Il medesimo obbligo è previsto, secondo l'articolo 24 dello stesso Dpr, per ciò che riguarda i compensi corrisposti ai lavoratori con redditi assimilati al lavoro dipendente, ovvero per i compensi corrisposti ai lavoratori autonomi (articolo 25). In quest'ultimo caso la ritenuta è stabilita in ragione del 20% dei compensi erogati. La ritenuta dev'essere altresì operata sui compensi spettanti all'amministratore e corrisposti in virtù del mandato che gli è stato conferito.
La circolare dell'agenzia delle Entrate 204/E, del 6 novembre 2000, ha evidenziato che il testo definitivo dell'articolo 23 del Dpr 600/1973 attribuisce la qualifica di sostituto d'imposta al condominio, e non all'amministratore, come originariamente proposto. Pertanto, va chiarito che soggetto obbligato a effettuare le ritenute d'acconto è il condominio in quanto tale.
La regola generale in base alla quale la ritenuta non andava operata in relazione ai compensi corrisposti per le prestazioni rese nell'esercizio d'impresa è stata modificata introducendo, nel citato Dpr 600/1973, l'articolo 25-ter, a seguito dell'approvazione della legge Finanziaria del 2007 (articolo 1, comma 43, legge 296/2006).
La disposizione prevede che il condominio, quale sostituto di imposta, operi all'atto del pagamento una ritenuta del 4% a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell'interesse di terzi, effettuate nell'esercizio di impresa. Inoltre, la ritenuta va fatta anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi, a norma dell'articolo 67, comma 1, lettera i, del Tuir (redditi derivanti da attività commerciali non abituali), così come nei confronti dei prestatori di servizi occasionali.
L'adempimento è entrato in vigore dal 1º gennaio 2007, ma è riferibile anche a fatture emesse o prestazioni di appalto, opere e servizi eseguite in periodi d'imposta precedenti, a condizione che il pagamento sia stato effettuato dal 1º gennaio 2007 in avanti.
Il condomino non deve invece effettuare alcuna ritenuta in caso di forniture di beni con posa in opera, in quanto queste operazioni, nelle quali la posa in
opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi.
Gli elenchi
A decorrere dal 1º gennaio 2007 devono ritenersi assoggettate a ritenuta tutte le prestazioni di manutenzioni e di ristrutturazione (come quella descritta nel quesito), nonché tutti i servizi resi in regime di impresa, indipendentemente dalla circostanza che la forma contrattuale stipulata sia il contratto d'appalto o d'opera. Oggi, in virtù dell'articolo 25-ter, si assoggettano a ritenuta, a titolo esemplificativo, le seguenti prestazioni:
• manutenzioni murarie, idrauliche ed elettriche;
• imbiancature e opere da fabbro;
pulizia, spurgo e disinfestazione;
• manutenzione di ascensori, sistema antincendio, giardino, piscine e altri impianti sportivi condominiali, cancelli automatici, apparecchi citofonici e video, sistemi di sorveglianza e antenne;
• manutenzioni e conduzione di centrali termiche, autoclave;
• verifica degli impianti ascensore ed elettrico.
Ai sensi della circolare 7/E del 2007 sono esclusi, invece, dall'applicazione della ritenuta i corrispettivi dovuti in dipendenza di:
• contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua, gas e simili, di assicurazione, di trasporto e di deposito (sono inclusi, invece, i corrispettivi corrisposti in base a contratto di servizio energia);
• forniture di beni con posa in opera, qualora la posa in opera assuma funzione accessoria rispetto alla cessione dei beni;
• prestazioni d'opera riconducibili ad attività di lavoro autonomo anche occasionale, come quelle rese da architetti, ingegneri e geometri, già assoggettate a ritenuta del 20 per cento;
• prestazioni rese da persone fisiche che si avvalgono del regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali (articolo 13 della legge 388/2000), a condizione che il condominio acquisisca agli atti la dichiarazione prevista dai relativi provvedimenti di attuazione della legge stessa.
La ritenuta del 4% a titolo di acconto si effettua anche sui corrispettivi delle prestazioni d'opera e dei servizi resi da soggetti non residenti, qualora siano rilevanti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 23 del Tuir.
Termini e modalità
Le ritenute devono essere versate entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stato effettuato il pagamento. Si deve utilizzare il modello F24 con il codice tributo 1019 per i percipienti soggetti passivi dell'Irpef, e il codice 1020 per i percipienti soggetti passivi dell'Ires. I codici sono stati istituiti con la risoluzione 19/E del 5 febbraio 2007.
Entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello di pagamento dei compensi, il condominio deve rilasciare ai percipienti il modello Cud per i redditi di lavoro dipendente e assimilati, e le certificazioni delle ritenute fiscali operate e versate relative agli altri redditi (lavoratori autonomi). La disposizione di riferimento è l'articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, del Dpr 322/1998. Successivamente, entro il 31 luglio, va presentata la dichiarazione del sostituto d'imposta (modello 770) secondo quanto previsto dall'articolo 4 del Dpr 322/1998. 

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