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domenica 29 settembre 2013

Se il mutuo è sospeso il debito residuo non genera interessi

La possibilità di sospendere il pagamento delle rate di un mutuo a seguito di eventi negativi è prevista da due fonti normative:
il cosiddetto Fondo di solidarietà, di emanazione legislativa, che prevede l'intervento della Consap (per i casi di morte, handicap grave o condizione di non autosufficienza, perdita del posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o dei rapporti lavorativi);
- il cosiddetto piano famiglie, frutto di un accordo tra l'Abi e le associazioni dei consumatori, rinnovato nel 2013 per la quinta volta consecutiva (per i casi di morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).
A queste si aggiunge poi la sospensione disposta per legge come è accaduto a seguito del grave sisma che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile 2009 (articolo 5, comma 3, Dl 39/2009, convertito dalla legge 77/2009).
In tutti questi casi si pone il problema delle modalità di calcolo degli interessi sulle rate sospese quando è prevista la sospensione integrale delle stesse, e in particolare se tali interessi debbano essere calcolati sulle rate il cui pagamento è stato sospeso ovvero sull'intero capitale residuo.
Al riguardo l'Arbitro bancario finanziario (Abf) ha avuto modo di affermare di recente che gli interessi devono calcolarsi sull'importo delle sole rate venute a scadenza nel periodo di sospensione e non sul l'intero debito residuo. E questo per lo stesso fondamento di tali interessi "di sospensione", aggiuntivi rispetto a quelli contrattuali, che risultavano già ab origine calcolati nel l'importo complessivo delle rate in cui la restituzione del mutuo era stata suddivisa secondo il piano di ammortamento. Le rate sospese, infatti, sono collocate in coda al piano di ammortamento, che viene così a prolungarsi per una durata corrispondente. Peraltro, l'interesse di sospensione dovrà essere calcolato sulla sola quota capitale delle rate interessate (Coll. Roma, dec. n. 3257/2013).
Ma l'Abf ancor più recentemente è pervenuto a dichiarare anche la nullità di una clausola del contratto di sospensione sulla base della verifica della causa concreta, sussistendo nel caso deciso una evidente sproporzione tra l'importo delle rate sospese e quello degli interessi richiesti dalla banca per la sospensione; ciò che ha condotto a ritenere la nullità della clausola, risultando gravoso e modificativodel l'equilibrio complessivo del contratto che una sospensione delle rate finalizzata ad alleggerire la situazione di crisi nella quale versava il mutuatario potesse condurre ad applicare gli interessi secondo un criterio privo di giustificazione e tale da risultare in concreto palesemente abnorme (Coll. Roma, dec. n. 4574/013).
Esistono due possibilità per chiedere e ottenere la sospensione del pagamento delle rate di un mutuo a seguito di eventi negativi. Esse sono:

1. il cosiddetto Fondo di solidarietà, previsto dalla legge, che prevede l’intervento della Consap (per i casi di morte, handicap grave o condizione di non autosufficienza, perdita del posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o dei rapporti lavorativi);

2. il cosiddetto Piano famiglie, frutto di un accordo tra l’Abi e le associazioni dei consumatori, rinnovato nel 2013 per la quinta volta consecutiva (per i casi di morte, perdita dell’occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).

In tali casi, il beneficiario è tenuto a versare anche gli interessi “di sospensione”, aggiuntivi e ulteriori rispetto a quelli contrattuali pattuiti alla stipula del prestito.

Le rate sospese sono collocate in coda al piano di ammortamento, che viene così a prolungarsi per una durata corrispondente.

Ebbene, come si calcolano gli interessi sulle rate sospese? Si potrebbe infatti porre il dubbio se essi vadano calcolati sulle rate il cui pagamento è stato sospeso oppure sull’intero capitale residuo.

Al riguardo l’Arbitro bancario finanziario (Abf) ha chiarito, di recente, che gli interessi devono calcolarsi sull’importo delle sole rate venute a scadenza nel periodo di sospensione e non sul l’intero debito residuo. Questo vuol dire che il debito residuo non produce interessi.

Inoltre, precisa l’Abf, tali interessi di sospensione non possono arrivare ad essere abnormi, sino a creare una evidente sproporzione tra l’importo delle rate sospese e quello degli interessi richiesti dalla banca per la sospensione. In tali casi, si avrebbe la nullità della una clausola del contratto di sospensione. Sarebbe infatti illogico che una sospensione delle rate, finalizzata ad alleggerire la situazione di crisi nella quale versava il mutuatario, possa portare a un calcolo di intessi troppo gravoso.
- See more at: http://www.laleggepertutti.it/36489_mutuo-sospeso-no-interessi-sul-debito-residuo#sthash.BtpJ2RBl.dpuf
Esistono due possibilità per chiedere e ottenere la sospensione del pagamento delle rate di un mutuo a seguito di eventi negativi. Esse sono:

1. il cosiddetto Fondo di solidarietà, previsto dalla legge, che prevede l’intervento della Consap (per i casi di morte, handicap grave o condizione di non autosufficienza, perdita del posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o dei rapporti lavorativi);

2. il cosiddetto Piano famiglie, frutto di un accordo tra l’Abi e le associazioni dei consumatori, rinnovato nel 2013 per la quinta volta consecutiva (per i casi di morte, perdita dell’occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).

In tali casi, il beneficiario è tenuto a versare anche gli interessi “di sospensione”, aggiuntivi e ulteriori rispetto a quelli contrattuali pattuiti alla stipula del prestito.

Le rate sospese sono collocate in coda al piano di ammortamento, che viene così a prolungarsi per una durata corrispondente.

Ebbene, come si calcolano gli interessi sulle rate sospese? Si potrebbe infatti porre il dubbio se essi vadano calcolati sulle rate il cui pagamento è stato sospeso oppure sull’intero capitale residuo.

Al riguardo l’Arbitro bancario finanziario (Abf) ha chiarito, di recente, che gli interessi devono calcolarsi sull’importo delle sole rate venute a scadenza nel periodo di sospensione e non sul l’intero debito residuo. Questo vuol dire che il debito residuo non produce interessi.

Inoltre, precisa l’Abf, tali interessi di sospensione non possono arrivare ad essere abnormi, sino a creare una evidente sproporzione tra l’importo delle rate sospese e quello degli interessi richiesti dalla banca per la sospensione. In tali casi, si avrebbe la nullità della una clausola del contratto di sospensione. Sarebbe infatti illogico che una sospensione delle rate, finalizzata ad alleggerire la situazione di crisi nella quale versava il mutuatario, possa portare a un calcolo di intessi troppo gravoso.
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lunedì 23 settembre 2013

Impianto Termico ed ecobonus

Ora che il  Decreto Legge 63/2013 è stato definitivamente convertito in legge (90/2013), portando dei nuovi limiti al suo piano di applicabilità, soprattutto per quanto riguarda la tipologia di opere che beneficieranno della detrazione del 65%; ad essere rivisti anche i tempi dell'agevolazione, che prevede validi i bonifici giunti entro il 31 dicembre 2013, fatta eccezione per i condomìni che in certi casi avranno tempo fino al 30 giugno 2014.
Queste le quattro categorie principali per il rinnovamento energetico che saranno oggetto degli incentivi con i relativi limiti di spesa e di detrazione fiscale:
  • isolamento termico con sostituzione degli infissi, coibentazione di coperture e pareti. E' stata determinata una spesa massima di 92.307,69 euro, con detraibilità massima di 60mila euro
  • sostituzione di vecchie caldaie con adeguati impianti a risparmio energetico. Vengono considerate anche le sostituzioni con pompe di calore o impianti geotermici a bassa entalpia, oltre alla sostituzione di vecchi scaldabagni elettrici con pompe di calore. In questo caso verrà applicata una detrazione massima di 30mila euro e una soglia massima di spesa di 46.153,84 euro
  • riqualificazione globale dell'edificio sotto l'aspetto energetico. La soglia massima di detraibilità è fissata in 100mila euro, per una spesa massima di 153.846,15 euro
  • installazione di pannelli solari termici. Anche in questo caso la detraibilità è fissata a 60mila euro con una spesa massima di 92.307,69 euro
Cosa succede, invece, per il bonus del 50% sulle opere volte alla ristrutturazione edilizia? Qui resta invariato ciò che era già stato confermato, ovvero la soglia di spesa massima di 96mila euro e una detrazione massima di 48mila euro. Da ricordare che nel caso di interventi su più fronti, per esempio intervento di risparmio energetico abbinato ad opere edilizie di riqualificazione, il contribuente può beneficiare di entrambe le detrazioni. Nel caso, invece, di più interventi che prevedono la detrazione del 65% (sostituzione infissi e sostituzione caldaia), le detrazioni verranno sommate.

lunedì 16 settembre 2013

legge 98/2013 Immobili

L'art.30 modifica in più punti il DPR 380/2001 Testo Unico dell'Edilizia. Di seguito ne delineo i principali.
  • Le Regioni possono modificare le distanze tra edifici e gli standard del DM 1444/1968. Il comma 1 introduce nel TUE l'art. 2 bis che consente alle Regioni, di fare leggi di deroga al DM 2.4.1968 n.1444 "Limiti inderogabili di densità edilizia, altezza, distanza tra i fabbricati….". La misura appare foriera di rischi per l'assetto dei centri urbani, visto che le Regioni possono operare senza limiti, e senza alcuna omogeneità tra loro. Va anche considerato che il DM 1444/1968 è un caposaldo normativo perché costituisce la principale norma nazionale per la pianificazione urbanistica ed un riferimento unificante a livello nazionale in un campo che da tempo è di prevalente competenza regionale. In ogni caso lo stesso DM con l'art.9 già consente distanze tra edifici inferiori, ma solo nell'ambito di piani attuativi del PRG.
  • SCIA per demolizione-ricostruzione con modifiche alla sagoma. Il comma 1 modifica l'art.3 c.1 d) del TUE, stabilendo che le demolizioni-ricostruzioni con modifiche alla sagoma dell'edificio, ma con volume inalterato, rientrano nella ristrutturazione leggera e pertanto non richiedono più il permesso di costruire: basta presentare la SCIA. A mio avviso, su questo punto occorrerebbe che il Ministero chiarisca ufficialmente che nel Testo Unico dell'Edilizia per "volume" si intende non la forma dell'edificio, ma la quantità di metri cubi della costruzione. Infatti il significato della parola "volume" è anche "spazio limitato da superficie chiusa", cioè forma. In tale accezione sarebbe inutile aver eliminato il rispetto della sagoma, perché la sagoma determina il volume e pertanto resterebbe l'obbligo di mantenere sia la cubatura che la forma dell'edificio. L'eliminazione del rispetto della sagoma potrebbe significare solo che non occorrerebbe rispettare i cornicioni, i marcapiani, le modanature delle finestre, i porticati e le altane. Pertanto può succedere che in qualche Comune l'ufficio tecnico ritenga che la forma volumetrica dell'edificio non debba essere modificata, se si intende applicare la SCIA.
    Continuando ad illustrare la norma, è da sottolineare la novità che essa si applica anche al caso di edifici crollati per sisma, sempre che sia possibile dimostrare la consistenza dell'edificio. Si applica inoltre alle varianti al permesso di costruire. Resta l'obbligo di rispetto della sagoma nel caso di edifici vincolati come bene culturale. La liberalizzazione si applica anche nei centri storici ma, per limitare il rischio di brutture, i Comuni possono delimitare all'interno del centro storico zone di maggiore pregio, nelle quali le demolizioni-ricostruzioni senza rispetto della sagoma richiedono comunque il permesso di costruire. Tali delibere devono essere assunte entro il 30 giugno 2014. In caso di inadempienza subentra la Regione ed eventualmente il Ministero delle infrastrutture, per nominare un commissario ad acta che dovrà assumere la delibera. In mancanza della delibera non si può ricostruire con la SCIA. Invece, nelle aree del centro storico che non saranno perimetrate, le demolizioni-ricostruzioni senza rispetto della sagoma, ma con rispetto del volume, potranno essere realizzate con semplice SCIA. Occorrerà comunque attendere 30 giorni dopo la consegna della SCIA per iniziare i lavori. Ma la norma ribadisce che se l'edificio è vincolato occorrerà il permesso di costruire. A parere di chi scrive, la norma ha un valore positivo perché facilita il rinnovo dell'edilizia esistente e così riduce il consumo di suolo inedificato. Inoltre lascia maggiore libertà ai progettisti nelle demolizioni-ricostruzioni con mantenimento del volume esistente, e consentirà perciò l'inserimento di architetture moderne nella città otto-novecentesca. Il che appare utile a tutti coloro che pensano che la città è un organismo vivente che non si può ingessare, pena la sua decadenza. In ogni caso la maggiore libertà è necessaria per consentire la modernizzazione degli edifici, il contenimento dei consumi energetici e la risposta dell'edificio a nuove esigenze funzionali. Ciò vale anche per i centri storici, per i quali vanno ovviamente salvaguardati gli edifici vincolati e le aree di maggiore compattezza storica, ma va lasciata la possibilità di modificare singoli edifici o gruppi di edifici, che pur essendo interni al centro storico, non hanno pregio storico-artistico e perciò non sono vincolati. Pertanto occorre augurarsi che i Comuni si comporteranno in modo equilibrato, evitando di stabilire che tutto il centro storico è zona pregiata, ma stabilendo congrue aree nelle quali, mantenendo la volumetria, sia possibile modificare la sagoma dell'edificio, nel rispetto di tutte le norme sulle distanze, sull'igiene edilizia ecc. Come è noto la progettazione degli interventi su edifici vincolati è competenza esclusiva degli architetti (ma gli ingegneri possono partecipare per la parte tecnica). Ritengo che all'interno dei centri storici, a garanzia della qualità dell'architettura e dell'armonia con l'edilizia circostante, dovrebbe essere statuito per legge che gli architetti hanno la competenza esclusiva anche per gli edifici non vincolati.
  • CIL non più riservata ai liberi professionisti. Lo stesso comma 1 modifica l'art.6 c.4 per cancellare che, nella Comunicazione d'Inizio Lavori, il progettista non deve essere un dipendente del committente. Pertanto ora i progetti possono essere firmati anche dai dipendenti dell'impresa o dell'ente committente. La disposizione cancella una norma che stabiliva una posizione di indipendenza del progettista nei confronti del committente. Una posizioni di terzietà del progettista, in quanto equidistante tra gli interessi del committente e l'interesse della collettività rappresentato dal rispetto delle regole. E' stata sacrificata, in nome della semplificazione, una garanzia per il rispetto delle norme. Il CNAPPC ha ignorato il problema (forse non si è accorto della norma)!
  • Permesso di costruire: silenzio-assenso e silenzio-rigetto. Lo stesso art.30 comma 1 sostituisce i commi 8 e 9 dell'art.20 del TUE stabilendo che se il Comune non ha opposto motivato diniego, si intende formato il silenzio-assenso. Sono fatti salvi i casi di presenza di vincoli ambientali, paesaggisti o culturali: in caso di diniego dell'atto di assenso, decorso il termine, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta e il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego. Ciò consente all'interessato di impugnare il provvedimento.
  • SCIA e CIL: lo sportello unico acquisisce preliminarmente gli atti di assenso. Viene aggiunto nel TUE l'art.23-bis che dà all'interessato la possibilità di chiedere allo sportello unico, prima della presentazione della SCIA, di provvedere all'acquisizione degli atti di assenso di Soprintendenza ecc. necessari per eseguire i lavori. Nel caso l'interessato presenti le richieste di assenso contestualmente alla presentazione della SCIA, può dare inizio ai lavori solo dopo l'acquisizione degli atti di assenso.
  • Agibilità per parti di edifici. Viene modificato l'art.24.4 del TUE per stabilire che il certificato di agibilità può essere richiesto anche per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, o per singole unità immobiliari, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all'intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni; all'art.25 TUE viene aggiunto il comma 5 bis che stabilisce che se l'interessato non presenta la domanda del certificato di agibilità, fermo restando la presentazione del certificato di collaudo statico, del certificato regionale per le zone sismiche e della dichiarazione sulle barriere architettoniche, può presentare la dichiarazione del Direttore dei lavori o di un professionista abilitato, con la quale si attesta la conformità dell'opera al progetto e la sua agibilità, corredata della richiesta di accatastamento che lo sportello unico trasmette al Catasto, e della dichiarazione dell'impresa sulla conformità degli impianti relativa a sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico.
  • Inizio e fine dei lavori. L'art.30 comma 3 proroga, per i permessi già rilasciati, i termini di cui all'art.15 del TUE portando da uno a tre anni il limite per l'inizio dei lavori e da tre a cinque anni il termine per l'ultimazione. La proroga si applica sia al permesso di costruire che alla SCIA e alla DIA. Il comma 3bis proroga di tre anni il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione stipulate entro l'anno 2012.
  • Esercizi commerciali (articolo 30, comma 5-ter). Regioni ed enti locali non possono prevedere aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali.
 
Alcuni provvedimenti relativi ad altri articoli della legge 98/2013.
  • Edilizia scolastica. L'art. 18, commi 8 e 8-ter stabilisce che le risorse messe a disposizione dall'Inail - fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 - vengono destinate a un piano di interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici.
  • Piano 6000 campanili. L'art.18.9 stanzia fondi per mini opere in comuni con meno di 5000 abitanti.
  • Piano città. L'art. 9.3 bis rende possibile utilizzare fondi europei per finanziare il piano città.
  • Lavori pubblici. L'art.26.2 semplifica, fino a fine 2015, i requisiti per i progettisti che partecipano alle gare. L'art.26 ter stabilisce, fino a fine 2014, l'obbligo di anticipare all'impresa appaltatrice il 10% dell'importo dei lavori. Esclusi gli appalti di servizi.
  • DURC. È trattato nell'art.31
  • Sicurezza cantieri. L'art.32 modifica il DLgs 81/2008 e l'art.131.2 DLgs 163/2006, disponendo una serie di semplificazioni. Tra l'altro, stabilisce che mediante decreto ministeriale, entro 60 giorni, verranno definiti modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza, del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo dell'opera. La semplificazione del piano di sicurezza è del tutto necessaria per evitare che il piano diventi un elaborato troppo complesso e voluminoso, difficilmente leggibile da parte di coloro che sul cantiere devono applicarlo. Inoltre, sono dell'avviso che occorra superare la calcolazione analitica dei costi della sicurezza, che non riduce il rischio di incidenti e complica la progettazione del piano. Tra l'altro i costi della sicurezza nell'appalto non vengono calcolati separatamente negli altri paesi UE, eccetto forse la Spagna.
  • Antincendi. L'art.38 tratta della presentazione dell'istanza preliminare di cui al DPR 151/2011. Semplifica gli adempimenti di prevenzione incendi per i soggetti responsabili delle attività sottoposte alla disciplina antincendi solo in seguito all'emanazione del DPR 151/2011.
  • Beni culturali. L'art.39 stabilisce che la validità dell'autorizzazione paesaggistica è prorogata fino alla fine dei lavori e che è ridotto da 90 a 45 giorni il tempo per l'emissione del parere del Sovrintendente, decorso il quale decide il Comune.
Case mobili nei camping, senza permesso di costruire. L'art.41.4 apporta una nuova modifica al TUE art. 3.1, e5), per escludere dall'obbligo del permesso di costruire le installazioni posizionate, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto per la sosta ed il soggiorno di turisti, a condizione che la loro collocazione sia effettuata in conformità alle leggi regionali. Si applica ai camping, spesso in aree di pregio paesaggistico. Al posto delle tende, vedremo case mobili, che già vengono prodotte dall'industria, fissate al suolo "temporaneamente". Nuovo pericolo per l'ambiente, anche perché chi interverrà per evitare che le nuove costruzioni con "temporaneo ancoraggio al suolo" diventino definitive

Legge 98/2013 il testo ufficiale

Si allega il link alla Gazzetta Ufficiale

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"Decreto del Fare" in Condominio

La mediazione ritorna in condominio e la procedura speciale, in pratica mai entrata in vigore, ora è impiegabile; infatti nelle votazioni finali della legge 220/2012, Camera e Senato decisero di non modificare il testo già votato per scongiurare che la fine della legislatura facesse fallire la legge. In questo modo, nonostante pochi giorni prima la Corte costituzionale avesse già eliminato la mediazione obbligatoria, venne  lasciato stare il nuovo articolo 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice civile, che regolavano la questione a livello condominiale.
Adesso il decreto legge “del fare”, 69/2013, ha inserito nuovamente la mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità anche nelle cause condominiali, come quelle sulle parti comuni, sulle morosità dei condomini sul regolamento contrattuale, escludendo invece quelle di vicinato che siano concernenti solo ai rapporti privati.
Si può riscontrare che le due norme si sovrappongono solamente per la disciplina di competenza per territorio, per la quale mostrano la medesima soluzione, imponendo di presentare l’istanza presso un organismo abilitato e nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. A norma dell’articolo 23 del Codice di procedura civile, la competenza risulta stabilita laddove si trova il condominio, per il resto l’articolo 71 quater riguarda argomenti specifici dell’ambito condominiale e non trattati dalla legge generale sulla mediazione nelle controversie civili.
La riforma del Condominio è volta a circoscrivere i poteri di rappresentanza dell’amministratore e di permettere un frequente intervento dell’assemblea ed ha chiarito che sono da considerarsi controversie nell’ambito del condominio quelle provenienti da violazione o errata applicazione degli articoli da 1117 a 1139 del Codice civile o da 61 a 72 delle disposizioni per l’attuazione.
E’ stato chiarito che l’amministratore è legittimato a partecipare al procedimento, ma solo previa autorizzazione di apposita delibera assembleare d assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del Codice; se il termine per comparire davanti al mediatore non permette all’assemblea di pronunciarsi deve essere disposta una proroga proporzionata, su istanza del condominio. La proposta di mediazione, inoltre, deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del Codice. Se non si raggiunge questa maggioranza, la proposta si deve ritenere non accettata.
Per assicurare il funzionamento concreto dell’assemblea è richiesto al mediatore di stabilire il termine per l’esame della proposta conciliatoria, considerando la necessità per l’amministratore di procurarsi la delibera assembleare. Nessuno degli elementi appena menzionati è in contrasto formale con la nuova mediazione obbligatoria. La legge di conversione del Dl 69/2013 impone l’assistenza dell’avvocato in tutte le fasi del procedimento e introduce un regime di gratuità per il caso di mancato accordo e per chi è ammesso al gratuito patrocinio.
Negli altri casi saranno validi i compensi  minimi e massimi fissati dal decreto governativo. Ad ogni modo, alcune preoccupazioni rimangono; infatti dato che le nuove regole stabilivano un primo incontro esplorativo e almeno un altro incontro, in ambito condominiale si rischia che il numero minimo di incontri arrivi a tre, laddove si debba permettere all’assemblea di pronunciarsi. In pratica, c’è il rischio di stabilire un un indesiderabile aumento dei costi.
Sarà necessario, quindi, che tutti, in primo luogo gli organismi di mediazione, si preoccupino di dotarsi di schermi di funzionamento idonei ad evitare il pericolo.

"Decreto del fare" in Edilizia

Dal 21 agosto 2013 è in vigore la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione del decreto “del Fare” (Decreto Legge del 21 giugno 2013, n. 69).
Con la legge di conversione sono state introdotte alcune modifiche e integrazioni all’art. 30 - relativo alle misure di semplificazione in materia edilizia - che accolgono molte delle proposte dell’Associazione dei costruttori edili.
IL COMMENTO ANCE
Di seguito pubblichiamo il commento dell'Ance sulle norme della legge relative alle semplificazioni in materia di ristrutturazione edilizia (articolo 30, comma 1, lett. a), c), e)).
Durante l’iter di conversione del decreto legge l’Ance ha svolto un’intensa azione a livello sia politico che istituzionale che ha portato alla conferma delle seguenti previsioni normative: A. eliminazione del vincolo della sagoma come prescrizione necessaria ai fini dell’inquadramento degli interventi di demolizione e ricostruzione nella categoria edilizia della ristrutturazione edilizia; B. previsione nell’ambito della categoria della ristrutturazione edilizia anche degli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti, purché si possa accertarne la preesistente consistenza; C. salvo alcuni casi, estensione della Scia agli interventi di ristrutturazione edilizia nonché delle cd. “varianti minori” ai permessi di costruire in caso di modifica della sagoma.
Le suddette disposizioni non si applicano agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del Dlgs 42/2004.
La legge di conversione ha, inoltre, introdotto un’ulteriore limitazione con riferimento agli interventi ricadenti nei centri storici. In particolare, nel nuovo articolo 23 bis del Dpr 380/2001, come introdotto dal dall’art. 30, comma 1, lett. f del decreto legge 69/2013, poi modificato dalla legge di conversione, è stato specificato che all’interno delle zone A di cui al Dm 1444/68 e in quelle equipollenti, i Comuni dovranno entro il 30 giugno 2014 individuare, con propria deliberazione, le aree nelle quali non è consentito eseguire con SCIA un intervento di demolizione e ricostruzione, o presentare una variante al permesso di costruire, che comportino modifica della sagoma. Decorso tale termine e in mancanza di un intervento sostitutivo della Regione la norma prevede la nomina di un Commissario ad acta nominato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Nelle aree in cui sarà consentito eseguire i lavori con SCIA gli stessi non potranno iniziare immediatamente, ma decorsi 30 giorni.
A seguito delle modifiche apportate in sede di conversione la possibilità di eseguire un intervento di demolizione e ricostruzione, o presentare una variante al permesso di costruire con SCIA che comportino modifiche della sagoma è, quindi, esclusa per gli immobili:
- soggetti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004 (in questo caso è necessario sempre il permesso di costruire o la Dia in alternativa);
- ricadenti nella zona A del DM 1444/68 o in quelle equipollenti, fino a quando il comune non abbia assunto il provvedimento di individuazione (termine massimo 30/06/2014) o al successivo intervento sostitutivo.
Si richiama l'attenzione sul fatto che non è stato previsto né un termine, né le modalità per l'esercizio di tale potere sostitutivo il cui esercizio potrebbe essere oggetto anche di istanza da parte del soggetto interessato.
Demolizione e fedele ricostruzione senza vincolo della sagoma (comma 1, lett. a)
L’art. 30, comma 1, lett. a), accogliendo la proposta Ance, rivede la definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nel Testo Unico Edilizia eliminando all’art. 3, comma 1, lett. d) del Dpr 380/2001 il riferimento alla “sagoma”.
Tali interventi anche senza il rispetto della sagoma originaria (intesa come conformazione planovolumetrica della costruzione e del suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale) non saranno più inquadrati come nuove costruzioni, ma rientreranno nell’alveo delle ristrutturazioni edilizie salvo, come detto si tratti di interventi:
- su immobili soggetti a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004. In tali casi la demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma sarà considerata sempre nuova costruzione e soggetta a permesso di costruire o Dia in alternativa;
- su immobili ricadenti nei centri storici. In tali casi saranno i Comuni che entro il 30/06/2014 dovranno decidere in quali aree non sarà consentito eseguire l’intervento di demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma con Scia.
Al fine di comprendere la portata della norma si ritiene necessario riassumere brevemente i termini della questione.
Il decreto legge 69/2013, come convertito in Legge 98/2013 dirime, infatti, una delle questioni di maggior dibattito a livello giurisprudenziale e dottrinale la cui soluzione è stata sollecitata in passato dall’Ance.
Il Dpr 380/2001 ricomprende all'interno della "ristrutturazione edilizia" (art. 3, comma 1, lett. d) l'intervento di demolizione e fedele ricostruzione dell'immobile.
Il successivo D.lgs. 301/2002 che ha coordinato il Testo Unico Edilizia con la legge 443/2001 c.d. Legge obiettivo, ha ampliato la nozione di demolizione con successiva ricostruzione, indicando come elementi limitativi unicamente il rispetto della stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente, mentre sono stati eliminati il rispetto dell'area di sedime e dei materiali originari.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 309/2011, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 27 della legge della Regione Lombardia 12/2005 nella parte in cui escludeva il rispetto della sagoma nella ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione.
In particolare, la Corte ha ribadito la titolarità dello Stato nell’individuazione delle categorie di intervento in quanto principi fondamentali dato che è in conformità a queste ultime che viene disciplinato il regime dei titoli abilitativi con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi ed alle relative sanzioni, anche penali.
Gli effetti di tale pronuncia hanno creato molti problemi non solo per gli interventi futuri, ma anche pericolosi vuoti normativi e situazioni di incertezza nei confronti di interventi in corso ed oggetto di legittimi titoli abilitativi edilizi.
Le azioni dell’Ance sono state, pertanto, finalizzate a rimuovere tale ostacolo nella consapevolezza che gli interventi di sostituzione edilizia rappresentano una tipologia di intervento in espansione (vedi anche decreto legge 70/2011) e quindi di importanza vitale per il settore delle costruzioni.
Molteplici sono i riflessi che determina l’inquadramento della demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma nell’alveo della ristrutturazione edilizia anziché della nuova costruzione.
Si evidenzia che, come affermato anche dalla giurisprudenza, in caso di ristrutturazione edilizia, anche mediante la demolizione e ricostruzione, ai fini della conformità urbanistica la normativa di riferimento sarà quella vigente all’epoca della realizzazione del manufatto e, non invece, quella sopravvenuta al momento dell’esecuzione dei lavori (Tar Puglia n. 2341/2006; Tar Puglia n. 3210/2004).
Ne consegue che, diversamente da un intervento qualificato di “nuova costruzione”, si potranno mantenere i parametri edilizi e urbanistici (es. distanze, altezze ecc.) esistenti al momento della realizzazione del fabbricato senza necessità di doversi conformare alle successive e mutate discipline urbanistiche.
Ristrutturazione edilizia - interventi di ricostruzione di edifici crollati o demoliti (comma 1, lett. a)
L’art. 30, comma 1, lett. a), aggiunge all’art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico Edilizia, relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia, anche gli “interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
La modifica, che accoglie una proposta Ance, definisce in via legislativa un'ulteriore questione dibattuta a livello giurisprudenziale.
La qualificazione come ristrutturazione della demolizione e successiva fedele ricostruzione richiede necessariamente la sussistenza del fabbricato da ristrutturare.
Una struttura identificabile come organismo edilizio del quale rimangano soltanto pochi residui e tracce, la cui opera muraria non consenta, in realtà, la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la sua fedele ricostruzione, ha portato la giurisprudenza ad essere concorde nel considerare l’immobile un rudere e la relativa ricostruzione come intervento di “nuova costruzione” non equiparabile alla ristrutturazione edilizia (tra le tante Cons. Stato n. 5375/2006), con tutte le conseguenze negative del caso in merito alle disposizioni in tema di distanze, altezze ecc.
In particolare, la demolizione per essere ricondotta alla nuova nozione legislativa di “ristrutturazione edilizia” deve essere contestualizzata temporalmente nell’ambito di un intervento unitario volto nel suo complesso alla conservazione di un edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell’inizio dei lavori (Cass. pen. n. 14455/2003).
Con le modifiche al Testo Unico Edilizia previste dal decreto legge 69/2013, come convertito nella Legge 98/2013, gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione saranno considerati “ristrutturazione edilizia” purché sia possibile “accertarne la preesistente consistenza”.
Ciò potrà essere dimostrato, ad esempio, con documentazione catastale, tecnica, iconografica al fine di fornire all’amministrazione comunale elementi utili per poter ricavare l’effettiva consistenza del fabbricato (il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5791 del 2004 ha stabilito che sulla base delle planimetrie in possesso del Comune era “tecnicamente verificabile” la ricostruzione della volumetria).
Anche in questo caso si specifica che tale modifica non si applica agli interventi su immobili soggetti a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004. In tali casi la fattispecie integrerà la nuova costruzione.
Scia per gli interventi di ristrutturazione edilizia nonché delle varianti minori ai permessi di costruire con modifica sagoma (comma 1, lett. c , e)
Conseguenziali alle modifiche apportate con l’eliminazione della sagoma sono quelle relative al regime dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia o delle cd. “varianti minori” ai permessi di costruire.
In particolare, viene eliminato il riferimento della sagoma all’art. 10, comma 1 lett. c) e specificato, all’art. 22, comma 2 del Dpr 380/2001, che le varianti ai permessi di costruire sono realizzabili con DIA (ora SCIA) purché non alterino la sagoma dell’immobile “qualora sottoposto a vincolo ai sensi del Dlgs 42/2004”.
Pertanto, gli interventi di ristrutturazione edilizia nonché le cd “varianti minori” ai permessi di costruire ai sensi dell’art. 22, comma 2 Dpr 380/2001 che comportino modifiche della sagoma non saranno più soggette a permesso di costruire o a Dia in alternativa al permesso di costruire, ma a Scia.
Tale semplificazione non sarà applicabile nei casi di interventi su immobili vincolati per i quali sarà sempre necessario il permesso di costruire o in alternativa la Dia

domenica 8 settembre 2013

Legge 90: certificazione energetica


Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2013 la Legge 90/2013 di conversione con modificazioni del D.L. 63/2013.

In vigore già dal 4 agosto, il provvedimento recepisce la Direttiva 2010/31/Ue, dettando le nuove regole sulla prestazione energetica degli edifici nuovi e di quelli oggetto di notevoli ristrutturazioni, attraverso un aggiornamento del D.Lgs. 192/2005.

Tra le novità più rilevanti c'è l'obbligo per chi vende o affitta un immobile di allegare al contratto l'attestato di prestazione energetica dell'edificio, a pena di nullità.
Sono confermate le proroghe al 31 dicembre 2013 delle detrazioni del 65% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici e del 50% per le ristrutturazioni edilizie, con estensione della detrazione 50% all'acquisto di mobili ed elettrodomestici relativi all'unità ristrutturata.

Rispetto al D.L. 63/2013, la Legge di conversione presenta alcune novità e precisazioni, tra cui:
  • anticipo al 30 giugno 2014 (anziché 31 dicembre) del “Piano d'azione” destinato ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero richiesti dalla Direttiva Europea;
  • anticipo al 31 dicembre 2013 (anziché 30 aprile 2014) della messa a punto da parte dei Ministeri competenti dell'elenco di misure finanziarie atte a favorire l'efficienza energetica e la transizione verso gli edifici a energia quasi zero;
  • obbligo di produzione ed affissione entro 180 giorni (anziché 120) dall’entrata in vigore dell'attestato di prestazione energetica da parte degli edifici delle pubbliche amministrazioni superiori a 500 m²;
  • nuova definizione di impianto termico, in cui vengono inclusi anche apparecchi fissi a servizio della singola unità immobiliare, quali stufe e caminetti e dispositivi ad energia radiante, con potenze nominali la cui somma sia uguale o superiore a 5 kW;
  • obbligo di dotare gli edifici di nuova costruzione o oggetto di ristrutturazioni importanti di APE prima del rilascio del Certificato di Agibilità;
  • obbligo di rilascio dell’APE anche in caso di trasferimento di un immobile a titolo gratuito;
  • obbligo di allegare l’APE al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti;
  • nelle more dell'aggiornamento delle specifiche norme, le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici sono, oltre alle norme UNI/TS 11300 parti 1, 2, 3 e 4 e Raccomandazione CTI 14/2013, anche la UNI EN 15193 (Prestazione energetica degli edifici - Requisiti energetici per illuminazione)
  • ammessi agli incentivi anche gli interventi finalizzati all’incremento dell’efficienza idrica e gli interventi di installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo
  • annullata l’esclusione dagli incentivi delle spese per l’installazione di pompe di calore, impianti geotermici a bassa entalpia e scaldacqua a pompa di calore; quindi anche questi impianti risultano incentivati;
  • i decreti attuativi che definiranno le nuove metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici dovranno essere emanati entro 180 giorni dall’entrata in vigore della Legge (180 gg. dal 4 agosto 2013).

Tutte le disposizioni si applicano alle Regioni e alle Province autonome che non hanno ancora provveduto al recepimento della direttiva 2010/31/Ue fino all'entrata in vigore della specifica normativa locale.

Il testo completo clicca QUI

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