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mercoledì 22 dicembre 2010

BUON NATALE e un OTTIMO 2011

Gent.mi sig.ri

Ci sia permesso, prima del consueto augurio per un buon Natale e per uno splendido 2011, fare alcune considerazioni.

Il 2010, è stato anche per tutti noi professionisti e consulenti, un anno difficile, ma invece di stare a ragionare, abbiamo posto le basi per costruire qualcosa di nuovo, di più efficiente, un volano per tornare a creare valore.

Non è stata facile, e non lo sarà neppure nel 2011, non siamo, infatti propensi, ne ai facili entusiasmi ma neppure all'ottuso disfattismo ed immobilismo che impoverisce il nostro sistema.

Se vorrete, seguiteci nel nostro progetto.

I più sinceri auguri per un buon Natale e un ottimo 2011.

Dott. Jacopo M.D. Affinati

Un'anteprima delle uscite 2011
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giurisprudenza condominio 2010
Internazionalizzazione d'impresa
La qualità del lavoro
Donne e impresa

lunedì 20 dicembre 2010

Condominio: debiti fondo cassa

Nel condominio, quale ente di gestione, le spese di gestione, conservazione e manutenzione dello stesso devono essere garantite, ragion per cui è previsto un onere di contribuzione a carico di tutti i condomini, contribuzione che, in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità fissati nell'articolo 1123 del codice civile.

Il credito condominiale, proprio per la natura dell'ente, così come sopra specificato, gode di una particolare tutela, imponendo all'amministratore di riscuotere i contributi per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni (articolo 1130 del codice civile) e attribuendogli il diritto per tale riscossione di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo avverso il condomino moroso.

Una buona gestione vorrebbe costituire preventivamente un fondo cassa per la morosità e per le spese di ordinaria amministrazione teso a sopperire all'inadempimento dei condomini morosi e a garantire, altresì, costante presenza di liquidità, sì da evitare ogni sorta di pregiudìzio per la corretta gestione del condominio e danni ben più gravi per i singoli condomini che, a causa del loro vincolo di solidarietà passiva, sarebbero esposti verso i creditori del condominio.

I criteri da seguire per la formazione del fondo cassa sono i medesimi fìssati nell'articolo 1123 del codice civile, e conscguentemente ciascun condomino dovrà contribuire sempre proporzionalmente alla propria quota così come fissata nelle tabelle millesimali.
Detta contribuzione ha valore provvisorio; pertanto, nel momento in cui i condomini morosi volontariamente o coattivamente ripianassero il debito, i condomini "virtuosi" avranno diritto alla restituzione delle somme versate a tale titolo.

L'amministratore del condominio, che opera come mandatario, è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi normativi o regolamentari L'inosservanza dei doveri rientranti nei suoi compiti è per l'amministratore fonte di responsabilità contrattuale, a tal proposito si veda il comma 4, dell'articolo 1131 del codice civile. Trattandosi di responsabilità contrattuale, l'azione di risarcimento danno è soggetta a prescrizione ordinaria decennale.

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lunedì 13 dicembre 2010

Condominio Responsabilità 2051 Cod Civ

Il condominio risponde dei danni procurati a terzi o ad uno degli stessi comproprietari ai sensi dell’art. 2051 c.c., che recita:

“ Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, ormai da diverso tempo è orientata nel vedere nella norma un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Tradotto in termini concreti ciò vuol dire che " chi proponga domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. ha l'onere di dimostrare le anomale condizioni e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato

E' onere del custode convenuto in risarcimento, invece, dimostrare in ipotesi l'inidoneità in concreto della situazione a provocare l'incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno"(Cass. 18 dicembre 2009 n. 26751).

L’impossibilità di dimostrare il caso fortuito fa si che la responsabilità e quindi l’obbligo di risarcire il danno restino in capo al titolare dei beni dai quali il medesimo danno è promanato.

In questo contesto il Tribunale di Salerno ribadisce, come si diceva in principio, che “ il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose in comunione non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati alla porzione esclusiva di uno dei condomini, posto che questi si pongono come terzi nei confronti del condominio stesso (Cass. 87/1500, 03/12211). La responsabilità di quest'ultimo, poi, quale custode degli impianti comuni, ha natura oggettiva e postula solo la prova, incombente sul danneggiato, del nesso causale tra la res ed il danno da essa arrecato (Cass. 03/5578, Cass. 04/6753, Cass. 04/5236)” (Trib. Salerno 9 settembre 2010 n. 1993).

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lunedì 6 dicembre 2010

Impugnazione delibere condominiali, Cassazione 21220/2010

E' sufficiente la citazione, nei 30 giorni prescritti dalla legge? Oppure, nello stesso lasso di tempo, occorre depositare il ricorso alla cancelleria del tribunale? O, infine, sia la citazione che il deposito del ricorso debbono avvenire nei 30
giorni, come l'ordinanza 14 ottobre 2010 n.21220 della Cassazione (sezione II civile) sembra ritenere?

Si deve ricordare infatti che ormai una giurisprudenza unanime ritiene che la grandissima maggioranza delle delibere prese nelle assemblee condominiali è solo annullabile e non nulla e quindi diviene legittima se non impugnata nei 30 giorni di tempo previsti dall'articolo 1137, del codice civile.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che il mese previsto sia quello entro cui occorre notificare l'atto all'amministratore condominiale, con citazione, secondo i principi generali previsti dall'articolo 163 codice di procedura civile. Dopo di che si hanno a disposizione altri io giorni di tempo per iscrivere la causa a ruolo. Nella notifica si proporrà la fissazione dell'udienza a partire da 90 giorni in poi. Il termine potrà essere poi prorogato ulteriormente dal giudice, ai sensi dell'articolo i68-bis del codice di procedura civile.

Una giurisprudenza minoritaria, invece, ritiene che il termine sia quello in cui il ricorso va iscritto a ruolo in cancelleria. Il giudice ne prende visione, valuta se è ammissibile e fissa il termine per la notificazione del ricorso all'amministratore condominiale e il giorno dell'udienza. In effetti questa interpretazione aderisce più al testo letterale dell'articolo 1137 del codice civile.

La terza interpretazione (sia la citazione, sia il deposito del ricorso nei 30 giorni di tempo) è quella, ovviamente, più rigida, la meno diffusa in dottrina, ma anche quella propugnata dalla recente ordinanza della Cassazione.
Se verrà seguita porterà sicuramente a una drastica riduzione delle impugnazioni, ma al contempo si profilano lesioni dei diritti dei condomini.

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lunedì 29 novembre 2010

Condominio: Compenso Amministratore Cassazione 10204/2010

Se il compenso dell'amministratore "copre" tutte le attività di gestione ordinarie e straordinarie di durata annuale, non può allo stesso tempo ricomprendere anche le attività che, seppur dì gestione, appartengono a una categoria che si potrebbe definire di «straordinarietà qualificata» e la cui realizzazione concreta travalica ìl limite annuale. È questo un punto di diritto espresso, di recente, dalla Cassazione (sentenza n. 10204 del 2010) nell'affrontare la controversia riguardante la domanda riconvenzionale dell'amministratore nei confronti del condominio e avente a oggetto il pagamento di un compenso ulteriore rispetto a quello stabilito e deliberato dall'assemblea al momento dell'incarico, cui l'amministratore riteneva di avere diritto perché collegato a una attività di natura straordinaria.

I supremi giudici hanno puntualizzato che pur essendo la determinazione del compenso (avvenuta al momento del conferimento dell'incarico) onnicomprensiva, tuttavia tale principio non può essere applicato tout court (pena il possibile pregiudizio a carico dell'amministratore).

La onnicomprensività del compenso va riferita a tutta l'attività amministrativa di durata annuale, poiché il compenso va riferito alla attività di «incarico» con la conseguenza che, essendo tale incarico obbligatoriamente annuale, il riferimento non potrà che essere rivolto a quelle attività che possono effettuarsi nell'anno.

La Suprema corte ha evidenziato che «il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento» (articolo 1708 del codice civile).

Il diritto dell'amministratore a percepire un compenso extra per l'attività prestata per effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge, allorché si debbano eseguire interventi straordinari allo stabile condominiale, sussiste solo quando sia stato deliberato dall'assemblea.
Altrimenti, tale "extra" non può essere legittimamente pretendibìle dal momento che, l'esecuzione dei lavori straordinari, rientrano tra gli adempimenti prescritti dalla legge ex articolo 1130, n. 4; non bisogna confondere, infatti, le mansioni straordinarie, che esulano da quelle indicate negli articoli 1130 e 1131, con l'esecuzione di lavori di straordinari che, invece, ne fanno parte. Le mansioni non ricomprese, come gli ulteriori adempimenti previsti dal regolamento di condominio od ogni altro adempimento straordinario non espressamente convenuto, che non costituiscono attività preparatoria o esecutiva di quelle legali, non possono, ovviamente, considerarsi comprese nello stesso compenso.

Ed è proprio su questo secondo aspetto che si è ulteriormente soffermata la Suprema corte nella, sentenza 10204/2010, rilevando che, come l'assemblea non possa aumentare a dismisura le attività che l'amministratore deve effettuare senza che il suo compenso subisca un giusto adeguamento, è pure vero che tali attività, seppur di gestione, appartengono a una categoria che si potrebbe definire di «straordinarietà qualificata» e la cui realizzazione concreta travalica il limite annuale per le quali, quindi si può giustificare un compenso extra.

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lunedì 22 novembre 2010

DIAGNOSI ENERGETICA

Prima di procedere a qualsiasi intervento di ristrutturazione è indispensabile procedere a far stendere da un tecnico una diagnosi energetica, così sarà possibile realizzare un elenco degli interventi e valutare singolarmente gli interventi più adatti con un preciso calcolo costi/benefici e con una specifica valutazione di eventuali vantaggi fiscali.

Veniamo a vedere quali sono gli interventi per un piccolo condominio situato nel centro/nord Italia:

CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE
- installazione di valvole termostatiche e ripartitori di calore
- 15% di riduzione dei consumi
- 36% bonus fiscale

NUOVA CALDAIA
- installazione impianto a condensazione
- 13% di riduzione dei consumi
- 55% bonus fiscale

ISOLAMENTO LASTRICO SOLARE
- posa di nuovo materiale isolante
- 14% riduzione consumi
- 55% bonus fiscale

SOSTITUZIONE VETRI
- installazione nuovi vetri con vetrocamera
- 7% riduzione consumi
- 55% bonus fiscale

CAPPOTTO TERMICO
- isolamento termico lungo la facciata
- 24% riduzione consumi
- 55% bonus fiscale

ISOLAMENTO GARAGE - CANTINE
- isolamento termico del solaio che separa gli alloggi dal garage/cantina
- 3% riduzione consumi
- 55% bonus fiscale

VENTILAZIONE MECCANICA
- installazione di un dispositivo per la circolazione controllata dell'aria
- 11% riduzione consumi
- 36%

PANNELLI FOTOVOLTAICI
- installazione di un impianto sul tetto

PANNELLI SOLARI TERMICI
- installazione di pannelli per la produzione di acqua calda sanitaria

Dati alla mano, questi interventi possono concretamente ridurre le spese dovute ai consumi energetici.

Ed infine qual'è il quorum per eseguire questi interventi ?
Per le spese ordinarie (vale a dire quelle per la manutenzione ordinaria) in assemblea in seocnda convocazione è sufficiente almeno 1/3 dei condomini che rappresentino almen 334 millessimi di proprietà.
Per le spese straordinarie (non riguardanti la normale manutenzione) servirà invece sempre in seconda convocazione, la presenza di almeno 1/3 dei partecipanti al condominio che rappresentino però 501 millesimi.
Mentre infine per le innovazioni sarà necessaria la metà più uno dei condomini e almeno 667millesimi.

Attenzione la legge 10/1991 come modificata dalla 90/2009 ha consentito per gli itnerventi necessari alal riduzione dei consumi energetici una maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate in assemblea.
Siccome la legge non dice quali sono gli interventi che possono esser votati con questa particolare maggioranza, va da sè che dovranno essere individuati con una certificazione energetica o una diagnosi energetica compiuta da un tecnico abilitato.
In cosa consiste questa maggioranza: sarà sufficiente che l'assemblea sia costituita regolarmente 1/3 dei proprietari che rappresenti almeno 334 millessimi e al suo interno che i lavori di cui sopra siano deliberati dalla maggioranza dei millesimi in assemblea.

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lunedì 15 novembre 2010

Formazione ed informazione

In questi ultimi anni, abbiamo voluto fornire un'informazione continua con AmministrazioniAC sul mondo del condominio e degli immobili, mentre con AffinatiConsulting abbiamo offerto idee e spunti di riflessione per il mondo dei professionisti, per la loro promozione e per la gestione dello studio professionale.

Un team di professionisti, ha offerto le proprie conoscenze affinchè l'informazione e la formazione potessero essere alla portata di tutti.

In internet troverete centinaia di opzioni, noi NON vi vendiamo nulla, Vi invitiamo solamente a valutare il nostro operato e solo allora e solo quando vorrete Voi potremo diventare i Vostri partner affidabili e flessibili per la soluzione dei quesiti concreti,

Nel frattempo Vi offriamo il primo ebook di una catena su due rilevanti sentenze che riguardano il condomnio,
La Sent. Cass. 18331/2010 e la Sent. Cass. 18477/2010

Buona lettura!

Dott. Jacopo M.D. Affinati.

lunedì 8 novembre 2010

Cassazione Sentenza 19405/2010 - Danni in Condominio

La Cassazione con la sentenza 19405/2010 ha stabilito che per la rottura deu raccordi di scarico in condominio sono risarcibili i danni verosimili.

Andando nello specifico la Suprema Corte ha deliberato su un caso in cui la perdita del raccordo fra l'impianto privato (nella fattispecie il lavandino) e la colonna condominiale aveva generato una consistente perdita di acqua con infiltrazioni diffuse e deterioramento delle pareti.

La Corte ha rilevato che in tema di risarcimento dei danni derivanti da fatto illecito il requisito della prevedibilità del danno non è applicabile alla responsabilità extracontrattuale, laCorte affronta però l'argomento che più in questa sede trova interesse, ovverosia, la proprietà condominiale:
La corte afferma che: la braga, serve solamente a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti serve tutti i condomini. (Cassazione 5792/05; 583/01, 12894/95)
Così, affermata la proprietà esclusiva della tubazione, è giocoforza ritenere responsabile il proprietario per cose in custodia .
La relazione qualificata del proprietario con la cosa è sufficiente per ritenere che la stessa abbia arrecato danni a terzi, in sostanza non è necessario uno specifico obbligo di custodia, basta che il proproietario non riesca a dimostrare un fatto estraneo alla sua custodia, imprevedibile ed eccezionale nella generazione del danno.

La Corte infine conclude che in tema di responsabilità da fatto illecito la determinazione del danno tiene conto anche dei danni imprevedibili poichè il legislatore ha scelto di non commisurare il risarcimento al grado della colpa ( Cass. 6725/05, 11609/05)

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martedì 2 novembre 2010

Condominio - ASCENSORE

La Cassazione con la sentenza 20902/2010 torna sull'argomento dell'installazione dell'ascensore in un condominio.

La vicenda nasce dal ricorso di un condomino che impugnava la delibera assembleare che ammetteva l'installazione di un ascensore, mentre in primo grado la domanda del condomino veniva accolta la Corte d'Appello ribaltando la decisione riconosceva che l'installazione dell'ascensore fosse un vantaggio per tutti i condomini.

La Cassazione confermando l'orientamento della Corte d'Appello ha nuovamente confermato l'orientamento secondo cui l'installazione ex novo di un impianto rientra fra le innovazioni gravose suscettibili di utilizzazione separata, pertanto la dleibera di approvazione deve essere assunta secondo la maggioranza prevista dall'art. 1136 comma 5 del Codice Civile, a meno che uno dei condomini non sia portatore di handicap ed allora varrà l'art.2 legge 13/1989 che consente di votare con il quorum minimo, e quindi in assemblea in seconda convocazione sarà sufficiente la maggioranza dei condomini e 334 millesimi.

In ogni caso retsano fermi i divieti previsti dall'art 1120 comma 2 del Codice Civile, ovverosia sono vietatte le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico e che rendano alcune parti comuni inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino.

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lunedì 25 ottobre 2010

Condominio e debiti

A due anni dalla sentenza della Corte di Cassazione 9148/2008 la regola della parziarietà dei debiti con­dominiali non è ancora piena­mente applicata.

La gestione della morosità, di fatto, pare spesso seguire crìteri empirici, più che giuridici:generalmente sì decide semplicemen­te di dividere tra tutti i condomini le somme non pagate, altre volte, la soluzione, anche se meno praticata è la costituzio­ne di un fondo a copertura della future spese, oppure viene sempre più spesso richiesta ed inserita una clausola che gestisca caso per caso le eventuali morosità a seguito dell'intervento sul condominio.

Una soluzione in linea con il dettato della sentenza, seppur ancor oggi poco praticata è: Se qualche condomino non ha pagato, l'amministratore versa al creditore le somme riscosse fi­no a quel momento, e gli invia l'elenco dei morosi con le quote dovute da ognuno di loro. Que­sta comunicazione, come ha chiarito il Garante il 26 settem­bre 2008, non lede la pri­vacy dei condòmini.
Malgrado tutto anche questa soluzione presenta evidenti punti di debolezza quando non si tratta di lavori in appalto ma di forniture di servizi.


Ma a proposito di quest'ultima soluzione, dobbiamo sottolineare come i giudici di merito in aperto contrasto con la pronuncia della Cassazione abbiamo riaffermato la solidarie­tà delle obbligazioni contratte per la manutenzione, la conser­vazione o il rifacimento delle , parti comuni, a patto che siano state deliberate o ratificate in assemblea.

Ritornando all'introduzione di apposite clausole nei contratti d'appalto, dobbiamo sottolineare come Cassazione 1692/2009 abbia fornito ampi chiarimenti.
In particolare si dice che è possibile prevede­re una clausola del contratto che regoli - in eccezione a quanto stabilisce la legge - la morosità condominiale. E tut­to ciò nel pieno rispetto della sentenza sulla parziarietà dei debiti condominiali, che risale a un anno prima e che i giudici hanno voluto cosi integrare.
Nel caso trattato dalla Cassa­zione, una clausola (che deriva­va da un accordo transattivo), imponeva alla ditta appaltatrice di cercare di ottenere le som­me di cui era creditrice solo dai condomini morosi; solo in caso di impossibilità di recupe­rarle, era titolata ad agire con­tro gli altri condomini.
La sentenza 1693/2009 non è certo priva di punti deboli che potrebbero essere contestati in futuro: vi si afferma, in so­stanza, che un patto contrattua­le approvato a maggioranza in assemblea condominiale (e non, quindi, all'unanimità) può limitare diritti individuali con­tenuti nel Codice civile, in que­sto caso quello di rispondere solo prò quota dei debiti condo­miniali. La tesi della Corte sì ba­sa sul fatto che, secondo l'arti­colo 1294 del Codice civile, nel­le obbligazìoni con pluralità dì debitori, questi si intendono te­nuti in solido, salvo che non ri­sulti diversamente dalla legge o dal titolo. Ed è ovvio che con l'espressione «il titolo» il legi­slatore abbia inteso «evocare la fonte negoziale del rapporto, nella quale le parti ben posso­no diversamente normarc la fa­se dell'adempimento».
Che si sia d'accordo o meno con questa interprefazione della legge, rimane certo che 1a sentenza offre uno prezioso strumento alle imprese che forniscono appalti o servizi al condominio: è sufficiente inse­rire nel contratto una clausola ad hoc.
Le formule possibili so­no almeno due:1\ si potrà convenire che l'obbligazìone è assunta i solido da tut­to il condominio, con la possi­bilità per il creditore di rifarsi anche su un solo condomino (in genere quello più solven­te), in eccezìone al codice civi­le. Oppure, sulla falsariga del caso trattato dai giudici, sce­gliere una formula più morbi­da: prevedere che la responsa­bilità solidale scatti solo quan­do il creditore ha inutilmente tentato l'esecuzione nei con­fronti dei i condomini morosi.

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lunedì 18 ottobre 2010

L'immobile in regola dopo la manovra

L'articolo 19 del­la manovra estiva va­rata con il DI 78/2010, convertito dalla legge 122/2010, riguarda il settore immobiliare.

Accatastamento.
A seguito delle disposizioni dell'articolo 2, comma 36, del DI 262/2006, l'agenzia del Territorio, in collaborazione con l'Agea, ha individuato oltre 2.000.000 di costruzioni, insistenti su particelle iscritte al catasto terreni, non dichiarate al catasto fabbrica­ti.
Gli elenchi sono stati pubblicati sulla «Gazzetta Ufficiale» e sono visibili sul sito www.agenziaterritorio. gov.it. Si tratta soprattutto di fabbricati rurali, ma sono pre­senti anche costruzioni di ti­po civile (box, depositi, tetto­ie), industriale (capannoni e laboratori) e commerciale.
Ai possessori viene richie­sto di presentare la denuncia al catasto fabbricati entro il 2010, per la regolarizzazione catastale, alla quale dovrà se­guire quella fiscale, relativa agli anni pregressi, non anco­ra caduti in prescrizione.
Stesso obbligo, e nei medesi­mi termini, per i possessori di unità immobiliari che han­no subito variazioni di consi­stenza (ampliamenti, recupe ro di sottotetti, formazione di verande nei terrazzi, co­struzione di un bagno prima mancante, creazione di canti-nette abitabili eccetera) o un cambio d'uso con opere.
Le denunce catastali devo­no essere commissionate a tecnici professionisti iscritti agli albi degli ingegneri, ar­chitetti, geometri, periti edili e agrari, dottori agronomi e agrotecnici, che vi provvede-ranno, proponendo anche la rendita, ai sensi dell'articolo i del Dm 701/94. In caso di mancato adempimento, l'Agenzìa passerà all'accerta­mento d'ufficio, addebitan­do al possessore le speserela-tive, e comminandogli le san­zioni per omessa denuncia. Eseguiti gli accatastamenti volontari o d'ufficio, copia della denuncia sarà trasmes­sa ai comuni di appartenen­za, per i controlli di conformi­tà urbanistico-edilizia.

Sul piano fiscale
Dopo l'accatastamento, è ne­cessario procedere alla rego­larizzazione fiscale in tema di imposte dirette.. Per cui, nel caso dei fabbricati fanta­sma, secondo l'articolo 2, comma36 del DI 262/06, l'effi­cacia della rendita decorre dal 1 gennaio dell'anno suc­cessivo a quello di ultimazio­ne del fabbricato o, in man­canza, dal 1 gennaio dell'an­no di pubblicazione degli elenchi sulla «Gazzetta Uffi-ciale»per il comune di appar­tenenza. Se si tratta, invece, di variazioni presentate per mutazioni nello stato delle unità immobiliari già censite, l'efficacia della rendita risale alla datadi effettiva ultimazio­ne delle opere.
La regolarizzazione deve essere fatta ricorrendo al "ravvedimento operoso", previsto dall'articolo 13 del Dlgs 472/97, che consente no­tevoli risparmi nell'applica­zione delle sanzioni, evitan­do così l'accertamento degli enti creditori.

Sul piano urbanistico
Sul fronte urbanistico, l'adempimento va richiesto dai possessori dei fabbricati fantasma, mediante incarico a uno dei tecnici citati, con la presentazione al comune di un progetto edilizio in sana­toria, versando le sanzioni previste dall'articolo 37 del Dpr 380/2001 (da un minimo di 516 a un massimo di 10.329 euro), a condizione che la de­stinazione urbanistica sia compatibile con la costruzio­ne eseguita. Analogamente, nel caso di unità immobiliari già censite, ristrutturate con modifiche che abbiano inci­so sulla consistenza o per il cambio d'uso, si potrà pre-sentareuna Scia (segnaiazio­ne certificata inizio attività) in sanatoria, versando la san­zione che, in tali fattispecie, viene di norma applicata al minimo.
In tutti gli altri casi di ma­nufatti costruiti in zone non compatibili o addirittura sog­gette a vincoli ambientali o di rispetto marittimo, fluvia­le e lacuale, i comuni potran­no aprire le procedure d'in­frazione, con la denuncia al magistrato, che può conclu­dersi con l'ingiunzione alla demolizione e il carcere peri responsabili, oltre alle san­zioni (articolo 40 e seguenti del Dpr 380/2001).

Compravendita e affitti
In materia di vendite di fab­bricati per atti fra vivi, a segui­to della modifica dell'articolo 29 della legge 52/85, operata dall'articolo 19, comma 14 del DI 78/2010, viene disposto che - a pena di nullità - oltre all'identificazione catastale dei beni (sezione, foglio, particella e subalterno), i vendi­tori dichiarino che le planime­trie catastali delle unità corri­spondono allo stato di fatto oppure presentino un'attesta­zione di conformità, rilascia­ta da un tecnico fra quelli elencati- Nel contempo, il no­taio dovrà verificare la corri­spondenza fra l'intestazione catastale e quella risultante dai registri immobiliari. Se il riscontro fosse negativo, do­vrà provvedere all'allinea­mento prima della compila­zione dell'atto oppure anche successivamente, tramite compilazione del modello unico informatico, per la regi­strazione, la trascrizione e la voltura catastale dell'atto, in­dicando gli estremi degli atti intermedi mancanti per assi­curare la continuità storica
Sono escluse da tale procedura (circolare 2/2010), le ces­sioni relative a: particelle cen­site al catasto terreni; fabbri­cati rurali che non hanno per­so i requisiti di ruralità. Sono altresì escluse altre tipologie dì fabbricati iscritti nelle cate­gorie virtuali (articolo 3, Dm 29/98): fabbricati non più red­ditizi, categoria virtuale F/z; fabbricati in corso di costru­zione (F/3) o in via di defini­zione (F/4); lastrici solari (F/5); aree urbane (F/i).
Per quanto riguarda i con­tratti d'affitto, con il comma 15 dell'articolo 19 DI 78/2010 si stabilisce che nella richie­sta di registrazione (model­lo 69) siano inseritigli identi­ficativi catastali, pure nel ca­so di cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite. II mancato rispetto della nor­ ma comporta una san­zione dal 120 al 240% dell'impo­sta di registro.

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lunedì 11 ottobre 2010

Il mercato immobiliare in Italia

II mercato immobiliare italiano nel II trimestre 2010 mostra ancora un segnale positivo confermando l'inversione di tendenza rilevata nel I trimestre rispetto ai forti cali delle compravendite nel 2009.
Il tasso tendenziale annuo del volume di compravendite in questo trimestre (variazione percentuale del II trimestre 2010 rispetto al II trimestre 2009) per l'intero settore immobiliare risulta, infatti, pari al +2,3%, che segue il +3,4% del I trimestre. I tassi tendenziali nel II trimestre del 2010 registrano segni positivi nel settore residenziale (+4,5%) e nel mercato delle pertinenze (+0,8%) che insieme rappresentano una quota pari a oltre l'80% del mercato immobiliare italiano. I settori terziario, commerciale e produttivo segnano, invece, ancora tassi tendenziali negativi, con una perdita più decisa nel settore terziario (-14,1%), meno sensibile invece nei settori commerciale (-4,7%) e produttivo (-4,2%). Il mercato delle unità nelle tipologie registrate in "altro" cresce in questo trimestre del +2,7%.
Complessivamente, nel II trimestre 2010, sono state compravendute 370.516 unità immobiliari (in termini di NTN Numero Transazioni Normalizzate) di cui 171.311 nel settore residenziale e 130.915 nelle pertinenze (per la maggior parte riconducibili all'uso residenziale). Il terziario registra 3.738 compravendite, il commerciale 9.739, il produttivo 3.037, e infine in "altro" si registrano 51.776 transazioni normalizzate.

Il residenziale
continua la sensibile ripresa, già iniziata nel trimestre precedente, nelle regioni del Centro, dove il tasso tendenziale annuo nel II trimestre 2010 è pari a + 11,6%, e del Sud, dove la crescita tendenziale annua è pari a +6,9%. Seppur positivo, risulta di lieve entità il tasso tendenziale di variazione delle compravendite di abitazioni al Nord, +0,5%, crescita inferiore a quella registrata nello scorso trimestre, +2,7%.
Rispetto all'omologo semestre del 2007, la riduzione del mercato residenziale risulta ancora rilevante con una contrazione complessiva di compravendite del settore del -22,0%, maggiore al Nord, -26,4%, e pari al -19,4% al Centro e al -15,2% al Sud. Va però precisato che questi tassi di flessione risultano comunque migliori di quelli riscontrati nello scorso trimestre, quando la perdita rispetto al 2007 era pari al -27% circa a livello nazionale, con una punta del -30% circa nel Nord.

Sì conferma, inoltre, per il settore residenziale un trend migliore per i capoluoghi, che crescono nel II trimestre 2010 del +8,1%, rispetto ai comuni minori, +2,9% . In particolare, al Centro sia i capoluoghi sia i comuni minori evidenziano, ancora in questo trimestre, la migliore performance, +17,4% e +7,4% rispettivamente. Al Nord, di contro, si osserva un andamento che peggiora in questo trimestre e risulta divergente tra capoluoghi, che crescono del +3,6%, e comuni non capoluogo, che calano del -0,8%. Al Sud, invece, i non capoluoghi migliorano il risultato dello scorso trimestre: +7,1% è il tasso tendenziale annuo nel II trimestre rispetto al +1,8% registrato nel I trimestre 2010. Il loro mercato immobiliare residenziale cresce in misura leggermente maggiore di quello dei capoluoghi, dove il tasso di crescita è pari a +6,2%, ridimensionato rispetto al +11,2% del I trimestre 2010.

Andamento quotazioni
Nel I semestre 2010 il valore medio nazionale delle unità immobiliari residenziali, per unità di superfìcie commerciale, è stazionario, con la quotazione media che risulta pari a 1.574 €/mq. La quotazione media delle abitazioni nel I semestre 2010 è stabile sìa nei capoluoghi italiani, pari 2.273 €/mq (-0,2% rispetto al II semestre 2009), sia nei comuni non capoluogo, per i quali la quotazione media nazionale è pari a 1.311 €/mq (invariata rispetto al II semestre 2009).
Va rilevato che nei capoluoghi negli ultimi quattro semestri si sono registrate sempre flessioni, seppur di lieve entità, delle quotazioni residenziali. Dall'inizio della discesa dei prezzi, nel I semestre 2008, la quotazione media è calata del -1,4%.
Al nord
le quotazioni mostrano per i capoluoghi una lieve flessione, -0,6%, nel I semestre 2010 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente (-0,3% nel II 2009 rispetto al II 2008) e più decisa, pari -1,1%, nel resto della provincia (-1,3% nel II 2009). Risultano entrambi, quindi, in discesa rispetto i valori registrati nei semestri precedenti. Dal I semestre 2004, al Nord, le quotazioni sono cresciute del +21,9% per le città e del +18,0% per i comuni minori.
Al centro
nel I semestre 2010, si registra una lieve variazione negativa nei capoluoghi, con circa il -0,4%, delle quotazioni su base tendenziale annua (I semestre 2010 rispetto al I 2009), e un lieve rialzo nei comuni minori, +0,6%. Si attenua quindi, ancora in questo semestre, la flessione negativa registrata nei semestri del 2009 nei capoluoghi (-2,0% e -3,3% nel II semestre 2009 e nel I 2009 rispettivamente) e riparte la crescita delle quotazioni nei non capoluoghi (stazionarie nel II semestre 2009 e in calo del -0,6% nel I 2009 rispetto al I 2008). Dal 2004 le quotazioni nei comuni del Centro sono cresciute del +34% nelle città capoluogo di provincia e del +38,8% nei restanti comuni.
Al sud
Al Sud, si rileva nel I 2010 su base tendenziale annua, una lieve crescita delle quotazioni (+0,7%) sia nei capoluoghi sia nei comuni minori (+0,5%). I segni positivi delle variazioni sia nelle città sia nei comuni minori forniscono segnali di rialzo che potrebbero continuare nei prossimi semestri. Dal 2004 le quotazioni sono aumentate mediamente del +40% nelle città e di +41,4% nella provincia.

Mercato non residenziale
II settore non residenziale relativamente alle compravendite di immobili dei settori terziario, commerciale e produttivo, contrariamente al mercato delle abitazioni, continua a mostrare segni negativi. Nel II rimestre 2010, rispetto allo stesso trimestre del 2009, è il settore terziario a subire il calo maggiore, -14,1%, mentre i settori commerciale e produttivo flettono rispettivamente di -4,7% e -4,2%.
Rispetto al 2007, complessivamente la maggiore contrazione, calcolata su trimestri omologhi, si registra nel settore produttivo, -32% circa, rispetto alle variazioni del -30% circa del terziario e del -27% circa delle compravendite degli immobili commerciali.
In particolare il settore terziario, che comprende uffici e istituti di credito, mostra nel II trimestre 2010 un tasso tendenziale annuo nettamente negativo pari a -14,1%. Si accentua, quindi, nuovamente la flessione del settore già registrata nel I trimestre 2010 (-1,3%).

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lunedì 4 ottobre 2010

IL CONTO ENERGIA

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 agosto il Terzo Conto Energia, vediamo le novità:

I requisiti:
Possono beneficiare degli incentivi gli impianti che entrano in esercizio a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento e che appartengano alle categorie: impianti solari fotovoltaici; impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative; impianti a concentrazione; impianti fotovoltaici con innovazione tecnologica. L'impianto deve avere una capacità nominale di picco pari almeno a 1 Kilowatt, punto di connessione alla rete elettrica non in condivisione con altri impianti e l'ammissione di incentivo può essere richiesta solo dopo l'entrata in esercizio dell'impianto.

Incentivo:
Per ogni impianto l'incentivo è fisso per 20 anni e dipende: dalla data di entrata in esercizio, dalla potenza e dal tipo dell'impianto. L'importo minimo è di 0,251 euro al Kwh per un impianto con potenza superiore ai 5000Mw (31/08/2011 al 31/12/2011); il massimo è di 0,402euro per potenze tra 1 e 3Kw. La riduzione media delle tariffe di fine 2011 è del 13/17% nel terzo quadrimestre 2011 per impianti di potenza inferiore a 200Kw e del 20/27% per impianti di potenza superiore.

Quando:
Il nuovo Conto Energia è valido solo per gli impianti in esercizio dopo il 31/12/2010 ed ultimati entro il 31/12/2011, se però la costruzione è completata e comunicata entro la fine del 2010, ma l'impianto entra in esercizio entro il 30/06/2011 ( entro il 16/012011 se ha una capacità superiore a 20Kw ed è soggetto a Dia) valgono gli incentivi più favorevoli del precedente Conto Energia.

Come:
Chi realizza un nuovo impianto deve far pervenire la richiesta di incentivo al GSE entro novanta giorni dalla data in cui l'impianto è entrato in esercizio, allegando tutta la documentazione prevista dal decreto.

Erogazione:
Il GSE verifica che la richiesta rispetti le disposizioni del decreto e in caso positivo inizia l'erogazione della tariffa spettante entro 120 giorni dalla data di ricevimento della richiesta.
Il versamento sarà effettuato periodicamente, in proporzione all'energia elettrica prodotta dall'impianto.
La remunerazione è fissa anche se l'elettricità generata viene autoconsumata in parte o in tutto.

Novità:
Il Conto Energia ha introdotto nuovi incentivi per gli impianti innovativi,o integrati negli edifici attraverso soluzioni impiantistiche speciali e per gli impianti solari a concentarzione.
Premi aggiuntivi non cumulabili sono rpevisti per: edifici oggetto di opere di miglioramento energetico, edifici di nuova costruzione, sistemi con profilo di scambio con la rete elettrica prevedibile, impianti in zone classificate come industriali o commerciali, impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di pensiline, pergole, tettoie, serre e barriere acustiche.

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lunedì 27 settembre 2010

SUBLOCAZIONE

La sublocazione è regolata in via generale dall'art. 1594 del Codice Civile che dispone che il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare l'immobile, ma non di cedere il contratto senza il consenso del locatore.

La legge sull'equo canone (L. 392/78) ha innovato questa situazione e di fatto la successiva Legge 431/98 non ha modificato gli estremi della 392, richiamandola all'Art. 2 comma 1:
La cessione del contratto e la sublocazione continuano perciò ad essere disciplinate dalla legge 392/78 che consente la sublocazione parziale.

Detto questo, dobbiamo dire, che ormai, nella quasi totalità dei contratti a fini abitativi sono inserite clausole che vietano la sublocazione (anche parziale), il comodato o la cessione (parziale) del contratto con clausola risolutiva espressa per l'eventuale violazione di detti punti.

Nei fatti, però, è compito arduo per il locatore dimostrare la presenza della sublocazione, poichè la Suprema Corte di Cassazione (Sentenza 14343 del 2009) ha stabilito che sono nulle quelle pattuizioni che vietano al conduttore la possibilità di ospitare temporaneamente persone estranee al nucleo familiare.
Il conduttore, pertanto, ben raramente provvederà alla registrazione (dovuta) del contratto di sublocazione, lasciando al locatore come unico rimedio, la prova testimoniale.

Per le locazioni convenzionate di cui all'art.2 comma 3 Legge 431/98, la sublocazione è contenuta nella disciplina prevista dai "contratti tipo" allegati al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30/12/2002 - i quali testualmente indicano i soggetti che possono abitare l'immobile ed esplicitamente vietano la sublocazione.

Per le locazioni transitorie (Art. 5 comma, 1 legge 431/1998) - nel contratto tipo viene prevista una clausola analoga a quella dei contratti per le locazioni convenzionate, stessa strada seguono i contratti per le locazioni a studenti universitari (Allegato E al DM prima richiamato)

La forma deve essere necessariamente scritta a pena di nullità e deve essere registrato a norma dell'art. 17 DPR 131/1986, nonchè grava sul sublocatore l'obbligo di comunicazione di cessione di fabbricato di cui all'art. 12 legge 21 marzo 1978 n. 59.

La durata è la medesima del contratto originario, mentre qualsiasi effetto civile (nullità, risoluzione,scadenza) del contratto, investe anche la sublocazione, malgrado il subconduttore sia rimasto estraneo all'eventuale precedente giudizio civile.

Da qui, discende che la disdetta, come l'atto per la convalida di sfratto debbono essere comunicate dal locatore al conduttore, e la sentenza avrà effetto anche nei confronti del terzo.

Un ultimo importante commento riguarda le locazioni commerciali, in cui la sublocazione è espressamente disciplinata dall'art. 36 Legge 392/78, il quale recita testualmente che il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto purchè contestualemente ceda l'azienda.
Eventuali patti contrari debbono ritenersi nulli.
Il conduttore, dovrà comunque rendere edotto il locatore della sublocazione/cessione a mezzo lettera raccomandata e in questa sede, ricorrendo "gravi motivi"(riguardanti l'operazione di cessione/sublocazione e la figura del subconduttore cessionari) il locatore potrà opporsi.
Da sottolinerare, infine, che cedente e sublocatore rimangono obbligati per gli eventuali inadempimenti di cessionario e subconduttore nei confronti del locatore.

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mercoledì 22 settembre 2010

SCIA, una prima guida

La Scia si applica a tutti quegli interventi soggetti a DIA, in pratica possiamo individuare alcune grandi categorie:
Restauro e risanamento conservativo, quindi interventi per conservare l'edificio mediante un insieme di opere che ne rispetto degli elementi formali e strutturali dell'edificio ne consentono destinazioni d'uso con esso compatibili, e possiamo indicare in linea di massima: il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei dall'organismo edilizio.
Ristrutturazione edilizia, sono interventi rivolti a trasformare gli edifici mediante un insieme di opere che possono portare a un edificio in tutto o in parte differente dal preesistente, vi possiamo ricomprendere la demolizione ericostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente.
Varianti a permessi di costruire, che comprendono opere che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modficano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eentuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.

Distinguiamo poi:
Gli interventi liberi: come la manutenzione ordinaria, gli interventi per eliminare le barriere architettoniche(senza la realizzazione di manufatti che modificano la sagoma esterna dell'edificio), le opere temporaneee per attività di ricerca a carattere geognostico, i movimenti terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e delle pratiche agro-silvo- pastorali, ed infine le serre stagionali (sprovviste di struttura in muratura)
Interventi che necessitano di previa comunicazione: come gli inteventi di manutenzione straordinaria, le opere che soddisfano esigenze contingenti e temporanee (al massimo 90 giorni) le opere di pavimentazione e finitura di spazi esterni, i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno a servizio di edifici da realizzare al di fuori della zona A) ( Dm Lavori Pubblici 2/04/1968 n.1444, ed infine aree ludiche senza fini di lucro.
Interventi soggetti a permesso di costruire, quali le nuove costruzioni, gli interventi di ristrutturazione urbanistica, che interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un edificio in tutto o in parte diverso dal precedente, o che comportino umento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, o limitatamente alle zone omogenee A) che comportino mutamenti di destinazione d'uso.
Interventi soggetti a superDIA
Sono interventi soggetti per le norme nazionali a permesso di costruire ma che per le vigenti normative regionali sono assoggettati a DIA

Chi deve presentare la SCIA
Il proprietario dell'immobile o altro soggetto avente diritto attraverso i tecnici abilitati alla progettazione.

Dove si presenta
Al comune dove si trova l'edificio su cui eseguire l'intervento

La procedura
La SCIA deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni, nonchè dalle attestazioni ed asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti sulla conformità dell'intervento alle disposizioni di legge, corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le opportune verifiche da parte della Pubblica Amministrazione.
L'attività potrà essere inziata alla data di presentazione ,mentre se l'immobile è vincolato, non appena ricevuto il nullaosta.
Il Comune potrà sospendere i lavori in caso di carenza della documentazione suddetta ,nel termine di 60 giorni dal ricevimento della segnalazione e ordinare il ripristino delle opere eventualmente eseguite, in ogni caso verrà fornito un termine minimo di 30 giorni entro cui il soggetto richiedente la SCIA potrà adeguarsi alle richieste della Pubblica Amministrazione.

Le sanzioni
Le dichiarazioni false e la mancata attestazione sull'esistenza dei reali requisiti e dei presupposti di conformità dell'intervento saranno punti con la reclusione da uno a tre anni.


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lunedì 20 settembre 2010

Millesimi contrattuali serve ancora l'unanimità

Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 18477/2010, sono estremamente chiare nell'affermare che le tabelle di natura contrattuale, restano modificabili con con il consenso unanime di tutti i condomini.

L'ambito di applicazione è però molto limitato,infatti per «tabelle di natura contrattuale» bisogna intendere solo quelle che abbiano espressamente inteso derogare ai criteri di riparto delle spese dettati dall'artìcolo 1123, comma 1, del Codice civile.
Non basta che siano state allegate e richiamate in un regolamento predisposto dall'originario proprietario dell'edificio,oppure formato con il consenso unanime di tutti i condomini.

Infatti, se è vero che le clausole del regolamento contrattuale entrano a far parte integrante del contenuto dei singoli contratti dì acquisto e la loro validità deriva proprio dal fatto che entrambi i contraenti (venditore e acquirente) ne fanno espresso richiamo, altrettanto vero è che queste clausole possono contenere sia norme regolamentari che contrattuali. Le prime riguardano le modalità d'uso e il funzionamento dei servizi condominiali e, in genere, l'organizzazione e la gestione delle cose comuni. Le seconde pongono invece limitazioni ai diritti dei condomini nell'interesse comune, sia relativamente alle parti comuni e sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti diloro esclusivaproprietà (Cassazione,sentenza 8216/05)
Ed ecco allora che si comprende che la Cassazione,porta a individuare la natura del regolamento - al pari di quella delle tabelle millesimali a esso allegate-in base al suo contenuto e non in base alle modalità della sua approvazione.

Perciò le tabelle che si limitano a tradurre in millesimi i criteri di riparto dettati dalla legge, anche se allegate ad un regolamento di natura contrattuale, possono essere modificate conia maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2.

Possiamo citare qualche raro esempio:
La clausola che prevede la ripartizione in quote uguali tra i condomini delle spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio (Cassazione, sentenza 3944/02); La clausola che dispone l'addebito delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto centrale di riscaldamento anche per le unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (Cassazione, 6158/06); « la clausola per cui i proprictari delle terrazze di copertura dell'edificio sono chiamati a partecipare alle spese di manutenzione delle terrazze stesse, oltre che per la quota esclusiva di un terzo, anche e comunque per la restante quota dei due terzi, in proporzione dei millesimi (Cassazione, 15702/04).

Se i giudici abbiano dato precise indicazioni riguardo alle c.d. tabelle di gestione,pur nell'attesa di ulteriori pronunce, il problema è più apparente che reale se si considera che le tabelle millesimali ben lungi dall'esprimere qualsiasi valore economico della singola unità immobiliare sono solamente un prospetto numerico che serve a determinare la misura con cui ciascun condomino è chiamato a contribuire alle spese per la manutenzione e conservazione dei beni comuni, nonché pe l'erogazione dei servizi, anche se nella pratica si distinguono spese "di proprietà" da quelle dei singoli servizi, quali il riscaldamento o l'ascensore.

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mercoledì 15 settembre 2010

Tabelle Millesimali - Le prime conseguenze.

Dopo la recentissima pronuncia della Suprema Corte (18477/2010)vediamo come procedere per la modifica della tabelle millesimali con un semplice voto a maggioranza.

Prima di questa sentenza era necessaria l'unanimità, oggi le Sezioni unite della Cassazione affermano che è sufficiente la metà più di uno degli intervenuti in assemblea, che rappresentino almeno 500 millesimi.

Si aprono incertezze sulla tipologia delle tabelle modificabili, sulla casistica che può determinare la correzione e sui criteri da seguire nel calcolo. In ogni condominio, quindi, sarà fondamentale preparare bene il terreno prima di avviare la procedura, consultare un tecnico preparato e poi costruire un ampio consenso in assemblea.

A parte i casi in cui c'è stato un errore di calcolo nella formazione dei millesimi, i palazzi nei quali occorre una modifica delle tabelle mìllesimali sono quelli in cui sono stati alterati i rapporti di valore tra gli alloggi.(Sono quelli che tecnicamente si chiamano ampliamenti)

L'impatto della sentenza si farà sentire anche sul contenzioso.
In effetti, finora pochi comproprietari si sono avventurati in un'azione di revisione delle tabelle, perché la necessità di citare tutti gli altri inquilini - unita alla complessità della materia -funzionava da deterrente. Il voto semplificato in assemblea, comunque, potrebbe eliminare anche queste cause.

I dubbi sono rilevanti. Subito dopo la sentenza alcuni interpreti, hanno affermato che le nuove regole si applicano solo alle tabelle d'uso e non a quelle di proprietà. Altri ancora, invece, ritengono che possano valere per tutte le tabelle. Neppure sui criteri di calcolo delle tabelle la legge detta regole precise. E anche sui presupposti delle modifiche ci sono incertezze: l'assemblea può intervenire a sua discrezione, oppure bisogna rispettare la casistica definita dall'articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile?
L'unica soluzione, in attesa che si consolidi un'interpretazione collaudata, è cercare il più ampio consenso nel condominio e consultare un tecnico che sia in grado di valutare la reale situazione.

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lunedì 13 settembre 2010

Tabelle millesimali e supercondominio

La pronuncia di Cassazione 18477/2010

La Cassazione, a Sezioni unite, ha segnato una netta discontinuità sulle tabelle millesimali in condominio, applicate ìn particolare per determinare le quote di spesa. La sentenza 18477/10 ha sancito l'addio alla necessità dì un consenso unanime per la revisione. Un principio dì portata dirompente che si potrà applicare anche al supercondominio: l'istituto presuppone che alcuni beni o impianti siano comuni a diversi edifici costituiti, singolarmente, in condomini, se c'è un rapporto di accessorietà necessaria tra i beni stessi e le unità abitative dei diversi stabili.

Secondo la giurisprudenza, al supercondominio si applicano in toto le norme sul condominio. Di conseguenza, le delibere dell'assemblea generale del supercondominio hanno efficacia diretta ed immediata nei confronti dei singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità dipassare attraverso le delìbere di ciascuna assemblea condominiale. E si appplicano anche le disposizioni fissate dal codice civile (art 1136) su convocazione, costituzione e formazione e calcolo della maggioranze.
La questione ha sempre rappresentato un notevole problema, soprattutto per quanto concerne la gestione e la manutenzione di beni di vitale importanza per il funzionamento degli stabili ma che sono, necessariamente, comuni a più edifici, I costruttori, infatti, si sono sempre preoccupati di redigere tabelle inpresenza di effettivi complessi immobiliari.
Ma i nodi riguardano strade e fognature, che vedono la successiva aggiunta dì utenze legate all'urbanizzazione di una zona, tanto da coinvolgere interi comprensori.

Per le fognature, ad esempio, quando sì presenta la necessità di intervenire e non c'è un accordo immediato, diviene pressoché impossibile procedere alla ripartizione della spesa.

Prima della sentenza 18477/10, qualora gli amministratori non avessero trovato un accordo preventivo o i condomini dei sìngoli edifici non avessero approvato e corrisposto la loro quota di spesa, era necessario un giudizio che coinvolgesse tutti i singoli condomini del comprensorio, con citazione diretta degli stessi per la formazione giudiziale di tabelle. Con il nuovo indirizzo, invece,le tabelle di ripartizione specifiche possono essere approvate a maggioranza qualificata dall'assemblea generale del supercondomìnio e l'eventuale giudizio potrà essere instaurato solo in caso di errore da colui che si rìtenga leso.

La mancata omogeneità dei millesimi dei diversi stabili non impedisce l'assunzione di maggioranze se sono rispettate le reali proporzioni. La Cassazione (con la sentenza 6202/98) aveva chiarito che il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio esiste prima e indipendentemente dalla formazione dei millesimi. In sede di approvazione della nuova tabella specifica per il bene m supercondomìnio, pertanto, possono essere utilizzate quote non esatte, purché siano rispettate, sostanzialmente, le maggioranze, salvo successiva verifica anche giudiziale.

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domenica 5 settembre 2010

DL 78/2010 - Conformità Catastale - GUIDA

Nei trasferimenti di proprietà ( ma anche nelle donazioni e divisioni di proprietà immobiliari), a pena di nullità, deve essere riportata una dichiarazione delle parti coinvolte sulla «conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie».
I notai, hanno la responsabilità dell'inserimento della dichiarazione,ma gli stessi non hanno l'obbligo di eseguire un'ispezione nell'alloggio per controllare la veridicità di quanto affermato dalle parti.
La responsabilità della dichiarazione ricade, quindi, solo su chi conclude l'atto.

La nuova legge afferma poi che la dichiarazione "può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale" tutto ciò rappresenta un costo ulteriore e tempi di attesa maggiore, e probabilmente potrà spingere le parti ad accordarsi per velocizzare i tempi.

D'altronde le sanzioni sono ridotte, a meno che la mappa non fedele non influisca sulla determinazione della rendita (il parametro fiscale). Si va da 10 a 103 euro (errata redazione delle planimetrie da allegare alla dichiarazione o variazione delle unità immobiliari urbane). È invece improbabile che si incorra nella falsa dichiarazione in atto pubblico, reato punito con la reclusione fino a due anni.

La circolare 2/2010 dell'agenzia del Territorio ha delimitato i casi in cui si può parlare di mancata corrispondenza delle mappe catastali con lo stato dì fatto, soprattutto nei casi più comuni. Per abitazioni e uffici afferma infatti che «non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità». Comportano, invece, l'obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione «l'effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, oppure nel caso di recupero di precedenti spazi esterni.

Un'ultima considerazione: Si vanno a cancellare retroattivamente quelle prescrizioni del catasto (circolare delle Finanze del 14 ottobre 1989, n. 3/3405) che vietavano addirittura agli uffici di accettare denunce di variazione che non coinvolgessero consistenza (numero dei vani) e classamento, anche se si erano verifìcate modifiche interne all'unità immobiliare. Con la conseguenza che le planimetrie di moltissimi immobili non corrispondono in effetti nelle suddivisioni interne a quelle reali, senza che i contribuenti ne abbiano la minima colpa.

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lunedì 30 agosto 2010

Immobili: vendita di immobile proveniente da donazione

La recente sentenza della Cassazione n. 11496 del 12 maggio 2010, priva di precedenti, ha chiarito quanto segue:
Se i genitoripagano il prezzo dell'immobile acquistato dal figlio (con ciò realizzando una cosiddetta donazione indiretta), il figlio può tranquillamente vendere l'immobile senza che l'acquirente, e pure ogni suo successivo avente causa (ad esempio la banca che riceve ipoteca a garanzia del finanziamento erogato per permettere l'acquisto), possano temere di avere fastidi da eventuali liti ereditarie che insorgano tra i familiari del donante.
Si tratta di un ulteriore passo in avanti per rendere sicura la circolazione dei beni immobili che siano stati oggeto di donazione: un primo passaggio era stato compiuto con la modifica dell'articolo 563 del Codice civile (operata dal Di 35/2005 convcrtito in legge 80/2005) e cioè con l'introduzione della norma per la quale decorsi 20 anni dalla donazione e qualora nessuno abbia proposto opposizione, il bene donato circola liberamente, senza poter essere oggetto di pretese ereditarie.
Per maggiore chiarezza occorre fare un passo indietro e ricordare che, alla morte di una persona, i suoi stretti congiunti (di regola, coniuge e figli, i cosiddetti legittimari), hanno diritto a conseguire la quota di legittima, e cioè, una quota dell'attivo ereditario, da calcolare (articolo 563 del Codice civile) su una massa composta dalla somma del valore dei beni che il defunto ha lasciato alla propria morte e del valore dei beni di cui il defunto ha disposto con donazione durante la propria vita.
Nel concetto di donazione, rientrano (articolo 809 del Co¬dice civile) sia le donazioni formali, stipulate con atto notarile, sia le donazioni indirette, vale a dire tutti quei casi di arricchimento del donatario che il donante provochi senza stipulare una donazione formale: ad esempio, il pagamento da parte del genitore del prezzo dovuto dal figlio per un dato acquisto, il pagamento del debito contratto dal figlio, la rinuncia a un credito verso il figlio, la vendita di un bene a un figlio Non si pongono problemi se i legittimari riescono a conseguire la legittima sui beni di cui il defunto è proprietario al momento delle sua morte; ma se il patrimonio del defunto è insufficiente il legittimario può pretendere di conseguire la legittima
rivolgendosi, con la cosiddetta «azione di riduzione» a coloro che abbiamo beneficiato delle donazioni del defunto, le quali, appunto, vengono ridotte nella misura in cui occorre per soddisfare le pretese dei legittimari (articolo 555 del Codice civile).
Può però accadere che nemmeno i donatari siano capienti, ad esempio per aver a loro volta venduto i beni ricevuti in donazione e aver dissipato il denaro eventualmente ricevuto in cambio di dette alienazioni.
In questo caso, la legge consente ai legittimari di esperire un'altra azione, detta «azione di restituzione» (articolo 563 del Codice civile), con la quale il legittimario può pretendere la restituzione del bene che fu oggetto di donazione dall'attuale proprietario (che lo abbia comprato dal donatario o da un avente causa del donatario), e ciò anche nel caso in cui costui sia in perfetta buona fede e quindi non sapesse nulla sul punto che il bene sia stato oggetto in passato di donazione e che essa sarebbe stata lesiva della legittima.
Come detto, l'articolo 809 del Codice civile equipara, ai fini della tutela dei legittimari, le donazioni formali a quelle indirette; e quindi solleva il dubbio, mai risolto prima di questa sentenza di Cassazione, se l'attuale proprietario di un bene oggetto di donazione indiretta possa temere di vedersi coinvolto in una lite ereditaria che sorga nell'ambito della famìglia del donante.
Con la sua decisione, dunque, la Cassazione offre un fondamentale punto di riferimento nella complessa materia della circolazione deì beni oggetto di donazione, decidendo che oggetto di azione di restituzione può essere un immobile solo se è quest'ultimo il bene effettivamente donato. Nel caso in cui, invece, la donazione consista nel pagamento di un prezzo dovuto da altri, il legittimario deve rivolgere le sue ragioni esclusivamente verso il donatario, senza pretendere di coinvolgere chi abbia acquistato in seguito l'immobile.

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lunedì 2 agosto 2010

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Siamo in ferie dal 3 agosto al 25 agosto

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lunedì 26 luglio 2010

Condominio - Amministrazione - Rappresentanza

Torniamo a parlare di amministrazioni condominiali con 3 recenti pronunce della Corte di Cassazione che chiariscono punti che generano spesso contrasti:

Amministratore e rappresentanza
L'amministratore ha la rappresentanza volontaria del condominio, come e' confermato dal fatto che la nomina dell'amministratore è frutto di una delibera assembleare, e che, oltre che nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c. l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti anche nei limiti dei maggiori poteri conferiti dal regolamento di condominio o dall'assemblea (art. 1131 c.c., comma 1);

Invece nella rappresentanza legale la fonte, il contenuto ed i limiti dei poteri del rappresentante discendono direttamente dalla legge. Da tale inquadramento deriva la conseguenza che l'amministratore di condominio cessato dalla carica non e' legittimato ad impugnare la sentenza - resa nella causa cui egli abbia partecipato in rappresentanza del condominio stesso - pronunciata successivamente a tale cessazione, accompagnata da revoca espressa del precedente mandato (Cass. 16.4.1994 n. 3607), potendo continuare ad esercitare i suoi poteri fino a che non sia validamente sostituito con la nomina di altro amministratore da parte dell'assemblea dei condomini.

Conseguentemente nella fattispecie, in presenza di una Delib. Assembleare avente ad oggetto la nomina di un nuovo amministratore in sostituzione dell'amministratore dimissionario, quest'ultimo non aveva da allora nessun potere rappresentativo del Condominio, ivi compresa la rappresentanza processuale disciplinata dall'art. 1131 c.c.; di qui quindi l'inammissibilita' dell'appello proposto avverso la sentenza di primo grado.
Cass. Civile, Sez. II, sentenza del 15 febbraio 2010 n. 3464

Amministratore può promuovere azioni legali senza il preventivo assenso dell'Assemblea

Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale. Ne consegue che ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l'amministratore.
Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2010, n. 1011

Opere urgenti e azione dell'amministratore
L'amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge o di quelli conferitigli dall'assemblea, rappresenta il condominio e, pertanto, ove ne abbia speso il relativo nome, contrae per conto dello stesso, con conseguente riferibilità diretta dei relativi rapporti all'anzidetto ente di gestione.

Tale principio si desume non solo dall'art. 1131 c.c., che fa riferimento alle attribuzioni elencate nel precedente art. 1130 c.c., ma anche dall'art. 1133 c.c., prevedente l'obbligatorietà per (tutti) i condomini (e quindi per il condominio) dei provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri.

Conseguentemente, nel caso in cui l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'artt. 1135 c.c., comma 2, abbia assunto l'iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza per farvi fronte, ove questa effettivamente ricorra e negli eventuali rapporti, instaurati con terzi, abbia speso il nome del condominio, quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato, con conseguente diretta esigibilità da parte dei terzi contraenti dell'adempimento delle relative obbligazioni.

A tal riguardo questa Corte, pur avendo ha escluso l'applicabilità in materia di condominio del principio, vigente in tema di società, del ragionevole affidamento da parte dei terzi sull'operato e sui poteri dell'amministratore, sul rilievo che in materia condominiale gli stessi sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., con conseguente limitazione dei medesimi all'ordinaria amministrazione e riserva all'assemblea di quella straordinaria, ha tuttavia espressamente fatto salvi "i lavori di carattere urgente".
Cassazione Civile, Sezione II, 18 marzo 2010, n. 6557

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lunedì 19 luglio 2010

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lunedì 12 luglio 2010

Condominio : Decoro architettonico

L'art. 1122 del codice civile permette al singolo condomino di poter eseguire installazioni sui propri terrazzi senza che ciò possa pregiudicare il decoro architettonico dell'inero stabile (Art. 1120 Cod. Civ.)
Nel caso di lesione del decoro architettonico, al fine di evitare un certo contenzioso giudiziale è opportuno discutere i futuri lavori in sede di assemblea.
L'assemblea deciderà in seconda convocazione con la maggioranza di un terzo dei condomini e dei millessimi (Art. 1136 Cod. Civ) tale decisione non sarà ne definitiva nè inappellabile, poichè il singolo condomino che si veda negare la facoltà di eseguire le opere potrà impugnare la delibera assembleare innanzi all'autorità giudiziaria - previo espletamento della procedura di mediazione (dal 2011).
Resta da dire che in ogni caso ciascun condomino - poichè il diritto al decoro è un diritto che compete individualmente - potrà impugnare la delibera e dimostrare che l'intervento di cui si discuteva è lesivo del decoro del condominio tutto.

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Il sito è in fase di aggiornamento, torniamo on-line dal 15 luglio.
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lunedì 5 luglio 2010

Condominio: Rimborso e prova concreta dell'urgenza

L'urgenza che legittima l'autonoma decisione dell'amministratore o del singolo condomino a intervenire sulle parti comuni dell'edificio con opere di conservazione e emanutenzione , è concetto, che si ricava dalla parola stessa: indica una immediata e impellente necessità di operare al fine di evitare che una situazione di potenziale pericolo si trasformi, in breve tempo, in un grave pregiudizio per la collettività.

Si deve quindi ribadire , che l'unica cosa che legittima l'amministratore ad intervenire senza il preventivo assenso dell'assemblea è esclusivamente l'urgenza, va da se che nel caso di intervento diretto del condomino, quest'ultimo non potrà richiedere il rimborso per le spese eseguite solamente a causa dell'inerzia dell'amministratore ma senza una reale situazione d'urgenza.

Il diritto al rimborso sorgerà allora solamente nel caso in cui ci sia stata una comprovata situazione d'urgenza, ovverosia quando l'intervento del condomino o dell'amministratore abbia nell'immediatezza dei fatti evitato alla collettività un danno maggiore.

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lunedì 28 giugno 2010

Condominio, spese deliberate prima dell'acquisto

Malgrado una non felice interepretazione dell'art. 63 delle Disp. di Att. al Codice Civile che sostiene una solidarietà per fra acquirente e venditore per le spese dell'anno in corso e dell'anno precedente, è opionione generalizzata che indipendentemente dalle pattuizioni fra venditore e acquirente quest'ultimo risponde degli obblighi di spesa sorti in età successiva all'acquisto dell'unità immobiliare.
Vige quindi il principio della personalità delle obbligazioni - salvo ovviamente che non sia convenuto diversamente fra le parti - quindi l'acquirente risponderà esclusivamente per le spese deliberate solamente in epoca successiva al momento in cui acquistando l'unità immobiliare è divenuto condomino.
Per concludere nel caso in cui si fosse chiamati a rispondere per spese "antecedenti", l'acquirente avrà diritto a rivalersi sul venditore, malgrado debba provvedere direttamente a saldare quanto dovuto al condominio.

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lunedì 21 giugno 2010

Condominio Minimo

Le norme che regolano i cd. condomini minimi - che si hanno già con due unità immobiliari - (Cass. Sent. 4721/2001) prevedono la non applicabilità della disciplina dettatata dall'Artò. 1136 Cd. Civ. la quale richiede per la regolare costituzione delle assemblee e per la validità delle relative delibere maggioranze qualificate con riferimento al numero dei partecipanti al condominio ed in rapporto al valore dell'edificio condominiale; ma in forza alla norma di rinvio contenuta nell'art. 1139 Cod. Civ. , le deliberazioni assembleari sono soggette alla regolamentazione prevista dagli artt. 1105 e 1106 Cod. Civ. per l'amministrazione della comunione in generale, di cui il condominio minimo costituisce una specie.
Per quanto riguarda eventuali addizioni o migliorie l'art. 1102 stabilisce che ciascun partecipante possa apportare alla cosa comune, le modifiche per il miglior godimento della cosa stessa, tuttavia anche detta norma - nel caso in cui si voglia costruire qualcosa che incida sul decoro architettonico dell'edificio - incontra il limite del rispetto dell'estetica del fabbricato, data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determianta ed armonica fisionomia e una specifica identità.

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lunedì 14 giugno 2010

Codominio: Sicurezza per i lavoratori

Se un condominio ha dipendenti che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo di lavoro dei proprietari di fabbricati, nei suoi confronti - secondo il principio di specialità -opera la disposizione riportata nell'articolo 3, comma 9 del testo unico. Vengono quindi confermati i soli obblighi riguardanti l'informazione (articolo 36), la formazione (articolo 37) e, in caso di fornitura di dispositivi di protezione individuali (Dpi), la necessità che questi siano conformi al Titolo III (Capo I).
Insomma, in questo caso non sussiste l'obbligo di redazione del DUVRI,ma ci deve essere una preventiva valutazione dei rischi essenziale per l'antiinfortunistica e per le dovute attività informative.
Nel caso in cui, invece, il condominio abbia dipendenti che non rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo di lavoro dei proprietari di fabbricati, allora sussiste l'obbligo del DVR.
A tal proposito, possiamo, a titolo esemplificativo ricordare alcune categorie di lavoratori per il condominio quali: i lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli stabili e degli spazi a verde.
In merito all'informazione, il Ministero ricorda che ai sensi dell'articolo 36 del Testo unico, essa deve riguardare i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all'attività da svolgere nel condominio, fermo restando che il suo contenuto deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e, in caso di immigrati, deve avvenire previa verifica della comprensione della lingua.
Mentre nel caso, non poi così remoto, che questi lavori vengano dati in appalto a ditte esterne sussisterà allora l'obbligo della stesura del DUVRI - anche se non è ancora chiaro come provvedere alla stesura del documento sui rischi interferenziali, mancando l'obbligo per il datore-committente Condominio della stesura del documento che individui ed attesti i rischi interferenziali.
Un ultimo importante capitolo riguarda i lavori edili:
In caso di conferimento di un appalto di lavoro edile, da parte del condominio, con la conseguente applicazione del Titolo IV del Testo unico (cantieri mobili e temporanei). Si tratta di una normativa abbastanza complessa il cui campo di applicazione è stabilito dall'articolo 88, comma 1, meglio esplicitato dall'allegato X, ove sono riportati, tra l'altro, i lavori di costruzione, manutenzione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione, il rinnovamento o smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo o in legno.

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lunedì 31 maggio 2010

Condominio: Sicurezza ascensore

L'obbligo di chiedere la verifica ricade sull'amministratore - in quanto rappresentante dei pro-prietari ~ e i costi sono a carico del condominio.
I condòmini non possono opporsi alla richiesta della verifica, anzi, l'obbligatorietà e l'urgenza della richiesta di verifica - abbinata allo scarso peso eco­nomico dell'intervento - rende addirittura inutile la preventiva convocazione dell'assemblea, che semmai dovrà essere sem­plicemente informata alla pri­ma occasione.
Ben più critica, invece, può es­sere la fase dell'attuazione degli interventi prescrìtti dall'ente di controllo, perché è in questo mo­mento che entra pesantemente in gioco la responsabilità ammi­nistrativa dell'amministratore. Il mancato adeguamento del­l'impianto alle prescrizioni indi­cate per eliminare i rischi, infat­ti, comporta l'immediata chiusu­ra dell'ascensore e l'esposizione dell’amministratore ai provvedi­menti sanzionatori comminati dall'ufficio comunale competen­te. Serve quindi la convocazione di un'assemblea per informare i condòmini dell'obbligatorietà dell'esecuzione degli interventi che un terzo soggetto - appunto l'organo di controllo - ha ritenu­to indispensabili al fine dì per­mettere all'impianto di conti­nuare a restare attivo.
L'entità della spesa condizio­na il quorum necessario per as­sumere la delibera che autorizza i lavori: se l'importo è rilevante, servirà il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea portatori di alme­no metà del valore millesimale; altrimenti, sarà sufficiente il vo­to dì un terzo dei partecipanti al condominio rappresentanti al­meno un terzo dei millesimi. Il tutto tenendo presente che il concetto di rilevanza va valuta­to caso per caso, visto che la stes­sa potrebbe essere "pesante" per il rendiconto annuo dì un condominio e non per un altro.
A scanso dì respon­sabilità penali, l'amministratore deve immediatamente disporre la chiusura dell'impianto.
Resta però la sua responsabi­lità amministrativa, per esclude­re la quale può ricorrere al giudi­ce in sede di volontaria giurisdi­zione per fare assumere i prov­vedimenti più idonei a consen­tirgli di ottemperare a un obbli­go impostogli dalla legge, com­preso quello di raccogliere tra i condòmini i fondi necessari per far fronte all'esecuzione degli interventi.




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