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sabato 28 marzo 2009

Speciale Diritto del consumatore: prova del danno

Il danneggiato non è tenuto a provare la causa del
difetto e nemmeno la colpa del produttore, vertendo la prova
esclusivamente su elementi oggettivi, quali il danno, il difetto, la
relazione causale tra danno e difetto . Inoltre, sul danneggiato non
incombe l'onere di dimostrare di aver usato in modo diligente il
prodotto, né che il difetto sia imputabile alla sfera organizzativa del
produttore. Sia il danneggiato che il produttore possono avvalersi di
tutti i mezzi di prova, ovvero di quelle documentali, testimoniali,
della confessione, nonché delle presunzioni, come si evince dal 2° co.,
nella parte relativa alla prova a carico del produttore . La prova del
danno deve vertere sui pregiudizi risarcibili ai sensi dell'art. 123 c.
cons. e cioè, in primo luogo, sulle ripercussioni cagionate dalla morte
o da lesioni personali, per la quale valgono i principi generali in
materia di danno alla persona; in secondo luogo, l'onere verte sulla
prova della distruzione o del deterioramento di cose diverse dal
prodotto difettoso, che fossero destinate, in via prioritaria, ad uso
privato, circostanza che il danneggiato può provare avendo riguardo alla
natura della sua attività professionale, al luogo in cui il bene era
situato, all'eventuale iscrizione dello stesso negli inventari e nel
registro dei beni ammortizzabili dell'impresa. La prova del danno deve
essere documentale (relativamente al danno alla persona: certificati,
cartelle cliniche, ricevute di spesa, ecc.; per i danni alle cose:
documenti di acquisto, fatture di riparazione, ecc.) e testimoniale.
Relativamente alla prova del difetto, il danneggiato non è tenuto ad
indagare se il vizio denunciato è di fabbricazione o di progettazione,
bensì di dimostrare che il prodotto non offre la sicurezza che ci si
potrebbe legittimamente attendere sulla scorta delle circostanze
contemplate dall'art. 117 c. cons.
Il danneggiato è tenuto a dimostrare che l'evento
dannoso è stato provocato dal prodotto, provando l'esistenza della
causalità di fatto, ovvero che l'evento pregiudizievole è conseguenza
materiale della mancanza di sicurezza del prodotto, e di quella c.d.
giuridica, ovvero che quel danno è la realizzazione del rischio
connaturato al difetto (Cendon, Ziviz, 168). Il regime probatorio
delineato dall'articolo in commento conferma la natura oggettiva della
responsabilità per danni da prodotti difettosi, non dovendo il
danneggiato fornire anche la prova della colpa del produttore
Il 1° co. dell'art. 121 c. cons. evoca la
dir. 85/374/CEE in materia di responsabilità per prodotti difettosi
laddove sancisce che la responsabilità del produttore non è diminuita
quando il danno è provocato congiuntamente da un difetto del prodotto e
dall'intervento di un terzo. La disposizione riproduce, inoltre,
pressoché integralmente, l'art. 2055 c.c. in materia di solidarietà
nell'illecito extracontrattuale. Non rientra, invece, nell'ambito
applicativo del 1° co. dell'articolo in commento l'ipotesi del fatto
colposo del danneggiato, circostanza che diminuisce la misura del danno
risarcibile e che è espressamente disciplinata dal 2° co. dell'art. 121
c. cons., in applicazione del principio generale sancito dall'art. 1227
c.c. . La norma intende garantire una più intensa tutela al consumatore
danneggiato, identificando una pluralità di soggetti responsabili e
offrendo alla vittima la possibilità di ottenere l'integrale
risarcimento dal danno da uno qualsiasi dei responsabili . La disciplina
sulla responsabilità del produttore, pertanto, supera l'opposto
principio, c.d. della canalizzazione, secondo cui, anche nelle ipotesi
di prodotti composti da più parti prefabbricate realizzate da diverse
imprese, la responsabilità viene addossata sul produttore finale, ovvero
su quello che è meglio in grado si sopportare il peso del risarcimento
del danno. Tale principio contrasta con l'obiettivo di incentivare la
riduzione del rischio di danno per il consumatore attraverso l'adozione
di tutte le misure offerte dalla tecnica e attraverso la ricerca di
nuovi e più perfezionati strumenti. Pertanto, è giusto considerare
responsabili tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di un
prodotto difettoso . Ne consegue che, nel caso in cui il danno sia stato
provocato da una parte componente realizzata da un altro produttore, la
vittima – sulla scorta della norma in commento – può rivolgersi a quest'ultimo,
oppure al fabbricante del prodotto finito, che può, a sua volta,
esercitare l'azione di regresso per ottenere dal produttore della parte
componente la restituzione di quanto pagato. Analogamente si verificherà
nelle ipotesi contemplate dall'art. 118, lett. f), c. cons. che esclude
la responsabilità «nel caso del produttore o fornitore di una parte
componente o di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto
alla concezione del prodotto in cui è stata in scorporata la parte o
materia prima o alla conformità alle istruzioni date dal produttore che
l'ha utilizzata». Secondo un autore, invece, il principio della
"canalizzazione" della responsabilità, benché apparentemente rifiutato
dal legislatore italiano, relativamente all'ipotesi di pluralità di
soggetti responsabili, riemergerebbe con riferimento all'individuazione
della "qualità" dagli stessi rivestita
L'art. 121 c. cons. stabilisce che, qualora
permanga un dubbio circa l'apporto dato da ciascuno dei responsabili
alla causazione del danno, la ripartizione (della colpa) avviene «in
parti uguali», laddove, invece, l'art. 2055 c.c. dispone che nel dubbio
«le singole colpe si presumono uguali». Tale differenza sembra
significare che il giudice, anche prescindendo da un'impossibile
graduazione delle colpe, allorché sussista un dubbio nel determinare
quale sia stato il grado di efficienza causale delle singole condotte,
può ripartire il risarcimento in eguale misura tra tutti i responsabili
L'art. 122 c. cons. ripropone testualmente il
contenuto dell'art. 10, D.P.R. 24.5.1988, n. 224 stabilendo che, qualora
il danneggiato abbia concorso colposamente alla realizzazione del danno,
il risarcimento deve essere valutato secondo quanto dispone l'art. 1227
c.c. Pertanto, il risarcimento del danno potrà essere diminuito in base
alla gravità della colpa della vittima, nonché all'entità delle
conseguenze che sono derivate da tale negligenza (art. 1227, 1° co., c.c.);
nessun risarcimento può, invece, essere corrisposto per i danni che il
creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (art.
1227, 2° co., c.c.). I principi sanciti dall'art. 1127 c.c. vengono,
dunque, applicati anche alla responsabilità del produttore, sistema
improntato ad un criterio sostanzialmente oggettivo di imputazione della
responsabilità
Il 2° co. esclude il risarcimento qualora si provi
che il danneggiato era consapevole della difettosità del prodotto e del
relativo rischio e ciò nonostante si sia volontariamente esposto al
pericolo di subire un danno e costituisce un'eccezione alla regola
generale disposta dall'art. 1227 c.c. La norma si inquadra nella
Tre sono le condizioni affinché il risarcimento
venga escluso: la conoscenza del difetto; la consapevolezza del pericolo
che comporta l'uso del prodotto; l'essersi volontariamente esposto al
pericolo
Se, invece, il consumatore si è reso conto che il
prodotto impiegato era viziato e non colposamente gli è sfuggito quali
potessero essere i rischi connessi all'utilizzo dello stesso, il
risarcimento viene solo diminuito. Nell'ipotesi di un vizio
particolarmente grave del bene, che si associa alla piena consapevolezza
del consumatore danneggiato, il risarcimento deve essere escluso: ad
esempio, nel caso di biscotti avariati, il consumatore consapevole del
difetto deve astenersi dall'ingerirli. Quando il prodotto presenta,
invece, un'anomalia non grave, evitabile con adeguate precauzioni, il
consumatore può continuare ad utilizzare il bene
Invece, dinanzi ad un vizio di entità modesta, che
si associa un lieve sospetto da parte del consumatore in ordine al
pericolo di un danno, deve essere considerato non rilevante la
circostanza che questi non abbia adottato particolari cautele di
utilizzo
Relativamente al requisito della volontarietà,
affinché il risarcimento sia escluso, l'utilizzo del prodotto e
l'esposizione al rischio devono avvenire in conseguenza di una
iniziativa del danneggiato, sebbene non sia necessario che l'azione sia
compiuta materialmente da costui. La mancanza sopravvenuta di uno,
oppure, di tutti i requisiti contemplati dalla norma in commento
impedisce di porre a carico del danneggiato la sanzione di non
risarcibilità prevista dall'articolo de quo. La prova circa l'esistenza
delle condizioni contemplate dalla norma deve essere data dal
produttore, in applicazione di quanto dispone l'art. 2697 c.c., in
materia di onere della prova

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