Pagine

lunedì 10 febbraio 2014

Contenzioso tributario - reclamo e profili di costituzionalità


 LA CONDIZIONE
La presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso (articolo 17-bis, comma 2, del Dlgs 546/1992). Si verifica, quindi, un obbligatorio differimento dell'esercizio dell'azione giudiziaria da parte
del contribuente
| I PRECEDENTI
In passato la Corte costituzionale ha stabilito che l'azione giudiziaria può essere differita legittimamente solo se ricorrono esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia: tale principio è stato affermato con le sentenze 406/1993 (sull'imposta di bollo), 360/1994 e 56/1995 (sull'imposta sugli spettacoli e per la tassa annuale sulle società, ora abrogata)
 LE ESIGENZE
Non sembra che le esigenze di ordine generale e le superiori finalità di giustizia ricorrano per il ritardo all'instaurazione dell'azione giudiziaria che verifica in relazione all'obbligo di reclamo per le controversie (attualmente) di valore non superiore a 20mila euro
LE MANCATE TUTELE
Il reclamo/mediazione non dà alcuna tutela – diversamente da altri istituti deflattivi
(per esempio, l'accertamento con adesione) – circa gli effetti della sospensione della riscossione



L'adesione è solo uno dei numerosi istituti deflattivi del contenzioso. Basta leggere un atto di accertamento e verificare che servono due o tre pagine per elencare tutti quelli esistenti. L'elenco si è arricchito nel corso dell'ultimo anno anche del reclamo e della mediazione tributaria per gli atti delle Entrate di valore non superiore a 20mila euro notificati a partire dallo scorso mese di aprile.
Ma, in realtà, l'istituto si presta a una serie di interrogativi sulla legittimità costituzionale.
Innanzitutto, va rilevato che ancora oggi non si comprende se si tratta di un istituto amministrativo o processuale. Non si tratta di questione meramente teorica: si pensi alle conseguenze che l'attribuzione di un "vestito" oppure l'altro hanno sulla sospensione dei termini feriali processuali.
La questione più rilevante, però, resta quella dell'obbligatorietà del reclamo (visto che costituisce condizione di ammissibilità del ricorso), diversamente da quanto accade per gli altri istituti deflattivi delle liti presenti nell'ordinamento tributario. La prevista obbligatorietà del reclamo condiziona, infatti, l'immediato avvio del l'azione giudiziaria da parte del contribuente.
I precedenti
Per l'imposta di bollo la Consulta ha dichiarato incostituzionale la previsione che subordinava l'azione giudiziaria per il rimborso dell'imposta al previo ricorso gerarchico al ministero delle Finanze (sentenza n. 406 del 23 novembre 1993). Secondo la Consulta, il diritto di esperire l'azione giudiziaria da parte del contribuente può essere legittimamente differito solamente «se ricorrono esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia». Lo stesso principio è stato affermato con le sentenze n. 360 del 27 luglio 1994 e n. 56 del 24 febbraio 1995, relativamente all'imposta sugli spettacoli e all'abrogata tassa annuale sulle società, in cui è stato ribadito che il differimento della proponibilità dell'azione giudiziaria deve intendersi costituzionalmente legittimo solo se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia.
Le questioni aperte
Si pone la questione – e la risposta sembra negativa – se ricorrono anche per il reclamo queste esigenze di ordine generale e superiori di finalità di giustizia, visto che l'istituto ritarda inevitabilmente l'accesso all'azione giudiziaria. Senza contare che il reclamo non dà alcuna tutela – anche qui diversamente da altri istituti deflattivi (si pensi all'accertamento con adesione) – relativamente alla sospensione della riscossione.
Devono inoltre essere considerati i problemi che si stanno presentando – sotto un profilo più strettamente operativo – visto quanto affermato dalle Entrate sull'individuazione del soggetto da chiamare in causa, a seconda che i vizi risultino imputabili al concessionario o all'Agenzia (non è stato considerato, tuttavia, quanto stabilito dalla Cassazione a Sezioni unite con la sentenza 16412/2007).
Aspetti da non sottovalutare se la prospettiva dovesse essere quella di un ampliamento e non di una rivisitazione. Così come s'impone anche la necessità di lavorare sul profilo qualitativo della pretesa nell'ottica di deflazionare il contenzioso.

domenica 2 febbraio 2014

APE - Attestato prestazione energetica

L'attestato di prestazione energetica, in sigla APE, e' un documento obbligatorio, descrive le caratteristiche energetiche di un immobile. Il documento, redatto al momento della progettazione e realizzazione dell'edificio, costituisce uno strumento di informazione per l'acquirente all'atto dell'acquisto dell'immobile o della stipula del contratto di locazione, serve per monitorare e migliorare le caratteristiche energetiche dell'immobile in questione. 
Obbligatorio dal 1 Luglio 2009, l'APE e' stato di recente oggetto di importanti modifiche, con l'entrata in vigore del Decreto "Destinazione Italia" del 23 dicembre 2013.

La mancata allegazione dell'Ape non e' piu' causa di nullita' del contratto: il nuovo DL "Destinazione Italia" ha abrogato la norma che aveva disposto la sanzione della nullita' dell'atto di trasferimento di proprieta' - a titolo oneroso o gratuito - di beni immobili e dei nuovi contratti di locazione, in mancanza di consegna dell'attestazione di prestazione energetica.
Il decreto legge Destinazione Italia ha introdotto una disposizione che sostituisce quella introdotta lo scorso giugno; queste le novita' introdotte:
  • nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso o nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unita' immobiliari soggetti a registrazione viene inserita una clausola con la quale l'acquirente o il conduttore "dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell'attestato di prestazione energetica deve essere altresi' allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unita' immobiliari".
  • in caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da 3mila a 18mila euro; la sanzione e' da mille a 4mila euro per i contratti di locazione di singole unita' immobiliari ; se la durata della locazione non eccede i tre anni, la sanzione pecuniaria e' ridotta alla meta'.
Nei contratti di compravendita, trasferimento a titolo oneroso e locazioni di edifici o singole unita' immobiliari, bisogna dunque inserire una clausola apposita dove l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto l'attestato di certificazione energetica.
E' quindi in vigore l'obbligo di allegare l‘APE al contratto, tranne per i contratti d'affitto di singole unita' immobiliari, in questi casi e' sufficiente che all'interno del contratto il conduttore specifichi di aver ricevuto tutta la documentazione.
Controlli e disamine di eventuali contestazioni sulle violazioni saranno svolti dalla Guardia di Finanza o dall'agenzia delle Entrate, all'atto della registrazione.

Il nuovo DL "Destinazione Italia" rassicura acquirenti, venditori, locatori, inquilini e principalmente notai e agenti immobiliari, in quanto la nullita' aveva di fatto bloccato o messo a rischio la validita' di numerosi contratti immobiliari.

Contratti gia' dichiarati nulli: viene introdotta una sorta di sanatoria; su richiesta di almeno una delle parti o di un suo "avente causa" , per le violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del Dl Destinazione Italia, non si applica la nullita' bensi' la sanzione amministrativa. Nel caso in cui la nullita' non sia gia' passata in giudicato, infatti una delle due parti in causa ( acquirente o conduttore) puo' chiedere che questa sia sostituita con l'applicazione delle nuove sanzioni.

amministrazioniAC
soluzioni immobiliari

Affinati.com
Diamo più valore alle Vostre attività