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lunedì 19 dicembre 2011

Guida all'IMU

L’imposta Municipale Unica:
L’IMU va ad assorbire il prelievo fiscale non solo dell’ICI bensì anche delle imposte Irpef derivante dal possesso di immobili (non soggetti a locazione) di alcuni tributi come le addizionali regionali e comunali in un solo tributo; in tale insieme rientra anche l’ICI o Imposta Comunale sugli Immobili . Sono previste anche delle tempistiche di assorbimento a seconda della diversa tipologia di tributi: è il caso delle imposte ipotecarie e catastali che saranno assorbite per ora solo dal 2015.

La Base Imponibile dell’IMU
La base imponibile parte sempre dalla rendita catastale a cui si applica una rivalutazione “fissa” del 5% come avviene per l’ICI. A questo importo si applica un moltiplicatore, che per l'abitazione principale e pertinenze e per le seconde case sarà pari a 160 . Questo valore risultante è la base imponibile a cui applicare le aliquote IMU e le eventuali detrazioni di imposta.

Le Aliquote IMU
Le aliquote IMU sono sulll’abitazione principale dello 0,40% con possibilità di incrmento dello 0,6% e di riduzione dello 0,2% mentre per le unità locali diverse dalla principale sale allo 0,76% con la possibilità di aumentarle dell’1,06% e di ridurle dello 0,46%. Sarà possibile anche ridurre ulteriormente l’IMU fino allo 0,40% per gli immobili delle società soggette a ires per le unità locali locate e per gli immobili non produttivi di reddito fondiario.

Scadenza IMU
L’IMU dovrebbe seguire lo stesso versamento che abbiamo per l’ICI con un acconto a giugno 2012 ed un saldo a dicembre 2012 .

Come si versa l’IMU
Rispetto alle modalità di versamento l’IMU si verserà con il modlelo f24 e con dei codici tributo che ad oggi non sono ancora disponibili .

Ritorna della tassa sulla prima casa: da quando
Il ritorno del prelievo sulla prima casa si avrà dal 2012 e quindi a giugno 2012 .

Rispetto alle modalità di calcolo dell’imposta IMU sono previste diverse aliquote (0,76% e 0,40%) con possibilità dei comuni di variarle all’interno di alcuni intervella e di alcune categorie di immobili (esempio fabbricato rurali), con delle soglie anche di esenzione.

Quello che stupisce è che questa tipologia di base imponibile varrà solo al livello di IMU e non ai fini delle altre imposte di registro o ipocatastali ecc facendo di fatto aumentare il lavoro per i commercialisti che dovranno confrontarsi con diverse basi di calcolo.

Il l maxi emendamento del Decreto Salva Italia prevede che sull’imposta municipale viene prevista anche una detrazione di 50 euro per ogni figlio oltre ad altre novità che riguardano il prelievo anche sugli immobili detenuti all’estero che avrà la stessa aliquota dell’IMU seppur con diversa base imponibile a meno di equiparazione nei metodi di calcolo.

Riferimento Normativo:
Articolo 13 del Decreto Salva Italia

lunedì 12 dicembre 2011

Il 36 per cento.

Il 36 per cento

La detrazione per i lavori di recupero edilizio diventa strutturale, allarga la casistica e in prospettiva – ma solo dal 2013 – si lega all'Isee
Le nuove regole, inserite direttamente nel Tuir (Dpr 917/86) non hanno più scadenza. Potranno beneficiare del bonus tutti i contribuenti «che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi». Sempre con il limite di 48mila euro per unità immobiliare. Sempre da dividere in dieci anni.

Quanto agli interventi agevolati, l'elenco ora comprende:
i lavori (anche di manutenzione ordinaria) sulle parti comuni condominiali, ma solo su muri maestri, tetti e lastrici solari, scale, portoni, vestiboli, anditi, portici, cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (escluse quindi portinerie, impianti e ascensori – oggi agevolate – a meno che non si tratti di risparmio energetico);

ristrutturazione, restauro-risanamento conservativo e manutenzione straordinaria nelle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali , e loro pertinenze;
realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune
rimozione di barriere architettoniche, ascensori e comunque per favorire la mobilità interna di disabili;
cablatura, risparmio energetico, antifurto e sicurezza, contenimento dell'inquinamento acustico, misure antisismiche.

Due sono le novità forti: la detraibilità delle spese per la ricostruzione o il ripristino dell'immobile – anche non residenziale – danneggiato a seguito «eventi calamitosi» (previa dichiarazione dello stato di emergenza) e delle spese per opere volte a evitare gli infortuni domestici.
È confermata anche la detrazione pari al 25% del prezzo pagato per comprare case in edifici oggetto di restauro-risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia purché vendute entro sei mesi dalla fine lavori.
Per gli eredi l'agevolazione è conservata per le rate non beneficiate dal defunto, ma solo se continueranno a detenere materialmente e direttamente il bene. Mentre per gli acquirenti il trasferimento delle quote di detrazione residue è automatica «salvo diverso accordo delle parti». Le vecchie regole continuano comunque a valere per tutto il 2011, quelle nuove scatteranno dal 2012.

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lunedì 5 dicembre 2011

In condominio la comunione è prevalente sulle distanze

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 25 ottobre 2011, n.22092

Le norme sulle distanze legali, rivolte fondamentalmente a regolare rapporti fra proprietà contigue e separate, sono applicabili anche nei rapporti tra i condomini di un edificio condominiale quando siano compatibili con l'applicazione delle norme particolari relative alle cose comuni (art. 1102 c.c.), cioè quando l'applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto prevalgono le norme sulle cose comuni con la conseguente inapplicabilità di quelle relative alle distanze legali che nel condominio degli edifici e nei rapporti fra singolo condomino e condominio sono in rapporto di subordinazione rispetto alle prime.

In considerazione della peculiarità del condominio degli edifici, caratterizzato dalla coesistenza di una comunione forzosa e di proprietà esclusive, il godimento dei beni, degli impianti e dei servizi comuni è in funzione del diritto individuale sui singoli piani in cui è diviso il fabbricato: dovendo i rapporti fra condomini ispirarsi a ragioni di solidarietà si richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, dovendo verificarsi necessariamente alla stregua delle norme che disciplinano la comunione - che l'uso del bene comune da parte di ciascuno sia compatibile con i diritti degli altri.

Il caso concreto:
Con ricorso per manutenzione del possesso C.F. e C..S., proprietari dell'appartamento al primo piano del fabbricato sito in (omissis), denunciavano che G..N. e C..P., proprietari del sottostante appartamento a piano terra, avevano realizzato tre pensiline di materiale plastico con intelaiatura in ferro lamentando la lesione dell'estetica della facciata e la violazione del diritto di veduta in appiombo dai medesimi esercitato. Chiedevano la rimozione del manufatto, facendo presente che, attraverso la pensilina era possibile accedere dal muro di cinta al loro appartamento. Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda. Respinta la tutela interdittale, il Tribunale di Massa con sentenza dep. il 21 luglio 2001 rigettava la domanda. Con sentenza dep. il 25 novembre 2004 la Corte di appello di Genova rigettava l'impugnazione principale proposta dagli attori. Dopo avere precisato i limiti entro i quali le norme sulle distanze legali si applicano al condominio in considerazione dell'esigenza di contemperare i diversi interessi dei proprietari che il giudice deve valutare, la Corte riteneva che, da un canto, le pensiline realizzate con materiale elegante e in armonia con le caratteristiche strutturali e le linee estetiche del fabbricato, svolgevano una funzione di obiettiva utilità per il condomino al piano terra e, d'altro lato, che il pericolo alla sicurezza del primo piano era da escludere, attesa la fragilità della lastra in policarbonato che sola avrebbe potuto fornire una base di appoggio per accedere all'appartamento degli attori mentre il materiale trasparente delle pensiline non impediva l'esercizio della veduta in appiombo. 2. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione il C. e la S. sulla base di due motivi illustrati da memoria. Resistono con controricorso gli intimati.


Precedenti conformi
Cass. 6546/2010; 7044/2004; 8978/2003; 15394/2000; 9995/1998; 10704/1994.
e Cass. 7044/ 2004 n. 7044; Cass. 8808/2003.

lunedì 28 novembre 2011

Tasse sulla casa - ipotesi allo studio

E' ormai chiaro che si preannuncia un periodo di nuove tasse sugli immobili, vediamo nel dettaglio ciò che è allo studio:

Rivalutazione delle rendite catastali,
Basandosi sulla legge 662 del 1996 , che aggiorna del «5 per cento» l'importo delle rendite "originali", entrate in vigore nel 1992 e calcolate sui valori immobiliari del l'ormai lontano 1988;

Accanto alla rivalutazione, però, il pacchetto di opzioni comprende anche la reintroduzione dell'Ici sull'abitazione principale, che dovrebbe essere il capitolo chiave della "ristrutturazione" del federalismo fiscale. Un versante, questo, su cui si collocano anche i capitoli dell'Imu – destinata a prendere il posto dell'Ici dal 2013 o dal 2012 in caso di ulteriori accelerazioni – e della nuova imposta sui servizi ipotizzata dalla bozza di decreto correttivo del fisco municipale, predisposta dal Governo Berlusconi, ma mai approvata definitivamente.

Altre opzioni
Le misure sono varie, ma tutte poggiano sulla questione delle rendite catastali, che generano la base imponibile di tutto il fisco immobiliare.
Ecco perché è importante capire se e come si deciderà di correggere i valori attuali . Secondo l'agenzia del Territorio, i valori di mercato delle abitazioni principali sono mediamente 3,59 volte più elevati degli imponibili a fini Ici. Dato che sale a 3,85 per gli immobili diversi dalla prima casa. Non è difficile, quindi, intuire da dove venga l'idea di un adeguamento delle rendite.

Attenzione ai numeri del divario
Qualsiasi scelta, comunque, dovrà partire dai numeri, che mostrano come dietro il dato medio si nasconda una miriade di situazioni diverse. Frutto dell'epoca di costruzione degli edifici, dell'evoluzione del mercato immobiliare e, infine, dell'attenzione con cui i sindaci hanno coltivato le proprie basi imponibili.


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domenica 20 novembre 2011

Investimenti immobiliari all'estero

Possiamo subito dire che in 10 anni gli italiani che acquistano casa all'estero sono raddoppiati, ma rimangono ben distanti dalle medie di altri europei in specialmodo inglesi, olandesi e tedeschi.

Gli Italiani hanno un budget abbastanza ridotto intorno ai 150mila euro,la seconda casa infatti viene pagata con i propri risparmi senza fare ricorso al mutuo.

Trattandosi spesso di un investimento con capitale proprio, non viene valuata la redditività, ma la scelta è dettata essenzialmente dal contesto socio economico del paese e da altri fattori alquanto volatili.

Ma dove conviene cercare?

Primariamente USA - la tendenza è ancora in ascesa seppur con percentuali di crescita assai ridotte - mete ideali degli italiani Manhattan e Miami.
Complice il favorevole cambio e un mercato "depresso" che offre ancora prezzi da outlet. La tendenza però è già stata confermata dagli immobili siti nei quartieri più interessanti e indica un rialzo generalizzato dei prezzi.

In Europa, gli Italiani guardano a ovest, verso la Spagna, complice sicuramente la vicinanza culturale e un'intelligente politica dei prezzi che ha permesso allo stagnante mercato immobiliare spagnolo delle località di mare di guadagnare punti con gli investitori esteri.

Ad est, è interessante la Grecia, ma per quest'anno la previsione è sicuramente al ribasso a causa delle tensioni monetarie.

Centro Europa: due nomi Praga e Budapest, si confermano ancora meta di investitori italiani, più attratti dal fascino delle due capitali che non dai veri "affari" - outsider: Bratislava, da tenere d'occhio vista la vicinanza con Vienna e gli ottimi collegamenti aerei low cost.

Seppur con fascino minore, la Baviera ha visto contrarre le richieste per immobili al di fuori delle principali città (Monaco in testa) di oltre il 40% dal 2008 ad oggi. Il mercato è stabile, le occasioni non mancano, manca semmai l'appeal ad acquistare casa in "campagna"

Ultima nota su Berlino Parigi e Londra, quest'ultima seppur ancora su valori elevati ha visto una netta contrazione delle transazioni medio alte (per intenderci fino al 1milione di sterline), sapendo cercare è il momento adatto, mentre Berlino è effervescente ed offre soluzioni molto più economiche rispetto alla capitale inglese, ma di sicuro fascino per l'investitore italiano.Parigi è un discorso a se stante con quotazioni ancora molto (forse troppo) elevate, i quartieri VI - VII - VIII e il XVI quasi intoccabili, conviene aspettare o ricercare, per il momento piccoli monolocali (facilmente affittabili ed utilizzabili come base per soggiorni lunghi in città.)

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lunedì 14 novembre 2011

Condominio: Competenza del Giudice di Pace per le cause riguardanti i servizi comuni

In base all'art. 7 c.p.c., introdotto dall'art. 17 L. 374/91, il giudice di pace è competente, qualunque ne sia il valore, per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case. In linea generale, si intendono per cause relative alle modalità d'uso dei servizi condominiali, quelle concernenti i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione, nelle quali si controverte sul "modo" -"come", più conveniente ed opportuno, in cui tali facoltà devono essere esercitate, nel rispetto della parità di godimento in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt. 1102 ed 1118 c. c. ed in conformità della volontà della maggioranza e delle eventuali disposizioni del regolamento condominiale, mentre le cause relative alla misura di detti servizi, si identificano con quelle riguardanti una limitazione o riduzione quantitativa del diritto di godimento dei singoli condomini (Cass. 7888/94, 8431/94, 25/00, 6642/00, 5449/02). Passiamo alle situazioni concrete:
Tra le cause di competenza del giudice di pace, in ambito condominiale trovano il primo posto quelle relative a beni mobili di valore non superiore a 5mila euro riguardanti la richiesta di ingiunzione di pagamento per quote condominiali non pagate. Sono di sua competenza anche le cause per apposizione di termini ogni qual volta che, pur essendo certi e riconosciuti i confini, si vuole ottenere la collaborazione del vicino per collocare o costruire quelle opere, come ad esempio piccoli scavi, muri, che rendano evidente e riconoscibile la linea di demarcazione. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, durante la costruzione di uno stabile confinante con un terreno privato per cui si rende necessario apporre chiaramente i confini per permettere la recinzione.
Di sua competenza anche le cause relative al rispetto delle distanze da alberi e siepi: quando la piantagione eseguita dal vicino sia a una distanza minore di quella stabilita dalle leggi o da regolamenti comunali, si può chiedere allo stesso giudice la rimozione delle piante ed il risarcimento dei danni ingiustamente subiti.
Infine troviamo le cause relative alla misura e modalità d'uso dei sevizi condominiali che annoverano quelle che hanno ad oggetto il modo più conveniente e opportuno di esercitare un diritto condominiale oppure quelle in cui si discute sul modo di utilizzare un servizio comune tra i condomini.

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lunedì 7 novembre 2011

Condominio: Solo l'amministratore è legittimato all'impugnazione delle delibere con oggetto la gestione del servizio comune

L’amministratore di un condominio è legittimato esclusivo all’azione ed alla impugnazione delle delibere assembleari di nomina del successore, nonché di quelle che hanno quale finalità il soddisfacimento delle esigenze collettive della gestione del servizio comune.

Così i giudici di legittimità nella sentenza 21 settembre 2011, n. 19223, in cui la Corte ha ribadito l’esclusione nel singolo condomino della legittimazione ad agire, e, di conseguenza, di quella ad impugnare le delibere assembleari (come quella concernente la nomina dell’amministratore).

Nella sentenza annotata si può, infatti, leggere testualmente che “il principio per cui essendo un condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, resistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, nè quindi del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso, non trova applicazione nei riguardi delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale che, come quella relativa alla nomina dell'amministratore, quindi con finalità di gestione del servizio comune, inteso in senso strumentale, tendono ad soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la conseguenza che in tale controversia la legittimazione ad agire e quindi ad impugnare spetta in via esclusiva all'amministratore, con esclusione della possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino”. (in senso conforme si può cfr. Cassazione civile, Sez. II, sentenza 29 gennaio 2009, n. 2396, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 29 agosto 1997, n. 8257, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 12 marzo 1994, n. 2393).

La delibera condominiale deve essere interpretata secondo i criteri ermeneutica ex art. 1362 del codice civile, ed il relativo compito deve essere affidato al giudice del merito, il quale, nella interpretazione deve tenere presente l’elemento letterale, quale dato dal quale emerga immediatamente la volontà delle parti.

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venerdì 4 novembre 2011

Saldo e stralcio immobiliare - 2 -

In questa breve "guida" sul saldo e stralcio, oggi ci dedichiamo alla fase più delicata.

Mi corre l'obbligo di premettere, che certe tattiche, come "andare a suonare i campanelli" oppure "controllare se viene ritirata la posta" od altro ancora, sono alquanto elementari e possono valere solamente se si ha molto tempo a disposizione, pochissima esperienza e un esecutato vicino casa.

Siccome ci rivolgiamo a un pubblico vasto, può darsi che l'operazione dovrà svolgersi, molto distante dalla propria residenza.

Ma torniamo al punto base, il contatto con l'esecutato.

Oggi il nostro studio si avvale dell'assistenza di una psicologa, la quale ha "praticamente" rivoluzionato il nostro modo di rapportarci con detto soggetto.

Senza voler, o meglio poter, addentrarci in tale materia, intendo la psicologia del rapporto con l'esecutato, questa è la sede per fornire alcuni consigli base.

a) l'esecutato è una persona che sta per perdere tutto.
b) differente è presentarsi per chiedere qualcosa da presentarsi per offrire qualcosa.
c) la trasparenza, anche in questo caso paga.
d) la flessibilità pure.
e) servono buoni strumenti.

Partiamo dal primo punto.
L'esecutato è una persona che sta per perdere tutto, può essere rassegnato, ma anche arrabbiato con il mondo.
La delicatezza e il rispetto sono gli elementi basilari su cui costruire il rapporto.
Chi è "furbo" non si trova quasi mai in questa posizione.

Il secondo punto dice:
differente è presentarsi per chiedere qualcosa da presentarsi per offrire qualcosa, chi propone un saldo e stralcio offre una via d'uscita all'esecutato, e magari la possibilità di mettersi da parte qualcosina per ricominciare.

La trasparenza paga:
Non siamo "Babbo Natale", offriamo una "via d'uscita" chiaramente è un lavoro e come tale avremo un guadagno (questo sia sempre chiaro con tutte le parti in causa)

e arriviamo al punto d)
Per flessibilità intendiamo la capacità di saper reagire agli imprevisti, di poter modificare la propria strategia, di non pensare mai: "Io ho fatto uno stralcio adesso impiego il medesimo comportamento in tutte le prossime occasioni!"

Finalmente siamo arrivati alla fase finale, ovvero l'esecutato dopo aver parlato con noi è deciso a imboccare questa strada, servono buoni strumenti, intendo "delega/mandato" e un buon "preliminare", senza una firma, non si procede.

Grazie per l'attenzione

AmministrazioniAC
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lunedì 31 ottobre 2011

Saldo e stralcio: la prima guida.

Buongiorno,

Con alcuni colleghi, abbiamo pensato di redigere una piccola guida per parlare di saldo e starlcio nel settore immobiliare.
Non crediamo che potrà essere esaustiva o completa, le casistiche, insegna l'esperienza, sono molteplici e da valutare singolarmente, ma potrà, in ogni caso, fornire alcuni punti base.

Grazie per l'attenzione
Amministrazioniac.com
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I vantaggi del saldo e stralcio immobiliare

Il saldo e stralcio immobiliare presenta innegabili vantaggi di natura economica per tutte le parti in causa.

Iniziamo dal creditore - in genere si tratta di una banca -
In questo particolare periodo, le banche soffrono di una costante crisi di liquidità.
Tale crisi determina un'erogazione di mutui fondiari con il contagocce, poichè la banca "tratta contanti non case!"
Con la procedura di saldo e stralcio, la banca potrà rientare delle somme con un cospicuo anticipo sui tempi e soprattutto con la garanzia di non dover affrontare i ribassi dopo aste andate deserte.

Per l'investitore:
Il vantaggio è evidente, chi investe in saldo e stralcio immobiliare, avrà la certezza di poter acquisire proprietà immobiliari a prezzi assolutamente vantaggiosi - costantemente in Toscana ed Emilia, la media si attesta su un realistico -35% per arrivare fino a un -55%.

Per il debitore:
Trattandosi di un accordo il debitore esecutato non avrà conseguenze dovute a segnalazioni a centrali per il credito, soprattutto non dovrà subire lo stress psicologico dovuto alle procedure di legge da parte dell'Ufficile Giudiziario, ed infine potrà (se il bene ha un congruo valore) ricevere una volta saldati i crediti vantati, ricevere la somma rimanente di fatto evitando le spese di procedura che ricadono sull'esecutato.

Grazie per l'attenzione.

Nel prossimo post esamineremo le figure chiave dell'operazione e le ricerche preliminari per valutare l'economicità dell'operazione.

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lunedì 24 ottobre 2011

Condominio: divieto di rialzo

La Corte di cassazione (sentenza 19209/2011) ha indicato il seguente principio: Senza l'attestazione della natura contrattuale del regolamento, le limitazioni alla proprietà esclusiva opponibili all'acquirente rischiano di non essere efficaci. E se non si può dimostrare la natura contrattuale del regolamento, il vano abitabile realizzato sul lastrico solare dell'edificio non può essere demolito.

Per la Corte d'appello, infatti, dalla copia del contratto di compravendita dell'appartamento emergeva che l'oggetto della vendita veniva trasferito nello stato di fatto in cui si trovava, con tutti i diritti e gli obblighi risultanti dal titolo di provenienza nonché dal regolamento di condominio che l'acquirente dichiarava di accettare e che prescriveva il divieto di costruire, sulla copertura del fabbricato, qualunque sopraelevazione: divieto che la condomina aveva certamente assunto di rispettare.

La convenuta, ricorrendo per Cassazione, sosteneva che non era stata fornita la prova della natura contrattuale del regolamento. È vero, affermava la ricorrente, che nell'atto di compravendita aveva dichiarato di accettare il regolamento condominiale: una simile dichiarazione giustificava il mancato accertamento della trascrizione dell'atto contenente il regolamento stesso, ma non anche la mancata indagine circa la natura contrattuale del medesimo. Inoltre sosteneva, in quanto proprietaria dell'ultimo piano, di avere il diritto di sopraelevare ex articolo 1127 del Codice civile perché solo un regolamento contrattuale avrebbe potuto limitare questa facoltà.

Accogliendo il ricorso, i supremi giudici hanno precisato che, nella fattispecie, non era in discussione il consolidato principio per cui «le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto».

Dobbiamo precisare, che allorché nell'atto d'acquisto è previsto l'obbligo di rispettare il regolamento da redigere in futuro, questo non sarà vincolante mancando, in tal caso, uno schema negoziale definitivo, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto del contratto. In quest'ultima ipotesi, pertanto, il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti volontaria adesione (Cassazione 856/2000).
Ciò perché l'impegno non costituisce adesione e quindi non produce effetti vincolanti «così non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente, in quanto è solo il concreto richiamo, nei singoli atti di acquisto, ad un determinato regolamento già esistente che consente di ritenere quest'ultimo come facente parte per relationem di ogni singolo atto» (Cassazione 7359/1992).

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domenica 16 ottobre 2011

Ristrutturazione immobili - ultimi giorni per il 36% e il 55%

Per contrastare una complessa burocrazia serve una guida precisa, ecco tutto quel che si deve fare in attesa del 2012, per godere dei benefici del 36 e del 55%:

Lettera a Pescara
E' dal 14 maggio 2011 che con il DL 70/2011 è stato abolito l'obbligo di inviare la comunicazione all'Agenzia delle Entrate, prima di avviare i lavori agevolati con la detrazione del 36%.

La ritenuta al 4%
Dal 6 luglio 2011 i bonifici effettuati per pagare i lavori subiscono una ritenuta al 4% - anzichè come dal 1 luglio 2010 del 10%

La manodopera in fattura
Per tutte le fatture emesse dopo la data del 14 maggio, l'indicazione (precedentemente obbligatoria) della componente manodopera in fattura non è più obbligatoria.

IVA al 21%
In tutti i casi in cui non si può beneficiare dell'iva al 10% ( o al 4%) si pensi alle parcelle professionali o all'acquisto di materiali da usare per i lavori di ristrutturazione l'IVA è dal 17 settembre al 21%

Il Bonus al venditore
Con la riforma di Ferragosto si indica la nuova regola secondo cui le rate residue del bonus possono o seguire l'immobile (come in precedenza alla manovra) oppure restare al venditore.

Agevolazioni a rischio
La detrazione del 36% e del 55% e l'iva al 4% e al 10% sono agevolazioni inserite nella tabella del tax expenditures. La scure potrebbe abbattersi per la detrazione al 55% già dal 1 gennaio 2012.

lunedì 10 ottobre 2011

Mutui: tasso fisso o variabile

Doverosa premessa, l'alta volatilità dei mercati in questi ultimi "anni" non permette a nessun osservatore neppure al più attento la possibilità di costruire un modello (matematicamente e finanziariamente) corretto di previsione.

La scelta risiede nella soggetto, con maggior propensione al rischio è, ancor oggi possibile trovare "tassi variabili" interessanti, con maggior propensione alla tranquillità, allora non vi è dubbio che la scelta debba ricadere su un "tasso fisso".

Teoricamente dovrebbe essere cinicamente un buon momento, dato che l'acuirsi della crisi finanziaria tiene, se non altro, bassi i tassi di riferimento europei (Eurirs ed Euribor) a cui è agganciato il calcolo dei prestiti ipotecari. Invece, complice una straordinaria impennata degli spread bancari

Dinanzi a a questa forte volatilità degli spread (e di conseguenza a questa forte incertezza sulla scelta del tasso) è meglio allora procedere per esclusione nel percorso di scelta. Scartando dal bouquet mutui alcuni prodotti che risultano oggi eccessivamente cari a fronte di opzioni non vantaggiose.

Prendendo come punto di partenza il mutuo a tasso variabile – che oggi è strutturalmente ancora il più conveniente in partenza, pur viaggiando il fisso intorno ai minimi storici – ci sono alcuni prodotti da cui oggi la logica finanziaria indica di stare alla larga. Su tutti il variabile con cap. Di cosa si tratta? È una tipologia di mutuo che consente di usufruire dei vantaggi del tasso variabile (statisticamente meno oneroso nel lungo periodo del rispettivo fisso) ma allo stesso tempo di proteggersi da un eccessivo aumento dei tassi. Alla stipula viene fissato infatti un "cap", un tetto massimo, oltre il quale il tasso finale del mutuo variabile (ottenuto sommando lo spread e l'Euribor o il tasso Bce) non può salire.

Un esempio? Ipotizziamo di stipulare oggi un mutuo variabile con Euribor a 3 mesi intorno all'1,5% e uno spread del 2% (quindi tasso annuo nominale 3,5%). Ipotizziamo che questo mutuo preveda un cap al 6 per cento. Ciò significa che le rate del mutuo saliranno con il salire dei tassi fino alla soglia del 6 per cento. Dopodiché risulteranno indifferenti perché la differenza eventuale sarà a carico dell'intermediario finanziario che ha erogato il prestito. In pratica chi stipula un mutuo con cap a queste condizioni (che peraltro centrano la media delle offerte oggi sul mercato per questo prodotto) è sicuro di non dover pagare interessi aggiuntivi sulla rata nel caso l'Euribor nel corso della vita del mutuo dovesse salire di oltre 250 punti base rispetto ai valori attuali.

In pratica stipulando oggi un mutuo con cap si inizia sin da subito a pagare una sorta di polizza assicurativa, che copre la differenza delle rate nel caso in cui i tassi vadano oltra la soglia massima fissata, per un evento di per sé lontano (passare da un Tan del 3,5% a uno che superi il 6% implica un aumento del costo del denaro superiore a 250 punti base) e ancor più lontano nell'attuale contesto macroeconomico (Fondo monetario internazionale e Confindustria hanno indicato uno scenario di rallentamento dell'Eurozona nel biennio 2011-2012 mentre c'è chi come Goldam Sachs si è avventurato addirittura in una stima di stagnazione/recessione).

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Post di natura esclusivamente divulgativa da non intendersi quale promozione di strumenti finanziari

domenica 2 ottobre 2011

Aumento rendite catastali

In questi giorni si sta discutendo da parte dei tecnici il riadeguamento delle rendite catastali dovrebbe attestarsi attorno al 10%, un ritocco che avrebbe i seguenti effetti:
- cresceranno sensibilmente le imposte di trasferimento nel caso in cui non si compri casa da un’impresa costruttrice. L’aumento per l’acquisto di una casa con una rendita modesta varierebbe in una forbice compresa tra i 345 euro (nel caso di prima casa) e i 1.386 euro;
- nel caso di aumento dell’10%, L’Ici cresce della stessa percentuale, a patto che il Comune non decida di ritoccare l’aliquota;
- le nuove rendite faranno aumentare anche il reddito, dunque ci saranno modifiche all'insù dell'Irpef soprattutto per i possessori di seconde abitazioni. Anche per chi possiede la prima casa comunque l'incremento delle rendite in futuro potrebbe non risultare indolore: la manovra di luglio prevede la possibilità nel 2013 di far pagare anche l'Irpef sul 5% della rendita catastale qualora non si giungesse per allora a un riordino legislativo sul welfare. E se non vi si giungerà entro il 2014 l'imponibile salirà al 20% della rendita

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lunedì 26 settembre 2011

Immissioni rumorose in condominio

Terminiamo con il terzo capitolo, la questione delle immissioni rumorose in condominio.

L'eccessivo o il continuo rumore va a incidere sulla stabilità psicofisica dell'individuo e pregiudica la sua salute. Se, da un lato, il bene della salute, per il suo carattere primario, deve essere protetto contro qualsiasi attività che possa menomarlo, dall'altro l'esistenza del pregiudizio derivante dal rumore non può essere accertata con criteri astratti che prescindano dall'esame del concreto ambiente in cui vive la persona che lamenta l'immissione di rumore.

Per queste ragioni l'indagine del giudice si svilupperà caso per caso, esaminando gli aspetti soggettivi, considerando le peculiarità di tempo e di luogo in cui l'immissione di rumore si manifesta e, soprattutto, gli interessi che sono in conflitto. Costituisce nozione di comune esperienza che i rumori che superino la soglia della normale tollerabilità con carattere continuativo determinino stress, nervosismo, sensazione di malessere e un'alterazione psico-fisica che, pur senza qualificarsi come vero e proprio danno biologico, può considerarsi comunque una lesione del diritto alla salute e alla serenità domestica: fenomeni tutti, questi, suscettibili di risarcimento.

Spetta al giudice adottare le opportune cautele a salvaguardia dei reciproci interessi delle parti e liquidare, se del caso, gli eventuali danni: quello morale, che prende in considerazione il dolore e le sofferenze e attiene alla sfera esclusivamente personale del danneggiato e alla sua sensibilità emotiva; quello biologico, inteso come l'insieme degli effetti negativi che l'intollerabile rumore provoca al bene primario della salute e alla serenità psicofisica di una persona.

Quanto all'ammontare del danno, ben può essere quantificato in forma equitativa, nei termini generali previsti negli articoli 2043 e 2059 del Codice civile, in funzione cioè dell'intensità e della durata del rumore e della sua incidenza sulla salute, sull'occupazione e sulla vita di relazione della persona che ha sopportato il rumore.

La legittimazione attiva va riconosciuta non solo in capo al proprietario, ma anche all'inquilino, il quale ha interesse a vedere tutelato il proprio diritto alla salute.

Quanto invece alla legittimazione passiva, ai fini della tutela di cui all'articolo 844 del Codice civile, l'azione può essere proposta nei confronti dell'autore materiale delle immissioni e quindi anche del solo conduttore dell'immobile da cui provengono i rumori.

E' il giudice di pace del luogo in cui si verifica l'immissione che deve decidere, spettando a lui la decisione delle cause relative a rapporti tra i proprietari o detentori di immobili adibiti ad abitazione in materia di immissioni.

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mercoledì 21 settembre 2011

Condominio, limiti alle immissioni rumorose

Proseguiamo il post di lunedì sull'utilizzo di elettrodomestici, ma più in generale sulle immisisoni rumorose consentite o meno durante la notte.

Le limitazioni all'utilizzo delle singole proprietà esclusive possono essere formulate sia mediante specifica elencazione delle attività vietate e sia mediante riferimenti ai pregiudizi che si intendono evitare. Nella prima ipotesi è sufficiente, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, verificare se essa sia inclusa o meno nell'elenco. Nel secondo caso è necessario invece accertare l'effettiva capacità della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che con la norma del regolamento si vuole evitare.

È evidente che simili limitazioni pongono un peso sulla singola unità immobiliare, traducendosi in un'evidente compressione delle facoltà e dei poteri inerenti il diritto di proprietà e il libero godimento del bene.
Esse devono dunque risultare da manifestazioni rivelatrici in modo certo di un preciso intento non suscettibile, in quanto tale, di dare luogo a incertezze o dubbi.

In ogni caso, i divieti o i limiti devono essere trascritti nei registri immobiliari oppure conosciuti dal terzo acquirente dell'immobile gravato, attraverso un'espressa dichiarazione contenuta nell'atto di compravendita con cui dichiara di conoscere e di accettare il regolamento in ogni sua parte.

È dunque possibile per i condomini, attraverso un regolamento, disciplinare i loro rapporti in materia di immissioni in maniera più rigorosa di quella prevista dalla legge: la norma del regolamento prevale quindi su quella del codice, a condizione però che sia accettata da tutti i condomini in presenza di simili accordi la violazione di questo obblighi prescinde dall'accertamento della tollerabilità o meno dell'immissione rumorosa prodotta dall'elettrodomestico, trattandosi di un vincolo che le parti hanno stipulato e accettato (sentenza della Cassazione n. 1064/11).

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domenica 18 settembre 2011

Condominio: elettrodomestici di notte

Con l'arrivo della tariffa bioraria per il consumo dell'energia elettricanei momenti della giornata in cui la richiesta è più alta (il giorno) l'elettricità costa di più, mentre chi usa lavatrici o lavastoviglie o altri elettrodomestici nelle ore serali o di primo mattino, ovvero al sabato, alla domenica e nelle giornate festive, viene premiato con un prezzo più basso.

Requisito essenziale per poter ottenere questi vantaggi è che l'appartamento sia dotato di un contatore elettronico con dispositivo programmato per la lettura dei consumi nelle due diverse fasce orarie.

Per chi vive in condominio i problemi sono dietro l'angolo, perché far funzionare la lavatrice di notte può creare disturbo al vicino di casa e impedirgli di dormire tranquillamente.

L'articolo 844 del Codice civile detta un principio generale per cui il proprietario non può impedire i rumori o le immissioni di fumo e di odori derivanti dal fondo vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alle condizioni dei luoghi. In pratica, deve sopportare tutti quei rumori, quei fumi e quegli odori che non superano la normale tollerabilità. Questa disciplina trova applicazione anche nei rapporti tra i condomini, nel caso in cui uno o più di essi, nel godimento della propria unità immobiliare, dia luogo a immissioni moleste in danno degli altri condomini.

Non esiste invero nella legge un criterio predeterminato per stabilire la tollerabilità delle immissioni nel condominio. Il limite di tollerabilità deve pertanto essere con prudenza determinato di volta in volta dal giudice con riguardo sia alle condizioni dei luoghi e alle attività normalmente svolte in un determinato contesto, sia al sistema di vita e alle normali abitudini della gente nell'attuale momento storico.

Possono qualificarsi intollerabili le immissioni che superano di tre decibel la soglia del cosiddetto "rumore di fondo", inteso come il complesso dei rumori di origine varia, spesso non esattamente individuabili, presenti nel contesto ambientale dove deve essere misurato il rumore contestato. In un condominio ogni valutazione deve però essere effettuata tenendo presente il dovere di solidarietà e di cooperazione che caratterizza i rapporti tra i singoli partecipanti: il fatto che il rumore sia occasionalmente percepito non significa che sia anche intollerabile (sentenza della Cassazione n. 3440/11).

Ci sono infatti dei rumori in condominio che trovano origine dal normale uso della proprietà esclusiva e che come tali devono essere sopportati in forza di una sorta di "dovere sociale" proprio perché esplicazione di vere e proprie esigenze di vita. Tra questi rientra senz'altro quello provocato dall'elettrodomestico in funzione nelle ore notturne, sempre che si mantenga nel limite del tollerabile, magari anche attraverso accorgimenti che l'utilizzatore può adottare per rispettare la quiete altrui.
La convivenza nel medesimo edificio comporta quindi anche l'obbligo di subire immissioni che magari sarebbero intollerabili in altre realtà.

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venerdì 16 settembre 2011

Fondo per coniugi precari

Operativo da questo mese di settembre 2001 il Fondo di garanzia da 50 milioni di euro destinato alle giovani coppie con redditi precari. Obiettivo: facilitare l'accesso ai mutui per l'acquisto di prima casa da parte dei lavoratori atipici under 35, siano essi sposati o genitori single con figli minori a carico.

Il Fondo, voluto dal ministero della Gioventù nell'ambito del progetto di iniziative «Diritto al futuro», è regolato dal Dm 256 del 17 dicembre 2010 e diviene operativo grazie a una convenzione tra il ministero stesso e l'Associazione bancaria italiana (Abi). È rivolto ai nuclei famigliari costituiti da soggetti "non bancabili", che non avrebbero cioè garanzie reali o di reddito sufficienti a ottenere un finanziamento per l'acquisto della prima casa.

Per accedere al Fondo sarà quindi necessario rispettare una serie di requisiti ben precisi: la richiesta deve essere presentata da coppie sposate o da nuclei famigliari monogenitore con figli minori a carico. È previsto un tetto massimo di età di 35 anni per entrambi i coniugi o per il singolo genitore. L'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) deve essere inferiore ai 35mila euro annui, il che equivale a un salario mensile congiunto dei due coniugi inferiore ai 3mila euro al mese. Non solo: almeno il 50% del reddito complessivo imponibile ai fini Irpef deve derivare da un contratto di lavoro che non sia a tempo indeterminato, ma atipico.
La richiesta per accedere ai mutui deve essere inoltrata presso le banche aderenti alla convenzione Abi-ministero: l'elenco completo e aggiornato è consultabile presso il sito www.diamoglifuturo.it/fondo-casa.

I finanziamenti devono essere finalizzati all'acquisto di prima casa (i giovani non devono essere in possesso di altri immobili per uso abitativo, salvo il caso in cui la proprietà sia acquistata dal mutuatario per successione). Il regolamento prevede che anche gli immobili rispondano a determinate caratteristiche: non possono rientrare nelle categorie catastali degli immobili di lusso, quali abitazioni signorili (A1), ville (A8) e castelli (A9). La superficie massima non può superare i 90 metri quadrati.

I mutui sono a tasso agevolato: il parametro è l'Irs o l'Euribor, a seconda che il tasso sia rispettivamente fisso o variabile, più uno spread di 120 punti base (se la durata del finanziamento è inferiore ai 20 anni) o 150 punti base (con durata uguale o superiore a 20 anni). L'importo massimo richiedibile è pari a 200mila euro; il Fondo fornisce una garanzia non superiore a 75mila euro, costituita dal 50% della quota capitale dei mutui ammissibili, degli interessi contrattuali e dei costi di recupero non superiori al 5% del capitale residuo.

domenica 11 settembre 2011

Cessione delle superifici per installazione pannelli fotovoltaici

La cessione del diritto di superficie su terreni agricoli o su tetti di capannoni industriali – per la realizzazione di impianti fotovoltaici che restano di proprietà di chi li ha costruiti (o li ha fatti realizzare, nel caso di una società di investitori costituita ad hoc) è un'idea di investimento innovativa

I vantaggi
A rendere interessante l'affare è sicuramente la producibilità di energia dei pannelli ma sono soprattutto gli incentivi ventennali del cosiddetto "conto energia" che restano attraenti – pur ridotti rispetto all'inizio – grazie anche alla parallela diminuzione del costo dei moduli e degli apparecchi collegati. La "torta" dei ricavi viene spartita, in parte a vantaggio di chi realizza l'impianto e si assume il rischio imprenditoriale e in parte a favore di chi si limita a cedere qualcosa di cui in effetti (nel caso del tetto del capannone) non ha bisogno, mettendo a frutto una sorta di "rendita di posizione" non altrimenti sfruttabile.
A proporre l'affare sono talora gli stessi proprietari di terreni agricoli (magari improduttivi), ma più spesso l'iniziativa arriva dalle società del settore fotovoltaico che sono a caccia soprattutto di grandi superfici di tetti per l'installazione di impianti da 0,8 mW di potenza in su, i più interessanti dal punto di vista dei rendimenti.

Dove conviene
Il fatto che i tetti e i lastrici solari siano preferiti ai terreni agricoli dipende soprattutto da quattro fattori. Il primo è che in zone industriali i vincoli paesaggistici che intralciano l'installazione sono rari o inesistenti. Inoltre le zone industriali sono meglio collegate e servite dalla rete elettrica, a cui gli impianti sono allacciati. Il terzo elemento è contenuto nel Dlgs 28/2011 (all'articolo 10) che fissa limiti severi all'installazione: massimo 10% della superficie agricola e 1 mW di potenza, 2 km di distanza in caso di più impianti. Questi limiti non operano per terreni abbandonati da almeno cinque anni, ma è incerta la modalità per provare di aver maturato il termine. Infine, l'installazione di queste opere è mal vista dalla maggioranza delle amministrazioni e dalle organizzazioni di categoria agricole e la necessità dell'iscrizione preliminare al Registro grandi impianti per ottenere il via libera rende molto difficile realizzare un impianto a terra.

L'installazione sui tetti
Il proprietario concedente la superficie ricaverà innanzitutto una somma per la cessione e potrà eliminare per vent'anni i costi di manutenzione ordinaria della copertura. L'impianto fotovoltaico può essere l'occasione per "caricare" sulla ditta che gode della concessione i costi per il necessario rifacimento del tetto. Da notare infine che anche colui che installa l'impianto ha i suoi vantaggi nel contribuire al rifacimento delle coperture essendoci tariffe incentivanti che premiano con maggiore generosità la rimozione dell'eternit.

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lunedì 5 settembre 2011

Sentenze Condominio

Questa settimana pubblichiamo alcune rilevanti e recentissime sentenze sul condominio:

I vincoli del rendiconto per l'amministratore
In materia di deliberazioni di assemblea condominiale, l'approvazione del rendiconto ha valore di riconoscimento di debito in relazione alle sole poste passive specificamente indicate. Pertanto, l'approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra uscite ed entrate non implica che, per via deduttiva, possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall'amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l'importo corrispondente.
Cassazione, Sezione II, sentenza 10153/2011

Comodato illimitato, restituzione immediata
Ha diritto all'immediata restituzione dell'immobile, il comodante che abbia stipulato con il comodatario un contratto avente durata illimitata salvo disdetta da trasmettersi almeno tre mesi prima della data di recesso da comunicarsi a mezzo raccomandata. La semplice richiesta del comodante gli attribuisce il diritto di tornare in possesso del bene a prescindere dal suo diritto di proprietà. Trattandosi di comodato cosiddetto precario, la detenzione del bene diviene illegittima qualora si protragga oltre la disdetta comunicata a mezzo raccomandata .
Tribunale di Milano, Sezione XIII, sentenza 5092/2011

Il «torrino» è integrato nelle misure della casa
In tema di distanze legali, integra la nozione di volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione, solo quell'opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della costruzione medesima; pertanto, ai fini del calcolo delle distanze legali tra edifici frontistanti il torrino cassa scale va computato nell'altezza dell'edificio di cui costituisce parte integrante.
Cassazione, Sezione II, sentenza 2566/2011

Il regolamento resiste alla Cassazione
L'interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici.
Cassazione, Sezione II, sentenza 7633/2011


domenica 28 agosto 2011

Registro per il solare

Centrale nel sistema di incentivi definiti dal Dm 5 maggio 2011 è il registro degli impianti, che impone: scadenze, limiti di costo, graduatorie e periodi agevolati. Il quarto conto energia, infatti, ha introdotto un sistema di preammissione ai bonus per i grandi impianti fotovoltaici con tecnologia tradizionale:
1) quelli realizzati su edifici con potenza superiore a 1 MW;
2) quelli realizzati a terra, con potenza superiore a 200 kiloWatt, o anche con potenza inferiore, se non operano in regime di scambio sul posto (dal 2013 tutti quelli a terra).
A prescindere dalla potenza,sono in ogni caso considerati piccoli gli impianti realizzati su edifici o aree della Pa.


Il registro serve a verificare il rispetto dei limiti di costo annuo complessivo degli incentivi che il quarto conto energia ha previsto per il periodo transitorio del 2011-2012 (e cioè 300 milioni l'anno per gli impianti ammessi dal 1° giugno al 31 dicembre 2011, altri 150 milioni l'anno in relazione al primo semestre 2012, altri 130 milioni l'anno in relazione al secondo semestre 2012).
La registrazione può essere chiesta solo per impianti autorizzati, quindi è un sistema molto rischioso per gli investitori, perché la mancata registrazione può colpire anche impianti per i quali si stanno facendo grandi investimenti di sviluppo.
Quel che appare molto complesso è comprendere i tempi e i criteri di accesso al registro, che si compone di tre gruppi di elenchi elettronici per ciascuno dei tre periodi del regime transitorio (2011, primo semestre 2012 e secondo semestre 2012):
elenco A, degli impianti che rientrano nel limite di costo del periodo rilevante;
elenco B, degli impianti che pur avendo fatto istanza per il 2011 non sono soggetti a limiti di costo (perché entrati in esercizio prima del 31 agosto 2011);
elenco C, degli impianti che non rientrano nel limite di costo del periodo rilevante;
elenco D, degli impianti che hanno presentato un'istanza di registrazione non procedibile.
L'elenco A del 2011 è stato pubblicato prima del 31 agosto 2011, per cui gli impianti ivi indicati che riescono a entrare in esercizio entro il 31 agosto 2011, confluiscono nell'elenco B, che verrà aggiornato dal Gse entro il 15 settembre. Nella misura in cui gli impianti scorrono dall'elenco A all'elenco B, il limite di costo di 300 milioni di euro per il 2011 ritorna capiente e il Gse fa "scorrere" nell'elenco A gli impianti dell'elenco C. Qualora lo scorrimento dall'elenco C all'elenco A svuotasse completamente lo stesso elenco C, allora dal 15 al 30 settembre il Gse riaprirebbe una finestra per le domande di ammissione al registro 2011.

La strategia per gli esclusi che non volessero rinunciare al proprio progetto è quella di cercare di guadagnare posizioni per le graduatorie successive. Ciò è possibile se si salta di priorità; ad esempio un impianto escluso dall'elenco A di un periodo, perché a progetto (ossia solo autorizzato o con i lavori in corso), potrebbe avere più possibilità di cadere nell'elenco A del registro successivo se finisse i lavori (passando da un terzo ordine di priorità al secondo ordine), oppure se, pur non essendo ancora registrato, entrasse addirittura in esercizio (così arrivando al primo ordine di priorità).
La consolazione per chi – nonostante l'entrata in esercizio – non dovesse rientrare nel l'elenco A del primo registro utile successivo all'entrata in esercizio, è la possibilità in ogni caso di beneficiare della tariffa onnicomprensiva del primo semestre 2013, facendo istanza di ammissione al conto energia entro il 15 gennaio 2013 e prendendo le tariffe onnicomprensive per un periodo di venti anni dal 1° gennaio 2013.

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lunedì 1 agosto 2011

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lunedì 25 luglio 2011

Affitti in nero

Il Dlgs n. 23 del 14 marzo 2011 pone un punto fermo a favore della "sanabilità" della locazione non registrata, ossia sul fatto che la nullità dell'accordo non è assoluta.

L'erario, si era sempre opposto a considerare totalmente nullo l'affitto in nero: se così fosse stato, infatti, non sarebbe stato possibile pretenderne la registrazione e richiedere somme a titolo di versamento di imposte e sanzioni.

Il Dlgs dà oggi all'inquilino i mezzi e soprattutto la convenienza per ribellarsi all'affitto in nero. I mezzi, perché d'ora in poi l'inquilino potrà pagare la registrazione del contratto, con il modello 69, anche in assenza del contratto stesso allegato, e chiedere al proprietario di rimborsargli metà delle somme versate. La convenienza, perché, se denuncia il proprietario, l'inquilino ottiene in "regalo" un contratto a canone bassissimo (tre volte la rendita catastale è l'importo del nuovo canone annuo) e con durata di 4 anni più altri 4 di rinnovo, a partire dalla data di registrazione (cosa che avviene anche in caso di registrazione d'ufficio, cioè a seguito di autonomo accertamento condotto dalle Entrate).

Tuttavia, le nuove norme hanno dei buchi e l'inquilino deve fare attentamente i conti, prima di utilizzare le armi a disposizione. Dovrà infatti dimostrare che il contratto c'era, oppure che il canone pagato era superiore a quello dichiarato o infine che esisteva un contratto di comodato fittizio. Come può riuscirci? Senza accordo scritto (cioè nella maggior parte dei casi), l'unico metodo sicuro sembrerebbe quello di far causa al proprietario, portando in qualche modo prove dei versamenti, e rischiando comunque gli esiti favorevoli o sfavorevoli della sentenza. Quindi c'è da mettere in conto anche i costi da anticipare e i rischi e i tempi lunghissimi di un processo.

È vero che le Entrate possono innescare autonomamente procedure di accertamento, con verifica, per esempio, delle intestazioni delle utenze di luce e gas o dei movimenti bancari, che portino a identificare il versamento di somme sul conto corrente del proprietario. Sono però indagini complesse, messe in moto in genere per evasioni consistenti, perché prevedono l'impiego di uomini e mezzi.

Le indagini, se comunque fatte, possono giustificare l'applicazione delle sanzioni fiscali ma non sostituire l'azione in giudizio per il riconoscimento del contratto in sede civile: il fisco, infatti, applica le sanzioni ma non può "scrivere" un accordo di locazione. Cosa, questa, indispensabile per legge (lo dicono sia la legge 431/98 che la 311/2004); per quest'ultima un contratto è nullo non solo se non è registrato, ma anche se non è scritto) e, quindi, per ottenere l'applicazione del canone super-scontato.

Un contratto, però, non consiste solo di canoni e durate, ma anche di altre clausole (come, per esempio, i criteri di divisione delle spese che, nel contratto 4+4 anni, sono determinabili dalle parti anche in eccezione al Codice civile e alla legge 392/1978). In corso di causa può provvedere il giudice, con il limite - tuttavia - di accertare e ratificare quali erano le clausole di fatto applicate e integrarle con le disposizioni obbligatorie di legge, non potendosi sostituire alla volontà dei privati. E si ritorna, perciò al problema delle prove, di molto facilitato - ovviamente - nei casi in cui gli uffici finanziari ne abbiano fatto raccolta.

Il conduttore resta comunque responsabile in solido con il proprietario per le imposte di registro non versate e per le relative sanzioni (al limite l'erario può chiederle solo a lui "costringendolo" a farsi rimborsare dal proprietario la metà). Pertanto anche l'inquilino dovrà versare metà della sanzione dal 120 al 240% dell'imposta di registro, oltre agli interessi pregressi. In caso di denuncia del proprietario, è impensabile che il fisco non pretenda di sapere quanto versava di canone effettivo, anche perché solo con la prova dei versamenti si riuscirà a dimostrare che esisteva una locazione in nero.

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lunedì 18 luglio 2011

Immobili e prelazione

Il "diritto di prelazione", è concesso dalla legge a chi è inquilino in un contratto di locazione. La prelazione è imposta dalla legge solo in casi ben precisi. Tuttavia, niente vieta che sia concessa contrattualmente, anche in mancanza di obbligo: anzi, nei moduli prescritti per le locazioni a canone concordato, il locatore deve dichiarare espressamente se la concede o meno.
Locazioni commerciali

È la prelazione più diffusa. Vale solo quando l'immobile non abitativo è utilizzato per attività commerciali che prevedano diretti contatti con il pubblico . Espressamente escluso dalla legge l'uso per l'esercizio di attività professionali
In sostanza, in caso di vendita, l'inquilino ha diritto di continuare comunque il contratto di locazione fino alle scadenze naturali oppure acquistare, se lo vuole, l'immobile al prezzo e alle condizioni stabilite per la vendita dal proprietario, che non potrà alienare ad altri con condizioni diverse.
Meccanismi

Il proprietario deve dare per legge comunicazione della vendita con notifica attraverso l'ufficiale giudiziario all'inquilino . La giurisprudenza ha però valutato la raccomandata con ricevuta di ritorno come un mezzo di validità pari alla notifica. Nella comunicazione, va scritto il prezzo, sempre espresso in denaro, e le condizioni a cui avviene la vendita stessa, altrimenti la comunicazione è priva di valore. Non occorre allegare il compromesso. Il conduttore ha 60 giorni di tempo per esercitare il diritto all'acquisto, sempre per iscritto e tramite ufficiale giudiziario. Il pagamento, salvo diversi accordi, deve essere effettuato entro 90 giorni dalla prima comunicazione del proprietario, insieme alla stipula del compromesso o del rogito di acquisto.
Il diritto di riscatto

Cosa accade se il proprietario non effettua la comunicazione, ma vende l'immobile ad altri? Oppure se, fatto un prezzo all'inquilino, che rinuncia, ne concede uno inferiore ad un estraneo? L'inquilino ha la possibilità, entro sei mesi dalla trascrizione del rogito, di riscattare l'immobile dall'acquirente e perfino da altre persone a cui sia stato in seguito venduto, con un'apposita azione giudiziaria. Potrà pretendere anche eventuali danni (Cassazione, sentenza n. 9468/1990). Per riscattare, dovrà versare il prezzo denunciato sull'atto di vendita entro trenta giorni. Un periodo di tempo che scatta:
– dalla data della notifica dell'acquirente, che comunica di non opporsi al riscatto;
– oppure dalla prima udienza del giudizio, se l'acquirente stesso non fa opposizione al riscatto;
– o, infine, dalla data della sentenza che riconosce il diritto di riscatto, se vi è opposizione.
Cosa accade se l'inquilino non paga? Il caso è dubbio. Secondo la Cassazione più recente (sentenza n. 8809/1998) non perde il diritto: può solo essere costretto in giudizio a versare il prezzo più i danni conseguenti al ritardo.
Prelazione all'affitto

Scatta quando il locatore intende affittare ad altri. Il diritto dell'inquilino matura alla seconda, definitiva, scadenza del contratto non abitativo, dopo il suo rinnovo automatico , al nuovo canone richiesto dal proprietario . Infatti, la compravendita dell'immobile non è elencata per le locazioni commerciali tra i motivi di interruzione del contratto di locazione alla prima scadenza, di sei o di nove anni (come accade per quelle abitative). Si conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto con il nuovo inquilino sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi, ovviamente sempre in base al nuovo canone.
La prelazione non esiste però se il proprietario o l'inquilino hanno dato regolare disdetta, oppure l'inquilino è moroso.
Locazioni abitative

E' infatti conseguenza di un altro diritto, quello del proprietario a interrompere la locazione alla prima scadenza, quando intende vendere l'appartamento, evitando il rinnovo automatico del contratto previsto dalla legge n. 431/1998. Ricordiamo che tale prima scadenza è di quattro anni, per le locazioni a canone libero, e di tre anni per quelle a canone concordato. All'inquilino è data, come compenso, la possibilità di acquistare per primo i locali messi in vendita. Se, invece, il contratto giunge al termine naturale, per esempio dopo otto anni, la prelazione non c'è. Va ricordato, però, che il proprietario venditore, per poter interrompere alla prima scadenza, non deve possedere altri immobili, oltre a quello in cui abita e a quello dato in locazione. La prelazione all'acquisto e il corrispondente diritto di riscatto vanno esercitati secondo gli stessi meccanismi previsti per le locazioni commerciali. La legge di riforma pone un principio già noto nelle locazioni commerciali: se il locatore, dopo aver interrotto il contratto alla prima scadenza non vende, oppure è proprietario di più immobili, l'inquilino ha diritto al risarcimento del danno in misura non inferiore a 36 mensilità dell'ultimo canone di locazione versato (spese escluse).

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domenica 10 luglio 2011

Condominio: tabelle millesimali, Cass. S.U. 18477/2010

La pronuncia della Corte(Cass S.U. 18477/2010) ). ha suscitato molto scalpore, anche se ha comportato la soluzione della annosa questione della revisione delle tabelle millesimali. Certo è che la pronuncia ha sovvertito alcuni principi, che in precedenza erano stati ritenuti pacifici dalla stessa Corte, per la quale la determinazione e la modifica delle tabelle millesimali non è di competenza dell'assemblea (Cassazione 7359/1996), dovendosi l'approvazione o modifica delle tabelle configurare come un negozio di accertamento (Cassazione 7359/1964).

Secondo la pronuncia della Cassazione 14037/99 – la formazione/modifica delle tabelle millesimali, operata con delibera assembleare, senza l'unanimità dei consensi, è inefficace nei confronti dei condomini assenti o dissenzienti. Solo con la sentenza 11960/2004, la Corte era arrivata a distinguere – in sede di modifiche – tra tabelle millesimali allegate al regolamento e tabelle non allegate al regolamento. Nell'occasione, la Corte aveva puntualizzato che, ove le tabelle fossero allegate al regolamento contrattuale di condominio, per la modifica, sarebbe stato necessario il consenso unanime di tutti i condomini o una sentenza emessa dal giudice. Solo nella seconda ipotesi, la modifica avrebbe potuto essere deliberata dall'assemblea, con le maggioranze di cui all'articolo 1136, secondo comma, Codice civile. Sta di fatto che le sezioni unite hanno ora ritenuto che la delibera assembleare, che approva le tabelle, non si pone come fonte diretta del l'obbligo contributivo dei condomini, ma solo come parametro di quantificazione di tale obbligo. Conseguentemente, l'approvazione della tabella millesimale non può essere considerata né un contratto, né un atto negoziale, ma deve essere considerata solo come il risultato di una operazione tecnico-aritmetica, senza che possa configurarsi alcuna attività negoziale.

Secondo la sentenza, la tabella millesimale non incide dunque sul valore della proprietà, ma solo sugli obblighi contributivi. Oltretutto, dovendo essere allegata al regolamento – che può essere approvato anche a maggioranza – la tabella non deve necessariamente soggiacere alla regola della unanimità, in quanto quest'ultima costituirebbe un ostacolo alla libera determinazione della volontà dei singoli condomini. La sentenza delle sezioni unite ha anche evidenziato che, sulla diversa natura delle disposizioni regolamentari e sul loro diverso regime di modificabilità, non può incidere tout court il solo fatto che la tabella sia allegata al regolamento. E ciò, anche alla stregua della giurisprudenza del passato (Cassazione 12173/1991 e Cassazione sezioni unite n. 943/1999), per la quale hanno natura contrattuale solo le clausole regolamentari limitatrici dei diritti dei condomini, sulle proprietà esclusive o comuni, attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto ad altri. Quest'ultimo principio è sicuramente da condividere, non potendosi riconoscere natura contrattuale – sempre e comunque – alle tabelle millesimali solo per il fatto che esse, ai sensi dell'articolo 68, disposizione di attuazione al Codice civile, siano allegate a un regolamento di origine contrattuale. Ulteriormente, secondo la sentenza richiamata, la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi sarebbe regolata direttamente dalla legge, sicché non rientra neppure nelle competenze dell'assemblea.

Le tabelle millesimali sarebbero infatti predisposte principalmente al fine del computo delle maggioranze in assemblea, avendo carattere pregiudiziale rispetto alla costituzione e alla validità delle delibere assembleari, oltreché per la misura della contribuzione dei singoli condomini. Tant'è che l'articolo 68 delle disposizioni attuative, al suo comma primo, dispone che per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del Codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o ciascuna porzione di piano, spettanti in proprietà esclusiva ai condomini. A sua volta, l'articolo 68, secondo comma, dispone che i valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliabili a quello dell'intero edificio, devono essere espressi in millesimi, in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Infine, il terzo comma del medesimo articolo 68, dispone che, nell'accertamento dei valori, non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano. In sostanza, la richiamata disposizione attuativa del Codice escluderebbe implicitamente, secondo la nuova pronuncia, qualsiasi riferimento agli effetti reali delle tabelle millesimali, attribuendo alle stesse natura puramente dichiarativa.

Nello stesso senso del richiamato articolo 68, dovrebbe leggersi anche la disposizione di cui all'articolo 1118, Codice civile, per il quale «il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti». Sotto questo profilo – a parte la possibilità di un titolo contrario – occorre per ogni proprietà esclusiva, prendere in considerazione, sia gli elementi intrinseci, sia gli elementi estrinseci della proprietà, oltre alle pertinenze (Cassazione 1° luglio 2004, n. 12018).
Sta però di fatto che, per il disposto legislativo, la quota di comproprietà sui beni comuni può essere determinata non solo dal rapporto di valore tra le singole proprietà, ma anche da un accordo contrattuale, così come previsto dall'articolo 1117 e dello stesso articolo 1118, per il quale alla presunzione di comunione può essere contrapposto un titolo contrario e diverso.


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lunedì 4 luglio 2011

Conviene l'impianto fotovoltaico? Se sì, quanto?

Conviene l'impianto foto­voltaico? Se sì, quanto?

La risposta alla prima domanda è alquanto ovvia SI, mentre per rispondere alla seconda la questione diventa un pò più complessa.

Innanzitutto dovremo rispondere preliminarmente a queste domande:
dove è posto l'impianto, al Sud, dove c'è più sole o al Nord?
Quando verrà terminato?

Quali sono i consumi familia­
ri?


Mettendo a confronto due impianti similari, uno a Milano e l'altro a Bari (Fonte Sole24Ore)
è facile notare che , Bari è me­glio: viene prodotta più ener­gia, in parte autoconsumata e in parte venduta alla rete, perciò l'investimento si ripaga in minor tempo (otto anni invece di nove) e alla fine del periodo,ventennale di esercizio agevo­lato con le tariffe del cosiddet­to "conto energia" si finisce per incassare di più, in buona parte sotto forma di mancata spesa, cioè di risparmio sulla bolletta dell'energia elettrica ma in par­te anche come soldi sonanti.

Tenuto conto di entrambi i criteri, al Sud è previsto un ren­dimento dell'investimento an­nuo del 12% e al Nord del 10%, ben più di quel che possono ga­rantire investimenti finanziari a basso o medio rischio.

A meno di farsi finanziare da una banca, l'impianto è e resta un investimento di lungo perio­do. In altre parole, occorre sin da subito stanziare, nel caso in questione, 12.500 euro che ver­ranno "ripagati" in otto o nove anni: solo dopo si inizierà vera­mente a guadagnare. Quindi in­vestirà in fotovoltaico chi non prevede in breve tempo di do­ver avere spese notevoli e, in ge­nere, chi conta di abitare nella stessa casa ancora per un lungo periodo e l'utilizza per abitazio­ne principale. È vero che si potrebbe anche dire: «Con il foto­voltaico installato, la mia casa vale di più, se decido di vender­la», ma questa legittima aspetta­tiva va confrontata, caso per ca­so, con la realtà, cioè con la sen­sibilità degli acquirenti di im­mobili che potrebbero o non po­trebbero dare il giusto peso alle fonti rinnovabili come un plus di valore immobiliare.

Da considerare infine che l'esempio riportato vale per un impianto in funzione al 31 dicembre 2011 poichè
se l'installazione avvenisse mesi dopo, per esem­pio a settembre 2012, gli incenti­vi statali calerebbero di un bel po' (circa del 15,4%).
Ma dall'altro lato dobbiamo considerare che con l'evoluzione tecnologica avremo un'indubbia riduzione del costo dei pannelli e degli inverter, di fatto riducendo il "mancato guadagno" a un ben più accettabile "-5%" rispetto all'anno in corso.

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