Pagine

lunedì 29 ottobre 2012

locazioni: assicurare l'affitto

Per le locazioni abitative e commerciali esistono prodotti emessi da Intermediari Finanziari 106 e raramente 107.
 Il costo della garanzia è generalmente il 10% del canone annuo di locazione, va pagato una sola volta e la fidejussione ha la durata di 6 anni nel caso della locazione commerciale. Le fidejussioni tra privati vengono rilasciate a "perdita definitiva" cioè si attivano soltanto dopo che è stata esperita l'azione legale di recupero del credito, ci sono però alcune soluzioni che permettono di avere una parte del credito appena si sia iniziata l'azione legale. Per qunto riguarda il pagamento della garanzia di solito viene addebitato al conduttore, in caso di fidejussione sarebbe corretto non chiedere la caparra, in questo modo la fidejussione potrebbe essere un vantaggio anche per il conduttore che eviterebbe di depositare due mensilità di canone.
 
Per l’ottenimento di una fidejussione generalmente si segue questa prassi:

a) Raccolta dei documenti: I documenti che vengono sempre richiesti per l’ottenimento di una fidejussione sono i seguenti:
- Documento oggetto della fidejussione (bozza di contratto, contratto firmato oppure richiesta scritta di presentazione della fidejussione). Questo documento deve contenere quanto indicato in Oggetto della Fidejussione della 3a parte della guida: 3. Elementi cardine delle fidejussioni
- Se il contraente è una persona fisica: Copia di Carta d’Identità, Codice fiscale (o tesserino sanitario) ed ultima dichiarazione dei redditi della persona fisica e/o di eventuali soggetti coobbligabili.
- Se il contraente è una persona giuridica: Visura camerale, ultimo bilancio, Copia di Carta d’Identità, Codice fiscale (o tesserino sanitario) ed ultima dichiarazione dei redditi di persone fisiche coobbligabili (solitamente gli amministratori o i soci). Solo nel caso in cui la persona giuridica sia una SPA alle volte non è necessario coobbligare persone fisiche, tuttavia si tratta più di una eccezione che di una regola
b) Invio della documentazione all’ente erogante desiderato o al proprio broker di fiducia.

c) Ricezione di bozza e di preventivo di fidejussione.

d) Proposta della bozza di fidejussione al beneficiario per ottenerne l’approvazione PRIMA di procedere con l’emissione.

e) Una volta ottenuto l’OK del beneficiario procedere con l’ordine di emissione, il pagamento del premio ed il ritiro della fidejussione. La fidejussione solitamente viene emessa in 3 copie, una per il Beneficiario, una per il Contraente ed una per l’Ente Erogante.

g) Firma di tutte le copie della fideiussione negli appositi campi “Il Contraente” ed eventualmente “il/i coobbligato/i”.

h) Consegna della fidejussione al beneficiario e contestualmente firma di tutte le copie della stessa da parte del beneficiario negli appositi campi.

i) Invio della copia per l’Ente Erogante debitamente firmata alla sede dell’Ente a mezzo raccomandata/assicurata con ricevuta di ritorno.

AmministrazioniAC.com
soluzioni immobiliari

lunedì 22 ottobre 2012

Condominio: bilancio consuntivo e debito singolo condomino

L’amministratore di condominio, al termine di ogni anno di gestione, deve rendere all’assemblea dei condomini il conto della propria gestione (art.1129 c.c.)

La sede deputata all’esame ed all’(eventuale) approvazione del così detto rendiconto consuntivo è l’assemblea ordinaria (art. 1135 c.c.).

Vale la pena chiedersi, in termini pratici, quale sia l’effetto dell’approvazione del rendiconto.

Per fare ciò è utile, sinteticamente, ripercorrere i punti fondamentali che portano ad una simile deliberazione.

All’inizio di ogni anno di gestione
(contestualmente all’approvazione dei conti per la gestione passata) l’amministratore di condominio presenta il così detto preventivo di spesa. In sostanza sulla base dei servizi necessari per la gestione e manutenzione dello stabile condominiale, il mandatario dei condomini formula una previsione di spesa sottoponendola all’assemblea unitamente al piano di riparto della stessa.

Una volta che l’assemblea ha approvato il rendiconto preventivo ed il relativo piano di riparto sarà possibile desumere la quota spese riferibile ad ogni singolo condomino.

Al termine dell’anno l’amministratore presenterà all’assemblea i conteggi definitivi per l’anno di gestione appena trascorso.

In sostanza dovrà fare un consuntivo delle spese, uno delle entrate e ripartirlo tra i vari condomini allo stesso modo del preventivo.

In questa occasione, se i conti non sono chiusi in pareggio, è possibile che si debbano registrare degli attivi o dei passivi di gestione.

In pratica potrà accadere che il singolo condomino debba versare qualche cosa in più rispetto a quanto preventivato o che, al contrario, abbia versato in misura eccedente e quindi abbia un credito nei confronti del condominio. Nell’uno e nell’altro caso l’approvazione del rendiconto consuntivo rende esigibile la somma. Stiamo parlando del così detto conguaglio ossia delle somme che è necessario eccedenti o mancanti in relazione al pareggio tra entrate e spese.

Approvato il rendiconto le somme di cui il condominio è creditore, nel senso appena specificato, divengono esigibili, ossia l’amministratore di condominio potrà richiederle se del caso anche per via giudiziale attraverso l’azione per decreto ingiuntivo di pagamento ex art. 63 disp. att. c.c. e 633 e ss. cod. proc. civ.

Può accadere, per una svariata serie d’ipotesi, che pur avendo accertato che il singolo condomino è debitore nei confronti della compagine condominiale l’amministratore non si attivi per la riscossione di quel credito.

Al termine dell’anno di gestione successivo, quindi, quel condomino avrà ancora un pregresso riferibile alla gestione precedente e magari un altro debito per quella in corso.

L’amministratore del condominio, per praticità contabile, potrà riportare “quel vecchio debito” nell’ultimo rendiconto consuntivo? Se si, che valore avrà quella operazione e la successiva approvazione da parte dell’assise condominiale?

Alla domanda ha dato risposta la Corte d’Appello di Genova secondo la quale “ il conteggio fra il singolo e l'amministratore, seppure predisposto da quest'ultimo, diviene atto proprio del condominio, una volta approvato dall'assemblea. Ne consegue così che i saldi degli esercizi precedenti rientrino a far parte integrante di quel rendiconto che, se contestato dal singolo condomino, dovrà essere impugnato nei termini di cui all'articolo 1137 c.c.” (Corte d’Appello di Genova 11 maggio 2009 n. 513).

AmministrazioniAC.com
soluzioni immobiliari

giovedì 18 ottobre 2012

Conviene ristrutturare

Dopo le importanti novità intervenute all'inizio dell'anno e quelle introdotte dal 26 giugno 2012 dall'articolo 11 del Dl 83/2012, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134, l'esame parlamentare per la conversione in legge del provvedimento ha confermato il «potenziamento» della detrazione per le ristrutturazioni edilizie (articolo 11, commi 1 e 3, del Dl 83/2012). Pertanto, dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto) al 30 giugno 2013, la detrazione spetta:
in misura pari al 50% (al posto del 36%) delle spese sostenute e rimaste a carico del contribuente;
per un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro (al posto dei 48.000 euro) per unità immobiliare.
Per il resto, anche in questo periodo di «temporaneo potenziamento» dell'agevolazione, vengono confermate tutte le disposizioni operative già applicabili «a regime», ivi comprese le recenti semplificazioni relative al venir meno dell'obbligo di preventiva comunicazione al Centro di Pescara e dell'indicazione in fattura del costo della manodopera, nonché i soggetti che hanno diritto alla detrazione e gli interventi di recupero agevolati.
Confermata anche, con efficacia dal 1° gennaio 2012, l'applicabilità della detrazione del 36% (50% dal 26 giugno 2012) per gli interventi «relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia (articolo 16-bis, comma 1, lettera h, Dpr 917/1986), per i quali la manovra Monti (Dl 201/2011, convertito nella legge 214/2011) aveva originariamente posticipato l'efficacia a decorrere dal 2013, ossia successivamente al termine di vigenza della detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici. Il temporaneo potenziamento dell'agevolazione opera anche per la realizzazione o l'acquisto di box (o posti auto) di nuova costruzione, pertinenziali ad abitazioni, per i quali la percentuale del 50% si deve comunque applicare sui costi di costruzione attestati dall'impresa cedente, sino ad un massimo di 96.000 euro.
Il ristrutturato da impresa
Dal tenore della norma, non è chiaro, invece, se i maggiori importi detraibili siano riconosciuti anche per l'acquisto di abitazioni facenti parte di edifici interamente ristrutturati dalle imprese di costruzioni cedenti. L'articolo 11, comma 1, del Dl 83/2012, infatti, riconosce espressamente i maggiori importi detraibili per gli interventi «di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del Dpr 22 dicembre 1986, n.917» e non già anche a quelli di cui al comma 3 dello stesso articolo 16-bis, relativi all'acquisto di abitazioni ristrutturate da imprese. Tuttavia l'estensione potrebbe essere riconosciuta anche in tal caso, tenuto conto che il citato comma 3 rinvia alle modalità generali, previste (dal comma 1) per tutti gli interventi agevolabili. In merito, nel corso della discussione parlamentare il Governo si è impegnato (ordine del giorno - n.G/3426/47/8 e 10 - testo 2) a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'opportunità di assumere le opportune iniziative affinché sia definitivamente precisato, in via normativa o attraverso una specifica circolare, che i maggiori benefici fiscali introdotti si applicano a tutti gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'articolo 16-bis del Dpr n. 917/1986 (Tuir), ivi compreso l'acquisto di abitazioni parte di edifici interamente ristrutturati da imprese. In ogni caso, anche se non dovesse pervenire a breve un chiarimento sull'applicabilità della detrazione del 50% sino a 96.000 euro, anche per tali acquisti, resta ferma l'applicazione della minore detrazione del 36% correlata a un importo massimo di 48.000 euro. Resta fermo che, a decorrere dal 1° luglio 2013, la detrazione riprenderà ad operare secondo la percentuale (36%) ed i limiti massimi di spesa (48.000) previsti a regime dall'articolo 16-bis del Dpr 917/1986-Tuir.
Confermato il 55%
La legge di conversione del Dl 83/2012 ha introdotto anche la proroga della detrazione Irpef/Ires del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici per le spese sostenute entro il 30 giugno 2013, secondo le modalità applicative dell'agevolazione ad oggi in vigore (articolo 1, comma 48, legge 220/2010). In sostanza, è stata eliminata la norma, contenuta nel testo originario del Dl 83/2012 che, nel prorogare la detrazione dal 1° gennaio al 30 giugno 2013, ne riduceva la quota spettante (dal 55%) al 50% delle spese sostenute, fermi restando gli interventi agevolabili ed i limiti massimi di importo detraibile (100.000, 60.000 e 30.000 euro, a seconda dei lavori «energetici» eseguiti). Ma non è finita qui per il 55%. Nel corso della discussione parlamentare di fine luglio e primi di agosto, è stato accolto un ordine del giorno che impegna il Governo «ad adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, apposite iniziative normative volte a dare stabilità al credito di imposta del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, estendendolo anche agli interventi di mitigazione dei rischi e di adeguamento antisismico del patrimonio edilizio esistente e permettendone l'accesso anche alle imprese». L'assunzione di tale impegno formale del Governo fa ben sperare sulla messa a regime dell'agevolazione in grado di stimolare gli interventi volti all'«ammodernamento energetico» dei fabbricati e sull'estensione della stessa ad altre tipologie d'intervento, connesse non solo al conseguimento del risparmio energetico, ma anche ai lavori che rendano efficienti i fabbricati dal punto di vista antisismico (per queste ultime tipologie di lavori esiste già, a regime, la detrazione del 36%-50% (articolo 16-bis, Dpr 917/1986). 

 Amministrazioniac.com

 


lunedì 8 ottobre 2012

Fabbricati Rurali: I requisiti - DM 26 luglio 2012



I soggetti interessati, ai sensi e per gli effetti del Dm 26 luglio 2012, sono tenuti a presentare le domande di variazione catastale entro il nuovo termine del 1° ottobre 2012 (essendo domenica il 30 settembre) e le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 30 novembre 2012. Quindi, non c'è molto tempo a disposizione per "regolarizzare" sia le unità immobiliari che necessitano di un nuovo classamento, per avere acquisito o perduto i requisiti di ruralità, sia le costruzioni rurali iscritte al Catasto terreni.
 

 Per quanto riguarda lo specifico quesito del lettore, a decorrere dal 4 settembre 2012, come ha confermato l'agenzia del Territorio, è disponibile la nuova versione della procedura informatica Docfa 4.00.1 per la compilazione dei documenti tecnici catastali. Essa è idonea per la presentazione delle domande previste per il riconoscimento dei requisiti di ruralità ai sensi del Dm 26 luglio 2012, e delle dichiarazioni di aggiornamento catastale per i fabbricati che, essendo censiti al Catasto terreni (Ct), devono essere iscritti al Catasto edilizio urbano (Ceu) a norma dell'articolo 13, comma 14-ter, del Dl 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 214/2011. L'agenzia del Territorio ha previsto la tipologia di documento 1 per la presentazione delle domande e la tipologia di documento 2 per la presentazione delle dichiarazioni di aggiornamento catastale. Per entrambe le opzioni, vanno presentate anche le relative autocertificazioni, utilizzando i modelli B e C allegati al Dm 26 luglio 2012.
La stessa Agenzia, poi, ha ricordato che è stata introdotta una nuova causale di variazione, denominata «Richiesta ruralità», che può essere utilizzata soltanto in combinazione con la tipologia di documento 1. Tale nuova causale consente, in caso di unità immobiliari già censite nel gruppo catastale D (esclusa la categoria D/10), la presentazione di variazioni semplificate, per la cui compilazione sono necessari solamente i dati identificativi della costruzione. Fino al 30 novembre 2012, i soggetti interessati potranno continuare a utilizzare la versione della procedura Docfa già in uso. A partire dal 1° dicembre 2012, invece, sarà disponibile soltanto la nuova versione (Docfa 4.00.1).
 

 Con decreto del 26 luglio 2012 il ministero dell'Economia e delle Finanze ha stabilito le modalità per l'inserimento negli atti catastali della sussistenza dei requisiti di ruralità dei fabbricati, fermo restando il classamento originario delle costruzioni rurali a uso abitativo. Si tratta di una nuova normativa modellata sulle regole ordinarie catastali, che, quindi, vanno nella direzione opposta al consolidato orientamento della Corte di cassazione, secondo cui soltanto l'accatastamento del fabbricato come "rurale" – con l'attribuzione delle categorie A/6 (per le unità abitative) e D/10 (per le unità strumentali) – assicura ai contribuenti l'esclusione (e non l'esenzione) dal pagamento dell'Ici (sezioni unite civili, sentenze 18565 e 18570 del 21 agosto 2009; sezione tributaria, fra le ultime, ordinanza 14013 del 3 agosto 2012), come invece recepito dall'articolo 7, comma 2-bis, del Dl 70/2011 (convertito dalla legge 106/2011) e dal relativo Dm 14 settembre 2011.
Infatti, come è avvalorato dall'agenzia del Territorio nella circolare 2/2012 del 7 agosto scorso, alla luce della normativa stabilita dal Dm 26 luglio 2012, i fabbricati per i quali sussistono i requisiti di ruralità, già censiti al Ceu e oggetto delle nuove domande, mantengono la categoria attribuita e gli altri dati di classamento, siano essi a destinazione abitativa o strumentale all'esercizio delle attività agricole (paragrafo 1). Perciò, ai fini fiscali e, in particolare, agli effetti dell'Ici non è più necessaria l'attribuzione delle categorie catastali A/6 e D/10, in quanto l'apposizione dell'annotazione sancita dall'articolo 1, comma 2, del nuovo decreto «ha lo stesso effetto dell'assegnazione delle suddette categorie disciplinate dalla norma abrogata».
Al riguardo il massimo organo del Catasto ha precisato altresì che sono superate anche le disposizioni del Dm 14 settembre 2011, in base alle quali era stata istituita per le costruzioni abitative (censite alla categoria A/6) la classe "R", senza determinazione della rendita catastale. In sostanza, i requisiti necessari per il riconoscimento del carattere di ruralità di un immobile sono completamente indipendenti dalla categoria catastale che è loro attribuita. Tesi, questa, già espressa dall'agenzia del Territorio con nota 26 febbraio 2010 e rafforzata dal suo direttore nelle audizioni parlamentari del 22 febbraio 2011 (Camera dei deputati, commissione VI Finanze, «Il trattamento tributario degli immobili rurali») e del 21 marzo 2012 (Senato, commissione Agricoltura e produzione agroalimentare, «L'Imu sui terreni agricoli e sui fabbricati rurali»). In particolare, nell'ultima audizione è stato prospettato un confronto di applicazione dell'Imu e dell'Ici, nel cui esempio l'abitazione rurale è stata classificata alla categoria catastale A/3 e ritenuta «esente da Ici» e «tassata ai fini dell'Imu». I giudici di legittimità, invece, lungi dal prendere in considerazione qualsiasi ipotesi di riesame del proprio orientamento, hanno ritenuto che la divergenza interpretativa esplicitata dall'agenzia del Territorio è «sovvertitrice dei criteri legali» fissati dall'articolo 5, comma 2, del Dlgs 504/92 (per tutte, sentenza 17054 del 21 luglio 2010).
Si segnala, infine, che il Dm 26 luglio 2012 ha sostituito il precedente Dm 14 settembre 2011 e che la circolare 2/2012, fra l'altro, ha integrato la circolare 7/T del 15 giugno 2007 e sostituito la circolare 6/T del 22 settembre 2011, contenente le istruzioni per la presentazione delle domande di variazione delle categorie catastali, entro il termine originario del 30 settembre 2011. 

 AmministrazioniAC.com

soluzioni immobiliari




lunedì 1 ottobre 2012

IMU: RAVVEDIMENTO

La bozza di istruzioni alla dichiarazione riduce i tempi in cui è possibile sanare pagando il 3,75% invece che il 30%
Nuovo appuntamento con i versamenti Imu. Scade oggi – lunedì 17 settembre – il pagamento della seconda rata per chi ha deciso di ripartire in tre scaglioni l'Imu dovuta per il 2012 sull'abitazione principale, rinviando al 17 dicembre la terza rata a saldo dell'imposta complessiva (si veda l'articolo in basso). Chi ha versato la metà dell'Imu calcolata con le aliquote base entro il 18 giugno scorso, invece, non è interessato dalla scadenza odierna in quanto dovrà chiudere i conti direttamente in sede di versamento del saldo.
Per tutti i contribuenti è comunque l'occasione per un controllo sull'imposta versata in acconto e per correggere eventuali errori commessi nella quantificazione dell'imposta o nella compilazione del modello F24. Particolare attenzione meritano le regole da seguire per sanare il mancato versamento dell'imposta con il ravvedimento operoso.
Lo sconto dei primi 14 giorni
Di regola, i contribuenti che per errore o dimenticanza omettono in tutto o in parte il versamento dell'Imu rischiano la sanzione del 30%. In particolare, per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, questa sanzione si riduce a 1/15 per ciascun giorno di ritardo ed è pari, quindi, al 2% al giorno fino ad arrivare al 30% per i ritardi da 15 giorni in avanti (articolo 13, Dlgs 471/1997).
Ma si può anche regolarizzare il mancato versamento con l'istituto del ravvedimento operoso. Ciò a condizione che la violazione non sia stata constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza; pertanto, una lettera del comune con la richiesta di chiarimenti o di esibizione di documenti può inibire questa possibilità. E questo spiega perché è importante non tardare se ci si accorge di un errore.
Una prima soluzione – applicabile da domani al 1° ottobre prossimo solo per la seconda rata in scadenza oggi – è quella del ravvedimento "sprint". Entro il 14° giorno successivo alla scadenza, l'omesso versamento della seconda rata può essere sanato con il pagamento dell'imposta dovuta, degli interessi calcolati al tasso legale del 2,5% annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene eseguito e della sanzione pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo.
Ad esempio, se si perfeziona il ravvedimento il 21 settembre 2012 (quarto giorno successivo all'omesso versamento) la sanzione applicabile è pari allo 0,8% (0,2% x 4). Qualora, invece, il ravvedimento viene perfezionato dal 15° al 30° giorno successivo alla scadenza (cosiddetto ravvedimento "breve"), in aggiunta al l'imposta e agli interessi è dovuta la sanzione del 3% che resta fissa indipendentemente dal giorno del versamento.
Cosa accade oltre i 30 giorni? La soluzione "ordinaria" è il ravvedimento lungo, secondo cui chi decide di rimediare entro un anno dalla violazione può pagare la sanzione del 3,75% in aggiunta all'imposta e agli interessi. Tuttavia, le bozze di istruzioni al nuovo modello Imu imporrebbero di effettuare il ravvedimento entro il più breve termine di presentazione della dichiarazione (si veda l'articolo a destra). In attesa di conoscere le istruzioni definitive, gli esempi in pagina fanno comunque riferimento alla regola del ravvedimento entro un anno.
Tre rate
In alcuni casi, però, gli errori di giugno potrebbero essere sanati senza sanzioni. È il caso, ad esempio, di chi volendo dividere l'imposta in due rate annuali ha erroneamente versato l'acconto di giugno in misura inferiore al 50% dell'imposta dovuta sull'abitazione principale. Si ritiene che in alternativa al ravvedimento, il contribuente possa scegliere la formula della ripartizione in tre rate pur non avendo compilato il campo «rateazione/mese rif.» nel primo versamento (ipotesi inizialmente accettata dagli intermediari della riscossione), versando oggi l'importo mancante per raggiungere i due terzi dell'imposta complessiva. Anche se i versamenti di giugno e settembre non sono di pari importo, questo comportamento dovrebbe essere accettato dai Comuni anche in applicazione del principio dell'errore "scusabile" (circolare 3/DF/2012).
Il codice tributo errato
Diverso è il caso di chi ha versato correttamente gli importi dovuti a titolo di acconto ma si accorge che nel modello F24 ha indicato, ad esempio, il codice tributo o il codice Comune non corretti. In questi casi, trattandosi di errori formali, il contribuente dovrà attivarsi per chiedere la correzione del modello al fine di consentire la corretta imputazione delle somme agli enti. Si ritiene che ciò sia possibile presentando istanza di correzione del modello F24 all'ufficio delle Entrate (circolare 5/E/2002) oltre che al Comune interessato.
Gli esempi
L'ERRORE DI CALCOLO DELL'IMPOSTA
01 | L'ERRORE
Il proprietario di un ufficio (categoria A/10, rendita catastale di 700 euro) ha calcolato l'acconto Imu di giugno utilizzando il moltiplicatore 60 anziché 80 e ha versato 168 euro (84 euro di quota statale e 84 di quota comunale) anziché 224 euro (112 euro di quota statale e 112 di quota comunale)
02 | IL RIMEDIO
Il contribuente decide di effettuare il ravvedimento operoso versando l'importo dovuto (28 euro di quota statale e 28 di quota comunale), oltre sanzioni e interessi, entro il 25 settembre 2012. Da notare che nel modello F24 le sanzioni e gli interessi vanno riportati insieme all'imposta dovuta
03 | LA COMPILAZIONE
Sempre in F24, il solo importo dovuto a titolo di Imu va arrotondato all'unità di euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi
(o per eccesso se superiore) mentre le sanzioni e gli interessi da ravvedimento vanno assunti considerando l'arrotondamento alla seconda cifra decimale
ACCONTO RIDOTTO E CODICE SBAGLIATO
01|L'ERRORE
Un contribuente ha la residenza, ma non la dimora, nella casa di cui è proprietario (rendita catastale di 400 euro). Sbagliando, paga l'acconto di giugno come abitazione principale, anziché come seconda casa. Versa quindi 34 euro (intera quota comunale) anziché 256 euro divisi a metà tra Stato e Comune
02|IL RIMEDIO
Il contribuente decide di effettuare il ravvedimento operoso versando l'importo dovuto (128 euro di quota statale e 94 euro di quota comunale, inferiore perché bisogna tenere conto dei 34 euro già versati a giugno), oltre sanzioni e interessi, entro il 28 settembre 2012
03|IL CODICE TRIBUTO
Il contribuente dovrà anche correggere il modello F24 del versamento di giugno nel quale è stato indicato il codice tributo errato (3912 al posto di quello corretto 3918). Si ritiene che ciò sia possibile presentando a un qualsiasi ufficio delle Entrate e al Comune un'istanza di correzione del modello F24 (circolare 5/E/2002)

Sole24Ore

AmministrazioniAC.com
Soluzioni immobiliari