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lunedì 16 febbraio 2009

Legal.Affinati.com e AffinatiConsulting per il Protocollo di Kyoto

Speciale Diritto dell'Ambiente

A 4 anni dall'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, i Professionisti di Legal.Affinati.com hanno realizzato una piccola guida in materia di Diritto dell'ambiente, consultabile anche sul blog di AffinatiConsulting.

Le principali distinzioni attengono all'oggetto della tutela (cfr. artt. 300 e 311), all'individuazione del soggetto responsabile del risarcimento del danno ambientale (cfr. art. 304) ed al criterio di imputazione della responsabilità (cfr. artt. 300 e 311)

La Suprema Corte, con riferimento alla previgente L. n. 349/1986, ha precisato che l'ambiente in senso giuridico si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, che, come tale, è specifico oggetto di tutela da parte dell'ordinamento. Perciò lo stesso fatto può comportare, oltre che un danno all'ambiente, risarcibile in considerazione del suo valore di assieme, un danno a singoli beni o valori, risarcibile in termini di stretta equivalenza pecuniaria, con conseguente necessità di distinguere tra il danno all'ambiente, sempre di natura pubblicistica, e il danno da lesione di determinati beni, privati o pubblici, fermo restando che entrambi ricadono nell'ambito della tutela aquiliana apprestata dall'art. 2043 c.c.

Il «deterioramento significativo e misurabile» (art. 300, 2° co.) deve essere valutato rispetto alle «condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale» (art. 302, n. 12). In questo caso, l'obbligo di ripristino ambientale ovvero di risarcimento per equivalente esige, nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per l'integrità ambientale, fermo restando che, in ogni caso, il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema

La prevenzione

La procedura di cui agli artt. 304 ss. prevede una disciplina peculiare pel caso in cui il danno – o la minaccia di danno – all'ambiente sia causato da un atto effettuato nel corso di un'attività professionale avente rilevanza ambientale. In questo caso, responsabile è il c.d. «operatore», figura riferibile a qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla siffatta attività o che comunque ha un potere decisionale sui suoi aspetti tecnici o finanziari. Si è, tuttavia, osservato che, data l'ampiezza della nozione di «operatore», l'ipotesi che si possa essere in presenza di un soggetto diverso dovrebbe ritenersi marginale (Fimiani, Le nuove norme sul danno ambientale, Milano, 2006,60).
Le attività professionali aventi rilevanza ambientale sono quelle che direttamente o indirettamente vengono contemplate dalla normativa comunitaria come comportanti un rischio reale o potenziale per la salute umana o l'ambiente (cfr. all. III, dir. 2004/35/CE). Tra queste attività, si segnalano, in particolare, l'esercizio di impianti soggetti ad autorizzazione per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento e per la lotta all'inquinamento atmosferico, la gestione di rifiuti, gli scarichi delle acque, l'estrazione o l'arginazione delle acque, le attività concernenti la produzione, lo stoccaggio, il trattamento e il trasporto di sostanze e preparati pericolosi, il trasporto di merci pericolose o inquinanti, qualsiasi uso o rilascio di organismi geneticamente modificati

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha facoltà, non l'obbligo di attuare le misure di prevenzione. Tale previsione suscita perplessità, specie ove si osservi che alle Regioni, alle Province autonome ed alle persone fisiche e giuridiche interessate alle vicende è attribuito soltanto il potere di eccitare l'adozione di provvedimenti da parte del Ministro, non il potere di agire in sostituzione

Il ripristino

Solo l'operatore è tenuto immediatamente al ripristino del danno ambientale, mentre nel caso di danno ambientale cagionato da un soggetto diverso dall'operatore, l'obbligo di attivarsi presuppone l'emissione dell'ordinanza ministeriale di cui agli artt. 312 ss.
L'obbligo di ripristino posto a carico del c.d. operatore non soggiace al limite della eccessiva onerosità (cfr. art. 2058 c.c.), espressamente previsto all'art. 313, 2° co.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha facoltà, non obbligo di attuare le misure di ripristino. Tale previsione suscita perplessità, specie ove si osservi che alle Regioni, alle Province autonome ed alle persone fisiche e giuridiche interessate alle vicende è attribuito soltanto il potere di eccitare l'adozione di provvedimenti da parte del Ministro, non il potere di agire in Le richieste di intervento presentate dalle Regioni e dagli Enti locali, dalle persone fisiche o giuridiche che siano o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, dalle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni (cfr. art. 13, L. n. 349/1986, modificato dalla L. n. 93/2001), non generano, in capo al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, un obbligo di intervento, ma solo l'obbligo di esaminarle e di adottare un provvedimento motivato, avverso il quale può essere presentato ricorso dinanzi al giudice amministrativo . Perciò la posizione dei soggetti portatori di interessi che abbiano inoltrato una richiesta di intervento integra un mero interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri ministeriali. Radicando l'interesse a richiedere l'intervento statale in capo alle Regioni, alle Province autonome, agli enti locali, anche associati, ed alle persone fisiche e giuridiche nel caso siano o possano essere colpite dal danno ambientale o vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte VI, il legislatore – sul piano sostanziale – ha recepito il criterio giurisprudenziale della vicinitas rispetto alla fonte della lesione.Nel senso che, sotto il vigore della L. n. 349/1986, dovessero ritenersi legittimati ad agire uti singulis il proprietario del fondo o della casa finitimi, il comunista che vive e lavora in prossimità della discarica la cui autorizzazione si impugni o un'associazione ambientalista

Il Risarcimento

La dottrina prevalente si è chiesta se, analogamente a quanto statuiva l'art. 18, 1° co., L. n. 349/1986, abrogato, sia stato accolto un c.d. "principio di tipicità" dei fatti produttivi di danno ambientale. Ci si chiede, in particolare, se soltanto i fatti che implichino una violazione di legge, di regolamento ovvero di provvedimento amministrativo determinino la responsabilità ambientale, ovvero se sia sufficiente l'atto (almeno) colposo lesivo dell'ambiente. Si propende per la soluzione «estensiva», per il recepimento cioè di un principio di atipicità dell'illecito ambientale .

Accanto a chi afferma la natura non-patrimoniale del danno ambientale, sul rilievo che solo la considerazione congiunta degli elementi rilevanti esprimerebbe il valore del danno subito, intraducibile mediante valori economici, altri ora ha affermato la patrimonialità del danno ambientale (Maddalena, Il danno all'ambiente tra giudice civile e giudice contabile, ora ha ritenuto che la natura del danno dovrebbe determinarsi non sulla base della patrimonialità del bene leso, ma facendo riferimento alle conseguenze della lesione .

La distinzione tra danno patrimoniale in sé e danno al bene ambiente assume rilevanza sostanziale a seguito della concentrazione, in capo al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, del potere di agire per il risarcimento del danno ambientale (art. 309). Rientrano nella esclusiva pertinenza statale esclusivamente i profili strettamente riparatori dell'ambiente in sé; sono, invece, legittimati a richiedere il risarcimento del danno patrimoniale subito, ad esempio a seguito del ripristino, della bonifica, della rimozione dei rifiuti, gli enti territoriali

Nel caso il danno ambientale dovesse compromettere la salute dei cittadini che vivono nell'area interessata, spetterà loro il risarcimento del danno biologico, morale, esistenziale ed eventualmente del danno patrimoniale in base alla prevedibile perdita reddituale futura. Per quanto attiene, in particolare, al risarcimento del danno esistenziale, si dovrà accertare il nesso di causalità tra condotta dell'autore del fatto e danno ambientale, oltre al collegamento tra il fatto lesivo per l'ambiente e le sue conseguenze dannose per i singoli .
Il danno non patrimoniale da perdita della fruibilità ambientale non coincide con la lesione dell'interesse protetto: la privazione di un valore non economico, ma personale, costituito dalla irreversibile perdita del godimento del rapporto con l'ambiente, nella preclusione della possibilità di relazionarsi con esso e, in definitiva, della compressione della possibilità di pieno sviluppo ed esplicazione della personalità umana, si atteggia, infatti, alla stregua di conseguenza della lesione dell'interesse protetto (danno-conseguenza).

Il 2° co. indica che il legislatore, in linea con quanto sancito dall'art. 18, 8° co., L. n. 349/1986, abrogato , ha accordato una preferenza al ripristino dello stato dei luoghi rispetto al risarcimento per equivalente

Per quanto attiene alla quantificazione del danno relativamente al raggiungimento o mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di specie o habitat, si dovrà fare riferimento – in primis – ai servizi offerti dai valori ricreativi connessi alla capacità di rigenerazione naturale , fermo restando il valore orientativo dei criteri di cui all'all. 4. In ogni caso, trova applicazione la limitazione dell'entità del risarcimento sia nel caso di materiale impossibilità di ripristino in forma specifica, sia nel caso di eccessiva onerosità dello stesso (cfr. art. 313), sempre che il responsabile non sia un operatore professionale (cfr. artt. 304 e 305).
A seguito della abrogazione dell'art. 18, 6° co., L. n. 349/1986, non trovano più applicazione i criteri ivi previsti, specie per quanto attiene al «profitto conseguito dal trasgressore».

L'ordinanza di ripristino

L'ordinanza di cui all'art. 313, 1° co., non è espressione di un potere cautelare, ma di un potere di condanna (al risarcimento del danno in forma specifica o generica), con conseguente obbligo di comunicare all'interessato l'avvio del procedimento amministrativo

Se nel termine assegnato con l'ordinanza emessa ai sensi del 1° co. non viene eseguito il ripristino, viene emanata una seconda ordinanza, immediatamente esecutiva, con cui si ingiunge di pagare una somma nel termini di sessanta giorni dalla sua notifica.Il tenore letterale e la ratio della norma inducono a ritenere che all'emissione dell'ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento per equivalente può farsi luogo solo se vi sia stata la previa emissione della ingiunzione di risarcimento in forma specifica, e solo se il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile o eccessivamente oneroso ai sensi dell'art. 2058 c.c. Fa eccezione il caso in cui già in sede di istruttoria ministeriale (cfr. art. 312) dovesse emergere la materiale impossibilità di eseguire il ripristino. In questo caso, il principio di buon andamento della P.A. (cfr. art. 97 Cost.) depone nel senso della superfluità della previa emissione di un'ingiunzione di ripristino ambientale

Ricorre eccessiva onerosità ai sensi dell'art. 2058, 2° co., c.c. qualora il sacrificio economico imposto al danneggiante in ordine al risarcimento in forma specifica superi in misura eccessiva, in relazione alla fattispecie in concreto considerata, il valore da corrispondere in base al criterio del risarcimento per equivalente pecuniario

Si esclude che la solidarietà passiva, espressamente prevista con riferimento al risarcimento in forma specifica (cfr. art. 313, 3° co.), trovi applicazione nel caso di emissione dell'ordinanza di pagamento dell'equivalente patrimoniale. L'esclusione dell'operatività della solidarietà passiva viene argomentata sul rilievo della natura eccezionale della previsione normativa di cui all'art. 313, 3° co., stante l'operatività del principio di solidarietà passiva, per regola generale, esclusivamente nel caso di danno imputabile a più persone

Stante l'esplicito richiamo in esso contenuto, il termine di centottanta giorni di cui all'art. 313, 4° co., si riferisce – per necessità logica – all'ordinanza di ripristino. Decorso inutilmente tale termine, non rimarrà che esercitare l'azione civile di risarcimento del danno entro l'ordinario termine di prescrizione (cinque anni).

Il Ricorso avverso l'ordinanza

Nonostante il tenore letterale del 1° co., si ritiene che – in linea con i principi di carattere generale – la piena conoscenza dell'ordinanza (a prescindere cioè dalla sua avvenuta comunicazione) sarebbe idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione, posto che la conoscenza dei fatti essenziali permette al destinatario di proporre la relativa impugnazione, salvo la possibilità di proporre motivi aggiunti, emersi a seguito della conoscenza integrale dell'ordinanza.

Se il danno ambientale si è verificato in ambiti territoriali che ricadono sotto diverse competenze territoriali, la competenza a conoscere dell'impugnazione spetterà al T.A.R. Lazio.

Il 3° co. è espressione della regola dell'alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario al Capo dello Stato, sancita dall'art. 8, D.P.R. 24.11.1971, n. 1199.

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