Pagine

venerdì 18 luglio 2008

SOMME EROGATE PER PRESTAZIONI DI LAVORO STRAORDINARIO. Cap III

Profili Giuslavoristici
Tra i profili di rilevanza giuslavoristica si pone il problema, in primo luogo, di definizione del concetto di lavoro straordinario. Il comma 1, lett. a), del decreto rinvia, genericamente, a prestazioni di lavoro straordinario di cui al decreto legislativo n. 66 del 2003, ragione per cui la tassazione agevolata troverà applicazione non solo alle prestazioni straordinarie rese oltre la 40ª ora (c.d. nozione legale) ma anche oltre il minor limite stabilito dai contratti collettivi.
A questo riguardo si ricorda infatti che il decreto legislativo n. 66 del 2003, all’articolo 1, comma 2, lett. c), definisce «“lavoro straordinario” il lavoro prestato oltre l’orario normale di lavoro così come definito all’articolo 3». In base all’articolo 3, a sua volta, «l’orario normale è fissato in 40 ore settimanali; i contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno».
La precisazione “ai fini contrattuali” contenuta nell’articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003 è stata ribadita dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 8 del 2005, secondo cui «i contratti collettivi possono stabilire che la durata dell’orario normale sia ridotta rispetto al limite legale delle 40 ore. Questa facoltà ha ad oggetto una riduzione d’orario valida ai soli fini contrattuali».
Qualora il contratto collettivo preveda una durata minore dell’orario normale, è evidente che le prestazioni lavorative svolte al di là dell’orario indicato dai contratti come “normale” rientrano, ai fini contrattuali e pertanto anche ai fini del calcolo della retribuzione, nella definizione di “lavoro straordinario”. La stessa circolare, al riguardo, precisava infatti «il lavoro straordinario deve essere computato separatamente dal computo del lavoro normale e deve essere retribuito con una maggiorazione, rispetto al lavoro normale, il cui ammontare è stabilito dalla contrattazione collettiva. Quest’ultima può disporre che, in aggiunta o in alternativa alla maggiorazione retributiva, i lavoratori possano usufruire di riposi compensativi».
Sono i contratti collettivi, infatti, a stabilire la retribuzione che deve essere versata a titolo di straordinari e a definire quando – proprio a questi fini – il lavoro deve essere considerato tale, così come avviene anche per il caso di lavoro supplementare nel part-time.
Allo stesso modo, la circolare n. 8 del 2005, dopo aver dato atto che «nel nostro ordinamento non vige più, pertanto, un limite positivo alla durata giornaliera del lavoro ma, semmai, un limite che può ricavarsi, a contrario, dal combinato disposto dagli articoli 7 e 8 del decreto nella misura di 13 ore giornaliere, ferme restando le pause.” e che “Tale individuazione risulta conforme al dettato costituzionale che impone alla legge di definire la durata massima della giornata lavorativa», chiarisce che «la limitazione positiva della durata della prestazione lavorativa giornaliera, benché non sia disposta per legge, potrebbe essere disposta dalla autonomia privata, ma ai soli fini contrattuali, imponendo un limite anche alla modulazione, pertanto alla flessibilità, dell’organizzazione del lavoro nella sue caratteristiche temporali».
Pertanto, ove la autonomia privata preveda un limite alla durata giornaliera della prestazione lavorativa, la prestazione eccedente va considerata, “ai fini contrattuali”, e dunque dal solo punto di vista retributivo, come “straordinario” e, come tale, non può pertanto non rientrare nel regime di tassazione agevolata previsto dal decreto.
La precisazione che tale limitazione vale ai fini contrattuali, e non a quelli legali, chiarisce proprio l’aspetto del computo della retribuzione. Il fatto che l’eventuale limite stabilito dai contratti collettivi in misura inferiore alle 40 ore settimanali valga a soli fini contrattuali, serve invece a chiarire che di tale eventuale inferiore limite non si debba tener conto, invece, a fini sanzionatori, di adempimenti amministrativi o del rispetto di determinate norme di legge.
Si deve ulteriormente precisare che, come già ribadito dalla circolare n. 8 del 2005, la possibilità di ridurre il limite normale della attività lavorativa settimanale non spetta ai soli contratti collettivi nazionali, bensì anche ai contratti
territoriali e aziendali, purché stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Ove pertanto i contratti collettivi, anche di secondo livello o aziendali, prevedano che una retribuzione abbia carattere straordinario, ovvero che determinati emolumenti siano corrisposti «in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa», come avviene anche per gli straordinari forfetizzati, ad esempio a personale di cui all’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 2003 (tra cui i “capi reparto” in quanto rivestano compiti propri del personale direttivo o comunque con potere di decisione autonomo), troverà applicazione il regime di tassazione agevolato benché si tratti di personale al quale non si applicano – ai fini normativi, ma non certo contrattuali – i limiti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003. Anche lo straordinario forfetizzato, reso oltre l’orario normale di lavoro previsto dal decreto legge n. 66 del 2003 o dalla contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale applicabile rientra dunque nel regime di tassazione agevolata.
Compensi, premi o gettoni corrisposti a fronte di prestazioni straordinarie effettuate nei giorni di riposo (ordinario o di legge) e festivi, rientrano nello speciale regime di tassazione, nella misura in cui si tratta di compensi erogati per prestazioni di lavoro straordinario ai sensi del comma 1, lett. a), o siano comunque riconducibili alla ipotesi di cui al comma 1, lett. c).
Con riferimento invece a prestazioni di lavoro a tempo parziale, la misura di cui al comma, 1, lett. b) del decreto deve intendersi riferita – per identità di ratio – sia al lavoro supplementare sia con riferimento alle prestazioni rese in funzione di clausole elastiche: in entrambi i casi è infatti richiesto al lavoratore di svolgere una prestazione lavorativa eccedente rispetto all’orario inizialmente concordato. Tuttavia, in entrambi i casi, e al fine di evitare comportamenti fraudolenti, il beneficio spetta unicamente ai lavoratori il cui contratto di lavoro sia stato
stipulato (ovvero trasformato) prima del 29 maggio 2008, data di entrata in vigore del decreto.
Per quanto riguarda invece gli elementi retributivi premianti di cui al comma 1, lett. c), essi riguardano tutti gli incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa, nonché altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico della impresa. Rientrano pertanto nella misura, a titolo esemplificativo, premi di rendimento, forme di flessibilità oraria, maggiorazioni retributive corrisposte in funzione di orari a ciclo continuo o sistemi di «banca delle ore», indennità di reperibilità o di turno, premi e somme corrisposte una tantum ecc., là dove, ovviamente, comportino un incremento di produttività del lavoro ed efficienza organizzativa ovvero siamo legati alla competitività e redditività della impresa.
Le somme di cui al comma 1, lett. c), non devono essere necessariamente previste in contratti collettivi, ma possono anche essere previste in modo unilaterale dal datore di lavoro purché siano documentabili (per esempio attraverso la comunicazione scritta al lavoratore della motivazione della somma corrisposta).
Il presupposto per la concessione del beneficio è che la somma corrisposta, anche se continuativa, sia riconducibile ad elementi di determinazione periodica, ancorché si tratti di situazioni già strutturate e consolidate prima della entrata in vigore del decreto. Per rientrare nel regime di tassazione agevolata gli incrementi di produttività, innovazione, efficienza, ovvero il conseguimento di elementi di competitività e redittività legati all’andamento economico della impresa non devono dunque essere necessariamente nuovi e innovativi rispetto al passato, né devono necessariamente consistere in risultati che, dal punto di vista meramente quantitativo, siano superiori a quelli ottenuti in precedenti gestioni, purché comunque costituiscano un risultato ritenuto positivo dalla impresa.
Nel regime di tassazione agevolata rientrano infine anche quelle somme erogate dai datori di lavoro in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed
efficienza organizzativa e altri elementi di competitività, ancorché determinati in ambito territoriale sulla base di indicatori correlati all'andamento congiunturale e ai risultati conseguiti dalle imprese di uno specifico settore in ambito territoriale.
Dal novero delle somme agevolate sono unicamente esclusi quegli importi stabilmente riconosciuti in misura fissa che sono entrati nel patrimonio del lavoratore (come ad esempio, il superminimo individuale).
Abrogazione Art. 51 comma 2 del T.U.I.R.
L’articolo 2, comma 6, del decreto stabilisce che “Nell’articolo 51, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera b) è soppressa”.
La disposizione soppressa escludeva dalla base imponibile rilevante ai fini dell’imposizione del reddito di lavoro dipendente le erogazioni liberali effettuate dal datore di lavoro e taluni sussidi economici dallo stesso concessi.
Per effetto della suddetta soppressione, pertanto, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, per l’intero importo:
-
le erogazioni liberali non superiori nel periodo d’imposta a 258,23 euro concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti;
-
i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente;
-
i sussidi corrisposti a dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.
Si fa presente che, in applicazione del principio di cassa che caratterizza la tassazione dei redditi di lavoro dipendente, la richiamata disposizione abrogativa si applica con riguardo alle somme e ai valori erogati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (29 maggio 2008).

Nessun commento: