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lunedì 26 ottobre 2009

Civile: Mutamento destinazione d'uso e distanze fra fabbricati

La Suprema Corte di Cassazione, facendo riferimento ad un indirizzo consolidato, si è così espressa: “la giurisprudenza ha chiarito che Costituisce costruzione, agli effetti della disciplina del codice civile sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura e destinazione, ha carattere di stabilità e permanenza”. (Cassazione Civile Sez. II, sent. n. 4639 del 24 maggio 1997)
Detto ciò andiamo a vedere che cosa si intende per "nuova costruzione"
Rientrano nella nozione di nuova costruzione, di cui alla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 - sexies, anche ai fini del computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l'edificazione di un manufatto su un'area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell'entità delle modifiche apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente (cfr.: Cassazione civile, sez. II, sentenza 03.03.2008 n. 5741 cass. civ., sez. 2, sent. 27 aprile 2006, n. 9637; cass. civ., sez. 2, sent. 26 ottobre 2000, n. 14128 ).
Inderogabilità distanze minime fra edifici
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che la distanza minima di dieci metri, stabilita dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2, traente la sua efficacia precettiva inderogabile dalla Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 41 - quinquies, (come modificato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 17 cd. Legge Ponte), deve osservarsi in modo assoluto, essendo ratio della norma non la tutela della riservatezza, bensì quella della salubrità e della sicurezza, ed indipendentemente, quindi, sia dall'altezza degli edifici antistanti che dall'andamento parallelo delle pareti, purchè sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate medesime porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento (cfr.: cass. civ., sez. 2, sent. 30 marzo 2001, n. 4715), e dalla possibilità che dalle finestre dell'una sia possibile la veduta sull'altra (cfr.: cass. civ., sez. 2, sent. 12 novembre 1998, n. 11404).
Periculum in mora
“Nell'ipotesi di costruzione realizzata in violazione delle norme sulle distanze legali, il diritto del vicino alla riduzione in pristino consegue "ipso iure", giacché, in considerazione delle finalità di natura pubblicistica al riguardo perseguite dal legislatore, il giudice non ha alcun margine di accertamento e di valutazione in ordine ai pregiudizi determinati dalla violazione delle relative disposizioni e, in particolare, alla formazione di eventuali intercapedini (pericolose o dannose)” (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 213 del 11-01-2006)
In materia di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, “al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito, sia quella risarcitoria, e, determinando la suddetta violazione un asservimento di fatto del fondo del vicino, il danno deve ritenersi "in re ipsa", senza necessità di una specifica attività probatoria” (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 3341 del 07-03-2002).
Il mutamento di destinazione d’uso, realizzato attraverso opere edilizie deve considerarsi di nuova costruzione
Il mutamento della destinazione d'uso di un immobile, realizzato attraverso opere edilizie effettuate dopo l'ultimazione dello stesso e durante lo sua esistenza, configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia e necessita del permesso di costruire, in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Esemplare: In ordine al mutamento di destinazione d'uso di un immobile attraverso la realizzazione di opere edilizie si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall'art.3, comma 1, lett. d) del T.U. n.380/2001), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione. Non ha rilievo l'entità delle opere eseguite, allorché si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi: - di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d'uso (art.3 comma 1 lett. b) T.U.380/200l; - di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell'edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie (art.3 comma 1 lett. c T.U. n.380/2001). Gli interventi anzidetti, invero, devono considerarsi "di nuova costruzione" ai sensi dell'art.3 comma 1 lett. e) del T.U. n.380/2001. Ove il necessario permesso di costruire non sia stato rilasciato, sono applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art.31 del T.U. n.380/2001 e quella penale di cui all'art.44 lett. b). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Pirozzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 8847
La distanza minima di cui sopra è inderogabile e sovraordinata agli strumenti urbanistici locali (Cass. 15 marzo 2001, n. 3771).

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