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lunedì 15 giugno 2009

La Legge Pinto: risarcimento per l'eccessiva durata del processo

Presupposti per l'applicazione della legge
La domanda di equa riparazione è proponibile alla presenza di
tre presupposti:
1) irragionevole durata del processo;
2) esistenza di un danno;
3) nesso causale tra il primo e il secondo elemento.

Oggetto di valutazione da parte del giudice
Il giudice debba esaminare, al fine di
accertare la violazione, alcuni particolari elementi:
la complessità del caso (elemento oggettivo/materiale);
il comportamento delle parti (elemento soggettivo/personale);
il comportamento del giudice (elemento soggettivo/personale);
il comportamento delle autorità coinvolte nel procedimento (elemento
soggettivo/personale).
Solo la constatazione della presenza di tutti gli elementi porta ad una
pronuncia sull’equa riparazione del danno, quest’ultima unico movente ed
interesse che lo strumento previsto dalla legge asseconda e soddisfa

Qual'è la ragionevole durata del processo?
In generale i giudici italiani hanno fissato la durata ragionevole (che decorre
dalla data del deposito dell’atto introduttivo del processo) del processo in primo
grado, ora in quattro, ora in tre anni, salva sempre la valutazione della
complessità del caso concreto e salvo sempre il fatto che i parametri cronologici
individuati dalla giurisprudenza non possono che avere, in questa materia, un
mero valore orientativo, non tassativo
Per il secondo grado, invece, la durata ragionevole è stata indicata in due anni, ed in uno per i gradi successivi

Le tipologie di danno:
Il Danno Patrimoniale:
La tipologia del danno patrimoniale, che il ricorrente può legittimamente
allegare è soggetta alle ordinarie regole probatorie di cui all’art. 2697 c.c.,
gravando sulla parte che agisce per ottenere l’equa riparazione l’onere di
dimostrare rigorosamente il danno patrimoniale lamentato. Quindi il danno
economico può essere ricollegato alla lunghezza del processo solo se sia l’effetto
immediato di tale lunghezza e a condizione che si ricolleghi al ritardo del
processo sulla base di una normale sequenza causale: in pratica il danno
risarcibile è quello che costituisce conseguenza immediata e diretta del fatto
causativo. Ovvero, per ottenere l’equa riparazione del danno patrimoniale subito,
occorre dimostrare che sia il danno emergente che il lucro cessante ne siano la
conseguenza immediata e diretta della durata eccessiva del procedimento (ex
art. 1223 c.c. che è richiamato dall’art. 2, co. 3°, legge 89/01, attraverso il rinvio
all’art. 2056 c.c.).
Il Danno non patrimoniale
il danno non patrimoniale non necessita di alcun
sostegno probatorio, la parte non ha l’onere di provarlo ed il giudice deve
riconoscerlo e liquidarlo ogni qualvolta non ricorrano circostanze particolari, nel
caso concreto, che facciano escludere che tale danno sia stato subito dal
ricorrente. In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno
ribaltato, rispetto al passato, l’onere della prova: non spetta più al ricorrente
dover provare il danno sofferto, ma all’Amministrazione convenuta provarne
l’inconfigurabilità nel caso concreto

I legittimati
essa spetta a chi nel processo abbia assunto la qualità di parte processuale,
quindi non solo l’attore, ma anche il convenuto che abbia richiesto
semplicemente il rigetto della domanda di controparte, così come ha diritto, in
caso di domanda proposta a processo già concluso, non solo la parte vincitrice,
ma anche quella che fosse risultata soccombente
Infatti, il diritto all’equa riparazione del danno di cui alla legge Pinto è previsto a prescindere da quello che sia l’esito della lite, ben potendo anche la parte soccombente aver subito un
danno, soprattutto di tipo non patrimoniale, a causa della irragionevole durata
del processo, salvo però i casi di abuso del processo, configurabili quando risulti
che il soccombente abbia promosso una lite temeraria o abbia artatamente
resistito in giudizio al solo fine di perseguire, mediante varie tecniche
processuali, il perfezionarsi della fattispecie di cui all’art. 2 della legge n. 89/01
Altresì, alla luce di una recente pronuncia degli “ermellini” hanno diritto a
proporre la domanda di equa riparazione per irragionevole durata del processo gli
eredi delle parti del processo

Contro chi proporre la domanda
La legge suddetta prevede, ai sensi dell’art. 3, una serie di "convenuti" che si
differenziano in funzione dei settori della giustizia coinvolti:
per procedimenti ordinari, il Ministro della Giustizia;
per procedimenti militari, il Ministro della Difesa;
per procedimenti tributari, il Ministro delle Finanze;
in via del tutto residuale, è prevista l’invocabilità in giudizio nei confronti del
Presidente del Consiglio (il che, si ritiene, avverrà tipicamente per la giustizia
amministrativa)

Come proporre la domanda
La domanda di indennizzo per irragionevole durata del processo si propone
con ricorso, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente
gli elementi di cui all’art. 125 c.p.c.

Dove proporre la domanda
La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla Corte di Appello del
distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di
procedura penale.

Termini
La domanda di riparazione può essere proposta durante la pendenza del
procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di
decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il
medesimo procedimento, è divenuta definitiva

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