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lunedì 1 dicembre 2008

Lavoro: Licenziamento

Forma

Ai fini della validità formale del licenziamento non occorre che la comunicazione scritta, intesa alla risoluzione del rapporto di lavoro, sia formalmente diretta al lavoratore, ma è necessario almeno che essa sia portata a sua conoscenza. Così, la comunicazione del licenziamento indirizzata e spedita all'Ufficio del lavoro non è idonea a integrare i requisiti della forma scritta previsti per l'efficacia del recesso, se copia di essa non è inoltrata anche al lavoratore. (Cass. 19/6/2006 n. 14090)
La forma scritta del licenziamento è richiesta ad substantiam sicchè, a norma dell'art. 2 L. 15/7/66 n. 604 sia l'intimazione del licenziamento che la comunicazione dei relativi motivi (ove il lavoratore ne abbia fatto richiesta), debbono, a pena di inefficacia, rivestire la forma scritta, con la conseguente irrilevanza di un'intimazione e di una contestazione espresse in forma diversa e della conoscenza che il datore ne abbia altrimenti avuto. Ai fini del risarcimento del danno, da determinarsi in base alle regole generali sull'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, non è necessaria la costituzione in mora del datore di lavoro, mediante l'offerta delle prestazioni, occorrendo tuttavia che il lavoratore non abbia tenuto una condotta incompatibile con la reale volontà di proseguire il rapporto e di mettere a disposizione del datore le proprie prestazioni lavorative. (Cass. 9/3/2006 n. 11670)
A norma dell’art. 2 della legge n. 604/1966, il licenziamento deve essere intimato per iscritto e la forma scritta del licenziamento è richiesta ad substantiam, per cui è stata considerata irrilevante la circostanza che il lavoratore destinatario del provvedimento abbia avuto conoscenza del provvedimento estintivo con mezzi diversi. Inoltre, qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto, da parte del giudice di merito, tenendo conto che, nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un’eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull’eccipiente ai sensi dell’art. 2697, comma secondo, c.c. Segnatamente, ai fini della prova delle dimissioni, va verificato che la dichiarazione o il comportamento cui si intende attribuire il valore negoziale di recesso del lavoratore contenga la manifestazione univoca dell’incondizionata volontà di porre fine al rapporto e che questa volontà sia stata comunicata in modo idoneo alla controparte, considerando che le dimissioni costituiscono un atto a forma libera, a meno che sia convenzionalmente pattuita la forma scritta ad substantiam. (Cass. 20/5/2005 n. 10651)
In base alle regole dettate dall’art. 2, L. n. 604/1966 (modificato dall’art. 2, L. n. 108/1990) sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso, qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto separato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore – il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi – ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo. (Cass. 3/8/2004 n. 14873)

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