Gli impianti e i servizi in un condominio per essere «perfettamente
funzionali, cioè idonei allo scopo cui sono destinati, devono
assicurare, alle stesse condizioni, la stessa prestazione, ovvero, la
stessa utilità a tutti i condomini». E non è «pensabile che un condomino
possa o debba assumersi l'onere, poco conta se impegnativo o
sopportabile, di effettuare uno o più interventi» per garantire la
funzionalità dell'impianto condominiale. È questo il principio formulato
dalla Cassazione che, con la sentenza 19616 del 12 novembre scorso, ha
accolto il ricorso presentato da un'usufruttuaria di un'unità abitativa
che, lamentando la scarsa funzionalità dell'impianto di riscaldamento
(tanto da determinare l'inabitabilità dell'appartamento), aveva
richiesto l'intervento dell'assemblea condominiale per le verifiche e i
provvedimenti del caso.
L'assemblea, anche se la Ctu aveva chiarito che l'anomalia era provocata
dalla presenza di bolle d'aria, si era limitata a invitare la
richiedente a provvedere, autonomamente, allo sfiato dell'impianto. La
donna ha quindi chiesto al giudice di dichiarare la nullità,
l'illegittimità o l'inefficacia della delibera condominiale e di
condannare il condominio all'eliminazione di ogni deficienza strutturale
e funzionale, oltre che al risarcimento del danno.
La domanda è stata accolta in primo grado solo in parte: il tribunale
non ha riconosciuto il risarcimento del danno. Ma in appello la
decisione è stata del tutto contraria alla donna. La Corte territoriale
ha infatti considerato l'impianto «perfettamente funzionante», cioè
idoneo ad assicurare l'adeguato riscaldamento dell'appartamento: per
ottenerlo era sufficiente che la donna eseguisse una semplicissima
manovra manuale sulle valvole di sfiato dei radiatori. Secondo la Corte
d'appello, la regolare funzionalità dell'impianto impediva, peraltro, al
giudice di sostituirsi all'assemblea condominiale, unico soggetto
legittimato a intervenire, con decisione discrezionale, per eliminare
l'anomalia.
I giudici di legittimità, che hanno invece accolto il ricorso della
donna, hanno chiarito che il condomino può provocare una delibera
condominiale che abbia a oggetto gli interventi necessari per la piena
funzionalità dell'impianto oppure può rivolgersi direttamente
all'autorità giudiziaria per ottenere i provvedimenti necessari per
sopperire a guasti o deficienze rilevate; e, se ricorrono i presupposti,
il condomino può anche chiedere il risarcimento dei danni. Ma non
bisogna dimenticare che se l'impianto centralizzato funziona male e
causa sperequazioni e deficienze di calore e il condominio,
colpevolmente, omette di adeguare e riparare l'impianto, il condomino
può adire le vie legali e pretendere il risarcimento del danno, ma non
la restituzione dei contributi versati per il servizio, né può
sospendere il pagamento dei contributi; questo perché non sussiste un
rapporto sinallagmatico tra le prestazioni, vale a dire l'obbligo di
contribuzione e la fornitura del servizio (si veda la sentenza
12956/2006 della Cassazione).
Proprio per fronteggiare il cattivo funzionamento dell'impianto, causa
di liti all'interno dei condomini, la legge di riforma della normativa
sul condomino ha introdotto una nuova disposizione che, seguendo
l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, ha previsto la
possibilità per il condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto di
riscaldamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di
funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In questo caso
il distaccato deve partecipare, comunque, al pagamento delle spese per
la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e
messa a norma in quanto il condomino non può rinunziare alla proprietà
delle parti comuni ma solo all'uso.
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