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giovedì 29 marzo 2012

Investire all'estero: Berlino

Il setto­re immobiliare a Berlino sta vivendo un boom, con incrementi delle quotazioni nel 2011 pari al 9%, quasi il doppio della media nazionale.

Il potenziale della metropoli è ele­vato perché a Berlino gli appartamen­ti costano in media 2mila euro al metro quadro con punte di 4mila nei quartieri più centrali e quotati - Mitte, Charlottenburg - e minimi di 1.300 in aree più periferiche come Spandau e Neukòlln. La pressione dei nuovi arrivati, ha già fatto lievitare gli affit­ti del 7,8% annuo dal 2009.

La pressione abitativa non pare destinata a fermar­si: L'investitore oggi può contare su rendimenti lordi del 4-5 per cento, in ascesa(!)

Là corsa al mattone (il tasso di risparmio ha raggiunto il 17%) è stata innesca­ta dalla crescita dell'economia (+3% nell’ultimo anno) e soprattutto da molteplici investitori esteri attratti da un mix di fattori.

Sicuramente la stabilità tedesca influisce sulle scelte degli investitori stranieri, anche se non è da sottovalutare lo sviluppo dei servizi e delle molteplici attività connesse, se a ciò poi si uniscono prezzi al mq particolarmente interessanti (in specialmodo per il piccolo investitore italiano) e la qualità architettonica a volte particolarmente elevata si arriva a questo mix vicente.

Attenzione: a Berlino più che altrove, la scelta della giu­sta location pesa. La città è eteroge­nea, piena di contrasti, non esistono zone completamente "bonificate", ci sono quartieri più sociali e ancora tanti pa­lazzi da rimettere a posto. Bisogna lo­calizzare bene l'opportunità per non rischiare di trovarsi con un immobi­le difficile da rivendere.

Allora dove? Accanto al sempreverde Mitte, ol­tre al solito FriedrichshainKreuz-berg punteggiato di cantieri sulle banchine della Sprea, emergono al­tri quartieri. Steglitz, a Sud-Ovest, è una gradevole zona resi­denziale, tranquilla, con bei palazzi d'epoca. A Nord di Mitte, inoltre, sta crescendo Wedding dove si compra a 1.000-1.200 euro al metro quadro. Merzahn, nell'estremo est, costa poco ed è im­merso nella campagna. In termini di rendimento e di rivalutazione dun­que è un po' più rischioso ed infine Lichtenberg, a est, sta emergendo co­me un'area residenziale accessibile, dunque attraente.


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lunedì 26 marzo 2012

Il costo dei mutui torna a scendere?

Scende lo spread tra Btp e Bund e calano anche le rate dei mutui, di quelle variabili soprattutto. L'iniezione di liquidità della Banca centrale europea (Bce) sembra, dunque, aver sortito i propri effetti e i tassi Euribor sono improvvisamente scesi fino a tornare vicini ai minimi storici di due anni fa.

L’Euribor, dunque, torna ai minimi e gli italiani tornano a voler investire nel mattone. In linea generale, è possibile stimare un risparmio di almeno il 5% rispetto alla scorsa estate, che tradotto in termini pratici significa che se se per un mutuo a 20 anni da 100.000 euro si pagava 538 euro su base mensile ora il costo scende a 510 euro circa.

Nonostante una lieve ripresa del mercato del mattone rispetto agli ultimi mesi del 2011, comprare una casa oggi costa ancora moltissimo, soprattutto a causa dei tassi applicati dalle banche. La discesa dei costi sui mutui emerge per i tassi variabili e nella durata più breve, dieci anni, tra le offerte più convenienti spicca quella di Cariparma, Crédit Agricole che prevede un tasso iniziale del 3,77%, mentre un mese fa per la stessa durata Intesa Sanpaolo proponeva la migliore offerta, con un tasso del 4,11%.

La rata, per un importo di 120 mila euro, è scesa così da 1.195 euro a 1.180. Nella durata più lunga, 40 anni, Ing Direct offre oggi un finanziamento al 4,30%, che si confronta con il 4,50% proposto un mese fa dallo stesso istituto.

Non va bene, invece, in questo marzo 2012 il tasso fisso, il cui costo cresce al contrario del variabile, segno che forse coloro che hanno sempre preferito il variabile hanno sempre avuto ragione, nonostante per alcuni momenti nei mesi passati sia stato meno conveniente del fisso.

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venerdì 23 marzo 2012

Ristrutturazioni Edilizie - Parte 2 -

L'incenti­vo (detrazione Irpef e Ires del 55%)riguarda le persone fi­siche, le imprese e le società, per gli interventi effettuati su qualunque tipo di immobile (non solo per le abitazioni e lo­ro pertinenze, come per le age­volazioni generiche del 36%).

Per il 2012, le regole da segui­re restano tutte invariate ri­spetto alla disciplina valida per l'anno scorso, compresi gli im­porti massimi di detrazione, gli adempimenti necessari (bonifi­co per le persone fisiche e i pro­fessionisti, invio consuntivo della comunicazione all'Enea entro 90 giorni dalla fine dei la­vori) e le modalità di ripartizio­ne del bonus (io anni per tutti).

L'unica variazione sostanzia­le è che, con la proroga al 2012 della detrazione Irpef e Ires del 55%, l'incentivo è stato este­so anche alle spese sostenute, solo nel 2012, «per interventi disostituzione di scalda acqua tradizionali con scalda acqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sa­nitaria». Per individuare i limi­ti di spesa agevolata per que­sto nuovo incentivo, si deve fa­re riferimento a quelli previsti per la sostituzione degli im­pianti di climatizzazione in­vernale (articolo i, comma 347, 296/2006). Quanto speso per lo scalda acqua a pompa di calo­re deve essere sommato alle spese per gli altri interventi agevolati nella stessa catego­ria, cioè le spese per la sostitu­zione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione in­vernale con impianti dotati di caldaia a condensazione e con­testuale messa a punto del si­stema di distribuzione. È com­presa in questa categoria an­che la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta effi­cienza e con impianti geotermi­ci a bassa entalpia. Il totale di tutte queste spese non deve su­perare il limite di 54.545,45 eu­ro, quindi, la massima detrazio­ne Irpef e Ires del 55% è di 3omi-la euro, ripartibile in io anni nel modello 730 o in Unico.

Gli altri limiti di detrazione sono:

100.000,00 euro per la riqualifi­cazione energetica di edifici esistenti;

60.000,00 euro per l'involucro di edifici (finestre comprensi­ve di infissi, pareti e coperture su edifici esistenti);

60.000,00 euro per l'installazio­ne di pannelli solari.

In tutti questi casi, dovranno essere rispettati i requisiti sta­biliti dalle norme di attuazione del 55%: Dm Sviluppo 11 marzo 2008 e Dm Economia e finanze 19 febbraio 2007.

II nuovo articolo io-bis, comma i, lettera h), Tuir, pre­vede che dal 2013 i soggetti Ir­pef potranno detrarre il 36% delle spese sostenute per «opere finalizzate al consegui­mento di risparmi energeti­ci», con particolare riferimen­to agli impianti basati sull'utilizzo di fonti rinnovabili.

Questa nuova disciplina si applicherà solo per le spese ef­fettuate a decorrere dal 1° gen­naio 2013. Se non verrà proroga­ta al 2013 la detrazione del 55% sugli interventi per il rispar­mio energetico, quindi, l'unica possibilità per beneficiare di sconti fiscali relativi a queste spese sarà quella contenuta, so­lo per i soggetti Irpef e non per quelli Ires, nell'articolo 16-bis, comma i, lettera h, Tuir.

Relativamente agli interven­ti agevolati dal 2013, si parla ge­nericamente di «opere finaliz­zate al conseguimento di ri­sparmi energetici con partico­lare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di ener­gia», per le quali è necessario acquisire «idonea documenta­zione attestante il consegui­mento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia».

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martedì 20 marzo 2012

Ristrutturazioni edilizie - parte 1

Il decreto salva-Italia varato dal Governo Mon­ti, ha confermato per tutto il 2012 che chi ristruttura casa potrà beneficiare dello “sconto” del 55%.

Dal 1° gennaio 2013, invece, le opere per l'efficienza energeti­ca dovrebbero avere il 36%, la storica detrazione sui lavori di recupero, che lo stesso salva-Italia ha trasformato in un bene­ficio stabile, senza bisogno di continue proroghe.

Vediamo da vicino le modifiche che si prospettano nel 2013:

Se la proroga del 55% e la stabi­lizzazione del 36% sono buone notizie per i proprietari di casa, il discorso è un po' diverso sul fronte delle procedure per acce­dere a questi bonus. L'obbligo di inviare la comuni­cazione preventiva di inizio la­vori al Centro operativo di Pescara delle Entrate è stato can­cellato per i cantieri avviati dal 14 maggio 2011 in poi (mentre ne­gli interventi precedenti resta un adempimento indispensabile per avere la detrazione); «proprio in seguito all'elimi­nazione dell'invio a Pescara, è stato previsto l'inserimento nella dichiarazione dei reddi­ti dei dati catastali degli im­mobili ristrutturati; sempre dal 14maggio dell'an­no scorso è stato eliminato l'obbligo di indicare separata­mente nelle fatture il costo del­la manodopera impiegata nei lavori (ma l'indicazione è anco­ra necessaria per le fatture con data anteriore);

per i rogiti stipulati dal 17 settembre 2011 in poi è stata intro­dotta la possibilità di negozia­re il trasferimento delle detra­zioni - sia del 36% che del 55% -tra venditore e compratore, e poi dal gennaio 2012 si è preci­sato che, nel silenzio dell'atto, il bonus passa all'acquirente; « per le sole spese sostenute dal 1 gennaio di quest'anno, viene meno la possibilità di ac­corciare la detrazione (a cin­que o tre rate) per i contribuen­ti oltre i 75 e gli 80 anni d'età;

da gennaio 2012 scatta anche l'estensione del 36% ai lavori di riparazione degli immobili danneggiati da calamità natu­rali, anche anteriori al 2012, purché sia stato dichiarato lo stato d'emergenza;

da quest'anno c'è anche una piccola novità per il 55%, che si allarga agli scalda acqua con pompa di calore (limite di spesa di 3omila euro nello stesso "capitolo" delle caldaie).

Tante modifiche di cui tene­re conto, che però non esauri­scono le novità procedurali. Di fatto, a partire dal Dl 40/2010, il catalogo dei per­messi si è complicato fino ad ar­rivare a sei diversi livelli di «ti­toli abilitativi» a seconda della tipologia di opere: si va dalla semplice comunicazione di ini­zio lavori, fatta direttamente dal proprietario dell'immobile (senza neanche l'aiuto del tec­nico) valida, ad esempio, per i pannelli solari fino al più com­plicato permesso di costruire (necessario per gli interventi più pesanti quali la demolizio­ne e ricostruzione).

II salva-Italia ha disinnescato la mina del taglio automatico dei bonus (5% nel 2012 e 20% nel 2013), ma sul futuro delle de­trazioni fiscali per l'edilizia pesano almeno altre due incogni­te. La prima è il possibile rinca­ro di due punti dell'Iva, che dal 1° settembre di quest'anno po­trebbe aumentare dal 21 al 23% (l'aliquota ordinaria) e dal 10 al 12% (l'aliquota ridotta che si ap­plica - tra l'altro - a molti degli interventi coperti dal 36% e dal 55 per cento).



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lunedì 12 marzo 2012

Casa donata e mutuo


Chi si ritrova un immobile con provenienza donativa deve fare i conti con molte difficoltà e complicazioni nel caso in cui decida di richiedere un mutuo per eseguire dei lavori all’interno della casa.

Le banche infatti, soprattutto in questo momento di crisi per il sistema bancario, difficilmente accendono un’ipoteca sugli immobili oggetto di donazione perché come tali possono essere impugnati dagli eredi. La revoca da parte del donante può essere eseguita fino a 10 anni dopo la morte del donatario o fino a 20 anni dalla firma dell’atto. Un tempo lunghissimo lungo il quale chi ha ricevuto la donazione può, quindi, trovarsi in una seria di difficoltà sia per ottenere un mutuo che per rivendere la casa, visto che difficilmente questa categoria di immobile trova spazio sul mercato.

Il motivo è semplice. La donazione è un atto che anticipa a tutti gli effetti la successione. E il nostro Codice Civile prevede, in proposito, norme molto puntuali sull’eredità. Per legge, infatti, va ai legittimari (vale a dire ai parenti più stretti come coniugi o figli) la quota dell’eredità, anche se ci sono un testamento o una donazione fatti in vita.

Può, così, accadere che gli eredi che ritengono di aver subito un torto, agiscano in giudizio attraverso un’azione di riduzione delle donazioni per ottenere la quota loro spettante. Un atto che può essere intrapreso anche da un erede che ancora non era nato all’atto della donazione. Non è, quindi, raro che un immobile a suo tempo donato possa tornare a far parte dell’eredità e che la persona che lo abbia ricevuto in donazione o lo abbia comprato debba addirittura restituirlo al legittimo erede.

Meglio non dimenticare che il giro di boa, cioè il tempo sufficiente a mettere al sicuro il donatario, resta quello dei 20 anni dalla trascrizione della donazione. Così come sancisce la legge n° 80 del 2005 che, modificando parzialmente l’articolo 563 del Codice Civile, impone che “decorsi venti anni dalla donazione e qualora nessuno abbia proposto opposizione, il bene donato circola liberamente, senza poter essere oggetto di pretese ereditarie”. In altre parole, solo dopo aver superato questo periodo - anche se il donante è ancora in vita - i legittimari non possono più impugnare l’atto.

Una certezza temporale che, tuttavia, non tranquillizza a sufficienza le banche che continuano a vedere negli immobili donati un serio pericolo. Queste case non risultano, infatti, libere da ogni vincolo e fino ad un ventennio gli istituti non sono tutelati perché l’ipoteca potrebbe perdere il suo valore di fronte alle pretese degli eredi legittimi.

È però anche vero che difficile non significa impossibile. Le banche possono, infatti, decidere di concedere ugualmente un mutuo su un immobile donato quando ci sono le giuste condizioni. Si tratta, ad esempio, di chiedere al donante di cointestarsi il mutuo o di fargli prestare la fideiussione nella vendita così che, in caso di azione legale, i diritti vantati compenseranno i danni economici derivanti dall’azione giudiziaria. Un esborso di soldi che il più delle volte blocca la richiesta di restituzione dell’immobile.

Per quanti, infine, riuscissero ad ottenere un mutuo ipotecario per finanziare i lavori di ristrutturazione sulla prima casa ricevuta in donazione ci sono buone notizie: è sempre possibile detrarre gli interessi passivi.

Secondo le disposizioni, infatti, non importa che l’immobile sia arrivato in possesso a titolo gratuito. Per usufruire dell’agevolazione fiscale la condizione indispensabile è che la stipula del contratto avvenga nei 6 mesi antecedenti o nei 18 mesi successivi all’inizio dei lavori. Ricordando altresì che la ristrutturazione deve essere completata entro il termine previsto dall’autorizzazione amministrativa, salvo proroghe.


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lunedì 5 marzo 2012

Cassazione 778/2012 - Condominio, tubo di raccordo il danno è condiviso

Con sentenza n. 778 depositata il 19 gennaio 2012, la seconda sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini è limitata fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella colonna verticale. Pertanto in caso di infiltrazioni, la proprietà della braga di racccordo è del condominio data la sua funzione prevalente di raccordo senza cui il funzionamento della colonna verticale sarebbe venuto meno. Se è rotta la braga, dunque, il condominio deve quindi risarcire i danni derivanti dalle infiltrazioni. Rigettando il ricorso di un condominio che veniva condannato, sia in primo che in secondo grado a risarcire di danni derivanti dalle infiltrazioni, la Suprema Corte è stata chiamata, in sostanza a risolvere il problema relativo alla qualificazione o meno di bene condominiale della parte della colonna di scarico che, all'altezza dei singoli piani dell'edificio condominiale, funge da raccordo tra la colonna di scarico e lo scarico individuale dei singoli appartamenti. Confermando quanto deciso in secondo grado dal Tribunale, la Corte ha così spiegato che "può considerarsi circostanza pacifica che la fessurazione che ha dato origine all'infiltrazione di cui è causa sia collocata nella braga che funge da collegamento tra la colonna verticale di scarico (pacificamente condominiale) e gli scarichi collegati agli appartamenti dei resistenti e dell'intimato non costituito (...).Il Tribunale ha ritenuto di considerare condominiale la braga in questione in relazione alla sua funzione, ritenuta prevalente, di raccordo tra le singole parti e la conduttura verticale di scarico. E' appena il caso di osservare che, in assenza della braga in questione, non vi sarebbe raccordo tra le tubazioni di scarico verticale poste in corrispondenza dei singoli piani dell'edificio condominiale. Occorre anche considerare che l'intervento su detto raccordo deve essere operato sulla condotta verticale, mentre qualsiasi intervento sui tubi di scarico delle singole unità immobiliari fino al raccordo in questione può essere effettuato senza sostanzialmente impegnare lo scarico condominiale. In definitiva quindi il Tribunale ha fondato la sua decisione con un'argomentazione con la quale ha dato prevalenza alla specifica conformazione della colonna verticale di scarico, della quale fa parte proprio la braga di collegamento (e senza la quale il funzionamento della colonna verticale verrebbe meno) rispetto alla funzione di collegamento con gli scarichi delle singole unità immobiliari. Il ragionamento compiuto dal giudice non appare affetto dai vizi denunciati, né appare violato l'articolo 1117, 3° comma del codice civile, posto che correttamente quest'ultimo può essere interpretato nel senso che la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini sulla colonna verticale è limitata fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella stessa".

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