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domenica 2 dicembre 2012

17 dicembre IMU - La Guida

Guida pratica per l'Imu


Individuare l'aliquota applicabile. 
Dove le decisioni locali sono arrivate a ridosso del termine del 31 ottobre, è inevitabile che ci sia ancora un certo grado di incertezza, anche perché spesso gli uffici hanno avuto bisogno di qualche giorno per comporre il testo definitivo con gli emendamenti votati in aula. In tutti questi casi, la via più sicura è verificare direttamente con il Comune la disciplina applicabile (sul sito ufficiale o all'ufficio tributi). In ogni caso, anche dove le delibere risalgono a qualche mese fa, potrebbero esserci zone grigie. Le case concesse in uso gratuito ai parenti sono un buon esempio: con l'Imu non possono essere assimilate all'abitazione principale, ma il Comune può prevedere un trattamento di favore, cosa che in effetti avviene nel 28% dei capoluoghi di provincia. Il perimetro dell'agevolazione, però, varia parecchio: a volte lo sconto è riservato ai parenti di primo grado in linea retta (genitori e figli); altre volte è esteso fino al 3° grado, ma con aliquote via via più care; altre volte ancora è subordinato ad altri requisiti, come l'esistenza di utenze intestate al parente da almeno un anno.

Dividere il tributo tra Stato e Comune.
 Per come è congegnata l'Imu, si può tranquillamente calcolare l'imposta in modo perfetto, e poi sbagliare a pagarla, perché bisogna dividere l'importo tra quota statale e quota comunale su tutti gli immobili diversi dall'abitazione principale (e fattispecie affini) e dai fabbricati rurali. E se a giugno per ripartire il tributo fra Stato e Comune bastava dividere a metà, adesso bisognerà tenere conto che la quota statale è sempre dello 0,38% su base annua, e che quindi – ai fini del saldo – alle casse erariali va versata una sorta di "Imu fissa" calcolata con l'aliquota dello 0,19%, mentre al Comune, in buona sostanza, va la differenza.

Considerare i "tempi" giusti. 
Un aspetto spesso sottovalutato è il periodo per cui si possiedono i requisiti che fanno scattare una certa aliquota. Il caso più semplice è quello di un alloggio che resta sfitto per due mesi e viene affittato per gli altri dieci (ricordando che un periodo di almeno 15 giorni conta come mese intero). Ma ci sono anche situazioni più sottili, come la firma di un preliminare di vendita, che non libera il venditore dall'obbligo di pagare l'Imu, neppure se il possesso passa fin da subito al futuro acquirente. In tutti questi casi, l'imposta va parametrata alla durata, variando, se necessario, i codici tributo.
Compilare correttamente il modello F24. È vero che il saldo potrà essere pagato anche con bollettino – non ancora pubblicato – ma per adesso il modello F24 sembra la soluzione più rodata, anche alla luce dell'esperienza dell'acconto. Posto che va barrata la casella «Saldo» indicando la rateazione «0101» per la prima casa, l'arrotondamento va fatto all'euro per singolo rigo d'imposta, e anche la detrazione sull'abitazione principale va arrotondata nello stesso modo. Attenzione poi al numero di immobili: tutti quelli riconducibili allo stesso codice tributo situati nello stesso Comune vanno sommati, contando anche le pertinenze censite in modo autonomo in catasto; ad esempio, chi paga per la casa, un garage e un magazzino, deve indicare «003».
 
Le tipologie
Gli altri immobili
 Imu variabile sui fabbricati diversi dall'abitazione principale
Il calcolo del saldo si presenta come un vero e proprio percorso a ostacoli. Mentre l'acconto versato nello scorso mese di giugno è stato quantificato con le aliquote base, il conguaglio da versare alla scadenza del 17 dicembre dovrà essere determinato tenendo conto delle delibere dei Comuni che – soprattutto per gli immobili diversi dall'abitazione principale – possono aver variato le aliquote e previsto agevolazioni.
Il primo step del calcolo consiste nella quantificazione della base imponibile. Per i fabbricati iscritti in catasto, l'imponibile si calcola applicando alle rendite catastali risultanti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5%, i seguenti moltiplicatori:
- 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A (con esclusione dell'A/10) e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7: in pratica, le case e le loro pertinenze;
- 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5, che comprendono, tra gli altri, gli edifici a finalità pubblica e i laboratori artigiani;
- 80 per i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/10 e D/5, cioè uffici, banche e assicurazioni;
- 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D (con esclusione di D/5), elevato a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013, gruppo in cui rientrano anche i capannoni;
- 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1, che contraddistingue i negozi.
Nella quantificazione della base imponibile si deve tener conto anche delle eventuali deduzioni previste, quali ad esempio la riduzione del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.

L'aliquota corretta
Dopo aver determinato la base di calcolo, il passo successivo è l'individuazione dell'aliquota corretta per il caso specifico. Per gli immobili diversi dall'abitazione principale e dai rurali strumentali, in tutti i casi in cui il Comune non ha dettato un'aliquota ad hoc si applica quella ordinaria, che ogni città può modulare dallo 0,46% all'1,06 per cento. Inoltre, i Comuni possono introdurre altre misure agevolative: una di queste può riguardare i fabbricati locati per i quali è consentito ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4%, anche in considerazione del fatto che la nuova imposta comunale, oltre all'Ici, sostituisce la componente immobiliare dell'Irpef e delle relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari degli immobili non locati. Alcuni Comuni hanno deciso di differenziare l'aliquota solo per i fabbricati locati di natura abitativa e, in alcuni casi, hanno riservato il trattamento di favore ai soli contratti a canone concordato.
La stessa agevolazione può essere estesa anche agli immobili non produttivi di reddito fondiario e a quelli posseduti dai soggetti Ires. Infine, una specifica norma di favore è riservata ai beni merce, con l'aliquota che può scendere fino allo 0,38 per cento. Proprio in considerazione di questa ampia potestà regolamentare, che opera comunque all'interno del perimetro delineato dal legislatore, i contribuenti devono necessariamente leggersi le delibere dei Comuni dove sono localizzati gli immobili, per non commettere errori nel versamento.

Il conguaglio dovuto a saldo
Quantificato l'imponibile ed individuata l'aliquota corretta, il contribuente può calcolare l'imposta complessiva dovuta per il 2012 in relazione a ciascun immobile. La differenza tra questo importo e l'acconto di giugno rappresenta il saldo da versare a conguaglio entro il 17 dicembre. Tuttavia, occorre fare attenzione al fatto che nel modello di versamento vanno riportate distintamente la quota statale e quella di spettanza del Comune. Infatti, è riservata allo Stato la quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando al l'imponibile di tutti gli immobili – a eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze nonché dei fabbricati rurali ad uso strumentale – l'aliquota di base pari allo 0,76%, cioè lo 0,38% su base annua.
Scendiamo nel dettaglio:

INAGIBILI O STORICI
Confermata la riduzione di imponibile al 50%
 A risolvere i problemi di applicazione dell'Imu ai fabbricati inagibili o inabitabili, nonché quelli relativi agli immobili vincolati per motivi storico-artistici, è il decreto legge n. 16/2012 (convertito nella Legge n. 44/2012).
Ai fabbricati inagibili o inabitabili – di fatto non utilizzati – l'Ici accordava una riduzione dell'imposta pari al 50%, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistevano queste condizioni. Seppure con diversa formulazione, anche per ciò che riguarda il calcolo dell'Imu il Dl n. 16/2012 ha accordato tale riduzione sulla base imponibile, lasciando sostanzialmente inalterato il risultato.
L'applicazione dell'agevolazione è prevista quando l'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con una perizia resa da un soggetto abilitato, con spese a carico del proprietario; quest'ultimo, nel formulare la richiesta d'inagibilità o inabitabilità, deve allegare idonea documentazione, solitamente fotografica. In alternativa, il proprietario può presentare (ai sensi dell'articolo 35 del Dpr 445/2000) un'autocertificazione che attesti le caratteristiche di fatiscenza del fabbricato e la mancanza di elementi che consentono l'abitabilità, come ad esempio l'allacciamento a luce e acqua. Esiste inoltre la possibilità di procedere a un riclassamento nella categoria dei fabbricati collabenti (F/2).
Per quanto riguarda gli immobili d'interesse storico-artistico – espressamente tutelati dall'articolo 9, comma 2, della Costituzione – la base imponibile è ora determinata adottando i criteri ordinari e applicando poi la riduzione del 50 per cento. In precedenza, la base imponibile era determinata rivalutando del 5% la rendita catastale computata in base alla tariffa d'estimo minore, tra quelle previste per le abitazioni site nella stessa zona censuaria.
Nell'interesse pubblico, i proprietari sono tenuti alla conservazione dei beni culturali; per adempiere tale dovere si trovano a sostenere, non di rado, costi di manutenzione elevati; di conseguenza, il reddito effettivo degli immobili risulta non determinabile con certezza.
In considerazione del carattere patrimoniale di un'imposta quale l'Imu, è evidente che per i proprietari d'immobili d'interesse storico-artistico si profila un rincaro. In considerazione del complesso di vincoli e obblighi gravanti per legge sui proprietari d'immobili d'interesse storico-artistico, sarebbe opportuno – in presenza di interventi di manutenzione che li rendano temporaneamente inagibili o inabitabili – introdurre la possibilità di poter applicare alla base imponibile ridotta del 50% l'ulteriore riduzione del 50% prevista per detti fabbricati inagibili o inabitabili, così da consentire il parziale ripristino delle precedenti agevolazioni; la base imponibile verrebbe così, in definitiva, tassata nella misura del 25 per cento.

2) PATRIMONI AZIENDALI
Le manovre dei Comuni per gli edifici d'impresa
 La normativa Imu offre ai Comuni un'ampia possibilità di disporre agevolazioni per gli immobili posseduti da imprese, compresa l'esenzione della quota comunale per gli immobili merce – cioè i fabbricati realizzati per la vendita – delle imprese di costruzione. Il Comune può in generale aumentare fino all'1,06% l'aliquota di base, pari allo 0,76%, o diminuirla fino allo 0,46%, ma per certe categorie può arrivare anche allo 0,4 per cento. Si tratta degli immobili delle imprese commerciali e di quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'arte o della professione. La stessa aliquota ridotta può essere riconosciuta in generale per tutti gli immobili posseduti da soggetti passivi Ires.
Il Comune può anche articolare le agevolazioni e differenziarle all'interno delle singole categorie catastali, così come espressamente previsto dall'articolo 8, comma 7 del Dlgs 23/2011. Al riguardo, la circolare 3/2012 del ministero dell'Economia sottolinea che la manovrabilità delle aliquote deve essere sempre esercitata nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione. Nella maggior parte dei casi i Comuni hanno alzato l'aliquota, ma spesso hanno al contempo previsto diverse agevolazioni per una platea selezionata di beneficiari
Se nulla è previsto scatta l'obbligo di presentare la dichiarazione Imu.

1 Parenti in casa
Come sono tassati dal punto di vista dell'Imu le case concesse in uso gratuito ai parenti?
La disciplina Imu non prevede la possibilità, come nell'Ici, di assimilare l'abitazione concessa in uso gratuito all'abitazione principale. In generale, quindi, l'abitazione in uso gratuito a parenti sconta l'aliquota ordinaria deliberata dal Comune. Molti Comuni, comunque, hanno previsto per questa fattispecie un'aliquota agevolata, talora modulata in base al grado di parentela.

2 Impianti fotovoltaici
Come si paga l'Imu sugli impianti fotovoltaici a terra con accatastamento autonomo?
L'agenzia del Territorio con nota n. 31892 del 22 giugno 2012 ha ribadito che gli impianti fotovoltaici devono essere accatastati in categoria D/1. Un distinguo va fatto per impianti fotovoltaici utilizzati dagli agricoltori. L'articolo 1, comma 423 della legge 266/2005 stabilisce che la produzione e cessione di energia elettrica costituisce attività agricola per connessione. Le Entrate, con circolare 32/2009, hanno individuato i criteri di connessione con l'attività agricola. Questi impianti sono accatastati in categoria D/10 e quindi scontano l'Imu con l'aliquota prevista per i rurali strumentali e, se si trovano in Comuni montani o parzialmente montani, sono esenti.

3 Classe e uso in contrasto
Come si paga l'Imu sugli immobili accatastati in una categoria diversa dall'uso (es. A/10 usato come abitazione)?
Il classamento nella categoria delle abitazioni è presupposto per l'applicazione dell'aliquota e delle detrazione previste per la prima casa. La Cassazione, già nell'Ici (sentenza 21332/2008), ha ritenuto che il contribuente ha diritto alle agevolazioni solo se ha operato in linea con le norme che le prevedono. È indubbio che in questo caso si sia omesso di presentare una denuncia di variazione d'uso, e che quindi l'Imu sarà pagata sul valore catastale dell'A/10 (con moltiplicatore 80 anziché 160) fermo restando che il proprietario dovrà sanare la situazione.

La prima casa
Per effettuare il saldo del l'Imu sull'abitazione principale bisogna considerare che solo per quest'anno è possibile versare l'imposta in tre tranche: un primo acconto a giugno pari a 1/3 dell'imposta calcolata con l'aliquota dello 0,4%, un secondo acconto a settembre, calcolato sempre sull'aliquota base nazionale, e il saldo a dicembre. In occasione del saldo, però, bisogna applicare l'aliquota determinata dal singolo Comune – la cui media nei capoluoghi è pari allo 0,45% – e calcolare il saldo al netto degli acconti di giugno e settembre (per chi ha scelto questa soluzione) oppure al netto dell'unico acconto versato a giugno. Il tutto ovviamente a condizione che sussista il requisito dell'abitazione principale, la cui definizione è peraltro più ristretta rispetto all'Ici.
I requisiti
In primo luogo, nell'immobile il contribuente deve avere contemporaneamente la «dimora abituale» e la «residenza anagrafica», mentre con l'Ici le risultanze anagrafiche costituivano una semplice presunzione. Deve poi trattarsi di «unica unità immobiliare»: non è più possibile, quindi, considerare abitazione principale due immobili contigui, escluso il caso di unità immobiliari catastalmente unite ai soli fini fiscali. Il doppio requisito della dimora abituale e della residenza anagrafica deve riguardare «il possessore e il suo nucleo familiare». Va però chiarito, nel caso in cui i coniugi vivano in case diverse nello stesso Comune, che solo una può usufruire dell'aliquota agevolata, peraltro soggetta all'obbligo dichiarativo. Nell'ipotesi in cui sia invece un figlio a vivere in un altro immobile ubicato nello stesso comune, costituendo così un nuovo nucleo familiare, il genitore perde solo l'eventuale maggiorazione della detrazione. E arriviamo così alle agevolazioni di cui gode l'abitazione principale.
Le agevolazioni
Oltre all'aliquota ridotta, è prevista una detrazione base di 200 euro e una maggiorazione, limitata al biennio 2012-2013, pari a 50 euro per ogni figlio convivente di età inferiore ai 26 anni e fino a 400 euro. Pertanto, il massimo teoricamente raggiungibile dalla detrazione (base + maggiorazione) ammonterebbe a 600 euro. I Comuni possono comunque disporre l'aumento della detrazione, fino alla concorrenza dell'imposta dovuta, anche introducendo varianti correlate al reddito del contribuente o altri elementi.
Altra particolarità dell'abitazione principale è costituita dalla devoluzione dell'intero gettito ai comuni, soluzione peraltro prevista anche per i fabbricati rurali strumentali e per gli alloggi Iacp e delle cooperative a proprietà indivisa: in questi casi l'imposta perde la sua natura dualistica non essendo dovuta la quota erariale. Di conseguenza, tutto il tributo va versato in un unico rigo del modello F24.
Immobili assimilati
La disciplina delle abitazioni principali si estende inoltre alle assimilazioni legali e a quelle decise dai Comuni. A parte le pertinenze (nel limite di tre), l'unica forma di assimilazione ope legis è costituita dalla casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato, mentre nel secondo gruppo (facoltativo) rientrano le abitazioni degli anziani e disabili lungodegenti e quelle dei cittadini italiani residenti all'estero. Per gli alloggi Iacp e delle cooperative a proprietà indivisa l'agevolazione è invece limitata – secondo l'interpretazione ministeriale – alla sola detrazione base (200 euro), trattandosi di contribuenti non persone fisiche.
Dove l'assimilazione è stata prevista dal Comune – ad esempio per gli anziani ricoverati – è probabile che il contribuente abbia versato un acconto considerando l'immobile come seconda casa (usando peraltro codici diversi) e ora deve pagare il saldo considerandola come abitazione principale, con la possibilità di andare anche a credito. In questo caso, non è del tutto chiaro come bisogna comportarsi, dal momento che manca una disciplina sui rimborsi della quota statale.
A rigore, la competenza per i rimborsi dovrebbe spettare al Comune, trattandosi di imposta municipale: sarebbe veramente eccessivo imporre al contribuente di presentare due istanze, una al Comune e l'altra al l'agenzia delle Entrate.

SEPARAZIONE E DIVORZIO
L'Imu cambia le regole per i coniugi separati o divorziati. L'articolo 4, comma 12-quinquies del Dl 16/2012 prevede che, ai soli fini dell'applicazione dell'Imu, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta in seguito a provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende «in ogni caso» effettuata a titolo di diritto di abitazione.
In tema di Ici, la Cassazione ha ripetutamente sostenuto che il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o di godimento, sulla casa coniugale, ha natura di atipico diritto personale di godimento e non già di diritto reale. Nell'Imu, diversamente dall'Ici, il legislatore ha qualificato espressamente il diritto a usare l'ex casa coniugale come diritto reale di abitazione. Qualche dubbio nasce sulla precisazione operata dal legislatore che l'assegnazione avviene «in ogni caso» a titolo di diritto di abitazione. Il problema sorge quando l'abitazione assegnata non è, interamente o per quota, di proprietà dei due ex coniugi, come, ad esempio, nel caso dell'abitazione posseduta dai suoceri o nel caso di abitazione posseduta a titolo di locazione.
Benché la norma si presti a diverse letture, per cui sarebbe necessario un chiarimento per via normativa, pare corretto interpretare la norma nel senso di considerare l'assegnatario dell'abitazione soggetto passivo Imu solo nella misura in cui l'altro coniuge era soggetto passivo. In altre parole, si ritiene che la normativa regoli i rapporti Imu solo con riferimento alle quote di possesso dei coniugi e non attribuisca, invece, un diritto reale di abitazione anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi soggetti e fosse occupata, ad esempio, in base a un comodato dei suoceri o in base a un contratto di locazione, rispetto al quale il giudice della separazione dispone il subentro nei confronti del solo coniuge assegnatario.
Peraltro, in questi casi il diritto ad abitare è comunque subordinato alla volontà del proprietario, in quanto, ad esempio, l'assegnazione determina la sola successione nel rapporto di comodato, ma non esclude il diritto del comodante di chiedere la restituzione dell'abitazione (Cassazione, Sezione III, sentenza 15986/2010). Diversamente, si verrebbe a costituire un diritto di abitazione anche più ampio di quello che spetta al coniuge superstite, in base all'articolo 540 del Codice civile, che sorge solo nel caso in cui l'abitazione sia di proprietà di uno o entrambi i coniugi, ma non nel caso in cui l'abitazione sia di proprietà, anche per quota, di terzi (Cassazione, 8171/1991). In conclusione, poiché è certo che l'assegnazione disposta dal giudice della separazione ha contenuto solo personale e non reale, la finzione Imu deve configurarsi solo come una (assai ragionevole) sostituzione del coniuge soggetto passivo che subisce una limitazione della proprietà.
Ai dubbi applicativi si affiancano problemi operativi legati alle lungaggini delle procedure. Sia nel caso di separazione consensuale, sia in quella giudiziale, tra la data di presentazione dell'istanza e la data di emissione del decreto che omologa la separazione consensuale o della sentenza di separazione giudiziale, la soggettività passiva non cambia, perché se anche è avvenuta la separazione di fatto, il nuovo diritto di abitazione sorge solo con il provvedimento del giudice. Il coniuge che non occupa più l'ex casa coniugale sarà costretto dunque a pagare l'Imu, anche per molti mesi, considerando l'abitazione come tenuta a disposizione.

BOX, SOFFITTE E CANTINE
La normativa Imu ha stabilito che possono essere soggette ad aliquota agevolata l'abitazione principale e le relative pertinenze, ma «esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità a uso abitativo».
La definizione si complica in presenza di unità immobiliari costituite da locali abitativi e «accessori indiretti comunicanti e non», tra i quali soffitte, cantine, lavanderie, legnaie, e così via. Per la normativa catastale, infatti, l'insieme di vani principali e accessori diretti e indiretti costituisce l'unità immobiliare abitativa.
La circolare del ministero dell'Economia n. 3/2012 ha stabilito che, nel caso una pertinenza sia già accatastata con l'abitazione, ad esempio una cantina, come spesso accade con gli alloggi in condominio, allora si potrà applicare l'aliquota ridotta all'unità abitativa e – al massimo – a una pertinenza in C/6 e un'altra in C/7 (la cantina, infatti, è assimilata dalla circolare al «tipo» C/2 anche se non è accatastata in modo autonomo). Se invece le pertinenze già censite unitamente all'abitazione principale siano due – ad esempio una cantina e una soffitta – il contribuente potrà usufruire delle agevolazioni solo per un'altra pertinenza classificata in categoria catastale C/6 o C/7. Nel caso di edifici unifamiliari in cui la presenza di locali accessori indiretti sia superiore a tre, però, il contribuente trova difficoltà oggettive ad applicare la normativa. Per una corretta applicazione della disciplina Imu, sarebbe opportuno che il legislatore chiarisse definitivamente la differenza tra locali accessori e pertinenze. L'attuale normativa fiscale non prevede limiti di estensione per le aree pertinenziali. Il vincolo di pertinenza di un'area nei confronti del fabbricato principale, sia essa cortile, orto o giardino, deve risultare da una dichiarazione o essere iscritto negli atti catastali attraverso la «graffatura». Diversa è la considerazione quando si tratta di area edificabile: per essere qualificata come pertinenza di un fabbricato, questa necessita di una modifica oggettiva e funzionale dello stato dei luoghi che sterilizzi stabilmente il suo potenziale edificatorio (Cassazione, sentenza 10090 del 9 giugno 2012).

1 Condominio, uno per tutti
Chi paga l'Imu sulle parti comuni del condominio, come l'alloggio del portiere?
La disciplina Imu non richiama l'articolo 10, comma 4 del Dlgs 504/1992, che imponeva all'amministratore del condominio di presentare la dichiarazione per le parti comuni dell'edificio. Le istruzioni alla dichiarazione colmano il vuoto normativo imponendo l'obbligo dichiarativo a carico dell'amministratore. Con l'Ici, come per l'Imu, non era individuato il soggetto tenuto al pagamento: la circolare 136/E del 1998 precisava che il versamento poteva essere effettuato dall'amministratore del condominio a nome del condominio. Si ritiene che questa prassi possa essere confermata anche nell'Imu.

2 Come paga la multiproprietà
Come si paga l'Imu sugli immobili posseduti in multiproprietà?
Sull'Ici, l'articolo 19 della legge 388/2000 prevedeva per gli immobili in multiproprietà che il versamento fosse effettuato dall'amministratore del condominio o della comunione, autorizzato a prelevare l'importo necessario dalle disponibilità finanziarie del condominio. La disciplina Imu nulla dispone sulla dichiarazione e sul versamento, ma le istruzioni alla dichiarazione precisano che l'obbligo dichiarativo è in capo all'amministratore. Si ritiene che, come per l'Ici, l'amministratore possa considerarsi anche responsabile del versamento dell'imposta, non potendosi scindere l'obbligo di denuncia da quello di versamento.

3 La casa in eredità
Come si paga l'Imu su una casa ereditata dal coniuge, che vi risiede, e dai figli, che abitano altrove?
L'articolo 540 del Codice civile dispone che al coniuge superstite è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, se di proprietà del defunto o comuni. Questo diritto grava anche sulla quota riservata ai figli. Anche in caso di rinuncia all'eredità, al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione, perché si acquista non a titolo successorio bensì a titolo costitutivo ex lege (Cassazione 1920/2008).

L'agricoltura

Con l'avvento dell'Imu, i fabbricati rurali perdono l'esenzione di cui avevano beneficiato con l'Ici. La manovra salva-Italia (articolo 13, comma 14, del Dl 201/2011) prevede l'abrogazione del comma 1-bis dell'articolo 23 del Dl 207/2008 e, di riflesso, l'assoggettamento dei fabbricati rurali all'Imu. In particolare il comma 1-bis disponeva l'esenzione ai fini dell'Ici per «le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità» indicati nell'articolo 9 del Dl 557/1993. L'abrogazione di questa norma fa venire meno qualsiasi esenzione per i fabbricati rurali, esenzione che trovava la sua giustificazione nella circostanza che la relativa rendita era già compresa nella tariffa di reddito dominicale.
Case e rurali strumentali
Una volta chiarito che l'Imu si applica anche ai fabbricati rurali, occorre precisare che le regole di tassazione sono differenti a seconda che il fabbricato sia adibito a uso abitativo o a uso strumentale.
L'imposizione dei fabbricati rurali abitativi segue le regole ordinarie, pertanto l'aliquota di base è dello 0,76%, che i Comuni possono diminuire o aumentare sino a un massimo di 0,3 punti percentuali. Tuttavia, nel caso in cui l'immobile sia adibito ad abitazione principale, si ha diritto a godere delle relative agevolazioni: aliquota di base ridotta allo 0,4% e detrazione di 200 euro maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 26 anni.
I fabbricati rurali strumentali invece sono assoggettati a un'aliquota ridotta pari allo 0,2%, che i Comuni possono diminuire ulteriormente fino allo 0,1% per cento. Rientrano tra questi fabbricati anche quelli a destinazione abitativa dei dipendenti dell'azienda agricola, a tempo indeterminato o determinato, per un numero annuo di giornate lavorative superiori a 100, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento. Sono inoltre esenti dall'imposta i fabbricati rurali strumentali ubicati in Comuni classificati montani o parzialmente montani, in base al l'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istat, secondo quanto previsto dal comma 8 del l'articolo 9 del Dlgs 23/2011.
Bisogna notare che per le abitazioni l'acconto di giugno è stato pari a metà dell'imposta (o 1/3, per i proprietari di prime case che hanno scelto di versare anche la rata di settembre), mentre per i rurali strumentali l'acconto è stato del 30%, con la conseguenza che il saldo sarà decisamente più pesante della prima rata, dovendo andare a conguaglio con l'aliquota decisa dal Comune.

Per quanto riguarda la base imponibile, in generale i coefficienti da applicare al valore della rendita rivalutata del 5% variano a seconda della categoria in cui sono accatastati gli immobili. I fabbricati rurali a uso strumentale sono generalmente iscritti in catasto fabbricati nella categoria D/10, mentre le abitazioni rurali ricadono nella categoria dei fabbricati classificati nel gruppo catastale A. I coefficienti corrispondenti sono rispettivamente pari a 60 e 160. Tuttavia, come precisato dal decreto ministeriale 27 luglio 2012 e dalla circolare ministeriale 3/DF/2012 i fabbricati rurali mantengono la categoria originaria; quindi ad esempio un ufficio aziendale mantiene la categoria A/10 e, come tale, il coefficiente è 80.
I fabbricati da censire
Il comma 14-ter dell'articolo 13 del Dl 201/2011 dispone che i fabbricati rurali iscritti al catasto dei terreni debbano essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, per consentirne l'assoggettamento a tassazione. Diversamente, questi fabbricati risulterebbero sprovvisti di rendita, e sarebbe impossibile assoggettarli all'Imu. Per i fabbricati iscritti in catasto entro il 30 novembre, l'imposta municipale si versa in una soluzione entro il 17 dicembre, perché in questo caso non è stato versato l'acconto di giugno.


TERRENI
La vecchia circolare Ici delimita le zone esenti
La base imponibile per il calcolo dell'Imu relativa ai terreni agricoli è pari all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto rivalutato in un primo momento del 25% e poi per un coefficiente pari a 135, oppure 110 per i terreni posseduti e coltivati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (Iap). L'aliquota applicabile per i terreni agricoli è pari a quella ordinaria, cioè lo 0,76%, sempre modificabile fino allo 0,46% nel minimo e all'1,06% nel massimo da parte dei Comuni. Va notato che se i comproprietari iscritti nella previdenza agricola hanno costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente (articolo 9, Dlgs 228/2001) usufruiscono del minore coefficiente pari a 110.
I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e Iap, iscritti nella previdenza agricola, purché condotti dagli stessi, sono soggetti all'imposta limitatamente alla parte di valore eccedente 6mila euro e, per il valore successivo, fino al limite di 32mila euro, usufruiscono di un abbattimento in percentuale della base imponibile. La circolare 3/DF/2012, paragrafo 8, lettera h), ha chiarito che il possesso di terreni agricoli in aree montane o di collina delimitate in base all'articolo 15 della legge 984/1977, non comporta il pagamento dell'Imu. Questa esenzione si applica ai terreni contenuti nell'elenco allegato alla circolare 9 del 14 giugno 1993, riguardante l'Ici: attenzione, è un elenco che non coincide perfettamente con quello Istat dei Comuni montani.

AREE EDIFICABILI
Si può seguire il valore prefissato in municipio
Le aree edificabili sono assoggettate all'Imu sulla base del valore corrente di mercato alla data del 1° gennaio. Il valore deve tenere in considerazione la zona di ubicazione, l'indice di edificabilità, la destinazione – ad esempio se si tratta di area residenziale o produttiva – gli oneri necessari per la costruzione (che comportano un aumento di valore e non un costo deducibile) e i prezzi medi correnti di mercato. Di fatto, il contribuente può "stare tranquillo" se adotta il valore predeterminato dal Comune, circostanza che evita persino la dichiarazione Imu.
L'area si intende fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti generali o attuativi; lo strumento urbanistico generale è sufficiente per definire l'area edificabile indipendentemente dall'approvazione della Regione. È tale anche l'area che presenta un'effettiva possibilità di edificazione secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di esproprio.
Un'area situata in zona agricola non dovrebbe pertanto mai essere considerata edificabile anche se è sedime di un fabbricato collabente. L'eventuale inserimento di un'area agricola in una zona edificabile deve essere comunicato dal Comune ai proprietari. Secondo la circolare 3/DF/2012 l'eventuale omissione da parte del Comune comporta comunque il pagamento dell'Imu sul valore di mercato ma evita soltanto l'applicazione delle sanzioni.
I terreni situati in zone edificabili posseduti e coltivati da coltivatori diretti o Iap sono soggetti all'Imu sulla base del valore catastale come i terreni agricoli; questo vale per tutti i comproprietari se almeno uno di essi possiede queste qualifiche.

Caso per caso:

1 Il prelievo sugli orti...

La legge 44/2012 di conversione del Dl 16/2012, amplia l'oggetto dell'Imu comprendendo tutti gli immobili. Ne consegue che i piccoli appezzamenti coltivati solo per autoconsumo – orticelli – sono soggetti a Imu, mentre con l'Ici erano sempre stati esenti. Peraltro, il prelievo sarà spesso teorico, perché l'Imu applicata su qualche metro quadrato di terreno non raggiunge quasi mai l'importo minimo per il versamento (12 euro o il limite fissato dal Comune).

2 ...e quello sull'incolto

La circolare ministeriale 3/DF/2012, precisa l'assoggettamento a Imu anche dei terreni incolti, il cui valore è determinato moltiplicando il reddito dominicale per il coefficiente 135. Se i terreni incolti si trovano nel contesto di un'impresa agricola il cui proprietario e conduttore sia un coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, il coefficiente moltiplicatore è ridotto a 110. Peraltro, generalmente i terreni non coltivati sono quelli di collina o di montagna oggettivamente esenti dall'imposta.

IL VERSAMENTO
Conteggio e modello F24
La quota fissa per lo Stato complica il conguaglio
Il contribuente deve fare i calcoli e dividere l'imposta

SOLDI SOLO AL COMUNE
La rata di acconto Imu di giugno è stata versata con le aliquote e la detrazione di base, mentre il calcolo del dovuto effettivo si esegue in sede di saldo. La maggiore difficoltà per i contribuenti è rappresentata dalla conoscibilità delle delibere comunali: il termine per approvare le misure dell'Imu era fissato al 31 ottobre scorso e per la pubblicazione delle delibere vi sono 30 giorni di tempo; non è difficile, allora, comprendere come vi possano essere difficoltà per la scadenza del 17 dicembre. Uno dei sistemi più veloci è quello di consultare il sito internet del Comune o, in alternativa, di rivolgersi all'ufficio tributi.
Il procedimento di calcolo del saldo consiste nel determinare l'importo dovuto per tutto il 2012 in base all'aliquota decisa dal Comune, e nel sottrarre da tale importo l'ammontare versato in acconto a giugno.
La complicazione è che – di norma – il contribuente deve suddividere il saldo tra quota comunale e quota statale, utilizzando due righi diversi del modello F24 e due diversi codici tributo (ad esempio 3918 per la quota comunale e 3919 per quella statale su una casa affittata). La quota comunale è variabile in ragione delle decisioni adottate a livello locale, la quota erariale rimane sempre fissa: quest'ultima è infatti pari allo 0,38% dell'imponibile Imu su base annua. Quindi, al momento del saldo, la quota statale sarà sempre lo 0,19%, mentre quella comunale risulterà per differenza.

In alcuni casi, tutta l'Imu va versata al Comune, senza quota statale. Poiché questo semplifica decisamente le cose, è importante individuare bene queste situazioni. In particolare, si tratta:
dell'abitazione principale e relative pertinenze;
delle fattispecie di assimilazione all'abitazione principale eventualmente deliberate dal Comune (unità immobiliari non locate appartenenti a anziani o disabili residenti in istituti di ricovero ovvero a cittadini italiani residenti al l'estero);
degli immobili degli Iacp;
degli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa;
degli immobili in proprietà dei Comuni ubicati sul loro territorio;
dei fabbricati rurali strumentali.

Una prima difficoltà si riscontra nelle ipotesi in cui il Comune abbia deciso l'assimilazione al l'abitazione principale in ritardo rispetto alla scadenza della prima rata. In tale eventualità, il contribuente avrà pagato a giugno anche la quota di imposta erariale che, a consuntivo, risulta non più dovuta. Occorrerà pertanto presentare un'istanza di rettifica del codice tributo all'ufficio locale del l'agenzia delle Entrate, e per conoscenza al Comune, allo scopo di imputare all'imposta comunale la somma versata con il codice del l'imposta erariale. È infine evidente che tutto l'importo dovuto a titolo di saldo dovrà essere versato con il codice dell'imposta comunale (in questo caso, 3912).
Una situazione analoga si verifica nell'ipotesi in cui il Comune abbia deliberato una aliquota ridotta per determinate fattispecie. Si faccia l'esempio dell'aliquota minima dello 0,4% per gli immobili locati con contratti a canone concordato. A giugno si sarà versato, fatto 100 l'imponibile teorico, 0,19 a titolo di imposta erariale e 0,19 a titolo di imposta comunale. Il totale dell'anno è pari a 0,38 per lo Stato e a 0,02 per il Comune. Il pagamento effettivo da eseguire a dicembre deve essere dunque di 0,02 residui, interamente a titolo di imposta erariale. Inoltre, è evidente che una parte di quello che è stato versato in acconto a titolo di imposta comunale deve essere imputato a titolo di imposta erariale. Ciò sarà possibile, sempre presentando una istanza di correzione di codice tributo all'agenzia delle Entrate.
Non è difficile tuttavia immaginare che spesso i contribuenti provvederanno a versare il residuo dovuto, senza preoccuparsi della corretta imputazione di quanto pagato in acconto. Vi è da ritenere che in tale eventualità non possano essere comminate sanzioni di sorta e si dovrà provvedere ad aggiustamenti contabili tra il Comune e lo Stato, sulla base dei conteggi corretti.
Un'altra possibilità è che a saldo risulti un credito d'imposta. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, qualora il Comune abbia deliberato una detrazione fortemente maggiorata per l'abitazione principale, di cui l'interessato non ha potuto tener conto in sede di acconto. Si ritiene che il credito, con una apposita istanza presentata al Comune, potrà essere richiesto a rimborso ovvero computato in detrazione dall'Imu dovuta per il 2013.
Ipotizzando la sussistenza di un credito che afferisca sia all'imposta comunale che a quella statale, l'eventuale domanda di rimborso dovrà essere presentata al Comune, in linea di principio, per l'intero importo vantato. Nulla è però previsto su chi debba provvedere concretamente alla restituzione delle somme dovute a titolo di imposta erariale. Sul punto, saranno necessarie delle istruzioni dettagliate da parte delle Finanze.
Con il saldo debutta infine il bollettino postale di pagamento del l'Imu. Sarà quindi possibile effettuare il versamento sia con il modello F24, sia con il nuovo bollettino postale, al momento in attesa di pubblicazione.
 
LE COMUNICAZIONI
Adempimenti amministrativi
La prima casa non si dichiara
C'è più tempo per la prima denuncia Imu. Con un emendamento apportato in sede di conversione del Dl n. 174/12, in fase di approvazione in Parlamento, si è infatti previsto che la scadenza sia prorogata a 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di approvazione del modello ministeriale. Il termine viene così spostato al 4 febbraio dell'anno prossimo, stando alla formulazione attuale del l'emendamento.

I soggetti interessati
Le categorie di soggetti potenzialmente interessati alla prima scadenza sono due:
i possessori di immobili già denunciati ai fini Ici per i quali la denuncia Ici non è compatibile con le nuove regole dell'Imu;
i soggetti che hanno realizzato variazioni della situazione immobiliare nel corso del 2012 per le quali il termine ordinario di presentazione della denuncia scadeva prima dell'approvazione del modello ministeriale.
A regime, invece, il termine della denuncia è di 90 giorni dall'evento da dichiarare.

Gli immobili da dichiarare
Il primo punto importante da sottolineare, pensando agli immobili, è che l'abitazione principale non deve essere quasi mai dichiarata, neppure se si ha diritto alla maggiore detrazione di 50 euro per figli conviventi di età non superiore a 26 anni.
Fa eccezione il caso dei coniugi non separati che hanno residenze distinte nell'ambito dello stesso Comune. In tale eventualità, la disciplina del l'Imu prevede che solo a una di esse possano essere applicate le agevolazioni per l'abitazione principale. Questa è l'unità che dovrà essere indicata nella denuncia dall'effettivo proprietario.
Sempre in tema di abitazione principale, se ci sono delibere di assimilazione adottate dal Comune, la dichiarazione è obbligatoria solo per le unità dei cittadini italiani residenti all'estero.
Le istruzioni, invece, non impongono di denunciare le pertinenze della prima casa.
Per gli altri immobili, in via generale, la regola adottata dalle Finanze è quella secondo cui non devono essere dichiarate le notizie che sono conoscibili dai Comuni. Ne deriva che tutti gli atti che transitano dal sistema notarile del Mui (Modello unico informatico) – come ad esempio una compravendita – non devono essere denunciati, in quanto sono disponibili ai Comuni per il tramite del sistema di interscambio dei dati catastali.
Per le medesime ragioni, non devono essere dichiarati i fabbricati rurali, anche se esenti in quanto ubicati in Comuni classificati come montani dall'Istat. La qualifica di ruralità è infatti annotata agli atti dell'ufficio del Territorio. Ugualmente, non vanno denunciati i terreni esenti, perché ubicati in Comuni montani o collinari.
Immobili con aliquota ridotta
Un'importante novità è rappresentata dagli immobili per i quali il Comune ha deliberato un'aliquota ridotta, in attuazione di specifiche disposizioni di legge. Si tratta degli immobili locati, dei fabbricati d'impresa, degli immobili dei soggetti Ires e dei fabbricati merce delle imprese di costruzione. In tale ipotesi, in linea di principio, l'obbligo di presentazione della denuncia sussiste.
Per i beni locati, peraltro, la denuncia è obbligatoria solo se il contratto di locazione è stato registrato prima del 1° luglio 2010. A partire da tale data, infatti, i contratti devono essere registrati all'agenzia delle Entrate con l'indicazione dei dati catastali dell'immobile.
Case ereditate o inagibili
Le istruzioni ministeriali confermano la regola, già vigente nell'Ici, secondo cui gli immobili ereditati non si dichiarano. Infatti, le denunce di successione sono trasmesse ai Comuni dal l'agenzia delle Entrate.
L'inagibilità o inabitabilità, in quanto già portata a conoscenza dei Comuni, deve essere denunciata solo con riferimento alla data in cui la stessa è terminata. I fabbricati d'interesse storico-artistico, invece, devono essere sempre denunciati, sia all'inizio sia al termine del periodo di spettanza dell'agevolazione Imu.
Regole specifiche e innovative sono dettate per le abitazioni assegnate in sede di separazione o divorzio: la denuncia va presentata solo se l'immobile assegnato è ubicato in un Comune diverso da quello di celebrazione del matrimonio o da quello di nascita dell'assegnatario. A questi Comuni viene infatti trasmesso il provvedimento giurisdizionale di separazione o divorzio.
Per gli immobili di categoria D, non censiti, posseduti da imprese, si conferma la regola secondo cui la denuncia va presentata in presenza di spese incrementative rispetto al costo di acquisizione. Le istruzioni chiariscono al riguardo che, a regime, la denuncia va presentata entro 90 giorni dalla data di chiusura del periodo d'imposta in cui le spese sono contabilizzate.

ENTI NON COMMERCIALI
Gli immobili degli enti non commerciali, esenti da Imu, devono essere sempre dichiarati, anche se già denunciati ai fini dell'Ici.
Per tutto il 2012, peraltro, vale la regola secondo cui, ai fini dell'esenzione, l'immobile deve essere esclusivamente destinato alle attività istituzionali agevolate. In presenza di contestuale svolgimento di attività con modalità commerciali, l'Imu è dovuta per intero.
A partire dall'anno prossimo, sarà invece possibile scorporare la parte di immobile adibita ad attività commerciale per conservare l'esenzione sulla parte destinata all'attività istituzionale. Occorre però attendere un decreto attuativo delle Finanze. Sempre con decreto delle Finanze sarà inoltre approvato il modello di dichiarazione che dovrà essere compilato per comunicare lo scorporo.

LE ISTRUZIONI
 La dichiarazione Imu va normalmente presentata al Comune sul cui territorio si trovano gli immobili e ha efficacia anche per gli anni successivi. Sono previste tre diverse modalità di invio:

consegna diretta al Comune, che ne rilascia ricevuta;
spedizione a mezzo posta, con raccomandata senza avviso di ricevimento;
invio con la nuova modalità telematica costituita dalla posta elettronica certificata.

Circa l'eventuale spedizione dall'estero, questa dovrà avvenire con raccomandata o altro mezzo equivalente dal quale risulti con certezza la data di spedizione.
In tutti questi casi, la data di presentazione della dichiarazione corrisponde alla data di spedizione, quindi conta il giorno di invio e non quello di ricezione da parte dell'ente. Il decreto ministeriale 30 ottobre 2012 precisa inoltre che il Comune può prevedere diverse e ulteriori modalità di trasmissione della dichiarazione, dando ampia informazione. Si potrebbe ad esempio utilizzare il canale internet, consentendo ai contribuenti di inserire i dati via web direttamente sul sito del Comune, previa registrazione e fornitura di credenziali di accesso: in tal caso sarebbero proprio i contribuenti ad alimentare la banca dati comunale, evitando le successive operazioni di data-entry.
Il modello di dichiarazione è composto di due esemplari, uno per il Comune e uno per il contribuente, mentre non dovrà più essere compilata la copia per l'elaborazione meccanografica (prevista per l'Ici). Molto simili alle dichiarazioni Ici sono le due facciate del modello: la prima si limita a raccogliere i dati anagrafico-fiscali del contribuente e dell'eventuale dichiarante o contitolare, la seconda facciata contiene invece i dati relativi agli immobili oggetto di dichiarazione. Tra le novità si segnalano la casella 16, nella quale indicare la data di «inizio/termine del possesso o variazione imposta», e la casella 18 relativa alla «data di ultimazione dei lavori». È inoltre possibile indicare – con i codici 7.1, 7.2 e 7.3 – l'esatta tipologia di riduzione cui si ha diritto (beni d'impresa, immobili Ires e beni locati).
Nell'ipotesi, residuale, di un immobile situato sul confine tra più Comuni, vanno presentate tante dichiarazioni quanti sono i Comuni interessati, a differenza della disciplina Ici che prevedeva il pagamento dell'imposta al solo Comune in cui insisteva la maggior parte dell'immobile. Nel caso che l'immobile situato nel territorio di più Comuni costituisca l'abitazione principale del contribuente, egli ha comunque diritto alle aliquote e alle detrazioni deliberate da ogni Comune; la dichiarazione va presentata allora ai Comuni diversi da quello di residenza, indicando nel riquadro «Annotazioni» che si tratta di immobile che insiste su territori di Comuni diversi.

L'iter se l'ufficio chiede già un atto
Quando il Comune chiede un'apposita comunicazione o un altro adempimento per beneficiare di un'agevolazione, la dichiarazione Imu va presentata lo stesso? Le istruzioni escludono che il contribuente debba presentare la dichiarazione ministeriale in caso di consegna del contratto di locazione o di un'autocertificazione al Comune, ma la precisazione è riferita ai soli immobili locati. Tuttavia, nella prima parte le istruzioni evidenziano che con l'Ici non era necessaria la presentazione della dichiarazione se il contribuente aveva seguito le specifiche modalità per il riconoscimento di agevolazioni stabilite dal Comune. Regole che possono essere applicate anche all'Imu, eliminando le duplicazioni.
Si tratta quindi di sostituire la dichiarazione Imu con gli adempimenti richiesti dai Comuni, peraltro con una casistica e una tempistica piuttosto diversificata, che andrà osservata con attenzione dal contribuente, anche perché a volte esistono indicazioni contrastanti tra le istruzioni ministeriali e i regolamenti comunali.

PER CHI SBAGLIA
l ravvedimento operoso

Il ravvedimento operoso riduce il carico delle sanzioni ai fini Imu. Anche per questa imposta è possibile sanare eventuali irregolarità in modo agevolato, a condizione che le violazioni non siano state già constatate e, comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
Le tre opzioni
Una prima ipotesi riguarda la regolarizzazione dell'omessa presentazione della dichiarazione Imu. La sanzione è ridotta a 1/10 del minimo se il modello è presentato con un ritardo non superiore a 90 giorni. È previsto, inoltre, un taglio delle sanzioni per i mancati versamenti:
- entro il 14° giorno successivo alla scadenza, l'omesso versamento può essere sanato con il pagamento dell'imposta dovuta, degli interessi calcolati al tasso legale annuo (ora il 2,5%) e della sanzione pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo;
- se il ravvedimento è perfezionato dal 15° al 30° giorno successivo alla scadenza, in aggiunta all'imposta e agli interessi, è dovuta la sanzione fissa del 3 per cento;
- chi decide di mettersi in regola oltre i 30 giorni può sfruttare, invece, l'ulteriore possibilità del ravvedimento "lungo", pagando la sanzione pari ad 1/8 del minimo in aggiunta all'imposta e agli interessi. Questa strada può essere percorsa anche per sanare le violazioni sugli adempimenti dichiarativi in presenza di errori e omissioni, anche se incidenti sulla determinazione del tributo (ad esempio per regolarizzare l'infedele dichiarazione).
Il ravvedimento lungo
La prima bozza delle istruzioni per la dichiarazione Imu sembrava aver abolito il ravvedimento lungo. Ora la versione definitiva, riprendendo quanto previsto per l'Ici (articolo 13, Dlgs 472/1997), prevede che la riduzione della sanzione ad 1/8 spetta se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro un anno dal l'omissione o dall'errore.
Come si declina questa affermazione in relazione all'Imu? Mentre la scadenza della dichiarazione Ici non era autonoma, ma legata a quella stabilita per le imposte sui redditi, la dichiarazione Imu deve essere presentata a regime entro 90 giorni dalla data in cui il possesso dell'immobile ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti per il calcolo del tributo. Come chiarito dalla circolare ministeriale 184/1998, per l'Ici bisognava assumere il termine di presentazione della dichiarazione e non quello annuale, in quanto il procedimento dichiarativo, di liquidazione e accertamento, e il regime dell'autotassazione di questo tributo erano disciplinati in modo analogo a quello previsto per le imposte sui redditi. Presupposti venuti meno con l'introduzione del l'Imu, il cui adempimento dichiarativo risulta svincolato da una scadenza periodica come quella di Unico. Non dovrebbero più esserci dubbi, dunque, sulla possibilità di ricorrere al ravvedimento lungo per l'Imu.
Le decisioni dei Comuni
I Comuni possono anche stabilire ulteriori ipotesi di ravvedimento.

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