La pronuncia della Corte(Cass S.U. 18477/2010) ). ha suscitato molto scalpore, anche se ha comportato
la soluzione della annosa questione della revisione delle tabelle millesimali. Certo è che la pronuncia
ha sovvertito alcuni principi, che in precedenza erano stati ritenuti pacifici dalla stessa Corte, per la quale la determinazione e la modifica delle tabelle millesimali non è di competenza dell'assemblea (Cassazione 7359/1996), dovendosi l'approvazione o modifica delle tabelle configurare come un negozio di accertamento (Cassazione 7359/1964).Secondo la pronuncia della
Cassazione 14037/99 – la formazione/modifica delle tabelle millesimali, operata con delibera assembleare, senza l'unanimità dei consensi, è inefficace nei confronti dei condomini assenti o dissenzienti. Solo con la sentenza 11960/2004, la Corte era arrivata a distinguere – in sede di modifiche – tra tabelle millesimali allegate al regolamento e tabelle non allegate al regolamento. Nell'occasione, la Corte aveva puntualizzato che, ove le tabelle fossero allegate al regolamento contrattuale di condominio, per la modifica, sarebbe stato necessario il consenso unanime di tutti i condomini o una sentenza emessa dal giudice. Solo nella seconda ipotesi, la modifica avrebbe potuto essere deliberata dall'assemblea, con le maggioranze di cui all'articolo 1136, secondo comma, Codice civile. Sta di fatto che le sezioni unite hanno ora ritenuto che la delibera assembleare, che approva le tabelle, non si pone come fonte diretta del l'obbligo contributivo dei condomini, ma solo come parametro di quantificazione di tale obbligo. Conseguentemente, l'approvazione della tabella millesimale non può essere considerata né un contratto, né un atto negoziale, ma deve essere considerata solo come il risultato di una operazione tecnico-aritmetica, senza che possa configurarsi alcuna attività negoziale.
Secondo la sentenza,
la tabella millesimale non incide dunque sul valore della proprietà, ma solo sugli obblighi contributivi. Oltretutto, dovendo essere allegata al regolamento – che può essere approvato anche a maggioranza – la tabella non deve necessariamente soggiacere alla regola della unanimità, in quanto quest'ultima costituirebbe un ostacolo alla libera determinazione della volontà dei singoli condomini. La sentenza delle sezioni unite ha anche evidenziato che, sulla diversa natura delle disposizioni regolamentari e sul loro diverso regime di modificabilità, non può incidere tout court il solo fatto che la tabella sia allegata al regolamento. E ciò, anche alla stregua della giurisprudenza del passato (Cassazione 12173/1991 e Cassazione sezioni unite n. 943/1999), per la quale hanno natura contrattuale solo le clausole regolamentari limitatrici dei diritti dei condomini, sulle proprietà esclusive o comuni, attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto ad altri. Quest'ultimo principio è sicuramente da condividere, non potendosi riconoscere natura contrattuale – sempre e comunque – alle tabelle millesimali solo per il fatto che esse, ai sensi dell'articolo 68, disposizione di attuazione al Codice civile, siano allegate a un regolamento di origine contrattuale. Ulteriormente, secondo la sentenza richiamata, la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi sarebbe regolata direttamente dalla legge, sicché non rientra neppure nelle competenze dell'assemblea.
Le tabelle millesimali sarebbero infatti predisposte principalmente al fine del computo delle maggioranze in assemblea, avendo carattere pregiudiziale rispetto alla costituzione e alla validità delle delibere assembleari, oltreché per la misura della contribuzione dei singoli condomini. Tant'è che l'articolo 68 delle disposizioni attuative, al suo comma primo, dispone che per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del Codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o ciascuna porzione di piano, spettanti in proprietà esclusiva ai condomini. A sua volta, l'articolo 68, secondo comma, dispone che i valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliabili a quello dell'intero edificio, devono essere espressi in millesimi, in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Infine, il terzo comma del medesimo articolo 68, dispone che, nell'accertamento dei valori, non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano. In sostanza, la richiamata disposizione attuativa del Codice escluderebbe implicitamente, secondo la nuova pronuncia, qualsiasi riferimento agli effetti reali delle tabelle millesimali, attribuendo alle stesse natura puramente dichiarativa.
Nello stesso senso del richiamato articolo 68, dovrebbe leggersi anche la disposizione di cui all'articolo 1118, Codice civile, per il quale «il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti». Sotto questo profilo – a parte la possibilità di un titolo contrario – occorre per ogni proprietà esclusiva, prendere in considerazione, sia gli elementi intrinseci, sia gli elementi estrinseci della proprietà, oltre alle pertinenze (Cassazione 1° luglio 2004, n. 12018).
Sta però di fatto che, per il disposto legislativo, la quota di comproprietà sui beni comuni può essere determinata non solo dal rapporto di valore tra le singole proprietà, ma anche da un accordo contrattuale, così come previsto dall'articolo 1117 e dello stesso articolo 1118, per il quale alla presunzione di comunione può essere contrapposto un titolo contrario e diverso.
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