Il Dlgs n. 23 del 14 marzo 2011 pone un punto fermo a favore della "sanabilità" della locazione non registrata, ossia sul fatto che la nullità dell'accordo non è assoluta.
L'erario, si era sempre opposto a considerare totalmente nullo l'affitto in nero: se così fosse stato, infatti, non sarebbe stato possibile pretenderne la registrazione e richiedere somme a titolo di versamento di imposte e sanzioni.
Il Dlgs dà oggi all'inquilino i mezzi e soprattutto la convenienza per ribellarsi all'affitto in nero. I mezzi, perché d'ora in poi l'inquilino potrà pagare la registrazione del contratto, con il modello 69, anche in assenza del contratto stesso allegato, e chiedere al proprietario di rimborsargli metà delle somme versate. La convenienza, perché, se denuncia il proprietario, l'inquilino ottiene in "regalo" un contratto a canone bassissimo (tre volte la rendita catastale è l'importo del nuovo canone annuo) e con durata di 4 anni più altri 4 di rinnovo, a partire dalla data di registrazione (cosa che avviene anche in caso di registrazione d'ufficio, cioè a seguito di autonomo accertamento condotto dalle Entrate).
Tuttavia, le nuove norme hanno dei buchi e l'inquilino deve fare attentamente i conti, prima di utilizzare le armi a disposizione. Dovrà infatti dimostrare che il contratto c'era, oppure che il canone pagato era superiore a quello dichiarato o infine che esisteva un contratto di comodato fittizio. Come può riuscirci? Senza accordo scritto (cioè nella maggior parte dei casi), l'unico metodo sicuro sembrerebbe quello di far causa al proprietario, portando in qualche modo prove dei versamenti, e rischiando comunque gli esiti favorevoli o sfavorevoli della sentenza. Quindi c'è da mettere in conto anche i costi da anticipare e i rischi e i tempi lunghissimi di un processo.
È vero che le Entrate possono innescare autonomamente procedure di accertamento, con verifica, per esempio, delle intestazioni delle utenze di luce e gas o dei movimenti bancari, che portino a identificare il versamento di somme sul conto corrente del proprietario. Sono però indagini complesse, messe in moto in genere per evasioni consistenti, perché prevedono l'impiego di uomini e mezzi.
Le indagini, se comunque fatte, possono giustificare l'applicazione delle sanzioni fiscali ma non sostituire l'azione in giudizio per il riconoscimento del contratto in sede civile: il fisco, infatti, applica le sanzioni ma non può "scrivere" un accordo di locazione. Cosa, questa, indispensabile per legge (lo dicono sia la legge 431/98 che la 311/2004); per quest'ultima un contratto è nullo non solo se non è registrato, ma anche se non è scritto) e, quindi, per ottenere l'applicazione del canone super-scontato.
Un contratto, però, non consiste solo di canoni e durate, ma anche di altre clausole (come, per esempio, i criteri di divisione delle spese che, nel contratto 4+4 anni, sono determinabili dalle parti anche in eccezione al Codice civile e alla legge 392/1978). In corso di causa può provvedere il giudice, con il limite - tuttavia - di accertare e ratificare quali erano le clausole di fatto applicate e integrarle con le disposizioni obbligatorie di legge, non potendosi sostituire alla volontà dei privati. E si ritorna, perciò al problema delle prove, di molto facilitato - ovviamente - nei casi in cui gli uffici finanziari ne abbiano fatto raccolta.
Il conduttore resta comunque responsabile in solido con il proprietario per le imposte di registro non versate e per le relative sanzioni (al limite l'erario può chiederle solo a lui "costringendolo" a farsi rimborsare dal proprietario la metà). Pertanto anche l'inquilino dovrà versare metà della sanzione dal 120 al 240% dell'imposta di registro, oltre agli interessi pregressi. In caso di denuncia del proprietario, è impensabile che il fisco non pretenda di sapere quanto versava di canone effettivo, anche perché solo con la prova dei versamenti si riuscirà a dimostrare che esisteva una locazione in nero.
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