Una questione che non smette di generare contenzioso tra l'acquirente ed
il venditore di un immobile in condominio è quella relativa alla
ripartizione tra di loro degli oneri condominiali succedutisi nel tempo,
con particolare riferimento alle spese straordinarie. Quanto alle
ordinarie infatti, sembra pacifico che esse siano connesse al possesso
dell'immobile e che pertanto si debbano suddividere in base alla data di
trasmissione del medesimo, con calcolo proporzionale ai mesi di
gestione annuale, indipendentemente dalle scadenze delle varie rate
deliberate dall'assemblea. Ricordiamo tra l'altro l'importanza di
conoscere la situazione eventualmente debitoria del venditore nei
rapporti con il condominio, posto che l'acquirente è tenuto a farvi
fronte, quantomeno nell'ambito temporale dell'art. 63 disp. att. c.c.
(cioè con riferimento all'anno di gestione in corso ed a quello
precedente). Altro discorso per le spese straordinarie, che possono
anche essere di importo piuttosto rilevante. Anche in questo caso va a
nostro avviso assolutamente evitato il contenzioso con una
regolamentazione esplicita del problema già in sede di contratto
preliminare. L'acquirente
potrebbe peraltro avere delle difficoltà ad ottenere questo genere di
informazioni dall'amministratore per un problema comprensibile e
condivisibile di “privacy”, ma ha certamente pieno diritto ad avere tali
informazioni dal venditore, dal quale sarà possibile pretendere
l'autorizzazione all'amministratore a comunicare la situazione.
Riteniamo peraltro che anche il venditore abbia interesse alla chiarezza
contrattuale, e quindi non convenga nemmeno a lui la reticenza, sia per
prevenire un contenzioso che potrebbe volgere al peggio, per di più con
consistenti costi aggiuntivi per spese legali, sia perché, finchè è
nell'ambito delle trattative contrattuali ha ancora la possibilità di
addossare all'acquirente tali spese in tutto o in parte.
La giurisprudenza sembra infatti sempre più compattamente orientata ad
attribuire tali oneri straordinari al venditore, indipendentemente dal
periodo di effettuazione dei lavori ovvero dalle scadenze delle varie
rate previste dall'assemblea. Infatti prevalente il rilievo che tali
spese tocchino a chi era proprietario al momento della delibera, quindi
il venditore, anche se, in ipotesi, avesse già fatto il contratto
preliminare ed eventualmente anche immesso l'acquirente nel possesso ed
addirittura lo avesse già delegato a deliberare in vece sua proprio
quelle opere.
Al contrario però una sentenza di Cassazione (la 1/4/04, n.
6323) ha precisato che “l'obbligo di ciascun condomino insorge al
momento stesso in cui si rende necessario provvedere alla conservazione
della cosa e, per conseguenza, si eseguono i lavori che giustificano le
relative spese”.
Pertanto la Suprema Corte “ha confermato la sentenza di merito che aveva
posto a carico dell'acquirente di un appartamento la quota della spesa
per la manutenzione di una parte comune dell'edificio, considerando
irrilevante la circostanza che la deliberazione dell'assemblea di
approvazione della spesa fosse stata assunta in data anteriore alla
vendita”.
Con che resta ancora una volta dimostrato che certezze giuridiche non ve
ne sono mai, da cui l'assoluta necessità di stipulare un buon contratto.
AmministrazioniAC.com
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