Un anno di tempo per gli interventi di risparmio energetico in
condominio, sei mesi per le ristrutturazioni. Il tutto accompagnato da
nuove maggioranze – spesso più complicate – per deliberare i lavori. È
l'effetto dell'incrocio tra le detrazioni fiscali del 50 e del 65% e la
riforma del condominio, che scatterà martedì 18 giugno.
Obiettivo 65%
Il bonus extra-large del 65% per il risparmio energetico è in vigore da
giovedì scorso, 6 giugno. Se si considera che la scelta di mettere mano
all'edificio (e al portafoglio) arriva dopo giorni di riflessioni,
calcoli e preventivi, si capisce che di fatto tutti i lavori agevolati
ricadranno sotto i nuovi articoli del Codice civile.
Il decreto legge 63/2013 ha agito su due livelli. Da un lato, ha alzato
dal 55 al 65% la percentuale di detrazione per le spese sull'efficienza,
con la scadenza al 31 dicembre per i lavori nelle singole abitazioni e
al 30 giugno 2014 per quelli eseguiti sulle parti comuni condominiali
(facciate, caldaie, tetti e così via). Dall'altro, ha prolungato fino
alla fine di quest'anno il 50% per le ristrutturazioni, tenendo ferma la
data del 31 dicembre sia per gli alloggi, sia per i palazzi. La
differenza, qui, è che in condominio sono agevolate anche le
manutenzioni ordinarie sulle parti comuni, come la tinteggiatura.
Per il bonus del 50% i lavori agevolati sono rimasti gli stessi, così
come il tetto massimo di spesa, a 96mila euro, che – in condominio –
vale per ogni singola unità immobiliare, e non per il costo totale.
L'innalzamento al 65% del bonus "verde", invece, si è accompagnato a un
ritocco del catalogo degli interventi agevolati. Esclusa la sostituzione
degli impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza e
impianti geotermici a bassa entalpia, oltre che il cambio di scaldacqua
tradizionali con modelli a pompa di calore; resta in campo, invece, la
sostituzione degli impianti termici con caldaie a condensazione, il
cambio delle finestre, la coibentazione di tetti e pareti,
l'installazione di pannelli solari termici.
Le scadenze e il 36%
I proprietari dovranno fare i conti con attenzione, valutando tipo di
interventi, spese e tempistica. Anche perché molti lavori possono
"scegliere" tra un bonus e l'altro, a seconda delle prestazioni
energetiche delle componenti installate .
E poi c'è il fattore tempo. Una volta scaduti i bonus maggiorati,
resterà solo il vecchio 36%, che è ormai "a regime", ma ha un tetto di
48mila euro. Per avere un'idea, un palazzo che spende 100mila euro per
cambiare la caldaia, può raddoppiare i tempi di recupero della spesa non
rimborsata dai bonus se passa dal 65 al 36%, fermo restando che tutte
le detrazioni si recuperano in dieci anni.
Decisiva per rientrare nei bonus sarà la data del pagamento, intendendo
come tale quello fatto dall'amministratore con bonifico "parlante" e non
quelli dei singoli condòmini.
Il peso dei quorum
In condominio, la preferenza tra i due bonus è dettata da diversi
fattori. Il 65% dura sei mesi in più, ma deve fare i conti con le
maggioranze per decidere, che si abbassano solo in presenza di una
diagnosi o di una certificazione energetica. Mentre la contabilizzazione
del calore è condannata a superare sempre lo scoglio dei 500 millesimi . Così, potrebbe essere più semplice votare
lavori "ordinari" agevolati al 50%, per i quali basta un terzo del
valore dell'edificio (di norma, 334 millesimi).
Dal 18 giugno si aggravano le maggioranze per interventi sugli edifici e
sugli impianti per il contenimento del consumo energetico e per
l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabili.
Fino al 17 giugno, secondo la legge 10/1991, articolo 26, comma 2, se
l'intervento è fondato su diagnosi energetica o attestato di
certificazione energetica (Ace), le decisioni dell'assemblea sono valide
se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali
rappresentate dagli intervenuti in assemblea. In pratica, non viene
richiesto il quorum riferito ai partecipanti al condominio.
Con la riforma, invece, la maggioranza è stata equiparata a quella delle
delibere in seconda convocazione: maggioranza degli intervenuti e
almeno un terzo del valore dell'edificio.
Le modifiche al Codice civile, però, hanno anche introdotto il comma 2
all'articolo 1120 in materia di innovazioni. L'attuale formulazione
prevede che l'assemblea – con la maggioranza degli intervenuti e almeno
la metà del valore dell'edificio – può disporre le innovazioni che, nel
rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto le opere e gli
interventi per il contenimento del consumo energetico nonché per la
produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione,
fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili.
Apparentemente, le norme disciplinano la stessa materia.
L'interpretazione più corretta vede applicato il quorum più basso nel
caso in cui le opere siano fondate su diagnosi energetica o Ace, e il
quorum più alto quando mancano questi documenti.
La riforma è intervenuta anche per l'adozione dei sistemi di
termoregolazione e contabilizzazione del calore e per il conseguente
riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente
registrato.
Prima della modifica il quorum non era ben chiaro, in quanto la norma
prevedeva che l'assemblea di condominio decidesse a maggioranza, in
deroga agli articoli 1120 e 1136 del Codice civile. Alcune sentenze
ritenevano trattarsi della maggioranza dei soli condomini intervenuti
(senza riferimento ai millesimi). Altri autori, invece, pensavano che si
trattasse dello stesso quorum previsto per la seconda convocazione (1/3
e 1/3). La riforma sul punto ha fatto chiarezza, prevedendo che
l'assemblea deliberi con le maggioranze previste dal secondo comma
dell'articolo 1120 del Codice civile (maggioranza degli intervenuti e
almeno la metà del valore dell'edificio).
Si potrebbe, però, verificare il caso in cui l'assemblea vuole
riqualificare la centrale termica o sostituire il generatore di calore
in presenza di diagnosi energetica (obbligatoria oltre i 100 kWh) e,
contestualmente, adottare i sistemi di termoregolazione e
contabilizzazione.
Il primo intervento richiede il quorum più basso di 1/3 dei millesimi,
mentre il secondo quello più alto di 1/2 (oltre, naturalmente, sempre,
la maggioranza degli intervenuti). Si rendono così necessarie due
delibere con il rischio che il quorum non venga raggiunto per una delle
due decisioni.
AmministrazioniAC.com
Il Sole 24 Ore
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