La prima parte è dedicata alla natura e alla struttura del trust - la seconda parte che pubblicheremo nel corso della settimana è dedicata alla fiscalità italiana nei confronti dei trust presenti in Italia.
Buona lettura
Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico fondato sul
rapporto di fiducia tra disponente (settlor) e trustee. Il disponente, di norma
trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore
del trustee il quale li amministra, con i diritti e poteri di un vero e proprio
proprietario, nell’interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito.
Caratterizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà,
l’una ai fini dell’amministrazione – in capo al trustee – e l’altra, ai fini
del godimento – in capo al beneficiario – il trust esprime un concetto di
proprietà non proprio allineato a quello conosciuto nei paesi di civil law. È
evidente come, in base ai canoni tradizionali del nostro ordinamento, non sia
agevole comprendere un simile sdoppiamento di proprietà, né la compressione del
diritto di godimento dei beni affidati al trustee che ne è il proprietario. In
sostanza, mentre la titolarità del diritto di proprietà è piena, l’esercizio di
tale diritto è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’atto
istitutivo. Il Trust normalmente viene istituito come un negozio unilaterale,
cui si affiancano spesso uno o più atti dispositivi
Avendo riguardo allo sua struttura, il trust può
considerarsi come:
a) trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un
determinato fine (es. il trust di garanzia)
b) trust “con beneficiario”, quando i beni in trust vengono
gestiti nell’interesse di un determinato soggetto
I beneficiari possono essere individuati nell’atto
istitutivo o in un secondo momento, direttamente dal disponente o da un terzo
designato (proctector); inoltre, possono essere designati nominativamente o
quali appartenenti a una determinata categoria. Essi hanno azione verso il
trustee per rivendicare i loro diritti
L’atto istitutivo del trust può indicare un protector con il
compito di vigilare sull’operato del trustee.
La residenza è individuata, con taluni adattamenti che
tengono conto della natura dell’istituto, secondo i criteri generali utilizzati
per fissare la residenza dei soggetti di cui all’art. 73 del TUIR. Ai sensi del
comma 3 di tale articolo si considera residente nel territorio dello Stato al
verificarsi di almeno una delle condizioni indicate per la maggior parte del
periodo di imposta:
sede legale nel territorio dello Stato
sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato
oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello
Stato.
Considerando le caratteristiche del trust, di norma i
criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede
dell’amministrazione e l’oggetto principale. Il primo di essi (sede
dell’amministrazione) risulterà utile per i trust che si avvalgono, nel
perseguire il loro scopo, di un’apposita struttura organizzativa (dipendenti,
locali, ecc..). In mancanza la sede coinciderà con il domicilio fiscale.
Il secondo criterio (l’oggetto principale) è strettamente
legato alla tipologia di trust. Se l’oggetto del trust (beni vincolati in
trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia,
l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono
situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza.
Nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggetto dovrà essere identificato con
l’effettiva e concreta attività esercitata.
Per individuare la residenza di un trust si potrà fare utile
riferimento alle convenzioni per evitare doppie imposizioni.
Come è noto, le convenzioni bilaterali per evitare doppie
imposizioni si applicano alle persone residenti di uno o entrambi gli Stati
contraenti che, in qualità di soggetti passivi d’imposta, subiscono una doppia
imposizione internazionale.
È possibile che i trust diano luogo a problematiche di
tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione o, all’opposto,
di elusione fiscale.
Un trust, infatti, può realizzare il presupposto impositivo
in più Stati, quando ad esempio, il trust fund sia situato in uno Stato diverso
da quello di residenza del trustee e da quello di residenza del disponente e
dei beneficiari.
La nuova disciplina fiscale contiene anche disposizioni che
mirano a contrastare possibili fenomeni di fittizia localizzazione dei trust
all’estero con finalità elusive.
Sul punto, il comma 3 dell’art. 73 del TUIR, introduce due
casi di attrazione della residenza del trust in Italia:
1. Si considerano residenti nel territorio dello stato,
salva prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto
istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni (paesi della
c.d. white list) quando almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari
siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
2. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello
Stato i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni,
quando, successivamente alla costituzione, un soggetto residente trasferisca a
favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritti reali
immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione
sugli stessi beni e diritti. In tal caso, è proprio l’ubicazione degli immobili
che crea il collegamento territoriale e giustifica la residenza in Italia
Quale soggetto passivo d’imposta, sia esso “trasparente” o
“opaco”, il trust è tenuto ad adempiere gli specifici obblighi previsti per i
soggetti IRES, ad iniziare dall’obbligo di presentare annualmente la
dichiarazione dei redditi. Inoltre il trust residente dovrà necessariamente
dotarsi di un proprio codice fiscale e, qualora eserciti attività commerciale,
di una propria partita IVA.
Il comma 76 dell’articolo unico della finanziaria 2007, nel
modificare l’art. 13 del DPR 600/1973, ha incluso fra i soggetti obbligati a tenere
le scritture contabili:
i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciale (primo comma, lettera b)
i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciale (primo comma, lettera g).
I trust che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di
attività commerciali sono pertanto obbligati alla tenuta delle scritture
contabili previste dall’art. 14 del decreto citato. Analogamente, i trust che
esercitano attività commerciali in forma non esclusiva sono obbligati alla
tenuta delle scritture secondo le disposizioni dell’art. 20
Diamo più valore alle vostre attività.
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