Freno per le locazioni turistiche o aggravio per le imprese soffocate
dall'invenduto, in tanti additano il prelievo fiscale come uno dei
principali colpevoli della crisi del mattone. Fatto sta che
l'introduzione dell'Imu non sembra la causa diretta del crollo delle
compravendite: gravosa quanto sperequata, l'imposta sugli immobili nel
2012 ha sicuramente penalizzato ulteriormente i proprietari, ma in un
settore già in crisi e indebolito da precedenti previsioni
sovradimensionate di crescita.
In realtà, le reazioni di mercato alla crescente pressione fiscale hanno
radici in fenomeni più profondi. Il boom dell'offerta di immobili in
vendita è prima di tutto frutto di uno stallo degli acquisti di prime
case. A cui si aggiunge un ampio stock di nuove costruzioni immesse sul
mercato che faticano a venire assorbite. A scegliere di vendere per
sfuggire al fisco sono stati solo alcuni proprietari di abitazioni di
pregio, magari in località turistiche che finora avevano resistito,
«spinti più dalle ipotesi di una patrimoniale sulla ricchezza
immobiliare che dall'Imu», afferma Luca Dondi, responsabile real estate
di Nomisma.
Sulla contrazione progressiva delle compravendite l'introduzione
dell'imposta «non ha inciso in modo rilevante – aggiunge Dondi – anche
se ha sicuramente concorso ad aggravare una situazione già drammatica.
L'impatto sul mercato è stato sovrastimato, quanto meno dal punto di
vista della comunicazione. Si è addossata all'imposta una responsabilità
maggiore rispetto ad altri fattori ben più gravi per il settore».
L'Imu, questa la tesi di Nomisma, è penalizzante, ma è solo un elemento
addizionale in un quadro già stagnante: i mutui erogati sono dimezzati, i
prezzi sono scesi troppo poco (-4,2% nel 2012, in media in 13 città
capoluogo di provincia, secondo l'ultimo osservatorio dell'istituto) e
le compravendite di abitazioni sono crollate del 25,8 per cento.
È sui redditi da locazione che il fisco «raggiunge livelli in alcuni
casi insopportabili», spiega ancora Dondi. In questo caso l'Imu ha eroso
i guadagni, anche se in modo diverso da città a città e in base a
rendite catastali inique. «Oggi le locazioni in scadenza raramente
vengono rinnovate – afferma Corrano Sforza Fogliani, presidente di
Confedilizia – non c'è più alcuna redditività e dal 2013 si pagano le
imposte anche sulle spese reali». La riduzione della base imponibile,
per chi non sceglie la cedolare secca, è infatti scesa dal 15 al 5%,
«quando in Europa l'incidenza media delle spese di gestione a carico del
proprietario è calcolata al 30 per cento».
Lo sfitto così aumenta, specie tra le unità commerciali e uffici, dove
le attività economiche languono. «Ma è un fenomeno involontario –
aggiunge Sforza – non si può abbassare troppo i canoni, diventerebbero
più bassi delle imposte».
Nel frattempo, le imprese di costruzione chiedono una revisione
dell'imposta per rilanciare gli investimenti immobiliari. «Paghiamo una
politica depressiva – ha detto Paolo Buzzetti dell'Ance – sull'economia e
sull'edilizia in particolare. Con le famiglie tartassate dall'Imu e
dalle altre imposte, siamo alle prese con una durissima e lunga crisi
economica. In questo contesto l'Imu a carico delle imprese edili sugli
immobili destinati alla vendita è ingiusta e rappresenta una distorsione
del mercato». Sulle imprese, infatti, pesa il nuovo che resta invenduto
e i cantieri si fermano ancor prima di iniziare. «La fiscalità incide
sul magazzino delle imprese – conclude Dondi – e, in questo caso, la
politica è stata miope: invece di privilegiare logiche di tenuta
complessiva dell'economia, si è scelto di vessare un settore già
indebolito».
Da Il Sole 24 Ore.
AmministrazioniAC.com
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