Gli immobili fatti oggetto di donazione possono essere al centro di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto.
Questo è il problema essenziale.
Infatti, se un legittimario chiama in causa il donatario perché la donazione lede la quota di legittima spettante al legittimario stesso e se il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non è sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (si pensi al caso che l'immobile donato sia stato venduto e poi sia stato scialacquato il denaro ricevuto come prezzo), allora ne può far le spese colui che in quel momento si trova a essere proprietario dell'immobile in questione, anche se non c'entra nulla con la famiglia del donante e con la donazione intervenuta in passato e riguardante l'immobile che poi gli è stato venduto: quell'immobile, infatti, gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che l'acquirente non avrà alcun ristoro economico rispetto a questa "spoliazione".
Il Codice civile tratta questa materia essenzialmente negli articoli 561 e 563, che disciplinano appunto la «riduzione» delle donazioni immobiliari lesive della legittima e la «restituzione» degli immobili donati: se i donatari contro i quali è stata pronunciata la riduzione della donazione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario – premessa l'escussione dei beni del donatario – può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili in questione, liberi da qualsiasi gravame (ad esempio, da ipoteche). Il terzo acquirente può peraltro liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.
Quindi, oltre a realizzare condizioni di sicurezza per il compratore, occorre garantire anche alla banca che l'ipoteca non è stata iscritta invano, ma ha tenuta sufficiente per fronteggiare il caso dell' inadempimento del mutuatario.
Si tratta della garanzia, offerta dal donante o dai suoi eredi, in sede di concessione in ipoteca dell'immobile donato, finalizzata ad assicurare la banca che, ad esempio, in caso di vittorioso esercizio dell'azione di riduzione da parte degli eredi del donante, costoro si fanno carico del pagamento del creditore ipotecario neutralizzando il danno provocato dal fatto che il bene donato viene evitto, e cioè restituito ai legittimari del donante per soddisfare le loro ragioni ereditarie.
In altri termini, gli eredi con ciò avrebbero un disincentivo a impugnare la donazione, in quanto essi poi dovrebbero risponderne verso la banca. Correttamente, il Tribunale di Mantova (Sentenza 228/2011) ha ritenuto che una tale fideiussione viola il principio basilare secondo il quale non possono essere imposti «pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari» (articolo 549 del Codice civile). In effetti,con la fideiussione in questione (concessa dal de cuius e poi "ereditata" dai suoi successori) si impone un peso evidentissimo al recupero della legittima con riguardo al bene concesso in ipoteca.
Ovviamente seppur bocciata in primo grado si dovrà aspettare l'evolversi degli altri gradi di giudizio (se vi saranno)
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