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lunedì 21 marzo 2011

Condominio: Nuove volumetrie e decoro architettonico

La realizzazione di nuove volumetrie in condominio incontra alcuni ostacoli chiave. Il primo è il possibile pregiudizio al decoro dell'edificio, che può rendere l'opera impossibile. Molto più raro il caso della messa in pericolo della statica del palazzo, tirata in ballo solo se il fabbricato è di qualità scadente o situato in zona ad alto pericolo sismico. Infine c'è la necessità, invocata da molti, di modifica dei millesimi esistenti di proprietà e/o d'uso, in conseguenza all'ampliamento.

In diritto
Poiché il decoro architettonico è il più comune spunto di controversie in caso di opere in condominio, la giurisprudenza ha avuto modo di precisarne i limiti. Per decoro i giudici intendono l'estetica, data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio nel suo insieme, una determinata, armonica, fisionomia, anche se non si tratta di un immobile di particolare pregio artistico. Occorre ricordare che perfino nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia approvato a larga maggioranza un'opera eseguita da un condomino, un solo proprietario nel palazzo può contestarla in giudizio, quando a essere in ballo è il decoro.
La Cassazione ha ulteriormente precisato quali sono le condizioni perché esista lesione al decoro, così come inteso dal codice civile. La lesione deve essere innanzitutto «apprezzabile», se non proprio «appariscente». Deve poi verificarsi un pregiudizio economico, cioè una diminuzione del valore commerciale dell'edificio e di ciascuna unità immobiliare. Se l'opera è relativamente importante, ma è compensata da qualche utilità concreta per tutto il condominio, non c'è lesione. Si deve, poi, essere in presenza di una realizzazione permanente. Infine, l'unità di linee e di stile non deve essere già stata rovinata da precedenti interventi di un certo rilievo. In tal caso, infatti, non si può parlare più di decoro e di reale pregiudizio economico.

La modifica delle «quote»
Fino a pochi mesi fa, l'indirizzo prevalente dei giudici in tema di modifica dei millesimi era abbastanza chiaro: il recupero di volumetrie già esistenti, ma volte ad altri usi (come un sottotetto), o la trasformazione di un balconcino in veranda non configuravano spesso quella notevole alterazione del rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano prevista dall'articolo 69, numero 2, delle disposizioni di attuazione del codice civile:pertanto non comportavano la revisione dei millesimi di proprietà. Viceversa, l'articolo 69 poteva essere richiamato nel caso di vera e propria sopraelevazione. Del resto, i giudici erano concordi sul fatto che la modifica dei millesimi potesse avvenire solo con l'unanimità dei consensi dei condomini, salvo il ricorso in giudizio previsto dall'articolo 69 stesso. Diverso era il caso della modifica dei millesimi d'uso. Se la veranda o il sottotetto non erano precedentemente riscaldati, si poteva chiedere la modifica dei millesimi calore, soprattutto se erano stati calcolati in base alla volumetria riscaldata o al numero di elementi dei caloriferi. Quanto ai millesimi acqua (nuovi impianti idrici), occorreva vedere come erano conteggiati.
Dopo la sentenza delle sezioni unite della Cassazione 18477 del 9 agosto 2010, le cose potrebbero cambiare. Vi si afferma infatti che i millesimi, sia di proprietà che d'uso, possono essere mutati in assemblea a maggioranza dei presenti che possiedano almeno 500 millesimi, nel rispetto del principio dei valori proporzionali delle unità immobiliari. Si tratta pur sempre di un'interpretazione, per quanto autorevole, e non di una legge; se i condomini non vi si volessero adeguare, bisognerà passare attraverso una decisione del giudice.

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