Guida pratica per l'Imu
Individuare l'aliquota applicabile.
Dove le decisioni locali
sono arrivate a ridosso del termine del 31 ottobre, è inevitabile che ci sia
ancora un certo grado di incertezza, anche perché spesso gli uffici hanno avuto
bisogno di qualche giorno per comporre il testo definitivo con gli emendamenti
votati in aula. In tutti questi casi, la via più sicura è verificare
direttamente con il Comune la disciplina applicabile (sul sito ufficiale o
all'ufficio tributi). In ogni caso, anche dove le delibere risalgono a qualche
mese fa, potrebbero esserci zone grigie. Le case concesse in uso gratuito ai
parenti sono un buon esempio: con l'Imu non possono essere assimilate
all'abitazione principale, ma il Comune può prevedere un trattamento di favore,
cosa che in effetti avviene nel 28% dei capoluoghi di provincia. Il perimetro
dell'agevolazione, però, varia parecchio: a volte lo sconto è riservato ai
parenti di primo grado in linea retta (genitori e figli); altre volte è esteso
fino al 3° grado, ma con aliquote via via più care; altre volte ancora è
subordinato ad altri requisiti, come l'esistenza di utenze intestate al parente
da almeno un anno.
Dividere il tributo tra Stato e Comune.
Per come è
congegnata l'Imu, si può tranquillamente calcolare l'imposta in modo perfetto,
e poi sbagliare a pagarla, perché bisogna dividere l'importo tra quota statale
e quota comunale su tutti gli immobili diversi dall'abitazione principale (e
fattispecie affini) e dai fabbricati rurali. E se a giugno per ripartire il
tributo fra Stato e Comune bastava dividere a metà, adesso bisognerà tenere
conto che la quota statale è sempre dello 0,38% su base annua, e che quindi –
ai fini del saldo – alle casse erariali va versata una sorta di "Imu
fissa" calcolata con l'aliquota dello 0,19%, mentre al Comune, in buona
sostanza, va la differenza.
Considerare i "tempi" giusti.
Un aspetto spesso
sottovalutato è il periodo per cui si possiedono i requisiti che fanno scattare
una certa aliquota. Il caso più semplice è quello di un alloggio che resta
sfitto per due mesi e viene affittato per gli altri dieci (ricordando che un
periodo di almeno 15 giorni conta come mese intero). Ma ci sono anche
situazioni più sottili, come la firma di un preliminare di vendita, che non
libera il venditore dall'obbligo di pagare l'Imu, neppure se il possesso passa
fin da subito al futuro acquirente. In tutti questi casi, l'imposta va
parametrata alla durata, variando, se necessario, i codici tributo.
Compilare correttamente il modello F24. È vero che il saldo
potrà essere pagato anche con bollettino – non ancora pubblicato – ma per
adesso il modello F24 sembra la soluzione più rodata, anche alla luce
dell'esperienza dell'acconto. Posto che va barrata la casella «Saldo» indicando
la rateazione «0101» per la prima casa, l'arrotondamento va fatto all'euro per
singolo rigo d'imposta, e anche la detrazione sull'abitazione principale va
arrotondata nello stesso modo. Attenzione poi al numero di immobili: tutti
quelli riconducibili allo stesso codice tributo situati nello stesso Comune
vanno sommati, contando anche le pertinenze censite in modo autonomo in
catasto; ad esempio, chi paga per la casa, un garage e un magazzino, deve
indicare «003».
Le tipologie
Gli altri immobili
Imu variabile sui fabbricati diversi dall'abitazione
principale.
Il calcolo del saldo si presenta come un vero e proprio percorso a
ostacoli. Mentre l'acconto versato nello scorso mese di giugno è stato
quantificato con le aliquote base, il conguaglio da versare alla scadenza del
17 dicembre dovrà essere determinato tenendo conto delle delibere dei Comuni
che – soprattutto per gli immobili diversi dall'abitazione principale – possono
aver variato le aliquote e previsto agevolazioni.
Il primo step del calcolo consiste nella quantificazione
della base imponibile. Per i fabbricati iscritti in catasto, l'imponibile si
calcola applicando alle rendite catastali risultanti al 1° gennaio dell'anno di
imposizione, rivalutate del 5%, i seguenti moltiplicatori:
- 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A
(con esclusione dell'A/10) e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7: in
pratica, le case e le loro pertinenze;
- 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e
nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5, che comprendono, tra gli altri, gli
edifici a finalità pubblica e i laboratori artigiani;
- 80 per i fabbricati classificati nelle categorie catastali
A/10 e D/5, cioè uffici, banche e assicurazioni;
- 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D
(con esclusione di D/5), elevato a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013, gruppo
in cui rientrano anche i capannoni;
- 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale
C/1, che contraddistingue i negozi.
Nella quantificazione della base imponibile si deve tener
conto anche delle eventuali deduzioni previste, quali ad esempio la riduzione
del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati
dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
L'aliquota corretta
Dopo aver determinato la base di calcolo, il passo
successivo è l'individuazione dell'aliquota corretta per il caso specifico. Per
gli immobili diversi dall'abitazione principale e dai rurali strumentali, in
tutti i casi in cui il Comune non ha dettato un'aliquota ad hoc si applica
quella ordinaria, che ogni città può modulare dallo 0,46% all'1,06 per cento.
Inoltre, i Comuni possono introdurre altre misure agevolative: una di queste
può riguardare i fabbricati locati per i quali è consentito ridurre l'aliquota
di base fino allo 0,4%, anche in considerazione del fatto che la nuova imposta
comunale, oltre all'Ici, sostituisce la componente immobiliare dell'Irpef e
delle relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari degli
immobili non locati. Alcuni Comuni hanno deciso di differenziare l'aliquota
solo per i fabbricati locati di natura abitativa e, in alcuni casi, hanno
riservato il trattamento di favore ai soli contratti a canone concordato.
La stessa agevolazione può essere estesa anche agli immobili
non produttivi di reddito fondiario e a quelli posseduti dai soggetti Ires.
Infine, una specifica norma di favore è riservata ai beni merce, con l'aliquota
che può scendere fino allo 0,38 per cento. Proprio in considerazione di questa
ampia potestà regolamentare, che opera comunque all'interno del perimetro
delineato dal legislatore, i contribuenti devono necessariamente leggersi le
delibere dei Comuni dove sono localizzati gli immobili, per non commettere
errori nel versamento.
Il conguaglio dovuto a saldo
Quantificato l'imponibile ed individuata l'aliquota
corretta, il contribuente può calcolare l'imposta complessiva dovuta per il
2012 in relazione a ciascun immobile. La differenza tra questo importo e
l'acconto di giugno rappresenta il saldo da versare a conguaglio entro il 17
dicembre. Tuttavia, occorre fare attenzione al fatto che nel modello di
versamento vanno riportate distintamente la quota statale e quella di spettanza
del Comune. Infatti, è riservata allo Stato la quota di imposta pari alla metà
dell'importo calcolato applicando al l'imponibile di tutti gli immobili – a
eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze nonché dei
fabbricati rurali ad uso strumentale – l'aliquota di base pari allo 0,76%, cioè
lo 0,38% su base annua.
Scendiamo nel dettaglio:
INAGIBILI O STORICI
Confermata la riduzione di imponibile al 50%
A risolvere i problemi di applicazione dell'Imu ai
fabbricati inagibili o inabitabili, nonché quelli relativi agli immobili
vincolati per motivi storico-artistici, è il decreto legge n. 16/2012
(convertito nella Legge n. 44/2012).
Ai fabbricati inagibili o inabitabili – di fatto non
utilizzati – l'Ici accordava una riduzione dell'imposta pari al 50%,
limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistevano queste
condizioni. Seppure con diversa formulazione, anche per ciò che riguarda il
calcolo dell'Imu il Dl n. 16/2012 ha accordato tale riduzione sulla base
imponibile, lasciando sostanzialmente inalterato il risultato.
L'applicazione dell'agevolazione è prevista quando
l'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con una
perizia resa da un soggetto abilitato, con spese a carico del proprietario;
quest'ultimo, nel formulare la richiesta d'inagibilità o inabitabilità, deve
allegare idonea documentazione, solitamente fotografica. In alternativa, il
proprietario può presentare (ai sensi dell'articolo 35 del Dpr 445/2000)
un'autocertificazione che attesti le caratteristiche di fatiscenza del
fabbricato e la mancanza di elementi che consentono l'abitabilità, come ad
esempio l'allacciamento a luce e acqua. Esiste inoltre la possibilità di
procedere a un riclassamento nella categoria dei fabbricati collabenti (F/2).
Per quanto riguarda gli immobili d'interesse
storico-artistico – espressamente tutelati dall'articolo 9, comma 2, della
Costituzione – la base imponibile è ora determinata adottando i criteri
ordinari e applicando poi la riduzione del 50 per cento. In precedenza, la base
imponibile era determinata rivalutando del 5% la rendita catastale computata in
base alla tariffa d'estimo minore, tra quelle previste per le abitazioni site
nella stessa zona censuaria.
Nell'interesse pubblico, i proprietari sono tenuti alla
conservazione dei beni culturali; per adempiere tale dovere si trovano a
sostenere, non di rado, costi di manutenzione elevati; di conseguenza, il
reddito effettivo degli immobili risulta non determinabile con certezza.
In considerazione del carattere patrimoniale di un'imposta
quale l'Imu, è evidente che per i proprietari d'immobili d'interesse
storico-artistico si profila un rincaro. In considerazione del complesso di
vincoli e obblighi gravanti per legge sui proprietari d'immobili d'interesse
storico-artistico, sarebbe opportuno – in presenza di interventi di
manutenzione che li rendano temporaneamente inagibili o inabitabili –
introdurre la possibilità di poter applicare alla base imponibile ridotta del 50%
l'ulteriore riduzione del 50% prevista per detti fabbricati inagibili o
inabitabili, così da consentire il parziale ripristino delle precedenti
agevolazioni; la base imponibile verrebbe così, in definitiva, tassata nella
misura del 25 per cento.
2) PATRIMONI AZIENDALI
Le manovre dei Comuni per gli edifici d'impresa
La normativa Imu offre ai Comuni un'ampia possibilità di
disporre agevolazioni per gli immobili posseduti da imprese, compresa
l'esenzione della quota comunale per gli immobili merce – cioè i fabbricati
realizzati per la vendita – delle imprese di costruzione. Il Comune può in
generale aumentare fino all'1,06% l'aliquota di base, pari allo 0,76%, o
diminuirla fino allo 0,46%, ma per certe categorie può arrivare anche allo 0,4
per cento. Si tratta degli immobili delle imprese commerciali e di quelli che
costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'arte o della professione.
La stessa aliquota ridotta può essere riconosciuta in generale per tutti gli
immobili posseduti da soggetti passivi Ires.
Il Comune può anche articolare le agevolazioni e
differenziarle all'interno delle singole categorie catastali, così come
espressamente previsto dall'articolo 8, comma 7 del Dlgs 23/2011. Al riguardo,
la circolare 3/2012 del ministero dell'Economia sottolinea che la manovrabilità
delle aliquote deve essere sempre esercitata nel rispetto dei criteri generali
di ragionevolezza e non discriminazione. Nella maggior parte dei casi i Comuni
hanno alzato l'aliquota, ma spesso hanno al contempo previsto diverse
agevolazioni per una platea selezionata di beneficiari
Se nulla è previsto scatta l'obbligo di presentare la
dichiarazione Imu.
1 Parenti in casa
Come sono tassati dal punto di vista dell'Imu le case concesse
in uso gratuito ai parenti?
La disciplina Imu non prevede la possibilità, come nell'Ici,
di assimilare l'abitazione concessa in uso gratuito all'abitazione principale.
In generale, quindi, l'abitazione in uso gratuito a parenti sconta l'aliquota ordinaria
deliberata dal Comune. Molti Comuni, comunque, hanno previsto per questa
fattispecie un'aliquota agevolata, talora modulata in base al grado di
parentela.
2 Impianti fotovoltaici
Come si paga l'Imu sugli impianti fotovoltaici a terra con
accatastamento autonomo?
L'agenzia del Territorio con nota n. 31892 del 22 giugno
2012 ha ribadito che gli impianti fotovoltaici devono essere accatastati in
categoria D/1. Un distinguo va fatto per impianti fotovoltaici utilizzati dagli
agricoltori. L'articolo 1, comma 423 della legge 266/2005 stabilisce che la
produzione e cessione di energia elettrica costituisce attività agricola per
connessione. Le Entrate, con circolare 32/2009, hanno individuato i criteri di
connessione con l'attività agricola. Questi impianti sono accatastati in
categoria D/10 e quindi scontano l'Imu con l'aliquota prevista per i rurali
strumentali e, se si trovano in Comuni montani o parzialmente montani, sono
esenti.
3 Classe e uso in contrasto
Come si paga l'Imu sugli immobili accatastati in una
categoria diversa dall'uso (es. A/10 usato come abitazione)?
Il classamento nella categoria delle abitazioni è
presupposto per l'applicazione dell'aliquota e delle detrazione previste per la
prima casa. La Cassazione, già nell'Ici (sentenza 21332/2008), ha ritenuto che
il contribuente ha diritto alle agevolazioni solo se ha operato in linea con le
norme che le prevedono. È indubbio che in questo caso si sia omesso di
presentare una denuncia di variazione d'uso, e che quindi l'Imu sarà pagata sul
valore catastale dell'A/10 (con moltiplicatore 80 anziché 160) fermo restando
che il proprietario dovrà sanare la situazione.
La prima casa
Per effettuare il saldo del l'Imu sull'abitazione principale
bisogna considerare che solo per quest'anno è possibile versare l'imposta in
tre tranche: un primo acconto a giugno pari a 1/3 dell'imposta calcolata con
l'aliquota dello 0,4%, un secondo acconto a settembre, calcolato sempre
sull'aliquota base nazionale, e il saldo a dicembre. In occasione del saldo,
però, bisogna applicare l'aliquota determinata dal singolo Comune – la cui
media nei capoluoghi è pari allo 0,45% – e calcolare il saldo al netto degli
acconti di giugno e settembre (per chi ha scelto questa soluzione) oppure al
netto dell'unico acconto versato a giugno. Il tutto ovviamente a condizione che
sussista il requisito dell'abitazione principale, la cui definizione è peraltro
più ristretta rispetto all'Ici.
I requisiti
In primo luogo, nell'immobile il contribuente deve avere
contemporaneamente la «dimora abituale» e la «residenza anagrafica», mentre con
l'Ici le risultanze anagrafiche costituivano una semplice presunzione. Deve poi
trattarsi di «unica unità immobiliare»: non è più possibile, quindi,
considerare abitazione principale due immobili contigui, escluso il caso di
unità immobiliari catastalmente unite ai soli fini fiscali. Il doppio requisito
della dimora abituale e della residenza anagrafica deve riguardare «il
possessore e il suo nucleo familiare». Va però chiarito, nel caso in cui i
coniugi vivano in case diverse nello stesso Comune, che solo una può usufruire
dell'aliquota agevolata, peraltro soggetta all'obbligo dichiarativo.
Nell'ipotesi in cui sia invece un figlio a vivere in un altro immobile ubicato
nello stesso comune, costituendo così un nuovo nucleo familiare, il genitore
perde solo l'eventuale maggiorazione della detrazione. E arriviamo così alle
agevolazioni di cui gode l'abitazione principale.
Le agevolazioni
Oltre all'aliquota ridotta, è prevista una detrazione base
di 200 euro e una maggiorazione, limitata al biennio 2012-2013, pari a 50 euro
per ogni figlio convivente di età inferiore ai 26 anni e fino a 400 euro.
Pertanto, il massimo teoricamente raggiungibile dalla detrazione (base +
maggiorazione) ammonterebbe a 600 euro. I Comuni possono comunque disporre
l'aumento della detrazione, fino alla concorrenza dell'imposta dovuta, anche introducendo
varianti correlate al reddito del contribuente o altri elementi.
Altra particolarità dell'abitazione principale è costituita
dalla devoluzione dell'intero gettito ai comuni, soluzione peraltro prevista
anche per i fabbricati rurali strumentali e per gli alloggi Iacp e delle
cooperative a proprietà indivisa: in questi casi l'imposta perde la sua natura
dualistica non essendo dovuta la quota erariale. Di conseguenza, tutto il
tributo va versato in un unico rigo del modello F24.
Immobili assimilati
La disciplina delle abitazioni principali si estende inoltre
alle assimilazioni legali e a quelle decise dai Comuni. A parte le pertinenze
(nel limite di tre), l'unica forma di assimilazione ope legis è costituita
dalla casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato, mentre nel
secondo gruppo (facoltativo) rientrano le abitazioni degli anziani e disabili
lungodegenti e quelle dei cittadini italiani residenti all'estero. Per gli
alloggi Iacp e delle cooperative a proprietà indivisa l'agevolazione è invece
limitata – secondo l'interpretazione ministeriale – alla sola detrazione base
(200 euro), trattandosi di contribuenti non persone fisiche.
Dove l'assimilazione è stata prevista dal Comune – ad
esempio per gli anziani ricoverati – è probabile che il contribuente abbia
versato un acconto considerando l'immobile come seconda casa (usando peraltro
codici diversi) e ora deve pagare il saldo considerandola come abitazione
principale, con la possibilità di andare anche a credito. In questo caso, non è
del tutto chiaro come bisogna comportarsi, dal momento che manca una disciplina
sui rimborsi della quota statale.
A rigore, la competenza per i rimborsi dovrebbe spettare al
Comune, trattandosi di imposta municipale: sarebbe veramente eccessivo imporre
al contribuente di presentare due istanze, una al Comune e l'altra al l'agenzia
delle Entrate.
SEPARAZIONE E DIVORZIO
L'Imu cambia le regole per i coniugi separati o divorziati.
L'articolo 4, comma 12-quinquies del Dl 16/2012 prevede che, ai soli fini
dell'applicazione dell'Imu, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge,
disposta in seguito a provvedimento di separazione legale, annullamento,
scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende «in
ogni caso» effettuata a titolo di diritto di abitazione.
In tema di Ici, la Cassazione ha ripetutamente sostenuto che
il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o
di godimento, sulla casa coniugale, ha natura di atipico diritto personale di
godimento e non già di diritto reale. Nell'Imu, diversamente dall'Ici, il
legislatore ha qualificato espressamente il diritto a usare l'ex casa coniugale
come diritto reale di abitazione. Qualche dubbio nasce sulla precisazione
operata dal legislatore che l'assegnazione avviene «in ogni caso» a titolo di
diritto di abitazione. Il problema sorge quando l'abitazione assegnata non è,
interamente o per quota, di proprietà dei due ex coniugi, come, ad esempio, nel
caso dell'abitazione posseduta dai suoceri o nel caso di abitazione posseduta a
titolo di locazione.
Benché la norma si presti a diverse letture, per cui sarebbe
necessario un chiarimento per via normativa, pare corretto interpretare la
norma nel senso di considerare l'assegnatario dell'abitazione soggetto passivo
Imu solo nella misura in cui l'altro coniuge era soggetto passivo. In altre parole,
si ritiene che la normativa regoli i rapporti Imu solo con riferimento alle
quote di possesso dei coniugi e non attribuisca, invece, un diritto reale di
abitazione anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi soggetti e fosse
occupata, ad esempio, in base a un comodato dei suoceri o in base a un
contratto di locazione, rispetto al quale il giudice della separazione dispone
il subentro nei confronti del solo coniuge assegnatario.
Peraltro, in questi casi il diritto ad abitare è comunque
subordinato alla volontà del proprietario, in quanto, ad esempio,
l'assegnazione determina la sola successione nel rapporto di comodato, ma non
esclude il diritto del comodante di chiedere la restituzione dell'abitazione
(Cassazione, Sezione III, sentenza 15986/2010). Diversamente, si verrebbe a
costituire un diritto di abitazione anche più ampio di quello che spetta al
coniuge superstite, in base all'articolo 540 del Codice civile, che sorge solo
nel caso in cui l'abitazione sia di proprietà di uno o entrambi i coniugi, ma
non nel caso in cui l'abitazione sia di proprietà, anche per quota, di terzi
(Cassazione, 8171/1991). In conclusione, poiché è certo che l'assegnazione
disposta dal giudice della separazione ha contenuto solo personale e non reale,
la finzione Imu deve configurarsi solo come una (assai ragionevole)
sostituzione del coniuge soggetto passivo che subisce una limitazione della
proprietà.
Ai dubbi applicativi si affiancano problemi operativi legati
alle lungaggini delle procedure. Sia nel caso di separazione consensuale, sia
in quella giudiziale, tra la data di presentazione dell'istanza e la data di
emissione del decreto che omologa la separazione consensuale o della sentenza
di separazione giudiziale, la soggettività passiva non cambia, perché se anche è
avvenuta la separazione di fatto, il nuovo diritto di abitazione sorge solo con
il provvedimento del giudice. Il coniuge che non occupa più l'ex casa coniugale
sarà costretto dunque a pagare l'Imu, anche per molti mesi, considerando
l'abitazione come tenuta a disposizione.
BOX, SOFFITTE E CANTINE
La normativa Imu ha stabilito che possono essere soggette ad
aliquota agevolata l'abitazione principale e le relative pertinenze, ma
«esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7,
nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie
catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità a uso
abitativo».
La definizione si complica in presenza di unità immobiliari
costituite da locali abitativi e «accessori indiretti comunicanti e non», tra i
quali soffitte, cantine, lavanderie, legnaie, e così via. Per la normativa
catastale, infatti, l'insieme di vani principali e accessori diretti e
indiretti costituisce l'unità immobiliare abitativa.
La circolare del ministero dell'Economia n. 3/2012 ha
stabilito che, nel caso una pertinenza sia già accatastata con l'abitazione, ad
esempio una cantina, come spesso accade con gli alloggi in condominio, allora
si potrà applicare l'aliquota ridotta all'unità abitativa e – al massimo – a
una pertinenza in C/6 e un'altra in C/7 (la cantina, infatti, è assimilata
dalla circolare al «tipo» C/2 anche se non è accatastata in modo autonomo). Se
invece le pertinenze già censite unitamente all'abitazione principale siano due
– ad esempio una cantina e una soffitta – il contribuente potrà usufruire delle
agevolazioni solo per un'altra pertinenza classificata in categoria catastale
C/6 o C/7. Nel caso di edifici unifamiliari in cui la presenza di locali
accessori indiretti sia superiore a tre, però, il contribuente trova difficoltà
oggettive ad applicare la normativa. Per una corretta applicazione della
disciplina Imu, sarebbe opportuno che il legislatore chiarisse definitivamente
la differenza tra locali accessori e pertinenze. L'attuale normativa fiscale
non prevede limiti di estensione per le aree pertinenziali. Il vincolo di
pertinenza di un'area nei confronti del fabbricato principale, sia essa
cortile, orto o giardino, deve risultare da una dichiarazione o essere iscritto
negli atti catastali attraverso la «graffatura». Diversa è la considerazione
quando si tratta di area edificabile: per essere qualificata come pertinenza di
un fabbricato, questa necessita di una modifica oggettiva e funzionale dello
stato dei luoghi che sterilizzi stabilmente il suo potenziale edificatorio
(Cassazione, sentenza 10090 del 9 giugno 2012).
1 Condominio, uno per tutti
Chi paga l'Imu sulle parti comuni del condominio, come
l'alloggio del portiere?
La disciplina Imu non richiama l'articolo 10, comma 4 del
Dlgs 504/1992, che imponeva all'amministratore del condominio di presentare la
dichiarazione per le parti comuni dell'edificio. Le istruzioni alla
dichiarazione colmano il vuoto normativo imponendo l'obbligo dichiarativo a
carico dell'amministratore. Con l'Ici, come per l'Imu, non era individuato il
soggetto tenuto al pagamento: la circolare 136/E del 1998 precisava che il
versamento poteva essere effettuato dall'amministratore del condominio a nome
del condominio. Si ritiene che questa prassi possa essere confermata anche
nell'Imu.
2 Come paga la multiproprietà
Come si paga l'Imu sugli immobili posseduti in
multiproprietà?
Sull'Ici, l'articolo 19 della legge 388/2000 prevedeva per
gli immobili in multiproprietà che il versamento fosse effettuato
dall'amministratore del condominio o della comunione, autorizzato a prelevare
l'importo necessario dalle disponibilità finanziarie del condominio. La
disciplina Imu nulla dispone sulla dichiarazione e sul versamento, ma le
istruzioni alla dichiarazione precisano che l'obbligo dichiarativo è in capo
all'amministratore. Si ritiene che, come per l'Ici, l'amministratore possa
considerarsi anche responsabile del versamento dell'imposta, non potendosi
scindere l'obbligo di denuncia da quello di versamento.
3 La casa in eredità
Come si paga l'Imu su una casa ereditata dal coniuge, che vi
risiede, e dai figli, che abitano altrove?
L'articolo 540 del Codice civile dispone che al coniuge
superstite è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza
familiare, se di proprietà del defunto o comuni. Questo diritto grava anche
sulla quota riservata ai figli. Anche in caso di rinuncia all'eredità, al
coniuge superstite spetta il diritto di abitazione, perché si acquista non a
titolo successorio bensì a titolo costitutivo ex lege (Cassazione 1920/2008).
L'agricoltura
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Con l'avvento dell'Imu, i fabbricati rurali perdono
l'esenzione di cui avevano beneficiato con l'Ici. La manovra salva-Italia
(articolo 13, comma 14, del Dl 201/2011) prevede l'abrogazione del comma 1-bis
dell'articolo 23 del Dl 207/2008 e, di riflesso, l'assoggettamento dei
fabbricati rurali all'Imu. In particolare il comma 1-bis disponeva
l'esenzione ai fini dell'Ici per «le unità immobiliari, anche iscritte o
iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di
ruralità» indicati nell'articolo 9 del Dl 557/1993. L'abrogazione di questa
norma fa venire meno qualsiasi esenzione per i fabbricati rurali, esenzione
che trovava la sua giustificazione nella circostanza che la relativa rendita
era già compresa nella tariffa di reddito dominicale.
Case e rurali strumentali
Una volta chiarito che l'Imu si applica anche ai
fabbricati rurali, occorre precisare che le regole di tassazione sono
differenti a seconda che il fabbricato sia adibito a uso abitativo o a uso
strumentale.
L'imposizione dei fabbricati rurali abitativi segue le
regole ordinarie, pertanto l'aliquota di base è dello 0,76%, che i Comuni
possono diminuire o aumentare sino a un massimo di 0,3 punti percentuali.
Tuttavia, nel caso in cui l'immobile sia adibito ad abitazione principale, si
ha diritto a godere delle relative agevolazioni: aliquota di base ridotta
allo 0,4% e detrazione di 200 euro maggiorata di 50 euro per ciascun figlio
di età inferiore ai 26 anni.
I fabbricati rurali strumentali invece sono assoggettati a
un'aliquota ridotta pari allo 0,2%, che i Comuni possono diminuire
ulteriormente fino allo 0,1% per cento. Rientrano tra questi fabbricati anche
quelli a destinazione abitativa dei dipendenti dell'azienda agricola, a tempo
indeterminato o determinato, per un numero annuo di giornate lavorative
superiori a 100, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di
collocamento. Sono inoltre esenti dall'imposta i fabbricati rurali
strumentali ubicati in Comuni classificati montani o parzialmente montani, in
base al l'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istat, secondo quanto
previsto dal comma 8 del l'articolo 9 del Dlgs 23/2011.
Bisogna notare che per le abitazioni l'acconto di giugno è
stato pari a metà dell'imposta (o 1/3, per i proprietari di prime case che
hanno scelto di versare anche la rata di settembre), mentre per i rurali
strumentali l'acconto è stato del 30%, con la conseguenza che il saldo sarà
decisamente più pesante della prima rata, dovendo andare a conguaglio con
l'aliquota decisa dal Comune.
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Per quanto riguarda la base imponibile, in generale i
coefficienti da applicare al valore della rendita rivalutata del 5% variano a
seconda della categoria in cui sono accatastati gli immobili. I fabbricati
rurali a uso strumentale sono generalmente iscritti in catasto fabbricati
nella categoria D/10, mentre le abitazioni rurali ricadono nella categoria
dei fabbricati classificati nel gruppo catastale A. I coefficienti
corrispondenti sono rispettivamente pari a 60 e 160. Tuttavia, come precisato
dal decreto ministeriale 27 luglio 2012 e dalla circolare ministeriale 3/DF/2012
i fabbricati rurali mantengono la categoria originaria; quindi ad esempio un
ufficio aziendale mantiene la categoria A/10 e, come tale, il coefficiente è
80.
I fabbricati da censire
Il comma 14-ter dell'articolo 13 del Dl 201/2011 dispone
che i fabbricati rurali iscritti al catasto dei terreni debbano essere
dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, per
consentirne l'assoggettamento a tassazione. Diversamente, questi fabbricati
risulterebbero sprovvisti di rendita, e sarebbe impossibile assoggettarli
all'Imu. Per i fabbricati iscritti in catasto entro il 30 novembre, l'imposta
municipale si versa in una soluzione entro il 17 dicembre, perché in questo
caso non è stato versato l'acconto di giugno.
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TERRENI
La vecchia circolare Ici delimita le zone esenti
La base imponibile per il calcolo dell'Imu relativa ai
terreni agricoli è pari all'ammontare del reddito dominicale risultante in
catasto rivalutato in un primo momento del 25% e poi per un coefficiente pari a
135, oppure 110 per i terreni posseduti e coltivati da coltivatori diretti o
imprenditori agricoli professionali (Iap). L'aliquota applicabile per i terreni
agricoli è pari a quella ordinaria, cioè lo 0,76%, sempre modificabile fino
allo 0,46% nel minimo e all'1,06% nel massimo da parte dei Comuni. Va notato
che se i comproprietari iscritti nella previdenza agricola hanno costituito una
società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il
terreno di cui mantengono il possesso ma che, in qualità di soci, continuano a
coltivare direttamente (articolo 9, Dlgs 228/2001) usufruiscono del minore
coefficiente pari a 110.
I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e Iap,
iscritti nella previdenza agricola, purché condotti dagli stessi, sono soggetti
all'imposta limitatamente alla parte di valore eccedente 6mila euro e, per il
valore successivo, fino al limite di 32mila euro, usufruiscono di un
abbattimento in percentuale della base imponibile. La circolare 3/DF/2012,
paragrafo 8, lettera h), ha chiarito che il possesso di terreni agricoli in
aree montane o di collina delimitate in base all'articolo 15 della legge
984/1977, non comporta il pagamento dell'Imu. Questa esenzione si applica ai
terreni contenuti nell'elenco allegato alla circolare 9 del 14 giugno 1993,
riguardante l'Ici: attenzione, è un elenco che non coincide perfettamente con
quello Istat dei Comuni montani.
AREE EDIFICABILI
Si può seguire il valore prefissato in municipio
Le aree edificabili sono assoggettate all'Imu sulla base del
valore corrente di mercato alla data del 1° gennaio. Il valore deve tenere in
considerazione la zona di ubicazione, l'indice di edificabilità, la
destinazione – ad esempio se si tratta di area residenziale o produttiva – gli
oneri necessari per la costruzione (che comportano un aumento di valore e non
un costo deducibile) e i prezzi medi correnti di mercato. Di fatto, il
contribuente può "stare tranquillo" se adotta il valore
predeterminato dal Comune, circostanza che evita persino la dichiarazione Imu.
L'area si intende fabbricabile se utilizzabile a scopo
edificatorio in base agli strumenti generali o attuativi; lo strumento
urbanistico generale è sufficiente per definire l'area edificabile
indipendentemente dall'approvazione della Regione. È tale anche l'area che
presenta un'effettiva possibilità di edificazione secondo i criteri previsti
agli effetti dell'indennità di esproprio.
Un'area situata in zona agricola non dovrebbe pertanto mai
essere considerata edificabile anche se è sedime di un fabbricato collabente.
L'eventuale inserimento di un'area agricola in una zona edificabile deve essere
comunicato dal Comune ai proprietari. Secondo la circolare 3/DF/2012
l'eventuale omissione da parte del Comune comporta comunque il pagamento
dell'Imu sul valore di mercato ma evita soltanto l'applicazione delle sanzioni.
I terreni situati in zone edificabili posseduti e coltivati
da coltivatori diretti o Iap sono soggetti all'Imu sulla base del valore
catastale come i terreni agricoli; questo vale per tutti i comproprietari se
almeno uno di essi possiede queste qualifiche.
Caso per caso:
1 Il prelievo sugli orti...
La legge 44/2012 di conversione del Dl 16/2012, amplia
l'oggetto dell'Imu comprendendo tutti gli immobili. Ne consegue che i piccoli
appezzamenti coltivati solo per autoconsumo – orticelli – sono soggetti a Imu,
mentre con l'Ici erano sempre stati esenti. Peraltro, il prelievo sarà spesso
teorico, perché l'Imu applicata su qualche metro quadrato di terreno non
raggiunge quasi mai l'importo minimo per il versamento (12 euro o il limite
fissato dal Comune).
2 ...e quello sull'incolto
La circolare ministeriale 3/DF/2012, precisa
l'assoggettamento a Imu anche dei terreni incolti, il cui valore è determinato
moltiplicando il reddito dominicale per il coefficiente 135. Se i terreni
incolti si trovano nel contesto di un'impresa agricola il cui proprietario e
conduttore sia un coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, il
coefficiente moltiplicatore è ridotto a 110. Peraltro, generalmente i terreni
non coltivati sono quelli di collina o di montagna oggettivamente esenti
dall'imposta.
IL VERSAMENTO
Conteggio e modello F24
La quota fissa per lo Stato complica il conguaglio
Il contribuente deve fare i calcoli e dividere l'imposta
SOLDI SOLO AL COMUNE
La rata di acconto Imu di giugno è stata versata con le
aliquote e la detrazione di base, mentre il calcolo del dovuto effettivo si
esegue in sede di saldo. La maggiore difficoltà per i contribuenti è
rappresentata dalla conoscibilità delle delibere comunali: il termine per
approvare le misure dell'Imu era fissato al 31 ottobre scorso e per la
pubblicazione delle delibere vi sono 30 giorni di tempo; non è difficile,
allora, comprendere come vi possano essere difficoltà per la scadenza del 17
dicembre. Uno dei sistemi più veloci è quello di consultare il sito internet
del Comune o, in alternativa, di rivolgersi all'ufficio tributi.
Il procedimento di calcolo del saldo consiste nel
determinare l'importo dovuto per tutto il 2012 in base all'aliquota decisa dal
Comune, e nel sottrarre da tale importo l'ammontare versato in acconto a
giugno.
La complicazione è che – di norma – il contribuente deve
suddividere il saldo tra quota comunale e quota statale, utilizzando due righi
diversi del modello F24 e due diversi codici tributo (ad esempio 3918 per la
quota comunale e 3919 per quella statale su una casa affittata). La quota
comunale è variabile in ragione delle decisioni adottate a livello locale, la
quota erariale rimane sempre fissa: quest'ultima è infatti pari allo 0,38%
dell'imponibile Imu su base annua. Quindi, al momento del saldo, la quota
statale sarà sempre lo 0,19%, mentre quella comunale risulterà per differenza.
In alcuni casi, tutta l'Imu va versata al Comune, senza
quota statale. Poiché questo semplifica decisamente le cose, è importante
individuare bene queste situazioni. In particolare, si tratta:
dell'abitazione principale e relative pertinenze;
delle fattispecie di assimilazione all'abitazione principale
eventualmente deliberate dal Comune (unità immobiliari non locate appartenenti
a anziani o disabili residenti in istituti di ricovero ovvero a cittadini
italiani residenti al l'estero);
degli immobili degli Iacp;
degli immobili delle cooperative edilizie a proprietà
indivisa;
degli immobili in proprietà dei Comuni ubicati sul loro
territorio;
dei fabbricati rurali strumentali.
Una prima difficoltà si riscontra nelle ipotesi in cui il
Comune abbia deciso l'assimilazione al l'abitazione principale in ritardo
rispetto alla scadenza della prima rata. In tale eventualità, il contribuente
avrà pagato a giugno anche la quota di imposta erariale che, a consuntivo,
risulta non più dovuta. Occorrerà pertanto presentare un'istanza di rettifica
del codice tributo all'ufficio locale del l'agenzia delle Entrate, e per
conoscenza al Comune, allo scopo di imputare all'imposta comunale la somma
versata con il codice del l'imposta erariale. È infine evidente che tutto
l'importo dovuto a titolo di saldo dovrà essere versato con il codice
dell'imposta comunale (in questo caso, 3912).
Una situazione analoga si verifica nell'ipotesi in cui il
Comune abbia deliberato una aliquota ridotta per determinate fattispecie. Si
faccia l'esempio dell'aliquota minima dello 0,4% per gli immobili locati con
contratti a canone concordato. A giugno si sarà versato, fatto 100 l'imponibile
teorico, 0,19 a titolo di imposta erariale e 0,19 a titolo di imposta comunale.
Il totale dell'anno è pari a 0,38 per lo Stato e a 0,02 per il Comune. Il
pagamento effettivo da eseguire a dicembre deve essere dunque di 0,02 residui, interamente
a titolo di imposta erariale. Inoltre, è evidente che una parte di quello che è
stato versato in acconto a titolo di imposta comunale deve essere imputato a
titolo di imposta erariale. Ciò sarà possibile, sempre presentando una istanza
di correzione di codice tributo all'agenzia delle Entrate.
Non è difficile tuttavia immaginare che spesso i
contribuenti provvederanno a versare il residuo dovuto, senza preoccuparsi
della corretta imputazione di quanto pagato in acconto. Vi è da ritenere che in
tale eventualità non possano essere comminate sanzioni di sorta e si dovrà
provvedere ad aggiustamenti contabili tra il Comune e lo Stato, sulla base dei
conteggi corretti.
Un'altra possibilità è che a saldo risulti un credito
d'imposta. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, qualora il Comune abbia
deliberato una detrazione fortemente maggiorata per l'abitazione principale, di
cui l'interessato non ha potuto tener conto in sede di acconto. Si ritiene che
il credito, con una apposita istanza presentata al Comune, potrà essere
richiesto a rimborso ovvero computato in detrazione dall'Imu dovuta per il
2013.
Ipotizzando la sussistenza di un credito che afferisca sia
all'imposta comunale che a quella statale, l'eventuale domanda di rimborso
dovrà essere presentata al Comune, in linea di principio, per l'intero importo
vantato. Nulla è però previsto su chi debba provvedere concretamente alla
restituzione delle somme dovute a titolo di imposta erariale. Sul punto,
saranno necessarie delle istruzioni dettagliate da parte delle Finanze.
Con il saldo debutta infine il bollettino postale di
pagamento del l'Imu. Sarà quindi possibile effettuare il versamento sia con il
modello F24, sia con il nuovo bollettino postale, al momento in attesa di
pubblicazione.
LE COMUNICAZIONI
Adempimenti amministrativi
La prima casa non si dichiara
C'è più tempo per la prima denuncia Imu. Con un emendamento
apportato in sede di conversione del Dl n. 174/12, in fase di approvazione in
Parlamento, si è infatti previsto che la scadenza sia prorogata a 90 giorni
dalla data di entrata in vigore del decreto di approvazione del modello
ministeriale. Il termine viene così spostato al 4 febbraio dell'anno prossimo,
stando alla formulazione attuale del l'emendamento.
I soggetti interessati
Le categorie di soggetti potenzialmente interessati alla
prima scadenza sono due:
i possessori di immobili già denunciati ai fini Ici per i
quali la denuncia Ici non è compatibile con le nuove regole dell'Imu;
i soggetti che hanno realizzato variazioni della situazione
immobiliare nel corso del 2012 per le quali il termine ordinario di
presentazione della denuncia scadeva prima dell'approvazione del modello
ministeriale.
A regime, invece, il termine della denuncia è di 90 giorni
dall'evento da dichiarare.
Gli immobili da dichiarare
Il primo punto importante da sottolineare, pensando agli
immobili, è che l'abitazione principale non deve essere quasi mai dichiarata,
neppure se si ha diritto alla maggiore detrazione di 50 euro per figli
conviventi di età non superiore a 26 anni.
Fa eccezione il caso dei coniugi non separati che hanno
residenze distinte nell'ambito dello stesso Comune. In tale eventualità, la
disciplina del l'Imu prevede che solo a una di esse possano essere applicate le
agevolazioni per l'abitazione principale. Questa è l'unità che dovrà essere
indicata nella denuncia dall'effettivo proprietario.
Sempre in tema di abitazione principale, se ci sono delibere
di assimilazione adottate dal Comune, la dichiarazione è obbligatoria solo per
le unità dei cittadini italiani residenti all'estero.
Le istruzioni, invece, non impongono di denunciare le
pertinenze della prima casa.
Per gli altri immobili, in via generale, la regola adottata
dalle Finanze è quella secondo cui non devono essere dichiarate le notizie che
sono conoscibili dai Comuni. Ne deriva che tutti gli atti che transitano dal
sistema notarile del Mui (Modello unico informatico) – come ad esempio una
compravendita – non devono essere denunciati, in quanto sono disponibili ai
Comuni per il tramite del sistema di interscambio dei dati catastali.
Per le medesime ragioni, non devono essere dichiarati i
fabbricati rurali, anche se esenti in quanto ubicati in Comuni classificati
come montani dall'Istat. La qualifica di ruralità è infatti annotata agli atti
dell'ufficio del Territorio. Ugualmente, non vanno denunciati i terreni esenti,
perché ubicati in Comuni montani o collinari.
Immobili con aliquota ridotta
Un'importante novità è rappresentata dagli immobili per i
quali il Comune ha deliberato un'aliquota ridotta, in attuazione di specifiche
disposizioni di legge. Si tratta degli immobili locati, dei fabbricati
d'impresa, degli immobili dei soggetti Ires e dei fabbricati merce delle
imprese di costruzione. In tale ipotesi, in linea di principio, l'obbligo di
presentazione della denuncia sussiste.
Per i beni locati, peraltro, la denuncia è obbligatoria solo
se il contratto di locazione è stato registrato prima del 1° luglio 2010. A
partire da tale data, infatti, i contratti devono essere registrati all'agenzia
delle Entrate con l'indicazione dei dati catastali dell'immobile.
Case ereditate o inagibili
Le istruzioni ministeriali confermano la regola, già vigente
nell'Ici, secondo cui gli immobili ereditati non si dichiarano. Infatti, le
denunce di successione sono trasmesse ai Comuni dal l'agenzia delle Entrate.
L'inagibilità o inabitabilità, in quanto già portata a
conoscenza dei Comuni, deve essere denunciata solo con riferimento alla data in
cui la stessa è terminata. I fabbricati d'interesse storico-artistico, invece,
devono essere sempre denunciati, sia all'inizio sia al termine del periodo di
spettanza dell'agevolazione Imu.
Regole specifiche e innovative sono dettate per le
abitazioni assegnate in sede di separazione o divorzio: la denuncia va
presentata solo se l'immobile assegnato è ubicato in un Comune diverso da
quello di celebrazione del matrimonio o da quello di nascita dell'assegnatario.
A questi Comuni viene infatti trasmesso il provvedimento giurisdizionale di
separazione o divorzio.
Per gli immobili di categoria D, non censiti, posseduti da
imprese, si conferma la regola secondo cui la denuncia va presentata in
presenza di spese incrementative rispetto al costo di acquisizione. Le
istruzioni chiariscono al riguardo che, a regime, la denuncia va presentata
entro 90 giorni dalla data di chiusura del periodo d'imposta in cui le spese
sono contabilizzate.
ENTI NON COMMERCIALI
Gli immobili degli enti non commerciali, esenti da Imu,
devono essere sempre dichiarati, anche se già denunciati ai fini dell'Ici.
Per tutto il 2012, peraltro, vale la regola secondo cui, ai
fini dell'esenzione, l'immobile deve essere esclusivamente destinato alle
attività istituzionali agevolate. In presenza di contestuale svolgimento di
attività con modalità commerciali, l'Imu è dovuta per intero.
A partire dall'anno prossimo, sarà invece possibile
scorporare la parte di immobile adibita ad attività commerciale per conservare
l'esenzione sulla parte destinata all'attività istituzionale. Occorre però
attendere un decreto attuativo delle Finanze. Sempre con decreto delle Finanze
sarà inoltre approvato il modello di dichiarazione che dovrà essere compilato
per comunicare lo scorporo.
LE ISTRUZIONI
La dichiarazione Imu va normalmente presentata al Comune sul
cui territorio si trovano gli immobili e ha efficacia anche per gli anni
successivi. Sono previste tre diverse modalità di invio:
consegna diretta al Comune, che ne rilascia ricevuta;
spedizione a mezzo posta, con raccomandata senza avviso di
ricevimento;
invio con la nuova modalità telematica costituita dalla
posta elettronica certificata.
Circa l'eventuale spedizione dall'estero, questa dovrà
avvenire con raccomandata o altro mezzo equivalente dal quale risulti con
certezza la data di spedizione.
In tutti questi casi, la data di presentazione della
dichiarazione corrisponde alla data di spedizione, quindi conta il giorno di
invio e non quello di ricezione da parte dell'ente. Il decreto ministeriale 30
ottobre 2012 precisa inoltre che il Comune può prevedere diverse e ulteriori
modalità di trasmissione della dichiarazione, dando ampia informazione. Si
potrebbe ad esempio utilizzare il canale internet, consentendo ai contribuenti
di inserire i dati via web direttamente sul sito del Comune, previa
registrazione e fornitura di credenziali di accesso: in tal caso sarebbero
proprio i contribuenti ad alimentare la banca dati comunale, evitando le
successive operazioni di data-entry.
Il modello di dichiarazione è composto di due esemplari, uno
per il Comune e uno per il contribuente, mentre non dovrà più essere compilata
la copia per l'elaborazione meccanografica (prevista per l'Ici). Molto simili
alle dichiarazioni Ici sono le due facciate del modello: la prima si limita a
raccogliere i dati anagrafico-fiscali del contribuente e dell'eventuale
dichiarante o contitolare, la seconda facciata contiene invece i dati relativi
agli immobili oggetto di dichiarazione. Tra le novità si segnalano la casella
16, nella quale indicare la data di «inizio/termine del possesso o variazione
imposta», e la casella 18 relativa alla «data di ultimazione dei lavori». È
inoltre possibile indicare – con i codici 7.1, 7.2 e 7.3 – l'esatta tipologia
di riduzione cui si ha diritto (beni d'impresa, immobili Ires e beni locati).
Nell'ipotesi, residuale, di un immobile situato sul confine
tra più Comuni, vanno presentate tante dichiarazioni quanti sono i Comuni
interessati, a differenza della disciplina Ici che prevedeva il pagamento
dell'imposta al solo Comune in cui insisteva la maggior parte dell'immobile.
Nel caso che l'immobile situato nel territorio di più Comuni costituisca
l'abitazione principale del contribuente, egli ha comunque diritto alle
aliquote e alle detrazioni deliberate da ogni Comune; la dichiarazione va
presentata allora ai Comuni diversi da quello di residenza, indicando nel
riquadro «Annotazioni» che si tratta di immobile che insiste su territori di
Comuni diversi.
L'iter se l'ufficio chiede già un atto
Quando il Comune chiede un'apposita comunicazione o un altro
adempimento per beneficiare di un'agevolazione, la dichiarazione Imu va presentata
lo stesso? Le istruzioni escludono che il contribuente debba presentare la
dichiarazione ministeriale in caso di consegna del contratto di locazione o di
un'autocertificazione al Comune, ma la precisazione è riferita ai soli immobili
locati. Tuttavia, nella prima parte le istruzioni evidenziano che con l'Ici non
era necessaria la presentazione della dichiarazione se il contribuente aveva
seguito le specifiche modalità per il riconoscimento di agevolazioni stabilite
dal Comune. Regole che possono essere applicate anche all'Imu, eliminando le
duplicazioni.
Si tratta quindi di sostituire la dichiarazione Imu con gli
adempimenti richiesti dai Comuni, peraltro con una casistica e una tempistica
piuttosto diversificata, che andrà osservata con attenzione dal contribuente,
anche perché a volte esistono indicazioni contrastanti tra le istruzioni
ministeriali e i regolamenti comunali.
PER CHI SBAGLIA
l ravvedimento operoso
Il ravvedimento operoso riduce il carico delle sanzioni ai
fini Imu. Anche per questa imposta è possibile sanare eventuali irregolarità in
modo agevolato, a condizione che le violazioni non siano state già constatate
e, comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività
amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale
conoscenza.
Le tre opzioni
Una prima ipotesi riguarda la regolarizzazione dell'omessa
presentazione della dichiarazione Imu. La sanzione è ridotta a 1/10 del minimo
se il modello è presentato con un ritardo non superiore a 90 giorni. È
previsto, inoltre, un taglio delle sanzioni per i mancati versamenti:
- entro il 14° giorno successivo alla scadenza, l'omesso
versamento può essere sanato con il pagamento dell'imposta dovuta, degli
interessi calcolati al tasso legale annuo (ora il 2,5%) e della sanzione pari
allo 0,2% per ogni giorno di ritardo;
- se il ravvedimento è perfezionato dal 15° al 30° giorno
successivo alla scadenza, in aggiunta all'imposta e agli interessi, è dovuta la
sanzione fissa del 3 per cento;
- chi decide di mettersi in regola oltre i 30 giorni può
sfruttare, invece, l'ulteriore possibilità del ravvedimento "lungo",
pagando la sanzione pari ad 1/8 del minimo in aggiunta all'imposta e agli
interessi. Questa strada può essere percorsa anche per sanare le violazioni
sugli adempimenti dichiarativi in presenza di errori e omissioni, anche se
incidenti sulla determinazione del tributo (ad esempio per regolarizzare
l'infedele dichiarazione).
Il ravvedimento lungo
La prima bozza delle istruzioni per la dichiarazione Imu
sembrava aver abolito il ravvedimento lungo. Ora la versione definitiva,
riprendendo quanto previsto per l'Ici (articolo 13, Dlgs 472/1997), prevede che
la riduzione della sanzione ad 1/8 spetta se la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della
dichiarazione relativa all'anno in cui è stata commessa la violazione oppure,
quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro un anno dal l'omissione
o dall'errore.
Come si declina questa affermazione in relazione all'Imu?
Mentre la scadenza della dichiarazione Ici non era autonoma, ma legata a quella
stabilita per le imposte sui redditi, la dichiarazione Imu deve essere presentata
a regime entro 90 giorni dalla data in cui il possesso dell'immobile ha avuto
inizio o sono intervenute variazioni rilevanti per il calcolo del tributo. Come
chiarito dalla circolare ministeriale 184/1998, per l'Ici bisognava assumere il
termine di presentazione della dichiarazione e non quello annuale, in quanto il
procedimento dichiarativo, di liquidazione e accertamento, e il regime
dell'autotassazione di questo tributo erano disciplinati in modo analogo a
quello previsto per le imposte sui redditi. Presupposti venuti meno con
l'introduzione del l'Imu, il cui adempimento dichiarativo risulta svincolato da
una scadenza periodica come quella di Unico. Non dovrebbero più esserci dubbi,
dunque, sulla possibilità di ricorrere al ravvedimento lungo per l'Imu.
Le decisioni dei Comuni
I Comuni possono anche stabilire ulteriori ipotesi di
ravvedimento.
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