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lunedì 24 settembre 2012

Doppio post: Affitto con riscatto

 E se come sempre più spesso la banca NON concede il mutuo?

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è calata del 42% rispetto al già negativo 2011 (dati Crif). Non vanno meglio le erogazioni, il cui calo si aggira attorno a percentuali vicine al 50% annuo. Vuoi perché gli istituti di credito hanno plafond ridotti rispetto al passato da destinare al prodotto mutui, vuoi perché alcune famiglie si autocensurano credendo di non avere i requisiti reddituali per ottenere il finanziamento (c'è anche chi temporeggia confidando in un calo degli spread bancari e delle quotazioni immobiliari) la situazione è al momento imballata. Si stipulano meno mutui e, in ogni caso, con spread fuori controllo (in media superiori al 4% anche se le migliori offerte si attestano al 2,8%).
Tra le categorie penalizzate in questa fase di stretta creditizia i titolari di partita Iva, piccoli professionisti ma anche tanti stipendiati con buste paga poco corazzate per reggere la combinazione tra gli attuali spread cari e i futuri (anche se al momento non in vista) rialzi dei tassi di interesse (che potrebbero riflettersi sugli indici Euribor ed Eurirs che, uniti allo spread, compongono il tasso finale a carico del mutuatario).

In questo scenario di fondo sta emergendo una nicchia di prodotti che si pone come una via di mezzo tra l'acquisto della casa e l'affitto. Un prodotto che, difatti, bypassa l'ostacolo della richiesta del mutuo. Ci riferiamo agli affitti con riscatto. Nell'ultimo mese, rispetto allo scorso anno, l'interesse verso questa soluzione - già diffusa in altri Paesi - sta crescendo anche in Italia, con un incremento medio delle offerte del 13% e della domanda del 9% (dati Casa.it). Una diffusione che sta prendendo piede in particolare nel Nord Italia (Lombardia al primo posto seguita da Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Lazio).
Come funziona? La formula prevede la stipulazione contestuale di due accordi: un contratto di locazione (a un canone superiore a quello di mercato) e un contratto di opzione in cui viene stabilito che l'inquilino, a scadenza (solitamente dopo tre anni) e a un prezzo già stabiliti, avrà la facoltà di acquistare la casa. Il canone di locazione è maggiorato perché una metà viene accantonata, da utilizzare nel caso in cui il soggetto decida di esercitare l'opzione di acquisto. Il prezzo pattuito per il futuro acquisto è pari, infatti, alla differenza tra il prezzo di listino già concordato e la somma delle somme accontonate.
Pro e contro per chi va in affitto
L'affitto con riscatto può rivelarsi vantaggioso - ponderando attentamente costi e benefici - per chi non dispone di un acconto per l'acquisto immediato dell'immobile e non vuole accendere un mutuo tradizionale oppure desidera rimandare l'accensione in un secondo momento, richiedendo così alla banca un importo inferiore. I vantaggi per affittuari e futuri compratori sono anche fiscali (l'Imu continua a pagarla il proprietario) e nel momento in cui decideranno di effettuare l'acquisto, poiché potranno farlo a un prezzo bloccato al momento della stipulazione del contratto. Anche se va detto, che in questa fase in cui più fonti indicano che è prevista una contrazione dei prezzi immobiliari bloccare oggi un prezzo da pagare fra tre anni potrebbe rivelarsi anche controproducente.

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Doppio Post: CONDOMINIO, amministratore e maggioranze per impugnazione



A seguito della pronuncia delle Sezioni Unite n. 18477/10, che aveva stabilito la legittimità delle tabelle millesimali adottate a maggioranza dei condomini, la sentenza della Cassazione n. 11757 del 11/07/2012 ha negato, sia pure con un obiter dictum, che l'amministratore sia legittimato al giudizio per l'impugnazione della tabella millesimale.

Invero la S.C., nella nuova pronuncia sopra riportata, ha ammesso la legittimazione passiva dell'amministratore al fine del giudizio di impugnazione formale della delibera che ha adottato la tabella ma ha escluso, sia pure occasionalmente, che detta legittimazione sussista anche in caso di impugnazione, nel merito, della stessa tabella millesimale.

Per la Cassazione, infatti, permane la legittimazione di ogni singolo condomino che deve, necessariamente, essere evocato in giudizio qualora in discussione sia non già la legittimità formale della delibera di approvazione, bensì la legittimità della tabella stessa, in altri termini, la congruità delle proporzioni dei valori ivi riportati.

Il dubbio sull'argomento, come sopra accennato, lo aveva introdotto la pronuncia delle Sezioni Unite che aveva ammesso che la tabella millesimale potesse essere adottata, a maggioranza, dall'assemblea, anziché all'unanimità dei condomini, sulla base dell'assunto che le tabelle, ontologicamente simili al regolamento di condominio ex art. 1138, potessero seguire lo stesso procedimento di formazione; allo stesso modo, il mutamento dalla natura “contrattuale” delle tabelle a quella “assembleare” aveva suggerito, a gran parte della dottrina, che il Giudice, in mancanza di maggioranza, potesse decidere con la sola presenza in contraddittorio dell'amministratore, rappresentante del condominio.

La Cassazione, per ora, sembra orientata in maniera diversa, atteso che considera le tabelle giudiziali ancora un procedimento di accertamento di proprietà singole e non un semplice mezzo, sempre modificabile, per poter gestire il caseggiato, come lo sono le tabelle adottate dall'assemblea.

In altri termini, secondo l'orientamento attuale, le tabelle previste da regolamento (sia esso assembleare che contrattuale) possono essere formate o modificate a maggioranza, in quanto la legge le reputa necessarie alla ripartizione delle spese e, in generale, al funzionamento degli organi del condominio; ma se queste vengono contestate e poste sub iudice questi deciderà, in via definitiva e con effetto di giudicato sostanziale, nei confronti di tutti i singoli condomini, con la partecipazione necessaria degli stessi al giudizio.

La legittimazione dell'amministratore, invece, permane per l'annullamento dell'atto per vizi formali della delibera o della sua formazione (difetto di maggioranze, vizi di convocazione ecc.)

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lunedì 3 settembre 2012

mercato immobiliare in caduta libera

Le difficoltà delle famiglie italiane alle prese con il mutuo sono, ormai, sotto gli occhi di tutti: secondo le analisi di Mutui.it solo il 2% delle richieste di mutuo arriva da famiglie monoreddito, quelle in cui lo stipendio mensile disponibile è solo uno.
L'indagine, svolta considerando un campione di oltre 160.000 richieste di mutuo presentate negli ultimi sei mesi, attesta le difficoltà della famiglia "tipo" del nostro Paese, in cui c'è un solo reddito e almeno un figlio.
«Affrontare l'iter della richiesta di un finanziamento per l'acquisto di una casa potendo far fede su un solo reddito dimostrabile – spiega Lorenzo Bacca, responsabile business unit di Mutui.it – è piuttosto complesso; i casi sono limitati e le richieste formali arrivano solo da soggetti che dispongono di stipendi elevati e possono accontentarsi di finanziare circa il 50% del valore dell'immobile».
Analizzando nel dettaglio questa tipologia di richieste si traccia un profilo alquanto definito: la richiesta media è pari a 122.000 euro, da restituire in un periodo lungo, quasi 23 anni. Il loan to value, vale a dire la percentuale da finanziare attraverso il mutuo, è piuttosto basso (si ferma al 52% del valore dell'abitazione da acquistare), mentre a richiederlo è un soggetto "maturo": l'età media di chi fa domanda è, infatti, 42 anni.
Si tratta del classico padre di famiglia (il 76% del totale di queste domande arriva da uomini), il cui nucleo familiare supera le tre unità (3,3 la media di persone) e che dispone di uno stipendio mensile più elevato della media, circa 2.100 euro netti. Cosa che si spiega considerando il concetto di "rata sostenibile".
La cosiddetta sostenibilità della rata rappresenta, per le famiglie monoreddito, una lama a doppio taglio: il reddito mensile, tolta la rata del mutuo ed eventuali altri finanziamenti, deve consentire la conduzione di un normale tenore di vita; per questo, è più difficile, per i nuclei con una sola entrata mensile, ottenere un mutuo da rimborsare con rate elevate. Consapevoli di questo, anche chi fa domanda non osa chiedere di più alle banche.
Nel 66% dei casi si tratta di domande di mutuo per l'acquisto della prima casa, mentre solo il 6% delle richieste mira all'acquisto di una seconda abitazione. Il 10% dei casi, invece, punta a rifinanziare un mutuo già in essere (per ottenere ulteriore liquidità o per abbassare la rata pagata attualmente). Il tasso preferito è indubbiamente quello variabile, chiesto dal 48% del campione; il tasso fisso, invece, è fermo al 36%.
Se i single ed i giovani fanno fatica a ottenere il mutuo, perché sono categorie che stanno subendo più di altre le ritorsioni dell'economia in stallo, nemmeno i quarantenni accasati e con prole possono sorridere: «ulteriore elemento di difficoltà per queste famiglie – continua Bacca – è dato dall'età più avanzata del richiedente: chi arriva a chiedere un mutuo per comprare casa con una famiglia già alle spalle e più di 40 anni avrà, in molti casi, genitori più anziani e quindi impossibilitati a fungere da garanti per il finanziamento. Fattore questo, che spesso pregiudica l'effettivo ottenimento del mutuo».
Fonte: Il Sole 24 Ore
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