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lunedì 31 marzo 2014

Bonus Mobili 2014

Resta il doppio tetto di spesa per il bonus mobili. Il decreto casa (Dl 47/2014) pubblicato ieri in «Gazzetta Ufficiale» – diversamente da quanto ipotizzato nelle bozze iniziali – non elimina l'obbligo di non superare, per gli arredi, la spesa sostenuta per i lavori di recupero edilizio. Un limite in più, che si accompagna a quello dell'importo massimo di 10mila euro. Ad esempio, chi spende 2mila per ristrutturare un appartamento, potrà applicare la detrazione del 50% su una spesa massima di 2mila euro in mobili e grandi elettrodomestici. Mentre chi spende 20mila euro per i lavori potrà arrivare fino al tetto generale di 10mila euro.
Il nuovo limite rischia di creare una certa confusione tra contribuenti e operatori, ma è ragionevole ritenere che il vincolo di spesa non si applichi alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2013. Vediamo perché.
La norma che ha istituito il vincolo non era prevista nel Dl 63/2013, che ha previsto il bonus per gli acquisti effettuati dal 6 giugno 2013, ma è stata introdotta dall'ultima legge di stabilità entrata in vigore il 1° gennaio 2014. Pochi giorni prima dell'inizio dell'anno, però, la nuova limitazione era stata cancellata – ancor prima della sua entrata in vigore – con il decreto salva Roma-bis (Dl 151/2013).
Solo che il provvedimento è stato lasciato decadere dal Governo Renzi e questa decisione ha travolto l'intervento correttivo riportando in vita l'obbligo. Tra l'altro, proprio la decadenza del provvedimento sembra essere una delle ragioni più plausibili che spiegano perché la norma non sia stata riproposta nel nuovo decreto casa. La reiterazione delle norme dei decreti legge è stata da tempo censurata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (la prima pronuncia in tal senso è la 360/1996).
La legge di stabilità interviene sul testo originale della norma istitutiva del bonus mobili (articolo 16, comma 2, del Dl 63/2013), ma la correzione ha portata innovativa, non interpretativa. In più, le istruzioni al modello 730 e Unico 2014 – approvate dopo l'entrata in vigore della legge di stabilità – non menzionano il tetto di spesa legato all'importo dei lavori. Un dettaglio da considerare al momento in cui verranno effettuati i controlli nei prossimi anni.
Diventa determinante, allora, la data in cui sono state sostenute le spese. Per il bonus mobili – trattandosi di persone fisiche – bisogna fare riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale di pagamento. Nel caso di acquisti eseguiti con moneta elettronica, la data di pagamento è il giorno di utilizzo della carta di credito o di debito da parte del titolare, evidenziata nella ricevuta telematica di avvenuta transazione.
L'altra incognita – in vista della prossima dichiarazione dei redditi – è individuare correttamente i lavori che danno diritto al bonus mobili. Le Entrate hanno chiarito a Telefisco 2014 che si deve trattare di interventi qualificabili almeno come manutenzione straordinaria, ma toccherà al contribuente stabilirlo caso per caso.
Fonte "Il sole 24 ore"

lunedì 24 marzo 2014

Aree emergenti in Europa

Il Nordreno Vestfalia è il land di Colonia e di Dusseldorf. Qui sono venute la Mitsubishi e la Bonduelle, i danesi della Donkervoort e gli sloveni della Kolektor. Qui arriva il 27% di tutti gli investimenti esteri diretti verso il colosso tedesco. Per l'Fdi Intelligence, il think-tank sui capitali stranieri che fa capo al Financial Times, questa è la regione più promettente di tutta Europa per il 2014 e il 2015. La palma della città del futuro, invece, va a Londra, la più vivace sul fronte dei nuovi progetti infrastrutturali e la più capace nell'attirare investimenti nei servizi e nell'It.
Il vero valore aggiunto di questa classifica, però, non è nel podio, ma va ricercato nelle pieghe delle sottoclassfiche per regioni medio-piccole e per macroaree europee. Per scoprire che a volte, i Paesi emergenti, ce li abbiamo nel giardino di casa. Sono province e città che hanno saputo uscire dalle secche della crisi prima di altre, e che ora vantano tassi di crescita degni di un Bric della prima ora. Luoghi vicini, luoghi sicuri: un vantaggio non da poco, in anni di primavere arabe, secessioni ucraine e rivolte sudamericane. Luoghi dove bisogna prendere in considerazione di investire, o quanto meno di esportare.
La Scozia, per esempio. Per anni è stata una delle aree più depresse del Regno Unito post-industriale. Ora occupa il secondo posto nella classifica delle regioni europee più promettenti. Si è rilanciata, e non certo per le spinte secessionistiche. La chiave è stata una politica aggressiva di attrazione degli investimenti esteri, che passa attraverso esenzioni fiscali per chi fa ricerca, burocrazia lampo e una corporate tax del 23% quest'anno e del 20 dall'anno prossimo.
L'altra destinazione emergente è la Spagna, che da economia a rischio default è rapidamente tornata a crescere, sulle ali di una flessibilità spinta. Certo, il caso spagnolo è più noto. L'abilità degli autori del report, però, è stata quella di aver individuato esattamente quali sono le città epicentro del miracolo: Barcellona innanzi tutto, ma anche Bilbao, Valencia, Madrid, Murcia, Siviglia e Malaga, tutte nella Top ten 2014 delle città più promettenti del Sud Europa (per inciso, nella lista non c'è nessuna italiana).
Guardando alle regioni più piccole, cioè a quelle con meno di 1,5 milioni di abitanti, la corona di regina va all'area attorno a Copenaghen, ma è il Regno Unito a fare la parte del leone, aggiudicandosi sei posizioni nella top ten: da Bristol al Dorset, passando per l'Oxfordshire e il Norfolk. Sul fronte dell'effervescenza nelle infrastrutture, invece, le opportunità migliori sono in Olanda, un Paese che sta investendo in maniera cospicua tanto sulle reti dei trasporti quanto in quelle delle comunicazioni. A sorpresa poi la città di Eindhoven, che è entrata per la prima volta quest'anno nella top 25 delle città più promettenti, è subito balzata al terzo posto della classifica. Merito dell'importanza riservata al comparto It: dagli incubatori di start up alla creazione dei poli di ricerca universitaria attorno all'Hi-Tech Campus e all'University of Technology Science Park.
La Francia, a parte la regione di Parigi, non sembra meritarsi i riflettori. Al contrario, l'area francofona più vitale appare quella belga della Vallonia, tra le meglio piazzate nella classifica delle regioni europee di medie dimensioni. Buona anche la performance della Polonia, dove a meritare i riflettori sono la Malopolska e l'area della Silesia.
Se invece non di crescita, ma di convenienza (quindi di costi) si parla, continua a non esserci regione della Vecchia Europa in grado di competere con l'Est. Con una differenza, però, rispetto al passato: che Paesi come la Romania o la Slovacchia non sono più le mete ideali. Al primo posto, ora, c'è la Macedonia, e in particolare la - pressoché sconosciuta ai più - regione di Ohrid-Struga. Mentre la Serbia, nella classifica delle aree a maggiore convenienza, piazza ben tre delle sue regioni.
Fonte "Il sole 24 ore"
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lunedì 17 marzo 2014

Condominio: legittimazione passiva (Cassazione 2859/2014)

on la sentenza n. 2859/2014, depositata il 07/02/2014, la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, afferma che “in tema di condominio negli edifici, non rientra nelle competenze dell’amministratore di condominio, ex artt. 1130-1131 cod.civ., la resistenza nel giudizio promosso da un condomino (o da un terzo) ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dalle parti comuni”.
Tale pronuncia è assai interessante, da un lato perché non si rinvengono precedenti in materia, dall’altro perché conferma quale sia l’effettiva posizione della Suprema Corte sulla legittimazione passiva dell’amministratore.
Nel 2010, la Suprema Corte si è pronunciata sul tema della legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio per le materie non espressamente incluse tra quelle di sua competenza, sostenendo che “l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3 c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione” (Cass. Civ., Sezioni Unite, sent. n. 18331/2010).
Nel 2012, invece, la stessa Corte di Cassazione, con sent. n. 16901/2012 ha stabilito che “ai sensi dell’art. 1131, comma 2, cod. civ., la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relativa alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino”.
Dunque, sembrerebbe che dal 2010 al 2012 la Corte sia passata da una prima posizione, per cui l’amministratore, nelle materie non espressamente incluse tra quelle di sua competenza, per resistere in giudizio doveva farsi autorizzare dall’assemblea condominiale, ad una seconda posizione, per cui il potere dell’amministratore di resistere in giudizio è autonomo e senza “limiti”.
Invece, oggi la Suprema Corte, con un’inversione di marcia in materia, conferma quanto sostenuto già nel 2010, e quindi che, come qualunque mandatario, l’amministratore, nello specifico in tema di legittimazione passiva, non può avere carta bianca nel proprio operato, ma necessariamente deve essere autorizzato, se non nei casi espressamente previsti, dal mandante, id est il condominio.

lunedì 10 marzo 2014

Affitti senza "Ape" - D.L. 145/2013

Dal 24 dicembre scorso non è più necessario allegare l'Ape (Attestato di prestazione energetica) al nuovo contratto di locazione per singole unità immobiliari. L'obbligo rimane solo per le locazioni di interi edifici, oltre che per i trasferimenti a titolo oneroso.
Per tutte le nuove locazioni, quelle cioè stipulate per la prima volta e fatta eccezione per quelle di durata complessiva inferiore a 30 giorni nell'arco dell'anno (non soggette a registrazione), resta il solo obbligo per il locatore di informare il proprio conduttore sulla prestazione energetica del bene immobile oggetto della locazione, così come la si deduce del relativo attestato che in ogni caso deve essere messo a disposizione dell'inquilino ancor prima di concludere il contratto di locazione, cioè nel momento in cui iniziano le trattative dirette a concedere il godimento del bene (art. 6, c.2, D.Lgs 192/05 modificato dalla L. 90/13).
L'adempimento di tale obbligo deve essere documentato attraverso l'inserimento nel contratto di apposita clausola con cui il conduttore dà atto di avere ricevuto le informazioni e la documentazione circa la prestazione energetica del bene locato (nuovo art. 6, c.3, D.Lgs. 192/05). Per l'effetto, è sufficiente riportare nel contratto la dichiarazione dell'interessato di avere ricevuto le opportune informazioni, senza che sia necessario specificare nel dettaglio il tipo e la qualità delle stesse, non richiedendo la norma alcuna altra particolare formalità.

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domenica 2 marzo 2014

Locazioni: morosità e fisco

In molti casi la morosità degli inquilini si riflette sul proprietario, costretto a pagare le imposte anche su canoni che non ha incassato: non si tratta, però, di una regola assoluta, dal momento che la legge prevede qualche (limitata) eccezione.
Ma andiamo con ordine. In generale i redditi delle persone fisiche – esclusi quelli conseguiti in regime di impresa – vanno dichiarati e assoggettati a tassazione soltanto nell'anno in cui avviene la loro materiale percezione: è il cosiddetto criterio di cassa. Questo principio incontra una deroga per i redditi fondiari – e in particolare dei fabbricati – che scontano il prelievo d'imposta semplicemente al verificarsi della loro maturazione.
L'articolo 26 del Tuir, infatti, presuppone il mero possesso dell'immobile (a titolo di proprietà, usufrutto e di ogni altro diritto reale), sia esso tenuto a disposizione che ceduto in locazione. Perciò, nell'ipotesi in cui l'inquilino non paghi i canoni, il locatore dovrà comunque farli concorrere alla formazione del proprio reddito complessivo.
Considerati gli effetti penalizzanti che derivano da questa norma, è previsto un temperamento – anche se articolato e circoscritto – che esclude l'imponibilità del reddito immobiliare non percepito (in questa eventualità, il possessore dell'unità immobiliare sarà, comunque, tenuto ad assoggettare a tassazione la rendita catastale), in presenza delle seguenti condizioni:
1) che la locazione sia a uso abitativo;
2) che il mancato pagamento dei canoni derivi dalla morosità del conduttore;
3) che quest'ultima venga accertata giudizialmente a seguito del procedimento per convalida di sfratto per morosità.
Queste condizioni devono essere concomitanti e, pertanto, se la morosità nel pagamento riguarda un immobile commerciale (negozio, ufficio, capannone), il locatore dovrà pagare l'Irpef, anche se ha esperito il procedimento di convalida di sfratto, poiché la norma in questo caso non gli attribuisce alcun effetto fiscale (circolare 150/1999 del ministero delle Finanze).
Questa "discriminazione" ha generato un inevitabile contrasto interpretativo, nell'ambito del quale, secondo un orientamento più garantista, anche la morosità che si manifesta nella locazione di immobili non abitativi autorizza a non dichiarare i canoni non percepiti, secondo il codificato principio di capacità contributiva (Cassazione, sentenza n. 6911/2003).
È importante mettere in evidenza che questa composita tematica è stata comunque riequilibrata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 362 del 26 luglio 2000), attraverso la formulazione di principi perequativi di portata generale, che come tali trovano applicazione indistintamente, sia ai rapporti locativi di natura abitativa che commerciale. Nel dettaglio, la Consulta ha statuito che:
• il riferimento al canone di locazione potrà operare nel tempo solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico;
• tornerà in vigore la regola generale, e quindi si potrà evitare la tassazione, quando la locazione sia cessata per scadenza del termine (articolo 1596 del Codice civile) e il locatore pretenda la restituzione dell'immobile essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, oppure quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (articolo 1456 del Codice civile), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (articolo 1454 del Codice civile).
Pertanto, la presenza nel contratto di una clausola risolutiva dello stesso e la dichiarazione di avvalersene al ricorrere dei sopravvenuti presupposti (quale, appunto, la morosità del locatario) sono da ritenere elementi sufficienti a legittimare il locatore a non dichiarare i canoni non riscossi (Cassazione sentenza n. 12905/2007), senza necessariamente attendere un eventuale pronuncia giudiziale: l'attivazione di quest'ultima sarà, invece, richiesta per far accertare anche la morosità di anni pregressi, finalizzata all'utilizzo del credito d'imposta.
Attenzione: queste regole di favore si estendono a qualsiasi tipologia di immobile compreso nel rapporto di locazione, dal momento che il giudice delle leggi non fa alcuna distinzione fra unità abitativa e commerciale.
È importante ricordare che qualora venga esercitata la facoltà di risolvere anticipatamente il rapporto contrattuale rispetto alla a scadenza naturale, occorre segnalare la circostanza all'anagrafe tributaria. L'esecuzione di questo obbligo persegue nel contempo anche lo scopo di dare coerenza e giustificazione alla più ridotta consistenza reddituale del locatore in conseguenza del mancato incasso dei canoni (si veda l'Esperto risponde del 10 febbraio 2014).
Tutte queste considerazioni valgono a prescindere dal regime impositivo prescelto dal contribuente, ordinario o della cedolare secca.
Il principio di tassazione in base alla maturazione del reddito fondario dei fabbricati trova infine un'ulteriore attenuazione nell'articolo 36, Tuir, che consente al contribuente di evitare il prelievo Irpef sul reddito derivante dall'immobile qualora quest'ultimo venga sottoposto a lavori di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. Gli interventi devono essere supportati dai titoli abilitativi richiesti dalla normativa edilizia, e l'esimente impositiva sarà conseguibile per tutto il periodo di validità del provvedimento amministrativo. Questa esimente opera sia per la rendita catastale che per i canoni di locazione: infatti, anche se ci fosse un rapporto locativo, sarebbe sospeso o risolto in anticipo per consentire i lavori. Anche in questo caso, questa eccezione vale sia in relazione agli immobili a destinazione abitativa che commerciale.

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