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lunedì 25 novembre 2013

Il riscaldamento non si taglia!

Il servizio di riscaldamento non si tocca anche se il condomino è moroso: lo ha stabilito il Tribunale di Milano nel procedimento (ruolo generale 72656/13, sexione XIII civile) promosso in via d’urgenza da un condominio che, sul presupposto dell’esistenza di una sua morosità nel pagamento delle quote dovute, si era visto sospendere l’erogazione del riscaldamento da parte di altro condominio tenuto per contratto a fornirgliela.
Tra le due parti era sorta contestazione circa l’ammontare del debito dell’una verso l’altra proprio in relazione al riscaldamento erogato e così all’amministratore del condominio erogante non era parso vero di dare esecuzione al nuovo disposto dell’articolo 63, terzo comma, delle disposizioni attuative del Codice civile che lo autorizza, pur in difetto di qualsivoglia autorizzazione contenuta nel regolamento (invece richiesta nel vecchio testo pre riforma) a sospendere il condominio moroso dalla fruizione dei servizi suscettibili di godimento separato e di quello del riscaldamento. Detto e fatto e un elevato numero di famiglie si è trovata all’improvviso al freddo, senza alcun preavviso e/o avvertimento.
Il ricorso al giudice è stato fulmineo proprio per ottenere la ripresa del servizio e altrettanto rapida è stata la decisione del giudice.
«La privazione di una fornitura essenziale per la vita, quale il riscaldamento in periodo invernale, è suscettibile di ledere diritti fondamentali delle persone, di rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute (articolo 32 Costituzione)», argomenta il giudice. Comunque, «il diritto che con la sospensione del servizio si intende tutelare è puramente economico e sempre riparabile». Di qui, ricorrendo i presupposti di pericolo di danno grave ed irreparabile alla salute dei condomini, l’ordine impartito all’amministratore di provvedere subito a garantire l’erogazione del servizio di riscaldamento ai presunti morosi. È vero che la legge consente all’amministratore, nel caso di morosità del condomino che si protrae per un semestre, di sospendergli l’erogazione di quei servizi che possono essere da lui goduti separatamente, fermo comunque il diritto del condominio di procedere per il recupero della morosità maturata e che eventualmente andrà a maturare. Altrettanto vero è, però, che il terzo comma dell’articolo 63 delle disposizione attuative del Codice civile va applicato con estrema prudenza da parte dell’amministratore e in situazioni talmente gravi da non consentirgli diversa soluzione, proprio per il rispetto dovuto verso coloro che invece adempiono con regolarità i propri obblighi pecuniari verso il condominio.
Rimane dunque preferibile che il regolamento, o in ultima analisi l’assemblea, continui a indicare le modalità ed i casi in presenza dei quali l’amministratore può avvalersi del rimedio in esame, ad esempio individuando una soglia minima di mora in presenza della quale scatta la sospensione dal servizio. Nel silenzio, è chiaro però che il nuovo potere discrezionale conferito all’amministratore dal nuovo terzo comma dell’articolo 63 deve essere da lui dosato con la diligenza del buon padre di famiglia, rimanendo comunque salvo il sindacato dell’autorità giudiziaria sul suo operato e dunque sulla sua personale responsabilità.
Resta poi da stabilire, nel silenzio della legge, da quando decorre il semestre scaduto il quale si possa procedere alla sospensione della fruizione dei servizi comuni

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domenica 10 novembre 2013

Condominio: Cassazione Sent. 22313/2013 - Amministratore Parcella in chiaro

La Cassazione, con la sentenza 22313 depositata il 30 settembre scorso, è tornata a occuparsi del compenso dell'amministratore di condominio per i lavori straordinari.
La prassi e le sentenze
Di norma, si ritiene che il compenso stabilito forfettariamente in occasione dell'assunzione o del rinnovo dell'incarico sia limitato alla gestione ordinaria (che include, ad esempio, spese amministrative, servizi condominiali, piccola manutenzione, energia, acqua) ma non comprenda la gestione di lavori straordinari («lavori di rilevante entità» per il Codice civile), da liquidare a parte, in genere in percentuale sul costo dei lavori.
Ma l'orientamento della giurisprudenza (a parte alcuni precedenti di merito) va nel senso che, se l'assemblea non approva espressamente il compenso straordinario, nulla è dovuto all'amministratore. Quindi, il compenso pattuito all'assuzione dell'incarico annuale comprende ogni attività, anche relativa alla gestione di manutenzione di rilevante entità delle parti comuni.
La riforma
La riforma del condominio (legge 220/2012, in vigore dal 18 giugno scorso) ha cercato di arginare gli abusi di alcuni amministratori che, raggiunto l'accordo sul compenso per la gestione ordinaria, al momento dell'approvazione inseriscono nel consuntivo altre spese, ad esempio, per partecipazione ad assemblee straordinarie, gestione sinistri, stampa rendiconti. Il nuovo articolo 1129 del Codice civile stabilisce che l'amministratore, in occasione della nomina o del rinnovo, debba analiticamente specificare l'importo dovuto per la sua attività, a pena di nullità della nomina. Certo, sarebbe stata preferibile una formulazione meno radicale, che prevedesse l'inesigibilità delle voci del compenso non indicate espressamente. In teoria, questa disposizione rischia di fare dichiarare nulla la nomina dell'amministratore che non specifica, in maniera minuziosa, tutte le possibili voci, il che è praticamente impossibile. La norma dovrebbe quindi essere interpretata nel senso che è nulla la nomina se la specifica del prezzo non sia determinata o determinabile o lasci spazio ad abusi.
Il preventivo
Sono due i tipi di preventivo che possono essere presentati all'assemblea. Il primo è "modulare" e consiste nell'elenco analitico delle attività con un prezzo per ognuna. Il secondo è a forfait, con un prezzo comprensivo di tutta l'attività. In genere, per non avere brutte sorprese, i condomini preferiscono il preventivo forfetizzato; quello modulare non ha invece avuto fortuna, se non nella forma attenuata, che prevede un prezzo forfetizzato, ma con diverse attività indicate come "extra", come le assemblee straordinarie.
Un preventivo misto non dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere sanzionato con la nullità della nomina se riporta la clausola per cui è compresa nel prezzo forfettizzato ogni attività non indicata a parte, in modo da evitare che il prezzo lieviti in occasione del consuntivo. Per quanto concerne i lavori di rilevante entità, il candidato amministratore potrà presentare, nel suo preventivo, una quota percentuale sull'importo di eventuali opere ma tale proposta dovrà essere espressa all'accettazione dell'incarico o del rinnovo e non potrà essere rimandata all'approvazione dei lavori.

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lunedì 4 novembre 2013

Condominio: avviso anticipato per l'assemblea ( Cass. Sent. 22047/2013)

La sentenza della Cassazione - Una recente sentenza della cassazione (n. 22047 del 26 settembre scorso) si è occupata della nuova Legge 220/2012 sulla riforma del condomino, e ha chiarito che l'avviso di convocazione dell'assemblea deve pervenire ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione in prima convocazione. La Suprema Corte in pratica si è così pronunciata sulla questione del termine di legge da rispettare per la convocazione dell'assemblea condominiale, anche alla luce delle nuove disposizioni di cui all'art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

Il caso in questione - La vicenda portata all'attenzione della Suprema Corte nasce dall'impugnazione di due deliberazioni condominiali ritenute invalide perché adottate nel corso di una riunione assembleare irregolarmente convocata. In particolare un condomino si era rivolto al giudice eccependo il fatto che, dopo un primo tentativo di recapito dell'avviso di convocazione non andato a buon fine, aveva ricevuto la comunicazione solo un giorno prima della data fissata per l'assemblea condominiale in prima convocazione, e due giorni prima della seconda convocazione della stessa. Inizialmente il tribunale aveva però dato ragione al condominio, osservando come la convocazione assembleare fosse stata inviata dall'amministratore nei termini previsti dalla legge, senza invece prendere in considerazione la data in cui il condomino aveva potuto prendere effettivamente visione dell'avviso. Anche in secondo grado veniva confermata la decisione del tribunale, i giudici affermavano che, in assenza di particolari prescrizioni di legge, per la comunicazione ai condomini della convocazione assembleare, il termine di cinque giorni dovesse essere interpretato con riguardo alla seconda convocazione dell'adunanza condominiale, essendo prassi comune dei condomini di non presentarsi alla prima, ma solo alla seconda convocazione. I giudici di appello avevano evidenziato la circostanza che nella fattispecie la delibera impugnata era stata adottata in seconda convocazione, a riprova del fatto che la prima riunione fosse andata deserta.

Le indicazioni della Corte – Contro le decisioni di merito la questione è stata portata davanti alla Cassazione che ha ribaltato le precedenti sentenze e ha accolto i motivi di impugnazione. I giudici hanno principalmente evidenziato il fatto che ogni condomino ha diritto di intervenire all'assemblea, con la conseguente necessità che l'avviso di convocazione sia non solo inviato, ma anche ricevuto entro il termine previsto dalla legge. In particolare, il predetto avviso deve essere ricevuto da ogni condomino almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione. Secondo la Cassazione, contrariamente a quanto affermato in appello, non è corretto sostenere che, considerata la normale partecipazione dei condomini alla seconda convocazione assembleare più che alla prima, il giorno da considerare per accertare il rispetto del termine di legge debba essere quello della seconda convocazione. Quindi, ai fini del conteggio di tale termine, occorre considerare esclusivamente la data dell'assemblea fissata in prima convocazione.

In accordo con la giurisprudenza - La conclusione della Cassazione ha trovato sempre d’accordo la giurisprudenza che sosteneva tale tesi anche prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina del condominio. Attualmente, questa interpretazione risulta pienamente confermata dall'intervento del legislatore che, al nuovo art. 66, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile, stabilisce espressamente che il termine di cinque giorni deve essere riferito alla prima convocazione dell'assemblea, non rilevando la data di svolgimento dell'assemblea in seconda convocazione.

Il decorrere dei cinque giorni - Per la Cassazione, la comunicazione dell'avviso di convocazione si considera avvenuta nel momento in cui la stessa giunge a conoscenza del condomino e da tale momento comincia a decorrere, a ritroso, il predetto termine di cinque giorni, prendendo a riferimento la data di prima convocazione dell'assemblea. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte d'appello non abbia minimamente preso in considerazione il dato temporale relativo alla conoscenza, da parte del condomino della data di svolgimento dell'assemblea condominiale. L’accertamento di come il condomino era stato messo in condizione di partecipare all'assemblea condominiale, ovvero un solo giorno prima della prima convocazione e due giorni prima della seconda convocazione, avrebbe indotto i giudici di merito a rilevare la tardività della convocazione dell'assemblea e conseguentemente ad annullare le delibere adottate.

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