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lunedì 28 ottobre 2013

La "tasi" converrà?

Tasse più leggere per le abitazioni principali di valore fiscale medio e alto, a patto però che non ci siano figli (e quindi detrazioni Imu) a cambiare i conti, e richieste più elevate per tutti gli altri: abitazioni principali di valore catastale medio-basso, seconde case vuote o affittate, negozi e così via.
Si presenta con queste caratteristiche il passaggio alla Tasi, il nuovo tributo che debutterà il prossimo anno per finanziare i «servizi indivisibili dei Comuni», quando si ragiona ad aliquota standard, cioè senza contare le possibili scelte fiscali dei sindaci. Scelte che, con la Tasi, potranno contare su spazi molto più ampi degli attuali, al ribasso ma anche al rialzo.
I tetti massimi previsti dalla legge di stabilità, 2,5 per mille (solo per il 2014) sull'abitazione principale e 11,6 per mille per la somma di Imu e Tasi sugli altri immobili, possono infatti far volare il nuovo tributo fino a quota 9 miliardi di gettito: una dote da aggiungere ai 17,6 miliardi dell'Imu sugli altri immobili (sempre ad aliquota standard) e alla tassa rifiuti.
Guardando i casi concreti, sull'abitazione principale il primo nodo da rilevare è una certa "regressività" nel passaggio alla Tasi, che finisce per colpire le abitazioni più modeste per beneficiare invece quelle che secondo il Fisco valgono di più. A determinare questo effetto è l'addio alle detrazioni (quella da 200 euro di base e quella "provvisoria" da 50 euro per ogni figlio) che nel regime attuale hanno escluso dall'Imu quasi 5 milioni di case, di valore fiscale medio-basso e in genere abitate da famiglie con redditi leggeri. Per verificarlo basta osservare che cosa accade alle abitazioni principali nel grafico qui a destra: il monolocale vede peggiorare il conto dai 90 euro del 2012 ai 139 del 2014, il bilocale passa da 220 a 262 euro mentre il trilocale passa dai 450 euro versati nel 2012 ai 415 del prossimo anno, dopo averne versati 345 nel 2013. Nel trilocale si ipotizza una famiglia "media", con un figlio, ma se i figli sono due l'Imu 2012 sarebbe scesa a 150 euro, e il 2014 vedrebbe un aggravio di 15 euro: discorso opposto, naturalmente, se i figli non ci sono.
Nel calcolo ministeriale, diffuso domenica, si mette a confronto la Tasi con l'Imu sull'abitazione principale e la maggiorazione Tares, cioè l'imposta statale da 30 centesimi al metro quadrato che si dovrà pagare a dicembre, e si considera anche l'addio alle detrazioni da 50 euro per i figli (400 milioni in tutto) non più previsti per il 2014. In questo modo il nuovo tributo (3,7 miliardi) risulta più leggero della somma di Imu (3,3 miliardi, sempre ad aliquota standard, più 400 milioni di detrazioni) e maggiorazione Tares (un miliardo). Questa impostazione riflette in termini di copertura, perché calcola le poste da finanziare nei saldi del bilancio pubblico; dal punto di vista degli effetti sul contribuente, occorre però tenere conto anche del fatto che l'Imu si è pagata nel 2012 e non nel 2013 (il Governo progetta lo stop anche alla seconda rata), e la maggiorazione Tares da 30 centesimi al metro quadrato si paga nel 2013 e non nel 2012 (non c'era).
Un'altra dinamica si prospetta poi fuori dalle abitazioni principali, dove di partenza l'aliquota standard della Tasi (1 per mille) si aggiunge alla situazione attuale, perché la somma di Imu più Tasi non può superare l'aliquota massima (10,6 per mille) ma secondo l'ultima versione del Ddl stabilità il calcolo va effettuato «al netto» dell'1 per mille della Tasi. Guardando ancora una volta alla situazione "standard", quindi, il conto appare destinato ad aumentare sia rispetto al 2012 sia rispetto al 2013, considerando o meno anche il passaggio da Tarsu a Tares.
Fin qui il quadro di base, senza l'intervento dei Comuni. A loro tocca però l'ultima parola sulle scelte effettive, che possono ridurre fino ad azzerare oppure moltiplicare le richieste della Tasi. L'esperienza recentissima dell'Imu, con gli aumenti 2012 concentrati sugli «altri immobili» e quelli 2013 che recuperano anche l'abitazione principale in attesa delle compensazioni statali, non alimenta l'ottimismo, anche perché il continuo lavorio su tutte le voci-chiave della finanza locale ha confuso il quadro fino a spostare a fine anno il termine dei preventivi. Resta da chiarire, poi, la dotazione di partenza per il 2014, alla luce del dare-avere scritto nella legge di stabilità: con l'addio all'Imu su abitazione principale e fabbricati e terreni agricoli spariranno le compensazioni statali (4,8 miliardi calcolati sulle aliquote reali 2012), la Tasi porterà 3,7 miliardi e il miliardo mancante è dato dall'aumento del fondo di «solidarietà comunale» già deciso dal Governo. Il livello di partenza, in termini di dote finanziaria, sarebbe analogo a quella di inizio 2013. Un altro miliardo è stanziato sul Patto, per liberare i pagamenti in conto capitale, ma per pagare servono le entrate: senza contare che molti sindaci, da Milano a Brescia, da Bologna a Roma, hanno deciso o stanno decidendo aumenti di aliquota, e chiedono che gli indennizzi statali ne tengano conto: un meccanismo che farebbe lievitare di almeno 260 milioni il conto da saldare a carico dello Stato, ma che è ancora tutto da costruire.

lunedì 14 ottobre 2013

Cass 20707 2013 - Appalto e vizi non contestati

La Cassazione ha chiarito che l’appaltatore ha l’obbligo di fornire una garanzia per le eventuali difformità dell’opera realizzata. L’obbligo viene meno se il committente accetta l’opera e conosce i vizi che la caratterizzano, tranne nel caso in cui l’appaltatore non abbia nascosto i difetti in mala fede.

Una volta presa visione dei difetti nell’opera consegnata, il committente può esigere la riparazione a spese dell’appaltatore, chiedere uno sconto sul prezzo pattuito o pretendere la risoluzione del contratto.

Al contrario, se il committente conosce i vizi, ma chiede solo un risarcimento, dovrà comunque pagare all’appaltatore il corrispettivo previsto.

La pronuncia della Cassazione si è basata sul ricorso con cui un committente aveva chiesto il risarcimento dei danni riscontrati a seguito di alcuni lavori. Il committente, però, non aveva pagato l’appaltatore né gli aveva chiesto di eliminare i difetti dall’opera.

La Cassazione ha concluso che la domanda di risarcimento dei danni è autonoma rispetto a quella per l’eliminazione dei difetti. Presentando richiesta di risarcimento, il committente non può quindi ottenere l’eliminazione dei danni e deve comunque pagare la prestazione.


AmministrazioniAC - AffinatiConsultingITALIA

domenica 6 ottobre 2013

L'affitto viene meno se è stato nascosto un vizio essenziale (Cass.19806/13)

Il proprietario che ha nascosto i difetti dell'abitazione affittata non può appellarsi alle clausole contrattuali di gradimento per limitare la propria responsabilità. È il principio applicato di recente dalla Cassazione (sentenza n. 19806/2013), secondo cui il locatore risponde dell'occlusione dello scarico dell'inutilizzabilità dei servizi igienici se al momento della stipula del contratto nulla è stato detto al conduttore. Il vizio occultato, infatti, è a carico del proprietario e le clausole di gradimento del bene – contenute nel contratto – non operano se i difetti lo rendono inidoneo all'uso.
La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal locatore contro alla pronuncia dei giudici d'appello, che avevano accolto la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal conduttore. I giudici di merito, infatti, avevano ritenuto provato – sia documentalmente sia in base alle prove orali – che nella fase di stipula del contratto la parte locatrice aveva fornito al conduttore una rappresentazione delle caratteristiche e condizioni dell'immobile diversa da quella reale. In particolare, era stata mostrata al futuro inquilino una planimetria che indicava lo scarico del wc dotato di collegamento alla pubblica fognatura e un'altezza del locale conforme a quella richiesta dal regolamento comunale.
Di conseguenza, dell'occlusione dello scarico e dei servizi igienici inutilizzabili risponde il locatore. A meno che la situazione non sia stata portata a conoscenza del conduttore al momento della firma dell'accordo. Precisano inoltre i giudici che «le clausole contrattuali di gradimento del bene e di accollo da parte del conduttore di ogni onere di adattamento del bene all'uso pattuito non possono operare quando i vizi definitivamente riscontrati nel bene oggetto di locazione sono tali da renderlo inidoneo a quell'uso. Il patto con cui si limita o si esclude la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore o se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa».
Sul punto resta valido quanto affermato dalla Cassazione nel 2000, con la sentenza 14342. Infatti, la disposizione dell'articolo 1579 del Codice civile, che sancisce l'inefficacia del patto di esonero della responsabilità del locatore per i vizi che rendano impossibile il godimento della cosa locata, si applica anche ai difetti conosciuti o riconoscibili dal conduttore, dal momento che «la conoscibilità o meno dei vizi assume rilevanza, ai sensi del precedente articolo 1578 del Codice civile – escludendo la risoluzione del contratto di locazione o la riduzione del corrispettivo – nei soli casi in cui i vizi stessi incidano solo parzialmente sul godimento della cosa locata, senza escluderlo, onde possa risultare ragionevole la preventiva e concorde valutazione delle parti di addossare al conduttore i rischi ad essi relativi».