Tasse più leggere per le abitazioni principali di valore fiscale
medio e alto, a patto però che non ci siano figli (e quindi detrazioni
Imu) a cambiare i conti, e richieste più elevate per tutti gli altri:
abitazioni principali di valore catastale medio-basso, seconde case
vuote o affittate, negozi e così via.
Si presenta con queste caratteristiche il passaggio alla Tasi, il
nuovo tributo che debutterà il prossimo anno per finanziare i «servizi
indivisibili dei Comuni», quando si ragiona ad aliquota standard, cioè
senza contare le possibili scelte fiscali dei sindaci. Scelte che, con
la Tasi, potranno contare su spazi molto più ampi degli attuali, al
ribasso ma anche al rialzo.
I tetti massimi previsti dalla legge di stabilità, 2,5 per mille
(solo per il 2014) sull'abitazione principale e 11,6 per mille per la
somma di Imu e Tasi sugli altri immobili, possono infatti far volare il
nuovo tributo fino a quota 9 miliardi di gettito: una dote da aggiungere
ai 17,6 miliardi dell'Imu sugli altri immobili (sempre ad aliquota
standard) e alla tassa rifiuti.
Guardando i casi concreti, sull'abitazione principale il primo nodo
da rilevare è una certa "regressività" nel passaggio alla Tasi, che
finisce per colpire le abitazioni più modeste per beneficiare invece
quelle che secondo il Fisco valgono di più. A determinare questo effetto
è l'addio alle detrazioni (quella da 200 euro di base e quella
"provvisoria" da 50 euro per ogni figlio) che nel regime attuale hanno
escluso dall'Imu quasi 5 milioni di case, di valore fiscale medio-basso e
in genere abitate da famiglie con redditi leggeri. Per verificarlo
basta osservare che cosa accade alle abitazioni principali nel grafico
qui a destra: il monolocale vede peggiorare il conto dai 90 euro del
2012 ai 139 del 2014, il bilocale passa da 220 a 262 euro mentre il
trilocale passa dai 450 euro versati nel 2012 ai 415 del prossimo anno,
dopo averne versati 345 nel 2013. Nel trilocale si ipotizza una famiglia
"media", con un figlio, ma se i figli sono due l'Imu 2012 sarebbe scesa
a 150 euro, e il 2014 vedrebbe un aggravio di 15 euro: discorso
opposto, naturalmente, se i figli non ci sono.
Nel calcolo ministeriale, diffuso domenica, si mette a confronto la
Tasi con l'Imu sull'abitazione principale e la maggiorazione Tares, cioè
l'imposta statale da 30 centesimi al metro quadrato che si dovrà pagare
a dicembre, e si considera anche l'addio alle detrazioni da 50 euro per
i figli (400 milioni in tutto) non più previsti per il 2014. In questo
modo il nuovo tributo (3,7 miliardi) risulta più leggero della somma di
Imu (3,3 miliardi, sempre ad aliquota standard, più 400 milioni di
detrazioni) e maggiorazione Tares (un miliardo). Questa impostazione
riflette in termini di copertura, perché calcola le poste da finanziare
nei saldi del bilancio pubblico; dal punto di vista degli effetti sul
contribuente, occorre però tenere conto anche del fatto che l'Imu si è
pagata nel 2012 e non nel 2013 (il Governo progetta lo stop anche alla
seconda rata), e la maggiorazione Tares da 30 centesimi al metro
quadrato si paga nel 2013 e non nel 2012 (non c'era).
Un'altra dinamica si prospetta poi fuori dalle abitazioni principali,
dove di partenza l'aliquota standard della Tasi (1 per mille) si
aggiunge alla situazione attuale, perché la somma di Imu più Tasi non
può superare l'aliquota massima (10,6 per mille) ma secondo l'ultima
versione del Ddl stabilità il calcolo va effettuato «al netto» dell'1
per mille della Tasi. Guardando ancora una volta alla situazione
"standard", quindi, il conto appare destinato ad aumentare sia rispetto
al 2012 sia rispetto al 2013, considerando o meno anche il passaggio da
Tarsu a Tares.
Fin qui il quadro di base, senza l'intervento dei Comuni. A loro
tocca però l'ultima parola sulle scelte effettive, che possono ridurre
fino ad azzerare oppure moltiplicare le richieste della Tasi.
L'esperienza recentissima dell'Imu, con gli aumenti 2012 concentrati
sugli «altri immobili» e quelli 2013 che recuperano anche l'abitazione
principale in attesa delle compensazioni statali, non alimenta
l'ottimismo, anche perché il continuo lavorio su tutte le voci-chiave
della finanza locale ha confuso il quadro fino a spostare a fine anno il
termine dei preventivi. Resta da chiarire, poi, la dotazione di
partenza per il 2014, alla luce del dare-avere scritto nella legge di
stabilità: con l'addio all'Imu su abitazione principale e fabbricati e
terreni agricoli spariranno le compensazioni statali (4,8 miliardi
calcolati sulle aliquote reali 2012), la Tasi porterà 3,7 miliardi e il
miliardo mancante è dato dall'aumento del fondo di «solidarietà
comunale» già deciso dal Governo. Il livello di partenza, in termini di
dote finanziaria, sarebbe analogo a quella di inizio 2013. Un altro
miliardo è stanziato sul Patto, per liberare i pagamenti in conto
capitale, ma per pagare servono le entrate: senza contare che molti
sindaci, da Milano a Brescia, da Bologna a Roma, hanno deciso o stanno
decidendo aumenti di aliquota, e chiedono che gli indennizzi statali ne
tengano conto: un meccanismo che farebbe lievitare di almeno 260 milioni
il conto da saldare a carico dello Stato, ma che è ancora tutto da
costruire.
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lunedì 28 ottobre 2013
lunedì 14 ottobre 2013
Cass 20707 2013 - Appalto e vizi non contestati
La
Cassazione ha chiarito che l’appaltatore ha l’obbligo di fornire una
garanzia per le eventuali difformità dell’opera realizzata. L’obbligo
viene meno se il committente accetta l’opera e conosce i vizi che la
caratterizzano, tranne nel caso in cui l’appaltatore non abbia nascosto i
difetti in mala fede.
Una volta presa visione dei difetti nell’opera consegnata, il committente può esigere la riparazione a spese dell’appaltatore, chiedere uno sconto sul prezzo pattuito o pretendere la risoluzione del contratto.
Al contrario, se il committente conosce i vizi, ma chiede solo un risarcimento, dovrà comunque pagare all’appaltatore il corrispettivo previsto.
La pronuncia della Cassazione si è basata sul ricorso con cui un committente aveva chiesto il risarcimento dei danni riscontrati a seguito di alcuni lavori. Il committente, però, non aveva pagato l’appaltatore né gli aveva chiesto di eliminare i difetti dall’opera.
La Cassazione ha concluso che la domanda di risarcimento dei danni è autonoma rispetto a quella per l’eliminazione dei difetti. Presentando richiesta di risarcimento, il committente non può quindi ottenere l’eliminazione dei danni e deve comunque pagare la prestazione.
AmministrazioniAC - AffinatiConsultingITALIA
Una volta presa visione dei difetti nell’opera consegnata, il committente può esigere la riparazione a spese dell’appaltatore, chiedere uno sconto sul prezzo pattuito o pretendere la risoluzione del contratto.
Al contrario, se il committente conosce i vizi, ma chiede solo un risarcimento, dovrà comunque pagare all’appaltatore il corrispettivo previsto.
La pronuncia della Cassazione si è basata sul ricorso con cui un committente aveva chiesto il risarcimento dei danni riscontrati a seguito di alcuni lavori. Il committente, però, non aveva pagato l’appaltatore né gli aveva chiesto di eliminare i difetti dall’opera.
La Cassazione ha concluso che la domanda di risarcimento dei danni è autonoma rispetto a quella per l’eliminazione dei difetti. Presentando richiesta di risarcimento, il committente non può quindi ottenere l’eliminazione dei danni e deve comunque pagare la prestazione.
AmministrazioniAC - AffinatiConsultingITALIA
domenica 6 ottobre 2013
L'affitto viene meno se è stato nascosto un vizio essenziale (Cass.19806/13)
Il proprietario che ha nascosto i difetti dell'abitazione affittata non
può appellarsi alle clausole contrattuali di gradimento per limitare la
propria responsabilità. È il principio applicato di recente dalla
Cassazione (sentenza n. 19806/2013), secondo cui il locatore risponde
dell'occlusione dello scarico dell'inutilizzabilità dei servizi igienici
se al momento della stipula del contratto nulla è stato detto al
conduttore. Il vizio occultato, infatti, è a carico del proprietario e
le clausole di gradimento del bene – contenute nel contratto – non
operano se i difetti lo rendono inidoneo all'uso.
La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal locatore contro alla pronuncia dei giudici d'appello, che avevano accolto la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal conduttore. I giudici di merito, infatti, avevano ritenuto provato – sia documentalmente sia in base alle prove orali – che nella fase di stipula del contratto la parte locatrice aveva fornito al conduttore una rappresentazione delle caratteristiche e condizioni dell'immobile diversa da quella reale. In particolare, era stata mostrata al futuro inquilino una planimetria che indicava lo scarico del wc dotato di collegamento alla pubblica fognatura e un'altezza del locale conforme a quella richiesta dal regolamento comunale.
Di conseguenza, dell'occlusione dello scarico e dei servizi igienici inutilizzabili risponde il locatore. A meno che la situazione non sia stata portata a conoscenza del conduttore al momento della firma dell'accordo. Precisano inoltre i giudici che «le clausole contrattuali di gradimento del bene e di accollo da parte del conduttore di ogni onere di adattamento del bene all'uso pattuito non possono operare quando i vizi definitivamente riscontrati nel bene oggetto di locazione sono tali da renderlo inidoneo a quell'uso. Il patto con cui si limita o si esclude la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore o se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa».
Sul punto resta valido quanto affermato dalla Cassazione nel 2000, con la sentenza 14342. Infatti, la disposizione dell'articolo 1579 del Codice civile, che sancisce l'inefficacia del patto di esonero della responsabilità del locatore per i vizi che rendano impossibile il godimento della cosa locata, si applica anche ai difetti conosciuti o riconoscibili dal conduttore, dal momento che «la conoscibilità o meno dei vizi assume rilevanza, ai sensi del precedente articolo 1578 del Codice civile – escludendo la risoluzione del contratto di locazione o la riduzione del corrispettivo – nei soli casi in cui i vizi stessi incidano solo parzialmente sul godimento della cosa locata, senza escluderlo, onde possa risultare ragionevole la preventiva e concorde valutazione delle parti di addossare al conduttore i rischi ad essi relativi».
La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal locatore contro alla pronuncia dei giudici d'appello, che avevano accolto la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal conduttore. I giudici di merito, infatti, avevano ritenuto provato – sia documentalmente sia in base alle prove orali – che nella fase di stipula del contratto la parte locatrice aveva fornito al conduttore una rappresentazione delle caratteristiche e condizioni dell'immobile diversa da quella reale. In particolare, era stata mostrata al futuro inquilino una planimetria che indicava lo scarico del wc dotato di collegamento alla pubblica fognatura e un'altezza del locale conforme a quella richiesta dal regolamento comunale.
Di conseguenza, dell'occlusione dello scarico e dei servizi igienici inutilizzabili risponde il locatore. A meno che la situazione non sia stata portata a conoscenza del conduttore al momento della firma dell'accordo. Precisano inoltre i giudici che «le clausole contrattuali di gradimento del bene e di accollo da parte del conduttore di ogni onere di adattamento del bene all'uso pattuito non possono operare quando i vizi definitivamente riscontrati nel bene oggetto di locazione sono tali da renderlo inidoneo a quell'uso. Il patto con cui si limita o si esclude la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore o se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa».
Sul punto resta valido quanto affermato dalla Cassazione nel 2000, con la sentenza 14342. Infatti, la disposizione dell'articolo 1579 del Codice civile, che sancisce l'inefficacia del patto di esonero della responsabilità del locatore per i vizi che rendano impossibile il godimento della cosa locata, si applica anche ai difetti conosciuti o riconoscibili dal conduttore, dal momento che «la conoscibilità o meno dei vizi assume rilevanza, ai sensi del precedente articolo 1578 del Codice civile – escludendo la risoluzione del contratto di locazione o la riduzione del corrispettivo – nei soli casi in cui i vizi stessi incidano solo parzialmente sul godimento della cosa locata, senza escluderlo, onde possa risultare ragionevole la preventiva e concorde valutazione delle parti di addossare al conduttore i rischi ad essi relativi».
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