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domenica 24 febbraio 2013

Condominio: Guida ai posteggi



Gli stessi termini parcheggio o posto auto sono delle locuzioni di uso comune (quindi improprie) che non trovano riscontro nei testi legislativi (i quali parlano genericamente di spazi da adibire a parcheggi). Inoltre, gli stessi termini (e la stessa normativa) in materia non definiscono la tipologia del parcheggio. Anzi, la parola parcheggio o la locuzione posto auto non inquadra e non richiama un’unica ipotesi, ma sotto queste denominazioni rientrano varie strutture o tipologie di parcheggi.
Tipologie di parcheggi condominiali
Ecco, dunque, che il primo problema da affrontare è quello di individuare almeno le strutture o tipologie più comuni di parcheggi.
Di solito, i parcheggi si trovano ubicati all’interno dell’edifico o all’esterno dello stesso, sempre sul suolo condominiale ex art. 1117 c.c. o in proprietà condominiale.
Allora, partendo dall’interno dell’edificio (ed usando un minimo di immaginazione), è possibile avere dei box chiusi privati (cioè dei veri e propri locali adibiti a box il c.d. garage di proprietà esclusiva), così come è possibile avere anche solo dei posti auto delimitati da strisce, ed, ancora, è possibile avere dei posti auto non espressamente attribuiti (ma usati in modo indistinto e promiscuo dai singoli proprietari).
All’esterno dell’edificio, di solito nei viali di ingresso all’edificio o nei cortili (sempre sul suolo condominiale ex art. 1117 c.c.) è possibile trovare le stesse tipologie di parcheggi: box esclusivi  o posti auto delimitati o meno da strisce.
Nulla esclude che i parcheggi siano costruiti su un area esterna all’edificio di proprietà di un terzo.
Qualsiasi sia la struttura o la tipologia dei posti auto, tutti rientrano nella stessa problematica e sono regolati dalla stessa disciplina (salvo eccezioni particolari).
Natura giuridica del diritto di parcheggio condominiale
La situazione non diventa più semplice se si cerca di individuare il tipo di diritto che può essere esercitato o vantato sul parcheggio, infatti, ci può essere tanto un vero e proprio diritto in proprietà esclusiva, tanto un mero diritto al posto auto (di incerta definizione e qualificazione), molto dipende dal titolo di acquisto (contrato di acquisto dell’appartamento) e/o dal regolamento di condominio.
Anche se non è una regola generale, solitamente i box-locali o garage sono in proprietà esclusiva, i c.d. posti auto possono essere assegnati tanto in uso esclusivo, quanto può essere attribuito un semplice e generico diritto al parcheggio, senza la specifica indicazione del luogo dove parcheggiare.
Insufficienza dei parcheggi o posti d’auto
Può capitare anche che i posti auto siano insufficienti, (la situazione si verifica spesso in caso di posti auto ad uso promiscuo, non delimitati da strisce o non assegnati in uso esclusivo). L’inadeguatezza dei posti auto può dipendere sia dal fatto che molti proprietari possiedono più automobili, sia dal fatto che con il passare del tempo l’aumento di dimensioni delle auto ha reso insufficienti gli spazzi.
In queste situazioni, la soluzione può essere trovata mediante l’apposizione di strisce onde identificare e delimitare il numero dei posti auto, questa attività, di solito, non rappresenta una divisione, (che richiederebbe il consenso di tutti i proprietari), ma solo una regolamentazione dell’uso di un bene condominiale e rientra, come procedimento giurisdizionale, nella competenza del Giudice di Pace.
Se dalla delimitazione dei posti auto non dovessero risultare un  numero di posti tali da soddisfare le richieste e le esigenze di tutti gli appartamenti, la strada da seguire è quella dell’uso turnario dei posti auto, cioè a turno (settimanale, mensile bimestrale, ecc.) i parcheggi ruotano tra gli aventi diritto, mentre non è possibile avere una suddivisione in base alle quote dei millesimi, poiché, in questo modo potrebbero essere esclusi dei proprietari dall’uso del parcheggio.
L’uso o meno del parcheggio può dipende anche dalla possibilità che l’appartamento separato dal parcheggio, perché, ad esempio, si effettua una vendita disgiunta dei due beni, allora, in tali ipotesi, è evidente che per stabilire se l’acquirente conserva o meno il diritto al parcheggio, è necessario analizzare la normativa vigente e verificare se è ammissibile trasferire un parcheggio o posto auto separatamente dall’appartamento o viceversa.
Tralasciando l’aspetto più tipicamente civilistico del tipo di diritto può essere esercitato sul posto auto (di qualsiasi tipologia questo sia) e di quale diritto possa essere trasferito quanto si vende un posto auto o un parcheggio, nel prosieguo verrà analizzata la normativa in materia di posti auto (il punto di partenza è il 1967) e il rapporto (vincolante e o meno) tra appartamento e posto auto.
 Parcheggi costruiti ante 1967
 Fino all’entrata in vigore della c.d. Legge Ponte del 1967 non esisteva obbligo di costruire edifici con spazi o locali destinati a parcheggio e gli eventuali  parcheggi costruiti fino al 1967 sono liberamente trasferibili anche separatamente dall’appartamento senza eccessive problematiche.
Parcheggi costruiti post 1967 ex lege c.d. Ponte
L’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (detta Legge-ponte perché doveva costituire una sorte di ponte di passaggio tra la legge urbanistica del 1942 e la successiva riforma del settore urbanistico) ha inserito l’articolo 41  sexies nella legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150 secondo il quale “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aeree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione”(rapporto successivamente aumentato ad un metro quadrato di parcheggio per ogni dieci metri cubi di costruzione).
Dopo la legge Ponte tutti gli edifici devono avere degli spazi destinati a parcheggio (si ripete che la legge non individua le tipologie di parcheggi, ma prevede che devono esserci degli spazi destinati a parcheggi e stabilisce solo deve essere prevista la costruzione di un certo numero di metri quadrati da destinare a parcheggio per ogni tot di metri cubi costruiti). Di conseguenza, dopo il 1967 non è più possibile costruire senza spazi destinati a parcheggio e, ove fossero realizzate costruzioni senza tali spazi, non sarebbe possibile la commerciabilità dei locali posti all’interno degli edifici.
È opportuno sottolineare che un’altra conseguenza della legge ponte è che i parcheggi sono considerati “pertinenziali” agli appartamenti.
Traferimento del parcheggio separatamente all’appartamento
Se i parcheggi sono legati all’appartamento si è posta la questione se è possibile vendere l’appartamento separatamente dal parcheggio.
La soluzione non è stata univoca, ma sono state proposte due tesi, una prima scuola di pensiero sostiene che è possibile alienare i parcheggi separatamente dall’appartamento, purchè i parcheggi mantengano la stessa destinazione d’uso. Secondo un’altra ricostruzione non è possibile alienare separatamente i parcheggi dall’appartamento, in quanto esisterebbe un legame inscindibile tra i due elementi.
Alla base della questione vi era l’esigenza di rendere effettivo o di ottimizzare l’uso del parcheggio, anche facendolo usare a chi non vive all’interno dell’edificio, ma aveva bisogno del parcheggio, del resto, è stato notato, che la legge Ponte non vieta espressamente l’alienazione separata del parcheggio dall’appartamento.
È inutile sottolineare che la problematica ha dato vita ad un innumerevole contenzioso la soluzione che veniva fornita era che ove si verificasse un’alienazione dell’appartamento separata da quella del parcheggio la conseguenza era si costituiva un diritto d’uso ex lege  sul parcheggio a favore dei proprietari dell’appartamento con l’obbligo di pagare la differenza di prezzo.
Legge 28 febbraio 1985 n. 47
Nel tentativo di risolvere la questione è sopraggiunta la legge 28 febbraio 1985 n. 47 (c.d. condono edilizio), che all’art. 26 comma 5 ha stabilito che “Gli spazi di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 del Codice Civile”
Per quanto possa sembrare strano tale norma non ha fatto altro che rinvigorire le polemiche e le problematiche, perché è stata usata da entrambe le teorie per sostenere la propria ricostruzione.
Infatti, coloro che sostenevano l’inseparabilità del parcheggio dall’appartamento videro in questa legge la conferma della loro tesi, in quanto era affermato il carattere di pertinenzialità tra il parcheggio e l’appartamento.
Anche coloro che sostenevano la separabilità del parcheggio dall’appartamento (ferma la destinazione del bene a parcheggio) videro nella legge una conferma a quanto sostenevano, perché il richiamo alle norme codice civile in materia di pertinenza, di fatto, ne ammetteva la separabilità. Questo perché secondo il codice civile il proprietario del bene principale o del bene pertinenziale può far cessare il vincolo di pertinenza e vendere separatamente la pertinenza e il bene principale.
Comunque, anche questa volta la giurisprudenza segue la ricostruzione della inseparabilità dei parcheggi dagli appartamenti (quest’ultima ricostruzione è quella prevalente in  giurisprudenza anche dopo la legge 47/85). (Cass. sez. un., 17.12.1984, n. 6600, 6601 e 6602).
Parcheggi in soprannumero
Fino a ora si è descritta la situazione tipica, cioè quella in cui il numero dei parcheggi (o le aree adibite a parcheggio) è uguale al numero degli appartamenti, ma non si possono escludere situazioni virtuose, in cui  vengono costruiti parcheggi in “soprannumero” rispetto gli appartamenti. Cioè è anche possibile che ci siano aree destinate a parcheggio  in “soprannumero” rispetto il coefficiente sopra descritto.
Resta da scoprire se i parcheggi in soprannumero sono o meno soggetti al vincolo pertinenziale con l’appartamento.
Si anticipa che quanto detto in precedenza vale per i parcheggi che rientrano nel coefficiente minimo di  tot metri quadrati (di parcheggi) per ogni tot di metri cubi (di edificio), ma quanto detto  non si applica ai parcheggi  in “soprannumero” rispetto il coefficiente sopra descritto.
Infatti, sulla sorte dei parcheggi in soprannumero rispetto ai coefficienti minimi, la Cass. sez. un. del 15.06.2005 n. 12793 ha stabilito che
 “La questione di diritto che la Corte deve affrontare, per risolvere il conflitto, è se tutta l'area destinata a parcheggio debba considerarsi soggetta a vincolo pubblicistico di destinazione e a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato, anche se la superficie di tale area di parcheggio eccede la misura minima prevista dall'art. 18 legge 765/1967 (il c.d. standard urbanistico), ovvero se l'originario proprietario-costruttore del fabbricato possa legittimamente riservarsi, e cedere a terzi, la proprietà delle aree destinate a parcheggio che eccedono tale misura. E' opinione delle Sezioni Unite, che debba accogliersi, l'orientamento secondo il quale i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima richiesta dalla legge (art. 18 l. 765/ 1967) non sono soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio, sicchè il proprietario originario del fabbricato può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi, purchè nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d'obbligo. Quindi, il contrasto giurisprudenziale va risolto affermandosi che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla legale (art. 18 legge 6.8.1967, n. 765), non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato, conseguentemente l'originario proprietario- costruttore del fabbricato può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi, nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d'obbligo”.
Legge Tognoli
Sui parcheggi è intervenuto nuovamente il legislatore con la legge 24 marzo 1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli). L’art. 2 di questa legge ha modificato l’art. 41 sexies della l. 17.8.1942 n. 1150, nel senso di aumentare la quantità delle aree da destinare a parcheggio delle nuove costruzioni, portando il rapporto tra tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione.
Più interessante ai nostri fini è l’art. 9 che così dispone: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purchè non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici […] I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli. L’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1° è soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Come si può notare, a differenza della legge Ponte, la legge Tognoli fa riferimento a posti auto realizzati successivamente alla edificazione del fabbricato, cioè la legge Tognoli è nata al fine di permettere, sia di aggiungere altri parcheggi (costruiti ex novo) ai fabbricati che già avevano tali aree (es. ai fabbricati costruiti dopo il 1967), sia di costruire dei parcheggi per gli edifici  (ad esempio eretti prima del 1967) che non avevano parcheggi.  In questo senso si può sostenere che proprio perché i parcheggi Tognoli sono parcheggi costruiti in modo “svincolato” dal fabbricato i parcheggi Tognoli possono essere definiti come “parcheggi facoltativi”. Questo, però, no esclude che una volta costruiti sono legati da vincolo  pertinenziale con il fabbricato.
Legge 28 novembre 2005 n. 246
La situazione sembrava essersi “stabilizzata”, quando è intervenuta la legge 28.11.2005 n. 246 art. 12 (in G.U. n. 280 del 01.12.2005) che ha modificato l’art. 41 sexies legge n.1150 del 17.08.1942 in quanto ha inserito un nuovo comma all’art. 41 sexies secondo cui “gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”
Tale modifica ha una portata innovativa rispetto al quadro delineato in precedenza e, di fatto, dovrebbe consentire la libera circolazione dei posti auto autonomamente dalle unità abitative, impedendo il sorgere di qualsiasi diritto d’uso a favore dei proprietari degli immobili (in caso di alienazione separata dei parcheggi dagli appartamenti), salva, in ogni caso, l’immodificabilità della destinazione dell’area a parcheggio, in altri termini, è sufficiente che l’area sia destinata e usata (inderogabilmente) come parcheggio, mentre è irrilevante il soggetto che usa tale area, basta che tale soggetto abbia effettivamente bisogno del parcheggio.
Ambito di applicazione della legge del 2005 n. 246
Immediatamente sono sorte una serie di questioni interpretative: se tale innovazione legislativa riguarda solo i nuovi parcheggi costruiti dopo il 01.12.2005, oppure, se tale norma possa applicarsi anche ai parcheggi costruiti prima dell’entrata in vigore di tale legge; e, ancora, se tale innovazione si applica solo ai parcheggi costruiti “con” l’edificio (come quelli costruiti in base alla legge urbanistica – legge ponte e successive modifiche), oppure si applica anche ai parcheggi della legge Tognoli.
Applicabilità della legge 2005 n. 246 solo ai parcheggi costruiti dopo il 2005
Anche se è stata sostenuta all’applicabilità della legge del 2005 n. 246 ai parcheggi costruiti prima del 2005 sembra, ormai, essere prevalente l’interpretazione che esclude l’applicabilità della legge ai parcheggi costruiti prima del 2005 Cass. civ. sez. II, 1 agosto 2008 n. 21003 “La L. 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi, modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale “Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta nè da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”. La norma richiamata – che, come già chiarito da questa Corte, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari (Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264) – liberalizza, infine, il regime delle aree destinate a parcheggio.”
Conclusioni
Da quanti detto possono evincersi alcuni punti fermi:
i parcheggi costruiti fino al 1967 saranno liberamente trasferibili;
i parcheggi costruiti tra il 1967 e il 2005 dovranno essere trasferiti insieme all’appartamento (se non sono in soprannumero rispetto i coefficienti di costruzione previsti dalla legge ex Cass. sez. un. 15.06.2005 n. 12793); rimane sempre ferma ed immodificabile la destinazione dei locali o spazi a parcheggio;
i parcheggi costruiti dopo il 2005 possono essere alienati separatamente dall’appartamento (immodificabile è loro destinazione a parcheggio);
quanto ai parcheggi Tognoli, occorre rilevare che è esclusa la separazione dei parcheggi Tognoli dall’immobile, poiché, la legge del 2005 non richiama la legge Tognoli e il testo della legge Tognoli non risulta modificato, quindi, i parcheggi Tognoli non sono alienabili separatamente dell’appartamento.

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lunedì 18 febbraio 2013

Condominio, terrazzo al posto del tetto, si può.

condomino proprietario dell'ultimo piano può trasformare il suo sottotetto trasformandolo parzialmente in terrazzo: questo è l'innovativo principio adottato dalla Corte di cassazione con la sentenza 14107 del 3 agosto 2012. Il nuovo indirizzo motivatamente supera precedenti autorevoli dello steso giudice (Cassazione 1737/2005) che impedivano al condomino proprietario di realizzare terrazze in sostituzione parziale del loro sottotetto.
Il caso esaminato riguarda un'opera realizzata dal proprietario dell'ultimo piano, che aveva proceduto al taglio di una falda del tetto per ricavarne una terrazza da destinare al servizio del sottotetto di sua proprietà esclusiva: secondo gli altri condomini del palazzo, tale intervento avrebbe arrecato pregiudizio alla statica della struttura portante nonché al decoro dell'edificio. Oggetto del contendere era la sostituzione, da parte del proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale, del tetto che risultava sostituito in parte con una diversa copertura (terrazza) la quale, pur non eliminando la funzione originariamente svolta dal tetto, imprimeva al bene anche una destinazione a uso esclusivo dell'autore dell'opera.
Dall'agosto 2012 questo è condiviso dai giudici della Cassazione, poiché il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune, può effettuare la trasformazione di una parte del tetto dell'edificio in terrazza a uso esclusivo proprio, a condizione che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente. In altri termini deve restare complessivamente mantenuta, con una modifica che deve restare "non significativa", la destinazione principale del bene. In altri termini, si può trasformare senza il consenso dei condomini un tetto di proprietà esclusiva di un condominio in una diversa struttura, che in parte rimanga tetto e in parte (non preponderante) diventi terrazza (ad esempio, generando una terrazza a tasca, cioè un'interruzione verticale del tetto prima che si giunga alla gronda, realizzando un terrazzo fruibile da parte del proprietario). Questo tipo di innovazione acquista particolare importanza in quanto consente di acquisire un rapporto di illuminazione sufficiente a rendere abitabile il sottotetto: la terrazza a tasca genera infatti una superficie attraverso la quale può acquistare luminosità e ariosità il locale retrostante.
La realizzazione di piccole terrazze che sostituiscano efficacemente il tetto spiovente nella funzione di copertura dell'edificio non alterano quindi la destinazione del tetto, se c'è un adeguato isolamento e un'idonea coibentazione inserita nel nuovo piano di calpestio della terrazza. Inoltre, la soppressione di una porzione limitata della falda non è di per se alterazione della destinazione del tetto, perché per destinazione si deve intendere quella complessiva, che non esige un'immodificabile consistenza materiale.

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lunedì 11 febbraio 2013

Compravendita - locazione con patto di acquisto

Si tratta di quei contratti stipulati tra un proprietario immobiliare ed un privato, mediante il quale il privato loca il bene ed acquista il diritto (o l’opzione) di comprare l’immobile dopo un certo numero di anni (di solito tra i 2 e i 5), nel corso dei quali ha occupato l’immobile pagando un canone di affitto. Una parte di quanto versato come affitto, andrà a coprire il prezzo di acquisto.
In questo modo, il canone di locazione non è più a fondo perduto e si può diventare proprietari della casa scelta, in modo graduale.
L’effetto acquisitivo può essere automatico o meno, a seconda della fattispecie negoziale concretamente posta in essere tra le parti.
Oggi, nella fase di crisi del settore immobiliare in cui siamo, queste fattispecie negoziali sono molto utilizzate tra i privati e tra privato e costruttore.
Le strutture negoziali configurabili sono le più varie:
-       Contratto di locazione in base al quale, in esito ad un certo tempo dall'inizio della locazione, il conduttore abbia la possibilità di pagare una certa somma di denaro per acquistare il bene (Cass.Civ. Sez. III, 3587/92 ) il "contratto di locazione con patto di futura vendita" .
Tale fattispecie è congegnata con l’utilizzo di due contratti giuridicamente distinti ma collegati.
Il contratto di locazione al quale viene collegato un contratto preliminare unilaterale, dove il venditore è obbligato a vendere mentre il compratore è libero, oppure un contratto preliminare bilaterale dove il venditore è obbligato a vendere e il compratore è obbligato a comprare. Il prezzo della vendita viene fissato e determinato ed i canoni corrisposti vengono ad esso imputati.
In tale fattispecie l’effetto traslativo è da ricondurre ad una nuova manifestazione di volontà da esprimersi in sede di contratto definitivo e non alla stipula del contratto di locazione.
-       Contratto di locazione con l'intesa che, decorso il termine stabilito, qualora l'integralità dei canoni di locazione sia stata regolarmente pagata, la proprietà del bene sarà trasferita al locatore, il “contratto di vendita con patto di riservato dominio”;
In tale fattispecie l’effetto traslativo è automatico al regolare pagamento dell’ultima rata del prezzo.
-       Contratto di locazione in cui sia contenuto un vero e proprio patto di opzione, in forza del quale venga attribuito al conduttore il diritto di procedere all'acquisto del bene ad un prezzo prestabilito, con la prescrizione che le rate del canone già pagate possano essere imputate (in tutto o in parte) a conto del prezzo, il “contratto di locazione con opzione di acquisto”;
In tale fattispecie l’effetto traslativo si realizza al momento della accettazione della proposta contenuta nell’opzione di acquisto.
AMBITO APPLICATIVO;
Tali fattispecie negoziali danno la possibilità di valutare l’acquisto di una unità immobiliare dilazionando nel tempo e rateizzando il pagamento dello stesso.
In particolare può essere utile a coloro che:
- pur disponendo di un reddito adeguato a sostenere le rate di un mutuo, non dispongono di una liquidità iniziale pari al 30% del prezzo dell’unità immobiliare;
- prima di acquistare una nuova casa, devono venderne un’altra: con questa impostazione contrattuale possono entrare subito nella nuova casa, senza stipularne l’atto definitivo di compravendita (rogito), e con serenità possono provvedere alla vendita dell’usato, senza fretta al miglior prezzo. Una volta rogitato il proprio immobile, si potrà completare l’acquisto del nuovo accendendo un mutuo inferiore o facendone proprio a meno.
- hanno un reddito abbastanza elevato, per cui alla scadenza del lungo periodo di locazione, potrebbero non necessitare di accendere un mutuo o comunque utilizzare un mutuo più contenuto e calibrato rispetto alle effettive necessità del momento;
- preferiscono non intestarsi immediatamente la proprietà dell’immobile o preferiscono decidere, all’atto della stipula notarile, a chi intestarla.
Il contratto di locazione verrà stipulato con una durata massima di 6 anni e con un canone concordato (quindi inferiore ai canoni di libero mercato). Al rogito notarile di compravendita verrà riconosciuto il 100% dei canoni di locazione versati.
LA NATURA GIURIDICA:
Si tratta di forme contrattuali atipiche, non contemplate dal nostro Codice Civile ma non per questo illegittime.
L’art 1526 c.c., estende a questi rapporti la disposizione concernente la risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà (cosiddetta vendita a rate)  per il caso in cui i contraenti si siano accordati nel senso che, qualora il compratore sia inadempiente, le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità.
Pertanto tali fattispecie contrattuali presentano gli elementi integrativi della locazione, ma nella sostanza sono idonee a produrre gli effetti propri di un contratto di vendita con patto di riservato dominio, di cui riproducono sostanzialmente la causa.
I VANTAGGI PER IL VENDITORE:
-       è il caso del costruttore edile che trova in empasse nella vendita dei beni realizzati.
Attraverso tale fattispecie negoziale è possibile trovare una più ampia cerchia di soggetti interessati all’acquisto degli immobili costruiti e rimasti invenduti.
-       è frequente altresì che la vendita di un immobile debba essere posticipata per evitare la perdita di agevolazioni fiscali connesse al mantenimento della proprietà per un certo numero d’anni: è il caso della non emersione di plusvalenze in caso di vendita di un immobile acquistato da più di cinque anni, ma anche il caso del riconoscimento fiscale della rivalutazione di immobili, operata dalle imprese in UNICO2009 - ex D.L. 185/2008, a condizione che la cessione non intervenga prima del 2014.
Si rileva come ai sensi dell’articolo 109, comma 2, lett. a) del TUIR: “ Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza:…la locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà”. Pertanto nel caso di configurazione del contratto di locazione con opzione di acquistosenza vincolo della parte acquirente all’acquisto, non si perderebbero le agevolazioni fiscali connesse al mantenimento della proprietà per un certo numero di anni.
Impostata in questi termini, la questione sembrerebbe risolta con piena soddisfazione  ma è necessario rilevare altresì come alla luce dei precedenti in materia di elusione non può escludersi una contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria nell’’ottica dell’abuso del diritto.
I VANTAGGI per l’acquirente
a) Entrare in possesso della casa grazie a un contratto di locazione che crea meno timori per il futuro, rispetto a un mutuo;
b) coprire parzialmente il prezzo di acquisto con una parte delle somme versate a titolo di affitto;
c)fermare il prezzo fino allo scadere del termine per l’esercizio del diritto di opzione o del contratto preliminare;
 I RISCHI PER L’ACQUIRENTE NEL PRELIMINARE CON OPZIONE DI ACQUISTO:
Si rileva come i maggiori rischi per l’acquirente si hanno nel caso di contratto di locazione con opzione di acquisto.
Infatti nella fattispecie negoziale della locazione con patto di futura vendita il contratto preliminare collegato è trascrivibile così come è trascrivibile il contratto di vendita con patto di riservato dominio, garantendo questa forma di pubblicità dai rischi meglio in appresso precisati.
a)    Nel caso di mancato esercizio dell’opzione di acquisto.
Se l’inquilino resta nell’impossibilità di acquistare l’immobile, perde i canoni versati. 
Circostanza, questa, da non sottovalutare se si considera il canone dedotto in contratto solitamenteè maggiorato in alcuni casi anche del 50% ,rispetto a quello corrente di mercato. 
b)   Nel caso di fallimento dell'impresa venditrice, nel periodo tra la firma del contratto di locazione e l'esercizio dell’opzione.
Se parte alienante è una impresa venditrice e fallisce le somme che il cliente ha corrisposto (per canoni) non sono assistite da alcuna garanzia di restituzione, con la conseguenza che, molto probabilmente, chi le ha sborsate non ne otterrà il minimo rimborso. Cosicché, se l'impresa fallisce, il diritto di opzione non è esercitabile se non pagando tutto il prezzo originariamente previsto, e quindi pagando nuovamente le rate corrisposte all'impresa poi fallita.
a)    cessione dell'immobile da parte dell’impresa venditrice ad un altro soggetto, nel periodo tra la firma del contratto di locazione e l'esercizio del diritto di opzione.
Il terzo acquirente potrebbe non riconoscere al conduttore il diritto di opzione.
Infatti non essendo trascrivibile il contratto di locazione con opzione di vendita il diritto ad acquistare il bene a seguito dell’esercizio dell’opzione non è opponibile ai terzi acquirenti non avendo questi avuto contezza di tale contratto.
Si precisa che tale rischio non si ha nel caso di costruzione della fattispecie con un contratto di locazione con patto di futura vendita (preliminare bilaterale, preliminare unilaterale) il quale essendo trascrivibile si applica l’effetto prenotativo dell’art 2645 bis c.c.
b)   iscrizione di un'ipoteca giudiziale ad opera di un creditore dell'impresa oppure alla trascrizione di un pignoramento o di un sequestro, oppure ancora all'instaurazione di una controversia giudiziaria che coinvolga l'impresa venditrice e che abbia a oggetto la casa data in locazione.
Si precisa nuovamente che questo rischio non si ha nel caso di costruzione della fattispecie con un contratto di locazione con patto di futura vendita (preliminare bilaterale, preliminare unilaterale) il quale essendo trascrivibile si applica l’effetto prenotativo dell’art 2645 bis c.c.
IL TRATTAMENTO FISCALE:
Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del DPR 633/1972, costituiscono cessioni assimilate ai fini iva:
- le vendite con riserva di proprietà;
- le locazioni con patto di futura vendita, ovvero con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti (locazione con preliminare bilaterale di vendita);
In altri termini la locazione con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti comporta che, dal punto di vista fiscale, la vendita dell’immobile si consideri conclusa alla data di stipula del contratto di locazione.
Qualora diversamente la clausola di trasferimento della proprietà inserita nel contratto di locazione vincoli solo una delle parti (opzione di acquisto o patto di futura vendita mediante preliminare unulaterale) risulterebbe esclusa la presunzione sopra descritta e il trasferimento della proprietà si produrrebbe solo dalla data dell’atto di vendita (o, se successiva, dalla data in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà).
 
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lunedì 4 febbraio 2013

Locazione: consegna delle chiavi (Cass. 18712/2010)

Locazione - Restituzione immobile - L'obbligo del conduttore a norma dell'articolo 1591 cod. civ., di dare il corrispettivo convenuto fino alla data della riconsegna della cosa locata, salvo maggior danno, integra un debito di valuta di natura contrattuale, analogo a quello di pagamento del canone di locazione, con la conseguenza che produce interessi dal giorno della costituzione in mora (articolo 1282 c.c., comma 2) salvo il risarcimento del maggior danno che il locatore deduca e dimostri di aver subito - che, secondo la stessa sentenza impugnata, come riassunto in narrativa, e' avvenuta con la notifica di intimazione di sfratto del 9 gennaio 2001, e quindi la Corte di merito non poteva confermare la decisione del primo giudice che aveva riconosciuto gli interessi dalle singole scadenze dei canoni. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 16 agosto 2010, n. 18712)

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 16 agosto 2010, n. 18712

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 aprile 2006 la Corte di appello dell'Aquila rigettava il gravame della s.p.a. Ma. Ga. avverso la sentenza del Tribunale di Vasto che l'aveva condannata a pagare, a favore della s.a. Ed. , euro 67.602,10 a titolo di canoni non corrisposti dal 16 dicembre 2000 al 31 gennaio 2003 per la locazione di un locale ad uso commerciale, oltre interessi legali dalla scadenza dei canoni al soddisfo, perche' la costituzione in mora era avvenuta con la notifica di intimazione di sfratto per finita locazione, convalidato con ordinanza del febbraio 2001, mentre non sussisteva alcun obbligo contrattuale della locatrice di edificare un muro di separazione dagli adiacenti locali locati ad altra societa' - e percio' il relativo rapporto contrattuale era diverso ed estraneo da quello del presente giudizio - ne' tale separazione era necessaria per l'adempimento dell'obbligo della conduttrice di restituire l'immobile nello stato di fatto esistente, senza pretesa di riattamenti a suo carico, e conseguentemente le prove testimoniali da questa richieste erano irrilevanti perche' aventi ad oggetto circostanze non contestate conformazione dell'immobile, disdetta da parte della Ma. Ga. , di sua iniziativa, del rapporto di locazione di un'area dei locali alla Be. , non riconsegnati fino al 2003 - cosi' come la C.T.U. richiesta per accertare se senza l'intervento edilizio sulla proprieta' di terzi era possibile la restituzione dell'immobile, accertamento inutile in difetto dell'assunzione del relativo obbligo da parte della locatrice, mentre l'offerta delle chiavi dell'immobile al difensore della locatrice non configurava offerta non formale di rilascio non essendo stata rivolta alla parte contrattuale - che doveva verificare, previo preavviso, lo stato dell'immobile e lo sgombero di esso - bensi' al suo difensore, che non aveva i poteri per l'immissione in possesso e che per questo aveva invitato la conduttrice a restituire le chiavi alla locatrice, senza pero' che questa vi desse seguito e quindi sussisteva la sua mora nell'obbligo di restituzione dell'immobile.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la s.p.a. Ma. Ga. cui resiste la Ed. Ma. s.a.s.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce: "Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'omesso esame della documentazione prodotta in giudizio. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2729 c.c. dell'articolo 244 c.p.c., dell'articolo 447 bis c.p.c. con riferimento al rito del lavoro. Vizi della motivazione. Violazione dell'articolo 1220 c.c.", formulando in merito il seguente quesito di diritto: "Se, vista anche la documentazione versata in atti dalla conduttrice, l'adozione da parte della stessa di modalita' serie, concrete, senza condizioni e tempestive - come la non opposizione alla convalida di sfratto per finita locazione e alla restituzione dell'immobile nonche' l'offerta incondizionata di consegna delle chiavi effettuata banco iudicis alla controparte rappresentata dal suo difensore - ha valore di offerta reale non formale ex articolo 1220 c.c.; se tale offerta e' idonea ad evitare la mora del conduttore circa la esecuzione della sua prestazione di consegna e pagamento dei canoni anche a fronte dell'inerzia di parte intimante; se la dichiarazione di offerta banco iudicis delle chiavi dell'immobile e la produzione in giudizio del relativo verbale di udienza costituiscono prova dell'offerta reale non formale; se lo stato dei luoghi e la contestuale riconsegna alla scadenza di entrambi i locali risultanti dalle planimetrie e dai contratti prodotti, presupponeva, ai fini di essa, la cooperazione della locatrice - che aveva a tal fine promosso la domanda giudiziale di rilascio - e quindi, avvenendo la riconsegna non contestualmente alla restituzione della porzione Su. Pa. s.a.s. secondo le previsioni contrattuali - articolo 15 - ma in epoca anteriore, sussisteva l'interesse della locatrice ad attivarsi per separare la porzione di sua spettanza con muratura o altro da quella adiacente onde prendere materiale possesso della sua parte di immobile; se potevano esser adottati criteri presuntivi ai fini della decisione per l'accoglimento delle censure sollevate utilizzando la documentazione prodotta e se la locatrice non aveva assolto l'onere probatorio sulla stessa incombente; se i mezzi istruttori proposti - prova testimoniale e C.T.U. - erano rilevanti e pertinenti a fronte delle argomentazioni che precedono e quindi dovevano esser ammessi".

Il motivo e' parte inammissibile, parte infondato. Quanto all'obbligo di cooperazione della locatrice nella restituzione del locale elevando un muro divisorio della superficie e' inammissibile perche' non correlato alle ragioni in base alle quali la Corte di merito ha escluso qualsiasi obbligo della stessa, evidenziando al contempo che l'obbligo della conduttrice era limitato alla restituzione dell'immobile nello stato in cui si trovava. Quanto invece all'offerta informale di restituzione dell'immobile mediante la messa a disposizione delle chiavi, non essendo rivolta alla locatrice, ma al suo difensore, e' comunque inidonea ad escludere la mora per le ragioni evidenziate nell'esame del motivo che segue.

2.- Con il secondo motivo deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1220 c.c. Violazione degli articoli 1590 e 1227 c.c. - articolo 1596 c.c. - articolo 657 c.p.c. Vizi della motivazione. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su corrispondenti questioni decisive per il giudizio illustrate nel presente motivo. Violazione dell'articolo 1591 c.c. in relazione all'articolo 1220 c.c. e agli articoli 1175 e 1375 c.c.", in merito al quale formula i seguenti quesiti di diritto: "Se l'offerta di restituzione delle chiavi, dichiarata banco iudicis, senza riserve o condizioni, vale come offerta reale informale ex articolo 1220 c.c. e se, illegittimamente rifiutata dalla locatrice, assente pur avendone l'obbligo per legge, ma rappresentata validamente in udienza dal suo difensore munito di procura - non essendo previsto dalla legge l'obbligo di redigere apposito separativo verbale di ricezione delle chiavi potendosi cio' dichiarare nel verbale di udienza - vale ad escludere la mora del conduttore nell'adempimento dell'obbligo di restituzione e se per tale aspetto di serieta' e tempestivita' - udienza di convalida - essa offerta e' parificabile all'offerta formale; se cio' conseguentemente esclude per la conduttrice Ma. Ga. l'obbligo di pagare alla locatrice il corrispettivo convenuto previsto dall'articolo 1591 c.c. riferendosi detta norma espressamente al conduttore in mora e quindi in colpa; se conseguentemente la conduttrice non puo' esser considerata in mora e quindi in colpa, ne' tenuta al pagamento della sorte - peraltro errata poiche' la locatrice rifiuto' senza giustificato motivo i canoni pagati per i mesi di dicembre 2000 e gennaio 2001 e dei relativi interessi - avendo tempestivamente offerto alla locatrice la prestazione dovuta (riconsegna delle chiavi e messa a disposizione dell'immobile); se per il disposto dell'articolo 1220 c.c. integrato con le disposizioni degli articoli 1175 e 1375 c.c, a tenore dei quali i contraenti debbono comportarsi secondo correttezza e buona fede, la conduttrice non puo' essere considerata in mora, ne' quindi in colpa, ne' tenuta al pagamento della sorte e dei relativi interessi previsti dalle obbligazioni pecuniarie quando abbia tempestivamente fatto offerta al locatore - creditore della prestazione dovuta, anche senza l'osservanza delle formalita' previste dagli articoli 1208 e 1210 c.c., rispettivamente l'offerta reale della prestazione dovuta ed il suo eventuale successivo deposito.

Il motivo e' infondato.

Va infatti ribadito, pacifico che nella specie la s.a.s. Ed. Ma. intimo' lo sfratto per finita locazione, che detto atto - al contrario della intimazione di "licenza" per finita locazione, che contiene l'atto negoziale di disdetta del contratto, si' che la procura al difensore, conferita per l'atto processuale di convalida, implica anche la rappresentanza sostanziale - non ha carattere negoziale, presupponendo la disposizione di cui all'articolo 657 cod. proc. civ., comma 2 che il contratto sia gia' scaduto per effetto dello spirar del termine stabilito ovvero in conseguenza di precedente disdetta, sicche' la contestuale citazione per la convalida mira soltanto ad ottenere il titolo per il rilascio forzato dell'immobile. Pertanto l'offerta informale delle chiavi al difensore della locatrice, intimante lo sfratto dall'immobile, e' inidonea anche come offerta informale di restituzione, ai sensi dell'articolo 1220 cod. civ.

3.- Con il terzo motivo deduce: "Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c., dell'articolo 1282 c.c., comma 2, dell'articolo 1219 c.c., anche con riferimento alla violazione dell'articolo 1591 c.c. Violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 8 del contratto di locazione. Contraddittoria motivazione circa le questioni della controversia risultanti dalle violazioni di legge che precedono e decisive per il giudizio. Violazione del principio dell'onere della prova. Violazione dell'articolo 1341 c.c.", formulando il seguente quesito di diritto: "Se il giudice di appello era obbligato a pronunciarsi per quanto concerne la questione degli interessi collegati all'articolo 8 del contratto soltanto sulle domande proposte dalla locatrice sul punto oppure su quelle dalla stessa mai formulate in relazione al citato articolo 8 e, in senso affermativo, se cio' e' consentito dall'articolo 112 c.p.c.; se detto articolo doveva esser approvato specificatamente oppure no; se nelle obbligazioni che hanno per oggetto le somme di danaro, gli interessi legali sono dovuti dal giorno della mora, cioe' nella fattispecie, trattandosi di canone di locazione, dalla data della richiesta e quindi di costituzione in mora e quindi a mezzo lettera raccomandata prima della domanda giudiziale; se - conseguentemente la Ma. Ga. e' tenuta o no a pagare gli interessi legali con le indicate decorrenze in atti e in sentenza in assenza di preventiva costituzione in mora.

Il motivo e' fondato.

L'obbligo del conduttore a norma dell'articolo 1591 cod. civ., di dare il corrispettivo convenuto fino alla data della riconsegna della cosa locata, salvo maggior danno, integra un debito di valuta di natura contrattuale, analogo a quello di pagamento del canone di locazione, con la conseguenza che produce interessi dal giorno della costituzione in mora (articolo 1282 c.c., comma 2) salvo il risarcimento del maggior danno che il locatore deduca e dimostri di aver subito - che, secondo la stessa sentenza impugnata, come riassunto in narrativa, e' avvenuta con la notifica di intimazione di sfratto del 9 gennaio 2001, e quindi la Corte di merito non poteva confermare la decisione del primo giudice che aveva riconosciuto gli interessi dalle singole scadenze dei canoni.

4.- Con il quarto motivo deduce: "Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1591 c.c. in relazione all'articolo 1220 c.c. integrati con le disposizioni di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c. Insufficiente motivazione in ordine all'obbligo di pagamento dei canoni da parte della Ma. Ga. . Violazione del principio dell'onere della prova che spetta ei qui dicit e chiede se in base allo svolgimento dei fatti, al comportamento tenuto dalle parti, all'offerta della consegna delle chiavi banco iudicis possa imputarsi o no alla conduttrice il ritardo nella restituzione della porzione di immobile anche mediante l'adozione di elementi presuntivi.

Il motivo e' connesso al primo ed al secondo ed e' pertanto infondato per le medesime ragioni.

5.- Con il quinto motivo deduce: "Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio in relazione alla domanda riconvenzionale fondata sulla responsabilita' ex articolo 96 c.p.c. Violazione di legge".

Il motivo, privo del necessario quesito di diritto, e' inammissibile.

Con il sesto motivo deduce: "Insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla riconvenzionale relativa ai danni per la disdetta del contratto Be. . Violazione di legge. Censura collegata con i motivi precedenti relativi alla mancanza di mora da parte della Ma. Ga. s.p.a. Omessa valutazione di tutta la documentazione prodotta".

Anche questo motivo e' inammissibile per mancanza di sintesi del fatto controverso e della regula iuris che la ricorrente assume violata.

6.- Concludendo va accolto il terzo motivo di ricorso e vanno respinti gli altri. Non essendo necessari altri accertamenti di fatto la sentenza impugnata va cassata in parte qua e decisa nel merito, confermando le spese del giudizio di primo e secondo grado come dalla stessa liquidate. La ricorrente va condannata al pagamento delle spese giudiziali di cassazione che si compensano per un terzo.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa in relazione la sentenza impugnata e decidendo nel merito condanna la conduttrice a pagare gli interessi legali sui canoni dalla data di intimazione di sfratto. Conferma le spese di primo e secondo grado e la condanna a pagare i due terzi delle spese del giudizio di cassazione - che si compensano tra le parti per un terzo - e che si liquidano in complessive euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge