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lunedì 27 settembre 2010

SUBLOCAZIONE

La sublocazione è regolata in via generale dall'art. 1594 del Codice Civile che dispone che il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare l'immobile, ma non di cedere il contratto senza il consenso del locatore.

La legge sull'equo canone (L. 392/78) ha innovato questa situazione e di fatto la successiva Legge 431/98 non ha modificato gli estremi della 392, richiamandola all'Art. 2 comma 1:
La cessione del contratto e la sublocazione continuano perciò ad essere disciplinate dalla legge 392/78 che consente la sublocazione parziale.

Detto questo, dobbiamo dire, che ormai, nella quasi totalità dei contratti a fini abitativi sono inserite clausole che vietano la sublocazione (anche parziale), il comodato o la cessione (parziale) del contratto con clausola risolutiva espressa per l'eventuale violazione di detti punti.

Nei fatti, però, è compito arduo per il locatore dimostrare la presenza della sublocazione, poichè la Suprema Corte di Cassazione (Sentenza 14343 del 2009) ha stabilito che sono nulle quelle pattuizioni che vietano al conduttore la possibilità di ospitare temporaneamente persone estranee al nucleo familiare.
Il conduttore, pertanto, ben raramente provvederà alla registrazione (dovuta) del contratto di sublocazione, lasciando al locatore come unico rimedio, la prova testimoniale.

Per le locazioni convenzionate di cui all'art.2 comma 3 Legge 431/98, la sublocazione è contenuta nella disciplina prevista dai "contratti tipo" allegati al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30/12/2002 - i quali testualmente indicano i soggetti che possono abitare l'immobile ed esplicitamente vietano la sublocazione.

Per le locazioni transitorie (Art. 5 comma, 1 legge 431/1998) - nel contratto tipo viene prevista una clausola analoga a quella dei contratti per le locazioni convenzionate, stessa strada seguono i contratti per le locazioni a studenti universitari (Allegato E al DM prima richiamato)

La forma deve essere necessariamente scritta a pena di nullità e deve essere registrato a norma dell'art. 17 DPR 131/1986, nonchè grava sul sublocatore l'obbligo di comunicazione di cessione di fabbricato di cui all'art. 12 legge 21 marzo 1978 n. 59.

La durata è la medesima del contratto originario, mentre qualsiasi effetto civile (nullità, risoluzione,scadenza) del contratto, investe anche la sublocazione, malgrado il subconduttore sia rimasto estraneo all'eventuale precedente giudizio civile.

Da qui, discende che la disdetta, come l'atto per la convalida di sfratto debbono essere comunicate dal locatore al conduttore, e la sentenza avrà effetto anche nei confronti del terzo.

Un ultimo importante commento riguarda le locazioni commerciali, in cui la sublocazione è espressamente disciplinata dall'art. 36 Legge 392/78, il quale recita testualmente che il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto purchè contestualemente ceda l'azienda.
Eventuali patti contrari debbono ritenersi nulli.
Il conduttore, dovrà comunque rendere edotto il locatore della sublocazione/cessione a mezzo lettera raccomandata e in questa sede, ricorrendo "gravi motivi"(riguardanti l'operazione di cessione/sublocazione e la figura del subconduttore cessionari) il locatore potrà opporsi.
Da sottolinerare, infine, che cedente e sublocatore rimangono obbligati per gli eventuali inadempimenti di cessionario e subconduttore nei confronti del locatore.

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mercoledì 22 settembre 2010

SCIA, una prima guida

La Scia si applica a tutti quegli interventi soggetti a DIA, in pratica possiamo individuare alcune grandi categorie:
Restauro e risanamento conservativo, quindi interventi per conservare l'edificio mediante un insieme di opere che ne rispetto degli elementi formali e strutturali dell'edificio ne consentono destinazioni d'uso con esso compatibili, e possiamo indicare in linea di massima: il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei dall'organismo edilizio.
Ristrutturazione edilizia, sono interventi rivolti a trasformare gli edifici mediante un insieme di opere che possono portare a un edificio in tutto o in parte differente dal preesistente, vi possiamo ricomprendere la demolizione ericostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell'edificio preesistente.
Varianti a permessi di costruire, che comprendono opere che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modficano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eentuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.

Distinguiamo poi:
Gli interventi liberi: come la manutenzione ordinaria, gli interventi per eliminare le barriere architettoniche(senza la realizzazione di manufatti che modificano la sagoma esterna dell'edificio), le opere temporaneee per attività di ricerca a carattere geognostico, i movimenti terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e delle pratiche agro-silvo- pastorali, ed infine le serre stagionali (sprovviste di struttura in muratura)
Interventi che necessitano di previa comunicazione: come gli inteventi di manutenzione straordinaria, le opere che soddisfano esigenze contingenti e temporanee (al massimo 90 giorni) le opere di pavimentazione e finitura di spazi esterni, i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno a servizio di edifici da realizzare al di fuori della zona A) ( Dm Lavori Pubblici 2/04/1968 n.1444, ed infine aree ludiche senza fini di lucro.
Interventi soggetti a permesso di costruire, quali le nuove costruzioni, gli interventi di ristrutturazione urbanistica, che interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un edificio in tutto o in parte diverso dal precedente, o che comportino umento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, o limitatamente alle zone omogenee A) che comportino mutamenti di destinazione d'uso.
Interventi soggetti a superDIA
Sono interventi soggetti per le norme nazionali a permesso di costruire ma che per le vigenti normative regionali sono assoggettati a DIA

Chi deve presentare la SCIA
Il proprietario dell'immobile o altro soggetto avente diritto attraverso i tecnici abilitati alla progettazione.

Dove si presenta
Al comune dove si trova l'edificio su cui eseguire l'intervento

La procedura
La SCIA deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni, nonchè dalle attestazioni ed asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti sulla conformità dell'intervento alle disposizioni di legge, corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le opportune verifiche da parte della Pubblica Amministrazione.
L'attività potrà essere inziata alla data di presentazione ,mentre se l'immobile è vincolato, non appena ricevuto il nullaosta.
Il Comune potrà sospendere i lavori in caso di carenza della documentazione suddetta ,nel termine di 60 giorni dal ricevimento della segnalazione e ordinare il ripristino delle opere eventualmente eseguite, in ogni caso verrà fornito un termine minimo di 30 giorni entro cui il soggetto richiedente la SCIA potrà adeguarsi alle richieste della Pubblica Amministrazione.

Le sanzioni
Le dichiarazioni false e la mancata attestazione sull'esistenza dei reali requisiti e dei presupposti di conformità dell'intervento saranno punti con la reclusione da uno a tre anni.


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lunedì 20 settembre 2010

Millesimi contrattuali serve ancora l'unanimità

Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 18477/2010, sono estremamente chiare nell'affermare che le tabelle di natura contrattuale, restano modificabili con con il consenso unanime di tutti i condomini.

L'ambito di applicazione è però molto limitato,infatti per «tabelle di natura contrattuale» bisogna intendere solo quelle che abbiano espressamente inteso derogare ai criteri di riparto delle spese dettati dall'artìcolo 1123, comma 1, del Codice civile.
Non basta che siano state allegate e richiamate in un regolamento predisposto dall'originario proprietario dell'edificio,oppure formato con il consenso unanime di tutti i condomini.

Infatti, se è vero che le clausole del regolamento contrattuale entrano a far parte integrante del contenuto dei singoli contratti dì acquisto e la loro validità deriva proprio dal fatto che entrambi i contraenti (venditore e acquirente) ne fanno espresso richiamo, altrettanto vero è che queste clausole possono contenere sia norme regolamentari che contrattuali. Le prime riguardano le modalità d'uso e il funzionamento dei servizi condominiali e, in genere, l'organizzazione e la gestione delle cose comuni. Le seconde pongono invece limitazioni ai diritti dei condomini nell'interesse comune, sia relativamente alle parti comuni e sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti diloro esclusivaproprietà (Cassazione,sentenza 8216/05)
Ed ecco allora che si comprende che la Cassazione,porta a individuare la natura del regolamento - al pari di quella delle tabelle millesimali a esso allegate-in base al suo contenuto e non in base alle modalità della sua approvazione.

Perciò le tabelle che si limitano a tradurre in millesimi i criteri di riparto dettati dalla legge, anche se allegate ad un regolamento di natura contrattuale, possono essere modificate conia maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2.

Possiamo citare qualche raro esempio:
La clausola che prevede la ripartizione in quote uguali tra i condomini delle spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio (Cassazione, sentenza 3944/02); La clausola che dispone l'addebito delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto centrale di riscaldamento anche per le unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (Cassazione, 6158/06); « la clausola per cui i proprictari delle terrazze di copertura dell'edificio sono chiamati a partecipare alle spese di manutenzione delle terrazze stesse, oltre che per la quota esclusiva di un terzo, anche e comunque per la restante quota dei due terzi, in proporzione dei millesimi (Cassazione, 15702/04).

Se i giudici abbiano dato precise indicazioni riguardo alle c.d. tabelle di gestione,pur nell'attesa di ulteriori pronunce, il problema è più apparente che reale se si considera che le tabelle millesimali ben lungi dall'esprimere qualsiasi valore economico della singola unità immobiliare sono solamente un prospetto numerico che serve a determinare la misura con cui ciascun condomino è chiamato a contribuire alle spese per la manutenzione e conservazione dei beni comuni, nonché pe l'erogazione dei servizi, anche se nella pratica si distinguono spese "di proprietà" da quelle dei singoli servizi, quali il riscaldamento o l'ascensore.

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mercoledì 15 settembre 2010

Tabelle Millesimali - Le prime conseguenze.

Dopo la recentissima pronuncia della Suprema Corte (18477/2010)vediamo come procedere per la modifica della tabelle millesimali con un semplice voto a maggioranza.

Prima di questa sentenza era necessaria l'unanimità, oggi le Sezioni unite della Cassazione affermano che è sufficiente la metà più di uno degli intervenuti in assemblea, che rappresentino almeno 500 millesimi.

Si aprono incertezze sulla tipologia delle tabelle modificabili, sulla casistica che può determinare la correzione e sui criteri da seguire nel calcolo. In ogni condominio, quindi, sarà fondamentale preparare bene il terreno prima di avviare la procedura, consultare un tecnico preparato e poi costruire un ampio consenso in assemblea.

A parte i casi in cui c'è stato un errore di calcolo nella formazione dei millesimi, i palazzi nei quali occorre una modifica delle tabelle mìllesimali sono quelli in cui sono stati alterati i rapporti di valore tra gli alloggi.(Sono quelli che tecnicamente si chiamano ampliamenti)

L'impatto della sentenza si farà sentire anche sul contenzioso.
In effetti, finora pochi comproprietari si sono avventurati in un'azione di revisione delle tabelle, perché la necessità di citare tutti gli altri inquilini - unita alla complessità della materia -funzionava da deterrente. Il voto semplificato in assemblea, comunque, potrebbe eliminare anche queste cause.

I dubbi sono rilevanti. Subito dopo la sentenza alcuni interpreti, hanno affermato che le nuove regole si applicano solo alle tabelle d'uso e non a quelle di proprietà. Altri ancora, invece, ritengono che possano valere per tutte le tabelle. Neppure sui criteri di calcolo delle tabelle la legge detta regole precise. E anche sui presupposti delle modifiche ci sono incertezze: l'assemblea può intervenire a sua discrezione, oppure bisogna rispettare la casistica definita dall'articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile?
L'unica soluzione, in attesa che si consolidi un'interpretazione collaudata, è cercare il più ampio consenso nel condominio e consultare un tecnico che sia in grado di valutare la reale situazione.

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lunedì 13 settembre 2010

Tabelle millesimali e supercondominio

La pronuncia di Cassazione 18477/2010

La Cassazione, a Sezioni unite, ha segnato una netta discontinuità sulle tabelle millesimali in condominio, applicate ìn particolare per determinare le quote di spesa. La sentenza 18477/10 ha sancito l'addio alla necessità dì un consenso unanime per la revisione. Un principio dì portata dirompente che si potrà applicare anche al supercondominio: l'istituto presuppone che alcuni beni o impianti siano comuni a diversi edifici costituiti, singolarmente, in condomini, se c'è un rapporto di accessorietà necessaria tra i beni stessi e le unità abitative dei diversi stabili.

Secondo la giurisprudenza, al supercondominio si applicano in toto le norme sul condominio. Di conseguenza, le delibere dell'assemblea generale del supercondominio hanno efficacia diretta ed immediata nei confronti dei singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità dipassare attraverso le delìbere di ciascuna assemblea condominiale. E si appplicano anche le disposizioni fissate dal codice civile (art 1136) su convocazione, costituzione e formazione e calcolo della maggioranze.
La questione ha sempre rappresentato un notevole problema, soprattutto per quanto concerne la gestione e la manutenzione di beni di vitale importanza per il funzionamento degli stabili ma che sono, necessariamente, comuni a più edifici, I costruttori, infatti, si sono sempre preoccupati di redigere tabelle inpresenza di effettivi complessi immobiliari.
Ma i nodi riguardano strade e fognature, che vedono la successiva aggiunta dì utenze legate all'urbanizzazione di una zona, tanto da coinvolgere interi comprensori.

Per le fognature, ad esempio, quando sì presenta la necessità di intervenire e non c'è un accordo immediato, diviene pressoché impossibile procedere alla ripartizione della spesa.

Prima della sentenza 18477/10, qualora gli amministratori non avessero trovato un accordo preventivo o i condomini dei sìngoli edifici non avessero approvato e corrisposto la loro quota di spesa, era necessario un giudizio che coinvolgesse tutti i singoli condomini del comprensorio, con citazione diretta degli stessi per la formazione giudiziale di tabelle. Con il nuovo indirizzo, invece,le tabelle di ripartizione specifiche possono essere approvate a maggioranza qualificata dall'assemblea generale del supercondomìnio e l'eventuale giudizio potrà essere instaurato solo in caso di errore da colui che si rìtenga leso.

La mancata omogeneità dei millesimi dei diversi stabili non impedisce l'assunzione di maggioranze se sono rispettate le reali proporzioni. La Cassazione (con la sentenza 6202/98) aveva chiarito che il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio esiste prima e indipendentemente dalla formazione dei millesimi. In sede di approvazione della nuova tabella specifica per il bene m supercondomìnio, pertanto, possono essere utilizzate quote non esatte, purché siano rispettate, sostanzialmente, le maggioranze, salvo successiva verifica anche giudiziale.

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domenica 5 settembre 2010

DL 78/2010 - Conformità Catastale - GUIDA

Nei trasferimenti di proprietà ( ma anche nelle donazioni e divisioni di proprietà immobiliari), a pena di nullità, deve essere riportata una dichiarazione delle parti coinvolte sulla «conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie».
I notai, hanno la responsabilità dell'inserimento della dichiarazione,ma gli stessi non hanno l'obbligo di eseguire un'ispezione nell'alloggio per controllare la veridicità di quanto affermato dalle parti.
La responsabilità della dichiarazione ricade, quindi, solo su chi conclude l'atto.

La nuova legge afferma poi che la dichiarazione "può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale" tutto ciò rappresenta un costo ulteriore e tempi di attesa maggiore, e probabilmente potrà spingere le parti ad accordarsi per velocizzare i tempi.

D'altronde le sanzioni sono ridotte, a meno che la mappa non fedele non influisca sulla determinazione della rendita (il parametro fiscale). Si va da 10 a 103 euro (errata redazione delle planimetrie da allegare alla dichiarazione o variazione delle unità immobiliari urbane). È invece improbabile che si incorra nella falsa dichiarazione in atto pubblico, reato punito con la reclusione fino a due anni.

La circolare 2/2010 dell'agenzia del Territorio ha delimitato i casi in cui si può parlare di mancata corrispondenza delle mappe catastali con lo stato dì fatto, soprattutto nei casi più comuni. Per abitazioni e uffici afferma infatti che «non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità». Comportano, invece, l'obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione «l'effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, oppure nel caso di recupero di precedenti spazi esterni.

Un'ultima considerazione: Si vanno a cancellare retroattivamente quelle prescrizioni del catasto (circolare delle Finanze del 14 ottobre 1989, n. 3/3405) che vietavano addirittura agli uffici di accettare denunce di variazione che non coinvolgessero consistenza (numero dei vani) e classamento, anche se si erano verifìcate modifiche interne all'unità immobiliare. Con la conseguenza che le planimetrie di moltissimi immobili non corrispondono in effetti nelle suddivisioni interne a quelle reali, senza che i contribuenti ne abbiano la minima colpa.

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